UNA TESTIMONIANZA DA AUSCHWITZ
27 Gennaio 2019Celebrazioni del 25 aprile 2011
27 Gennaio 2019di Marta Cuscunà a Trieste
Martedì 23 febbraio 2010 alle 21.00 al TEATRO MIELA
TRIESTE Piazza Duca degli Abruzzi 3
andrà in scena E’ BELLO VIVERE LIBERI ! di Marta Cuscunà
Rassegna stampa:
http://www..atuttascuola.it/ondina/2010/la_resistenza_al_femminile.htm
https://www.atuttascuola.it/ondina/2009/marta_cuscuna_non_e_un_talento.htm
Biglietti
orario prenotazioni 9.00 – 13.00
da lunedì a venerdì
tel. 040 365119 fax 040 367817
e-mail: [email protected]
ingresso ? 15,00
ridotti (meno 18 e oltre 65) ? 12,0
Lavoro teatrale ispirato alla biografia
scritta da Anna Di Gianatonio
di Ondina Peteani
prima staffetta partigiana d’Italia,
deportata ad Auschwitz n. 81672
VINCITORE PREMIO SCENARIO PER USTICA 2009
Ideazione, Drammaturgia, Regia, Interpretazione di Marta Cuscunà
Costruzione degli oggetti di scena
Belinda De Vito
Tecnico luci e suoni
Marco Rogante
Disegno luci
Claudio Parrino
Coproduzione
Operaestate Festival Veneto
Cura e Promozione
Centrale Fies
Un progetto di teatro civile per un’attrice, 5 burattini e un pupazzo. E’ bello vivere liberi!” è uno spettacolo per liberare la Resistenza dal grigiume della retorica. Per restituire all’idea di antifascismo la luce e l’entusiasmo che la accompagnarono anche nelle situazioni più difficili. Per riappropriaci della gioia, delle risate, delle speranze dei partigiani che sono state soffocate dallo sterile nozionismo. E’ uno spettacolo per riscoprire l’atmosfera vitale e vertiginosa di quel periodo della nostra storia in cui tutto sembrava possibile. Per questo E’ bello vivere liberi!” è dedicato a tutti quelli che l’antifascismo l’hanno studiato solo sui libri di scuola, perché anche per loro la Resistenza diventi festa d’aprile!”. E’ bello vivere liberi !” è ispirato alla biografia di Ondina Peteani
scritta da Anna Di Gianatonio
(Ed. IRSML-FVG, 2007)
Recensioni
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Rassegna (dagli spettacoli precedenti):
Orvieto
A Orvieto, domenica 31gennaio è andato in scena alla Sala del Carmine lo spettacolo “E’ bello vivere liberi”, ispirato ad Ondina Peteani (1925 – 2003), Prima Staffetta Partigiana d’Italia.
Ideazione, drammaturgia, regia e interpretazione sono di Marta Cuscunà, giovane attrice e autrice formatasi alla Scuola Europea dell’Arte dell’Attore, Prima del Teatro, di San Miniato, coadiuvata alle luci e all’audio da Marco Rogante.
Il pubblico è stato quasi ipnotizzato per più di un’ora dall’intensità e dalla bravura con cui Marta Cuscunà ha raccontato la giovinezza di Ondina Peteani. Un monologo intersecato dal teatro di figura, dove l’artista sembra non essere mai sola tanto è abile a dare voce e spessore a personaggi ben distinti dalla protagonista ma importanti nell’intreccio del racconto. “Il teatro di figura – spiega Marta Cuscunà – per ritrovare la forma del teatro popolare che gli stessi partigiani utilizzavano nei bozzetti drammatici che scrivevano ed interpretavano per festeggiare le vittorie”.
La storia, ambientata tra Monfalcone, Trieste ed il Carso, tratteggia la giovane Ondina, operaia nei cantieri navali di Monfalcone, che dalla lettura “dei romanzi d’amore della biblioteca fascista”, si ritrova alle riunioni clandestine del partito comunista, poi a fare la staffetta partigiana, quindi ad essere “prigioniera politica” ad Auschwitz..
E’ un percorso di crescita interiore che passa attraverso esperienze dure come la guerra ed i tradimenti. Il racconto di una giovinezza che incontra la dittatura, la delazione, il sangue, ma che nonostante tutto afferma la volontà dell’allegria, della felicità, dello stare insieme, della vita. Una forte leggerezza che si spegne solo dopo l’ingresso ad Auschwitz, dove Ondina Peteani diventa il numero 81672.
Il carro merci che è sul palcoscenico diventa una scena del teatro di figura.. Ondina non è più incarnata da Marta, ma è ora un burattino disarticolato, un’entità quasi spettrale, privata della propria volontà. Il lager è un luogo dove non esiste l’umano, dove tutto viene schiacciato, anche lo sbocciare di un attimo di solidarietà tra prigioniere. Una scelta registica molto efficace, che rende palpabile la freddezza disumana dei lager e degli aguzzini che vi operavano.
La giovane Staffetta Partigiana sopravvivrà e la conclusione è un invito alla vita, all’altruismo, a scegliere la libertà perché “E’ bello vivere liberi”.
Uno dei migliori spettacoli che la manifestazione “Venti Ascensionali” ha portato negli anni ad Orvieto, il migliore di quelli fin qui visti in questa stagione. Non è un caso che questo lavoro è stato il vincitore del premio “Scenario per Ustica 2009”, concorso promosso dai parenti delle vittime della strage e rivolto ad artisti emergenti per temi legati alla memoria e al civismo.
In un momento in cui è presente il dibattito su come dare continuità alla memoria, ora che i testimoni stanno venendo meno, e su come liberare giornate come il 27 Gennaio o il 25 Aprile da un cerimoniale e da una retorica che ne offuscano il vero significato, il lavoro di Marta Cuscunà può rappresentare un vero e proprio paradigma di ricerca.
E bello vivere liberi”
Una forma innovativa per tramandare la memoria
di Carlo Brunetti (da Orvieto news)
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Parma
Ma chi l’ha detto che la Resistenza non si possa raccontare sfuggendo alla rigidezza di un linguaggio celebrativo? A liberare questo nodo della memoria italiana dal peso della retorica è ora uno spettacolo, E’ bello vivere liberi!, in scena al Teatro al Parco venerdì 29 gennaio, ore 21, nell’ambito di Serata al Parco, stagione di teatro contemporaneo del Teatro delle Briciole.
E’ bello vivere liberi! E’ uno spettacolo che riscopre l’atmosfera vitale e vertiginosa di un periodo della nostra storia, il coraggio e la giovinezza di una generazione che sperava di cambiare l’Italia e che ha conosciuto l’Inferno in terra. Grazie a questa intuizione e a un talento non comune (la critica le ha giù pronosticato un futuro di successo) la giovane rivelazione Marta Cuscunà sta commuovendo ed esaltando i teatri italiani, dopo aver vinto con questo lavoro l’importante Premio Scenario per Ustica nel 2009.
Un progetto che ha costruito tutto da sola: l’ha scritto, lo interpreta, e si auto dirige in scena.. Gli oggetti di scena sono di Belinda De Vito, luci e audio di Marco Rogante,
disegno luci di Claudio Parrino, co-produzione Operaestate Festival Veneto, cura e promozione Centrale Fies. Lo spettacolo viene rappresentato a Parma in occasione
delle iniziative promosse per la Giornata della Memoria, in collaborazione con l’Istituto Storico della Resistenza e della Storia dell’Età Contemporanea.
“Un progetto di teatro civile per un’attrice, cinque burattini e un pupazzo”. Così lo definisce lei stessa, ed è proprio grazie al mescolarsi di recitazione e burattini che è nato lo stile particolare col quale, come ha scritto la Giuria nella Motivazione del Premio, “anche l’orrore del lager può esser raccontato senza che lo spettacolo perda lo straordinario candore e la felicità nel racconto”.
Lo spettacolo è, anche, una storia che guarda la Resistenza da un punto di vista femminile, mettendo in luce il contributo che quella fase ha dato all’emancipazione di genere. Al centro c’è infatti la storia vera di una donna che ha colpito la coscienza di Marta nel profondo, la vita meravigliosa e dolorosa di Ondina Peteani, prima staffetta partigiana d’Italia, che fu deportata (e sopravvissuta) ad Auschwitz. E’ bello vivere liberi! è l’ultima frase che Ondina Peteani ha scritto a poche settimane dalla morte, quando, in ospedale, il medico le chiese di scrivere, a occhi chiusi, la prima frase che le fosse venuta in mente.
Ma chi è Ondina Peteani? E’ una ragazza che a 17 anni comincia a partecipare alla lotta antifascista nella Venezia Giulia, dove la Resistenza inizia prima che nel resto d’Italia grazie alla collaborazione con i gruppi partigiani sloveni nati già nel 1941 per opporsi all’occupazione fascista dei territori Jugoslavi. Il suo percorso inizia con le riunioni clandestine dove, con straordinario anticipo, fioriscono anche i valori di emancipazione femminile e di parità tra uomo e donna. A diciottanni Ondina diventa staffetta partigiana e comincia ad affrontare le missioni più impensabili. La sua vicenda però, è stravolta bruscamente nel ’43 quando, appena diciannovenne, viene sprofondata nell’incubo della deportazione nazista.
“Ho scelto di raccontare tutto questo – spiega la Cuscunà – con linguaggi differenti: le testimonianze, per ricreare l’atmosfera e lo spirito di quegli anni attraverso le parole di chi li visse in prima persona; il monologo civile, per creare un filo conduttore tra le vicende e un punto di vista contemporaneo; i burattini, per ritrovare la forma del teatro popolare che gli stessi partigiani utilizzavano nei bozzetti drammatici che scrivevano e interpretavano per festeggiare le vittorie; il teatro di figura con pupazzi, per raccontare in modo evocativo l’orrore dei lager; perché a un pupazzo si può fare di tutto, anche le cose più terribili; perché il rapporto tra pupazzo e manovratore è uguale a quello tra deportato e aguzzino; perché davanti alle immagini delle persone deportate ad Auschwitz lo shock emotivo è fortissimo e fa distogliere lo sguardo, mentre davanti a un pupazzo picchiato e umiliato si resta a guardare fino in fondo e l’emotività lascia spazio alla riflessione”.
Gazzetta di Parma del 27 gennaio 2010
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Bassano del Grappa
Marta Cuscunà non è un talento: è un portento!
Giovane-giovanissima, esile, nasconde dietro i lineamenti delicati ed ingenui un carattere determinato, energie ideali dirompenti e – soprattutto – risorse teatrali strabiliantemente mature. Con il suo primo lavoro autonomo E’ bello vivere liberi!, Marta conferisce nuovo, brillante smalto ad una forma teatrale ormai consunta qual è il monologo e dimostra una versatilità invidiabile in qualità sia di interprete, sia di autrice, sia, infine, di regista.
Ispirandosi alla biografia della prima staffetta partigiana d’Italia deportata ad Auschwitz, la Cuscunà ha saputo realizzare il suo «progetto di teatro civile», preservandolo da qualsiasi retorica o sviluppo prevedibile. La vicenda prescelta si presta di per sé ad una varietà di episodi avvincente; oltre a ciò, l’intreccio valorizza motivi secondari, ai margini della vulgata storicistica, con modalità teatrali articolate ed un risultato complessivamente originale.
Il racconto in terza persona prende le mosse dall’infanzia di Ondina Petteani, cresciuta in un ambiente familiare atipico, nell’epoca fascista, ben presto esposta a fermenti di ribellismo.. Rapidi salti e bozzetti figurativi conducono con lievità narrativa alla soglia dei 18 anni, quando Ondina, operaia a Monfalcone, viene “avvicinata” dai comunisti e cooptata per organizzare la Resistenza tra le schiere femminili. Nelle riunioni clandestine del partito comunista, al ritmo del klezmet la ragazza apprende l’entusiasmo dell’impegno di liberazione. Vivida è infatti la gioia con cui i personaggi coinvolti partecipano per l’affermazione della libertà e di nuovi diritti civili…. Tra questi, con straordinario anticipo, e col contributo anche maschile, fioriscono i valori di emancipazione femminile e di parità tra uomo e donna… Forse per la prima volta sul palco, la Resistenza è raccontata nella sua qualità di laboratorio civile fecondo e di momento storico decisivo per l’elaborazione e la presa di coscienza dell’identità di genere..
Sullo sfondo, pure la questione slovena è tratteggiata dal punto di vista italiano e il clima di convivenza e reciproco soccorso tra le due etnie demistifica il prevalente cliché di una separatezza astiosa. [Proprio nella Venezia Giulia, difatti, i partigiani italiani si organizzarono prima che altrove, sulla scorta della collaborazione con i corrispettivi sloveni, radunatisi già nel 1941 contro l’occupazione fascista dei territori Jugoslavi].
Marta in scena non è mai sola poiché si dimostra abile nel caratterizzare e dare concretezza a figure secondarie, ben distinte dalla protagonista principale e dal profilo personale…. Perciò si avvale non solo si quella versatilità interpretativa a cui sopra si accennava, ma anche di un teatrino di marionette. Il ricorso a questo tipologia popolare innesta un momento di sospensione favolistica durante il quale l’osservatore è ricondotto ad uno stupore infantile; nella cornice, delle vicende la tragicità è sdrammatizzata, mentre ne è esaltato l’aspetto picaresco, a cui giova anche il ricorso ad una koiné veneto-fiulana, ampiamente comprensibile e ricca di accenti comici..
Tra un fondale e l’altro, Ondina affronta missioni impensabili e rischiose, finché viene catturata e deportata nel famigerato lager. Ecco che la sua storia offre quest’ulteriore occasione di divergere rispetto all’epidermico nozionismo divulgato, rammentando come nei campi di concentramento confluirono non solo milioni di ebrei ed altri “diversi”, ma anche quei militanti politici troppo spesso trascurati.. La sequenza della prigionia si svolge su un secondo scenario laterale: un finto vagone ferroviario si schiude ad ospitare una scena di teatro di figura con pupazzi. Ondina si disincarna da Marta e assume le fattezze di un burattino disarticolato, smunto, straniato e straniante. Nel soverchiante silenzio l’attrice lo manovra instaurando un rapporto di empatia ma anche di freddezza disumanizzante propria del carnefice nei confronti della vittima. La forza eloquente della sequenza è agghiacciante, in virtù di una compostezza registica encomiabilmente calibrata e dell’architettura che oggettiva quasi brechtianamente l’orrore nazista, ormai adagiato nell’immaginario collettivo. La solidarietà tra le prigioniere, accomunate dalla loro condizione, dai loro ideali, nonché dall’appartenenza di genere, introduce note di calore, rapidamente soppresse.
Nonostante l’epilogo della deportazione, a cui comunque la protagonista sopravvivrà «violentata nel fisico e nella psiche», la conclusione riafferma la leggerezza, il coraggio, l’entusiasmo propri della giovinezza, del popolino, della carica ideale. L’invito a «resistere sempre» perché «è bello vivere liberi» si appella soprattutto ai coetanei dell’attrice, ricordando come in un clima di «ideali forti» e di un «generoso altruismo», «noi giovani c’eravamo schierati».. E’ in queste ultime parole che si percepisce, più incisivamente che altrove, l’alto grado di partecipazione dell’autrice rispetto ai contenuti del proprio lavoro: Marta attesta come segmenti delle giovani generazioni siano ancora attenti al rispetto della memoria storica, alla ricezione e trasmissione del valore emblematico di chi si è sacrificato per il bene collettivo, alla necessità indefessa di impegno civile.
A buon diritto, dunque, considerando anche la non comune, proteiforme formazione tecnica, Marta è stata nominata vincitrice nel 2009 della sezione Ustica del Premio Scenario, promossa dai parenti delle vittime della strage e rivolta ad emergenti portavoci di temi legati alla memoria e al civismo.