Pace non trovo et non o’ da far guerra di Petrarca
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28 Dicembre 2019Questo splendido sonetto, “Erano i capei d’oro a l’aura sparsi”, sonetto 90 del Canzoniere di Francesco Petrarca, è uno dei testi più celebri e suggestivi dell’intero corpus petrarchesco.
Qui troviamo condensati molti dei temi centrali della sua poetica: la bellezza idealizzata, l’amore irraggiungibile e il contrasto tra umano e divino.
Introduzione schematica
Testo delle due quartine
Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
che ‘n mille dolci nodi gli avolgea,
e ‘l vago lume oltra misura ardea
di quei begli occhi, ch’ or ne son sì scarsi;
e ‘l viso di pietosi color’ farsi,
non so se e vero o falso, mi parea:
i’che l’ ésca amorosa al petto avea,
qual meraviglia se di sùbito arsi?
Testo delle due terzine
Non era l’andar suo cosa mortale,
ma d’angelica forma; et le parole
sonavan altro, che pur voce humana.
Uno spirto celeste, un vivo sole
fu quel ch’i’vidi: et se non fosse or tale,
piagha per allentar d’arco non sana.
Area semantica delle due quartine: Euforia.
(parole chiave);
capei d’oro,
vago lume,
begli occhi,
Angelica forma.
Vivo sole.
Area semantica delle due terzine: Disforica
(prevale cioè la caduta di ogni illusione ed euforia);
ch’or ne son sì scarsi
pietosi color
SCHEMA DI STUDIO
“L’aura”, (vv 1) è riconducibile al nome Laura e costituisce un senhal, una voce cifrata comprensibile solo al poeta e alla donna cui la poesia era destinata.
Temi fondamentali: la figura di Laura e l’innamoramento, rappresentati da versi stilnovistici.
Egli vive in un presente eterno: tempo e luogo dell’innamoramento si rinnovano attimo per attimo.
Importante è il tema della memoria: Petrarca rivisita gli stereotipi della poesia d’amore, arricchendoli con i propri problemi esistenziali.
In questa lirica Laura appare nella sua umanità: è una creatura viva.
Il sonetto presenta un percorso dal sensibile al terreno, dall’incorporeo al divino.
Il poeta, dopo la descrizione dei particolari fisici della donna, si sofferma sulle movenze divine, angelicate, che gli rubano il cuore.
Il discorso poetico è sostenuto da una figura retorica, l’iperbato, funzionale prima alla riflessione, poi alla lacerante tensione che tormenta il poeta.
Il discorso poetico è condotto all’imperfetto.
STILE
Lo stile è nominale; prevalenza delle forme sostantivali.
METRICA
Il sonetto è composto da rime incrociate nelle quartine (ABBA/ABBA) e variamente legate fra loro, nelle terzine (CDE/DCE) .
Analisi approfondita del sonetto
Il tema dominante è l’idealizzazione della bellezza di Laura, la donna amata da Petrarca, che però, come spesso accade nella sua poesia, non è tanto una figura reale quanto un simbolo dell’amore stesso, o meglio, dell’amore come esperienza dolorosa e inappagata. Petrarca descrive un incontro passato con Laura, ma vi aggiunge una riflessione matura e malinconica sul fatto che ora quella bellezza è “scarsa” (cioè sfiorita, forse a causa della morte di Laura).
Prima quartina
Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
che ‘n mille dolci nodi gli avolgea,
e ‘l vago lume oltra misura ardea
di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi;
Petrarca apre con l’immagine dei capelli biondi di Laura mossi dal vento (“a l’aura sparsi”). La descrizione dei capelli avvolti in dolci nodi è una metafora dell’amore che cattura e avvolge il poeta. Il “vago lume” degli occhi di Laura è descritto come ardente, oltre ogni misura, cioè capace di accendere una passione incontrollabile. Ma subito dopo introduce una nota malinconica: quegli occhi, un tempo così splendenti, ora sono “scarsi”, ovvero non più visibili, perché Laura è scomparsa o è cambiata nel tempo.
Seconda quartina
e ‘l viso di pietosi color’ farsi,
non so se e vero o falso, mi parea:
i’ che l’ésca amorosa al petto avea,
qual meraviglia se di sùbito arsi?
Il viso di Laura è descritto con un colorito “pietoso”, che esprime la compassione o la tenerezza. Il poeta ammette di non sapere se fosse un’impressione reale o una proiezione del suo desiderio. Ma la causa del suo innamoramento è chiara: portava nel cuore “l’ésca amorosa”, ovvero il desiderio, che come un combustibile lo ha fatto bruciare d’amore. Questo culmina in una domanda retorica: come stupirsi se si è innamorato così rapidamente?
Primo terzetto
Non era l’andar suo cosa mortale,
ma d’angelica forma; et le parole
sonavan altro, che pur voce humana.
Qui l’idealizzazione raggiunge il culmine. L’andatura di Laura non è umana, ma “angelica”, e le sue parole non sono semplici suoni umani, ma sembrano portatrici di un significato trascendente, divino. Petrarca la descrive come una creatura ultraterrena, distante dal mondo materiale e associata a una sfera spirituale più alta. Questa dimensione angelica è tipica del lirismo stilnovista, da cui Petrarca eredita molte suggestioni.
Secondo terzetto
Uno spirto celeste, un vivo sole
fu quel ch’i’vidi: et se non fosse or tale,
piagha per allentar d’arco non sana.
Laura viene definita uno “spirto celeste”, una manifestazione divina, e un “vivo sole”, un simbolo di luce e di calore vitale. L’ultimo verso è profondamente significativo: anche se oggi Laura non possiede più la bellezza ideale di un tempo, la ferita che ha inflitto al cuore del poeta non può guarire. Questa ferita d’amore, una volta provocata, non si rimargina solo perché l’oggetto del desiderio ha perso il suo splendore.
Temi principali
- L’amore platonico e inappagato: Petrarca idealizza Laura al punto da renderla quasi una creatura ultraterrena, perfetta nella sua bellezza e nel suo portamento. Questo amore è però destinato a rimanere irrealizzabile, perché Laura, in quanto simbolo di perfezione, è sempre al di là della portata del poeta.
- L’effimero della bellezza e del tempo: La bellezza di Laura viene riconosciuta come transitoria (ora è “scarsa”). Petrarca riflette quindi sul trascorrere del tempo e sull’impossibilità di fermare la giovinezza e la bellezza, motivo per cui l’amore provoca sofferenza.
- Il conflitto interiore: Il poeta si trova in uno stato di continua tensione tra il desiderio sensuale e la ricerca di elevazione spirituale. Laura è allo stesso tempo una donna terrena e un’entità angelica, un oggetto di desiderio e un ideale irraggiungibile.
Conclusione
Questo sonetto è un perfetto esempio di come Petrarca riesca a coniugare l’idealizzazione della donna amata con una profonda riflessione sull’amore, il tempo e la sofferenza. Laura diventa qui il simbolo di tutto ciò che è desiderato, ma destinato a sfuggire, un riflesso della condizione umana stessa: sospesa tra desiderio e perdita, tra corpo e spirito.