La mia gran pena e lo gravoso affanno di Guido delle Colonne
28 Dicembre 2019Versi 67-142 del sesto canto del Paradiso di Dante
28 Dicembre 2019
Il coro dell’Atto quarto dell’Adelchi, dedicato a Ermengarda, è considerato uno dei momenti più alti della poesia manzoniana.
Questi versi non solo offrono un ritratto toccante di Ermengarda, ma rappresentano anche una profonda riflessione sui temi centrali dell’opera: il dolore, la fede, il conflitto tra dovere e sentimento.
Contesto nell’opera
Ermengarda, figlia di Desiderio e sorella di Adelchi, era stata data in sposa a Carlo Magno, che l’ha poi ripudiata. Nel momento in cui si svolge il coro, Ermengarda si trova in un convento, morente.
Struttura e metrica
Il coro è composto da strofe di varia lunghezza, con una struttura metrica che alterna settenari ed endecasillabi. Questa variazione ritmica contribuisce a creare un effetto di grande musicalità e intensità emotiva.
Analisi dei primi 84 versi
Divideremo l’analisi in sezioni tematiche:
1. L’invocazione alla pace (versi 1-12)
Sparsa le trecce morbide
Sull’affannoso petto,
Lenta le palme, e rorida
Di morte il bianco aspetto,
Giace la pia, col tremolo
Sguardo cercando il ciel.
Questi primi versi dipingono un’immagine vivida di Ermengarda morente. L’uso di aggettivi come “morbide”, “affannoso”, “rorida” crea un contrasto tra la delicatezza della figura femminile e la durezza della sua situazione.
2. Il ricordo del passato felice (versi 13-30)
Cessa il compianto: unanime
S’innalza una preghiera:
Calata in su la gelida
Fronte, una man leggiera
Sulla pupilla cerula
Stende l’estremo vel.
Qui Manzoni descrive il momento del trapasso, con un tono di solenne pietà. La “man leggiera” che stende “l’estremo vel” simboleggia la morte come un passaggio delicato verso la pace.
3. L’invito all’oblio (versi 31-48)
Sgombra, o gentil, dall’ansia
Mente i terrestri ardori;
Leva all’Eterno un candido
Pensier d’offerta, e muori:
Nel suol che dee la tenera
Tua spoglia ricoprir,
Questa sezione è un invito a Ermengarda a dimenticare i dolori terreni e a rivolgere il pensiero a Dio. Il linguaggio è ricco di termini che evocano purezza e elevazione spirituale.
4. La contemplazione della vita monastica (versi 49-66)
Altre infelici dormono,
Che il duol consunse; orbate
Spose dal brando, e vergini
Indarno fidanzate;
Madri che i nati videro
Trafitti impallidir.
Manzoni allarga qui lo sguardo alle altre donne che riposano nel convento, creando un senso di comunità nel dolore e nella fede.
5. L’invito alla rassegnazione (versi 67-84)
Te dalla rea progenie
Degli oppressor discesa,
Cui fu prodezza il numero,
Cui fu ragion l’offesa,
E dritto il sangue, e gloria
Il non aver pietà,
In questi versi, Manzoni contrappone la gentilezza e la pietà di Ermengarda alla brutalità dei suoi antenati (i Longobardi). È un invito a trascendere la propria origine e a cercare una pace superiore.
Temi principali
- Il conflitto tra amore terreno e spirituale: Ermengarda è divisa tra il suo amore per Carlo e la necessità di rivolgersi a Dio.
- La caducità della felicità umana: Il ricordo del passato felice contrasta dolorosamente con la situazione presente.
- La fede come consolazione: Il coro invita Ermengarda a trovare pace nella fede.
- La storia come sfondo del dramma individuale: La vicenda personale di Ermengarda si intreccia con i grandi eventi storici.
Stile e linguaggio
Manzoni usa un linguaggio altamente lirico e evocativo. Alcuni elementi stilistici notevoli:
- Uso frequente di enjambement per creare fluidità
- Ricchezza di aggettivi che creano immagini vivide
- Alternanza di toni elegiaci e meditativi
Significato nell’economia dell’opera
Il coro di Ermengarda rappresenta un momento di pausa lirica nella trama principale dell’Adelchi. Tuttavia, non è un semplice interludio: attraverso la figura di Ermengarda, Manzoni approfondisce i temi centrali dell’opera, in particolare il conflitto tra aspirazioni individuali e forze storiche.
Influenza sulla letteratura successiva
Questo coro ha avuto un’influenza duratura sulla poesia italiana. La sua combinazione di intensità emotiva e riflessione storico-filosofica ha ispirato molti poeti successivi, da Leopardi a Pascoli.
Conclusione
I primi 84 versi del coro dell’Atto quarto dell’Adelchi rappresentano uno dei momenti più alti della poesia manzoniana. Attraverso la figura di Ermengarda, Manzoni non solo crea un ritratto indimenticabile di sofferenza e dignità femminile, ma offre anche una profonda meditazione sui temi della storia, del destino e della fede.
Testo del Coro
Sparsa le trecce morbide
Sull’affannoso petto,
Lenta le palme, e rorida
Di morte il bianco aspetto,
Giace la pia, col tremolo
Sguardo cercando il ciel.
Cessa il compianto: unanime
S’innalza una preghiera:
Calata in su la gelida
Fronte, una man leggiera
Sulla pupilla cerula
Stende l’estremo vel.
Sgombra, o gentil, dall’ansia
Mente i terrestri ardori;
Leva all’Eterno un candido
Pensier d’offerta, e muori:
Fuor della vita è il termine
Del lungo tuo martir.
Tal della mesta, immobile
Era quaggiuso il fato:
Sempre un obblio di chiedere
Che le saria negato;
E al Dio de’ santi ascendere
Santa del suo patir.
Ahi! nelle insonni tenebre,
Pei claustri solitari,
Tra il canto delle vergini,
Ai supplicati altari,
Sempre al pensier tornavano
Gl’irrevocati dì;
Quando ancor cara, improvida
D’un avvenir mal fido,
Ebbra spirò le vivide
Aure del Franco lido,
E tra le nuore Saliche
Invidiata uscì:
Quando da un poggio aereo,
Il biondo crin gemmata,
Vedea nel pian discorrere
La caccia affaccendata,
E sulle sciolte redini
Chino il chiomato sir;
E dietro a lui la furia
De’ corridor fumanti;
E lo sbandarsi, e il rapido
Redir de’ veltri ansanti;
E dai tentati triboli
L’irto cinghiale uscir;
E la battuta polvere
Riga di sangue, colto
Dal regio stral: la tenera
Alle donzelle il volto
Volgea repente, pallida
D’amabile terror.
Oh Mosa errante! oh tepidi
Lavacri d’Aquisgrano!
Ove, deposta l’orrida
Maglia, il guerrier sovrano
Scendea del campo a tergere
Il nobile sudor!
Come rugiada al cespite
Dell’erba inaridita,
Fresca negli arsi calami
Fa rifluir la vita,
Che verdi ancor risorgono
Nel temperato albor;
Tale al pensier, cui l’empia
Virtù d’amor fatica,
Discende il refrigerio
D’una parola amica,
E il cor diverte ai placidi
Gaudii d’un altro amor.
Ma come il sol che reduce
L’erta infocata ascende,
E con la vampa assidua
L’immobil aura incende,
Risorti appena i gracili
Steli riarde al suol;
Ratto così dal tenue
Obblio torna immortale
L’amor sopito, e l’anima
Impaurita assale,
E le sviate immagini
Richiama al noto duol.
Sgombra, o gentil, dall’ansia
Mente i terrestri ardori;
Leva all’Eterno un candido
Pensier d’offerta, e muori:
Nel suol che dee la tenera
Tua spoglia ricoprir,
Altre infelici dormono,
Che il duol consunse; orbate
Spose dal brando, e vergini
Indarno fidanzate;
Madri che i nati videro
Trafitti impallidir.
Te, dalla rea progenie
Degli oppressor discesa,
Cui fu prodezza il numero,
Cui fu ragion l’offesa,
E dritto il sangue, e gloria
Il non aver pietà,
Te collocò la provida
Sventura in fra gli oppressi:
Muori compianta e placida;
Scendi a dormir con essi:
Alle incolpate ceneri
Nessuno insulterà.
Muori; e la faccia esanime
Si ricomponga in pace;
Com’era allor che improvida
D’un avvenir fallace,
Lievi pensier virginei
Solo pingea. Così
Dalle squarciate nuvole
Si svolge il sol cadente,
E, dietro il monte, imporpora
Il trepido occidente;
Al pio colono augurio
Di più sereno dì.