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Nello scritto i due autori, che lavorano all’Università’ di Melbourne in Australia, sostengono che i neonati non hanno lo status morale di una reale persona umana, perché sono solo “persone potenziali” . E aggiungono: “Noi affermiamo che l’uccisione di un neonato potrebbe essere eticamente ammissibile in tutte le circostanze in cui lo è l’aborto. Tali circostanze includono i casi in cui il neonato ha il potenziale per avere una vita (almeno) accettabile, ma il benessere della famiglia è a rischio” . Pertanto i due bioeticisti (se è ancora possibile chiamarli tali), sostengono che gli interessi delle persone coinvolte da una nascita sono preponderanti rispetto a quelli del bambino, che, a parer loro, andrebbe ancora chiamato “feto” dopo il parto. E aggiungono: “Se i criteri come i costi (sociali, psicologici, economici) per i potenziali genitori sono buone ragioni per avere un aborto anche quando il feto è sano, se lo status morale del neonato è lo stesso di quello del bambino e se non ha alcun valore morale il fatto di essere una persona potenziale, le stesse ragioni che giustificano l’aborto dovrebbero anche giustificare l’uccisione della persona potenziale quando è allo stadio di un neonato” .
Il ragionamento non fa una grinza: se posso ammazzare un bambino a 3 mesi o 6 mesi di
gravidanza, perché non posso ammazzarlo a 9 o anche dopo la nascita? In effetti, se siamo solo degli ammassi casuali di cellule, dei sacchi di carne deambulanti senz’anima, che valore ha la vita umana? E perché un bambino di due anni o un ragazzo dovrebbero contare qualcosa, visto che sono solo adulti potenziali? E, a questo punto, perché gli adulti dovrebbero contare qualcosa? Anzi, se elaborano queste teorie, non sono forse ancora peggiori? Infatti i due autori non fissano nemmeno più la data dell’inizio della persona: due settimane dopo la nascita? Di più? Essi si limitano a rimandare la questione a neurologi e psicologi.
Come si è potuti arrivare fino a questo punto? E come mai due italiani? In realtà si tratta di due giovani autori cresciuti già sotto la logica dell’aborto che da anni vige in Italia, rendendo normale l’idea che si possa a gradimento uccidere un concepito di 3 mesi cui batte il cuore già da diverse settimane e che ha già un tracciato encefalografico ben evidente; anzi, sappiamo bene che ottenendo qualche certificato medico in più è possibile ucciderlo anche a 4, 5, o 6 mesi: semplicemente, anziché usare il metodo Karman per aspirazione, basta utilizzare il raschiamento o l’avvelenamento con prostaglandine o perfino il taglio cesareo con estrazione. Nelle cliniche abortiste private degli Stati Uniti si è arrivati perfino a praticare il partial birth abortion, in cui si aspetta la fuoriuscita della testa per la trapanazione del cranio. A Mosca s’invitano le donne che desiderano abortire a portare a termine la gravidanza, dietro compenso, al fine di avere una maggiore quantità di materiale umano da lavorare a fini industriali e cosmetici. Esagerazioni? No, purtroppo è tutto vero.
In Olanda vige perfino il Protocollo di Groningen, che permette l’eliminazione dei neonati
“difettosi” dopo la nascita. Mancava solo, ovviamente, la proposta di Giubilini e Minerva che
prolungano logicamente il discorso, estendendolo a tempo indefinito ed anche ai neonati sani.
Ma chi sono Giubilini e Minerva? Spulciando tra i loro blog personali, Giubilini appare, in una foto, poco più che un ragazzo, indossa una felpa con una scritta mentre osserva i canguri. Ma scavando più a fondo si scopre che è nel direttivo della Consulta di Bioetica, un ente privato che si dichiara “per un’etica laica” , strettamente collegato con la UAAR, Unione degli Atei ed Agnostici Razionalisti. (Presidente di tale Consulta è stato fino a poco tempo fa Valerio Pocar, attuale Presidente Onorario della UAAR).
E Francesca Minerva? Nella foto di presentazione è una giovane donna che mostra un bel sorriso (indice che ormai certe affermazioni possono essere candidamente esternate senza nemmeno avvertire più il minimo rimorso), ma anche lei è nel direttivo nazionale della Consulta di Bioetica, anche se il suo punto di riferimento è la Chiesa Valdese.
In realtà tutta la questione non riguarda più l’aborto, bensì l’eutanasia, perché interessa il periodo di vita successivo al parto. E non a caso i due studiosi sono legati all’ambiente australiano: in Australia si sta diffondendo da qualche anno il pensiero di Peter Singer, filosofo australiano noto per il suo appoggio all’eutanasia dei bambini. Scrive Singer nella sua Tesi della Sostituibilità: “Principio generale per l’eutanasia neonatale: quando un bambino malato, oltre a comportare sofferenze e stress per i genitori, comprometterebbe la loro possibilità di avere un altro bambino, e diminuirebbe le attenzioni dedicate ai fratelli già nati, è preferibile sopprimere il bambino malato in fase neonatale e sostituirlo con un nuovo progetto creativo” . In pratica per Singer i bambini malati sono sostituibili allo stesso modo di pneumatici bucati: vanno gettati e sostituiti. (Hitler lo avrebbe gradito al suo fianco durante il suo piano eugenetico per disabili.)
E i nostri due italiani hanno logicamente aggiunto: perché solo i pneumatici bucati sono sostituibili?
Stefano Biavaschi
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https://www.ilfoglio.it/articoli/2013/05/13/news/l-aborto-dopo-il-parto-60652/