Il Primo Maggio è una festa proletaria – di Lucio Garofalo
1 Maggio 2016Annuncio del trasferimento dalla parrocchia di S. Nicola di Dergano a quella di Sa…
3 Maggio 2016«Nella vita di chi Egli chiama, Dio non permette che accada qualche cosa, se non per la maturità, se non per una maturazione di coloro che Egli ha chiamati.
Questo vale innanzitutto per la vita della persona, ma ultimamente e più profondamente per la vita della sua Chiesa, perciò, analogamente, per la vita di ogni comunità, si chiami essa famiglia o comunità ecclesiale, in senso più lato. Dio non permette mai che accada qualche cosa, se non per una nostra maturità, per una nostra maturazione. Anzi, è proprio dalla capacità che ognuno di noi e che ogni realtà ecclesiale ha (famiglia, comunità, parrocchia, Chiesa in genere) di valorizzare come strada maturante ciò che appare come obiezione, persecuzione, o comunque come difficoltà, è dalla capacità di rendere strumento e momento di maturazione questo, che si dimostra la verità della fede; anche qui mette in evidenza qual è la maturità della nostra fede: se noi riusciamo a usare di tutto questo, qualsiasi cosa sia, senza perderci nelle dietrologie che non ci interessano perché questo è razionalismo puro, cioè rimanere nell’apparenza, il che non ci interessa; perché, come vi ho detto altre volte, almeno possiamo dire che il Mistero non ce lo ha risparmiato, quindi è per noi, per la nostra maturazione; ma quest’ultima non succede meccanicamente, ma dipende dalla nostra capacità di usare le circostanze così, per un rapporto, per una consistenza, per un cercare ancora di più Cristo, per poter vivere ogni cosa senza rimanere all’apparenza.
E’ questo, potremmo dire, il sintomo della verità, della autenticità o meno della nostra fede: se in primo piano è veramente la fede o in primo piano è un altro tipo di preoccupazione, se ci aspettiamo veramente tutto dal fatto di Cristo, oppure se dal fatto di Cristo ci aspettiamo quello che decidiamo di aspettarci, ultimamente rendendolo spunto e sostegno a nostri progetti o a nostri programmi. La legge dello sviluppo spirituale, questa legge dinamica della vita della nostra fede cui abbiamo accennato adesso, è realmente d’estrema importanza per gli individui, come per le collettività; per le collettività, come per gli individui. Resta sempre vero che, per chi capisce Dio e vuole Dio, tutto coopera al bene; e resta sempre vero che, nella difficoltà, viene a galla il fatto se tu voglia Dio o no.
E’ l’eterno dilemma che sta in capo a ogni pronunciamento dell’uomo, a ogni azione dell’uomo, a ogni espressione dell’uomo, è l’alternativa che denuncia l’ambiguità possibile alla radice di ogni flessione umana. Il mondo è una grande ambiguità per lo spirito non chiaro. Lo spirito dell’uomo ha la tentazione dell’ambiguità sopra ogni altra cosa. Non per nulla Cristo parlava in parabole, “affinché vedendo possano non vedere e udendo possano non udire”. E tutto il mondo è come una grande parabola: dimostra Dio, come una parabola dimostra il valore cui vuole richiamare, e “chi ha orecchi per intendere, intenda!”.
Di fronte alla parabola, viene a galla il pensiero segreto del cuore. Ciò che l’uomo ama viene a galla di fronte all’interrogativo, al problema, alla domanda, alla difficoltà. Se quello che cerchiamo è Cristo oppure è il nostro amor proprio, è l’affermazione di noi, sotto qualunque flessione, secondo qualunque versante, lo si vede, viene a galla, nel momento esatto della prova e della difficoltà».
A nulla fuorché a Gesù il cristiano è attaccato.
Don Savino