8 marzo
27 Gennaio 2019Sofia Giacomelli
27 Gennaio 2019di Giovanni Ghiselli
Arthur Schopenhuer mette la musica al primo posto tra le arti: La musica è dell’intera volontà oggettivazione e immagineLa musica non è quindi, come le altre arti, l’immagine delle idee, bensì l’immagine della volontà stessaPerciò l’effetto della musica è tanto più potente e insinuante di quello delle altre arti: poiché queste ci danno appena il riflesso, mentre la musica esprime l’essenza”[1]. La musica dunque riflette la volontà, e questa non si impara: velle non discitur, scrive Seneca[2].
Pindaro, il più grande poeta lirico greco, se non addirittura europeo, scrive che il valore non è insegnabile, né quello dell’atleta né quella del poeta, paragonabile all’aquila, il divino uccello di Zeus[3] , mentre quanti non sono sapienti già per natura bensì “addottrinati” vengono assimilati ai corvi i quali stridono confusamente con mille lingue prolisse.
Pindaro afferma: sapiente è chi sa molto per natura (v. 86).
Leopardi considerava Pindaro il principe dei poeti
Chi non sa quali altissime verità sia capace di scoprire e manifestare il vero poeta lirico, vale a dire l’uomo infiammato del più pazzo fuoco, l’uomo la cui anima è in totale disordine, l’uomo posto in uno stato di vigor febbrile, e straordinario, e quasi di ubbriachezza? Pindaro ne può essere un esempio ed anche alcuni lirici tedeschi ed inglesi ” [4]. Ebbene, Lucio Dalla per certi versi è accostabile a questi lirici: sembrava sapere le cose per natura. Quando disse all’amico Dionigi che voleva studiare il latino, Ivano gli rispose che non ne aveva bisogno, poiché era già dottore. Non dico che Dalla non sia passato attraverso studi seri, se non altro per riconoscere e potenziare la propria natura, potenziamento che è poi lo scopo più alto dello studio il cui compito supremo è quello di migliorare la fysis. Dico che Dalla non era un erudito piegato in due: le sue canzoni non hanno la gobba dellerudito. Affermo che non era un pedante ma si trovava al passo con la vita, ballava con lei. Il pedante si trova sempre al di sotto della vita e se cerca di unirsi a lei produce solo degli aborti .
Concludo con la dimensione dionisiaca dell’artista Lucio Dalla.
Dionisiaco è l’artista che ha il coraggio di tuffarsi dentro il mare della vita fino a trarne le perle più rare. Dionisiaco è l’immediato sentirsi all’unisono con la vicenda incessante della vita e della morte, dove i confini dell’individualità e della coscienza sono travolti come da un fiume in piena. Dionisiaca per eccellenza è la musica.
Sentiamo Nietzsche: Sotto l’incantesimo del Dionisiaco non solo si stringe il legame fra uomo e uomo, ma anche la natura estraniata, ostile o soggiogata, celebra di nuovo la sua festa di riconciliazione col suo figlio perduto, l’uomo. La terra offre spontaneamente i suoi doni, e gli animali feroci delle terre rocciose e desertiche si avvicinano pacificamente. Il carro di Dioniso è tutto coperto di fiori e ghirlande: sotto il suo giogo si avanzano la pantera e la tigre. Si trasformi l’Inno alla gioia di Beethoven in un quadro e non si rimanga indietro con l’immaginazione, quando i milioni si prosternano rabbrividendo nella polvere: così ci si potrà avvicinare al dionisiaco. Ora lo schiavo è uomo libero, ora s’infrangono tutte le rigide, ostili delimitazioni che la necessità, l’arbitrio o la moda sfacciata hanno stabilite fra gli uomini. Ora, nel vangelo dell’armonia universale, ognuno di sente non solo riunito, riconciliato, fuso col suo prossimo, ma addirittura uno con esso, come se il velo di Maia fosse stato strappato e sventolasse ormai in brandelli davanti alla misteriosa unità originaria”[5]. Il dionisiaco insomma esprime il sentimento dell’unità con gli uomini e con il mondo. Ascoltando le canzoni di Lucio Dalla abbiamo provato tale sentimento, lo proviamo e lo proveremo ancora.
Giovanni ghiselli [email protected]
[1] Il mondo come volontà e rappresentazione (del 1819), p. 346
[2] Epistole a Lucilio, 81, 14.
[3] Olimpica II, v. 89. Fu scritta per Terone di Agrigento vincitore nella corsa dei carri nei giochi del 476
[4] Zibaldone, 1856.
[5] F. Nietzsche, La nascita della tragedia, pp. 25-26.