Un forte dissidio interiore caratterizza Adelchi: egli aspira alla gloria, conquistata in imprese magnanime, ed è costretto invece dai disegni politici del padre ad assalire gli indifesi territori della Chiesa, trasformandosi in un ladrone.
Adelchi: eroe-vittima
Un forte dissidio interiore caratterizza Adelchi: egli aspira alla gloria, conquistata in imprese magnanime, ed è costretto invece dai disegni politici del padre ad assalire gli indifesi territori della Chiesa, trasformandosi in un ladrone.
Il contrasto si apre tra un’anima privilegiata, nobile e pura, e la realtà della politica, in cui domina solo l’interesse e la legge della forza. Questo contrasto esprime il pessimismo cristiano della visione di Manzoni, che vede la storia umana, in conseguenza della caduta, condannata ad una degradazione non riscattabile. In essa gli individui che aspirano ai valori più alti non possono trovar posto e ne sono irrimediabilmente espulsi.
Questo conflitto tra aspirazioni ideali e realtà colloca il personaggio di Adelchi in un clima decisamente romantico: romantico è anche il fascino che circonda l’inevitabile sconfitta dell’eroe, condannato alla sofferenza a all’infelicità proprio dal suo privilegio spirituale.
Si tratta di un tipo di eroe negativo che ha le sue radici negli eroi tragici alfieriani, in Werther, in Jacopo Ortis, ma a differenza di tanti altri eroi romantici, Adelchi non è un ribelle. Non si erge a sfidare il potere tirannico del padre (come farebbe un “eroe di libertà” alfieriano), non si oppone attivamente alla realtà degradata della politica e della ragion di stato
con gesti clamorosi di rivolta, con slancio generoso e titanico, eroico proprio per la consapevolezza dell’ineluttabile fallimento del suo gesto. Il suo rifiuto del negativo si isterilisce nel chiuso dell’interiorità, nella pura contemplazione della propria sconfitta e della degradazione delle proprie aspirazioni, della propria vita che si trascina oscura, senza scopo, senza possibilità di scelta, del proprio animo che progressivamente si inaridisce. Il senso della sua vita sprecata si compendia nell’immagine del seme che, caduto in un terreno sterile, non può sviluppare la sua potenziale fecondità ed è portato via dal vento.
Piuttosto che alla categoria degli eroi ribelli, Adelchi appartiene a quella degli eroi vittime.
A questo tipo di eroi non si prospetta altra alternativa che la morte. E così è anche per Adelchi, ma in una variante cristiana, ben diversa da quella del Werther e Jacopo Ortis: la morte è il riscatto in un’altra dimensione, immune dalla degradazione dell’esistenza storica. Il conflitto romantico ideale- reale, nella prospettiva religiosa di Manzoni, si risolve sul piano dell’eterno. Se l’eroe non è fatto per la brutalità del reale, può trovare la sua vera patria nell’altra vita.
Il cuore spingerebbe Adelchi ad “alte e nobili cose”, mentre la “fortuna” lo condanna “ad inique”, cosicché egli è costretto a trascinare una vita “oscura, senza scopo”. Questa contrapposizione frontale fra ideale e reale, questo bisogno di gloria che cozza contro l’iniquità e l’opacità della situazione concreta in cui l’eroe si trova ad agire, sono temi altamente romantici. Come romantico è il destino che ad Adelchi indica Anfrido: “Soffri, e sii grande”.
ANFRIDO
90 Alto infelice!
reale amico! il tuo fedel t’ammira,
e ti compiange. Toglierti la tua
splendida cura non poss’io, ma posso
teco sentirla almeno. Al cor d’Adelchi
95 dir che d’omaggi, di potenza e d’oro
sia contento, il poss’io? dargli la pace
de’ vili, il posso? e lo vorrei, potendo?
-Soffri e sii grande: il tuo destino è questo,
finor: soffri, ma spera: il tuo gran corso
100 comincia appena; e chi sa dir, quei tempi,
quali opre il cielo ti prepara? il cielo
che re ti fece, ed un tal cor ti diede.
Adelchi è alieno alla logica e alla meccanica del potere, ma sperimenta su di sé l’appartenenza ad una stirpe di oppressori che hanno fatto della violenza la loro legge, una legge che scatta anche contro di lui, facendone un oppresso. Adelchi è un eroe solitario e lucido, una specie di intellettuale isolato che guarda spregiudicatamente la violenza della società dominata dal potere, dalla feroce logica della ragion di stato, dalla violenza legalizzata. Egli contesta quel tipo di società pur lasciandosi coinvolgere; la sua analisi poi è tutta legata alla tensione religiosa ed esistenziale, per cui alla condanna della società si aggiunge quella della vita. Adelchi rivela così la sua fuga idealistica e romantica verso la tangente esistenziale e metafisico-provvidenzialistica, la rassegnazione stanca di fronte ad una lotta che non ha alternative se non nella morte pacificata della salvezza divina: “O Re dei rell’anima stanca accogli”.