Letteratura italiana dell’ottocento
27 Gennaio 2019Émile Zola
27 Gennaio 2019Il prof. Gaudio spiega Gaber ai suoi alunni di classe quinta a scuola, Liceo Vico di Corsico
Nuovi Video di Ventisei canzoni di Giorgio Gaber interpretate dal prof. Gaudio a scuola: Verso il terzo millennio (E tu mi vieni a dire), Trani a gogò, Torpedo blu, I soli, Lo shampoo, Il Riccardo, Quello che perde i pezzi, Quando è moda, è moda,L’odore, La marcia dei colitici, Le mani, Io non mi sento italiano, L’illogica allegria, Goganga, E’ sabato, Il dilemma, Destra Sinistra, Il dente della conoscenza, La democrazia, Il corrotto, Com’è bella la città , Chiedo scusa se parlo di Maria, Cerco un gesto, un gesto naturale, C’è un’aria, C’è solo la strada, Barbera e champagne
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Ritorna all’indice della Lezione-spettacolo Giorgio Gaber: un uomo recital didattico del prof. Gaudio, webmaster di atuttascuola, comprendente video, testi, accordi, ecc…
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Il teatro canzone di Gaber di atuttascuola
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Gaber, sempre più Gaber a scuola di atuttascuola
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Giorgio Gaber (1939-2003) di atuttascuola
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A scuola si insegnerà Giorgio Gaber articolo di giornale
A puro titolo di esempio
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Complimenti prof. Gaudio per “Cerco un gesto, un gesto naturale” di Giorgio Gaber.
Seguo sempre le sue guide su argomenti letterari o concernenti la storia dell’arte.
Mi fa piacere che lei insegni ai suoi alunni quanto grande sia stato il signor G.
Uno studente che ha compiuto da poco 18 anni.
Pietro Maggi
Il prof Gaudio commenta e interpreta alcuni brani famosi di Giorgio Gaber
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Giorgio Gaber: un uomo playlist su youtube
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Giorgio Gaber a scuola il prof. Gaudio “spiega” Gaber ai suoi alunni interpretandolo playlist su youtube
Gaber a scuola Video di Ventisei canzoni di Giorgio Gaber interpretate dal prof. Gaudio a scuola: Verso il terzo millennio (E tu mi vieni a dire), Trani a gogò, Torpedo blu, I soli, Lo shampoo, Il Riccardo, Quello che perde i pezzi, Quando è moda, è moda, L’odore, La marcia dei colitici, Le mani, Io non mi sento italiano, L’illogica allegria, Goganga, E’ sabato, Il dilemma, Destra Sinistra, Il dente della conoscenza, La democrazia, Il corrotto, Com’è bella la città, Chiedo scusa se parlo di Maria, Cerco un gesto, un gesto naturale, C’è un’aria, C’è solo la strada, Barbera e champagne
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Introduzione allo spettacolo teatrale “Eretici e corsari” su Gaber e Pasolini lezione scolastica in mp3, disponibile anche in wma
“Giorgio Gaber: un uomo” recital musicale didattico del prof. Gaudio
Dopo i video potrai leggere il Canovaccio del recital didattico (lezione-spettacolo) del professor Gaudio
Il professor Gaudio è disponibile a rifare questo spettacolo. Contattatelo tramite e-mail [email protected]
Qui sotto i video su youtube della lezione-spettacolo
Video su Youtube
La Ballata del Cerutti
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“La Ballata del Cerutti” di Giorgio Gaber spettacolo 2010
La risposta al ragazzo della Via Gluck
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“La risposta al ragazzo della Via Gluck” di Giorgio Gaber (versione spettacolo) 2010
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La risposta al ragazzo della Via Gluck video su youtube del prof. Gaudio – registrazione a scuola 2008
Com’è bella la città
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“Com’è bella la città” di Giorgio Gaber registrazione spettacolo 2010
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Com’è bella la città video su youtube del prof. Gaudio – registrazione a scuola 2008
Chissà nel socialismo
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“Chissà nel socialismo” di Giorgio Gaber registrazione spettacolo 2010
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Chissà nel socialismo video su youtube del prof. Gaudio – registrazione a scuola 2008
La libertà
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“La libertà” di Giorgio Gaber registrazione spettacolo 2010
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La libertà video su youtube del prof. Gaudio – registrazione a scuola 2008
Le elezioni
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“Le elezioni” di Giorgio Gaber registrazione spettacolo 2010
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Le elezioni video su youtube del prof. Gaudio (introduzione) – registrazione a scuola 2008
Far finta di essere sani
La canzone dell’appartenenza
Un’idea
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“Un’idea” di Giorgio Gaber 2010
L’odore
Lo shampoo
Destra-sinistra
Non insegnate ai bambini
Canovaccio dello spettacolo
Introduzione
Sapete, io non ho mai conosciuto Gaber di persona, eppure lui nel corso dei suoi spettacoli teatrali mi parlava della sua esperienza di vita senza tacere nulla, anche le cose più inconfessabili. Questo è un regalo che poche persone sono in grado di fare agli altri.
La ballata del Cerutti
Gaber parla così di se stesso agli esordi: il chitarrista di Celentano divenuto cantante solo perché lui arrivava in ritardo e l’orchestra aveva bisogno di una voce con cui provare”. E’ da qui che nasce una folgorante carriera che lo porterà anche a partecipare a festival, a vendere migliaia di dischi, e a condurre varietà e show televisivi di grande successo lungo tutti gli anni sessanta.
Gaber in quegli anni non scrive solo testi commerciali, di successo, ma anche canzoni piene di poesia, aperte però sulla realtà, che gettano una luce sul mondo dei giovani squattrinati della Milano di periferia, come La ballata del Cerutti”. Si può trovare qui un’analogia con gli odierni rapper metropolitani. Il Cerutti è il balordo che ruba una lambretta e che poi va in galera e con il condono (oggi si direbbe) con un indulto, esce, segno di un disagio giovanile che incomincia a serpeggiare nella Milano, la grande città industriale in ascesa negli anni sessanta
La ballata del Cerutti (Gaber)
Io ho sentito molte ballate
quella di Tom Dooley
quella di Davy Crocket
e sarebbe piaciuto anche a me
scriverne una così
invece invece niente
ho fatto una ballata
per uno che sta a Milano
al Giambellino
il Cerutti Cerutti Gino
Il suo nome era
Cerutti Gino
ma lo chiamavan drago
gli amici al bar del Giambellino
dicevan che era un mago
vent’anni biondo mai una lira
per non passare guai
fiutava intorno che aria tira
e non sgobbava mai
il suo nome era
Cerutti Gino
ma lo chiamavan drago
gli amici al bar del Giambellino
dicevan che era un mago
una sera in una strada scura
occhio c’e’ una lambretta
fingendo di non aver paura
il Cerutti monta in fretta
ma che rogna nera quella sera
qualcuno vede e chiama
veloce arriva la pantera
e lo vede la madama
il suo nome era
Cerutti Gino
ma lo chiamavan drago
gli amici al bar del Giambellino
dicevan che era un mago
ora è triste e un poco manomesso
si trova al terzo raggio
e’ lì che attende il suo processo
forse vien fuori a Maggio
s’e’ beccato un bel tre mesi il Gino
ma il giudice è stato buono
gli ha fatto un lungo verborino
è uscito col condono
il suo nome era
Cerutti Gino
ma lo chiamavan drago
gli amici al bar del Giambellino
dicevan che era un mago
è tornato al bar Cerutti Gino
e gli amici nel futuro
quando parleran del Gino
diran che è un tipo duro
La risposta al ragazzo della via Gluck
La cosa che più mi piace del Gaber degli anni sessanta, che deve lottare con censure della televisione di stato e dei discografici, è il garbo e l’ironia che mostra, per esempio quando fa il verso ad una famosa canzone di Celentano. In questi anni non è mai sopra le righe, mentre forse negli anni successivi del teatro-canzone talvolta, bisogna ammetterlo, un po sopra le righe è andato. Varrebbe forse la pena di confrontare l’ironia di Gaber con quella di Manzoni, Svevo o Chaplin
La risposta al ragazzo della via Gluck
Questa è la storia di un ragazzo che abitava in una strada di periferia
e, in fondo in fondo un po’ assomiglia al ragazzo di via Gluck,
anche se i suoi problemi sono un po’ diversi
sol re7
Era un ragazzo un po’ come tanti che lavorava, tirava avanti
sol
ed aspettava senza pretese il suo stipendio a fine mese
re7
la madre a carico, in due locali, mobili usati, presi a cambiali
sol
in un palazzo un po’ malandato servizi di corte, fitto bloccato
sol do
Ma quella casa ma quella casa ora non c’è più
re7 sol
Ma quella casa ma quella casa l’han buttata giù
Morta la madre, rimasto solo, pensa alle nozze e alla morosa
che già prepara il velo da sposa ed il corredo per la sua casa
per quella casa, fitto bloccato, tre lire al mese, spese comprese
lui la guardava tutto contento ed aspirava l’odor di cemento
Ma quella casa…………
Già tutto è pronto, le pubblicazioni il rito in chiesa e i testimoni
quand’ecco arriva un tipo astratto con barba e baffi e avviso di sfratto
e quel palazzo un po’ malandato va demolito per farci un prato
il nostro amico la casa perde per una legge del piano verde
Ma quella casa ……….
Persa la casa, fitto bloccato, la sua morosa l’ha abbandonato
l’amore è bello ma non è tutto e per sposarsi occorre un letto
Ora quel prato è frequentato da qualche cane e qualche coppietta
e lui ripensa con grande rimpianto a quella casa che amava tanto
Ma quella casa………..
E’ ora di finirla di buttar giù le case per fare i prati.
Cosa ci interessano a noi i prati? Guarda quello lì: doveva sposarsi,
gli han buttato giù la casa e non puo’ più sposarsi. Roba da matti
Io non capisco perché non buttano giù i palazzoni del centro:
quelli sì che disturbano, mica le case di periferia!
Mah, i soliti problemi…..qui non si capisce mai niente
Com’è bella la città
A proposito del boom edilizio, dell’urbanizzazione selvaggia, Gaber in modo ironico sembra esaltare la città metropolitana, più stimolante della campagna, ma poi il ritmo nevrotico verso la fine della canzone sottolinea implicitamente tutte le contraddizioni delle metropoli moderne. Siamo nel 1970 e questa canzone verrà inserita nel primo spettacolo del teatro-canzone di Gaber, intitolato Il signor G”
Com’è bella la città
di Gaber – Luporini – 1970 © Edizioni Curci Srl – Milano
[Parlato] La città di Milano ha una struttura tipicamente concentrica. I nostri interventi tendono a razionalizzare dov’è possibile tutto ciò che riguarda la viabilità, i servizi, le strutture primarie, le infrastrutture. Si deve dare al cittadino uno spazio vitale, abitabile, confortevole, soprattutto congeniale alla sua natura intima e al tempo stesso operosa. In questo contesto, in questo contesto, in questo contesto
Do Do6 Do Do6 Do Do6 Rem Sol7
Vieni, vieni in città che stai a fare in campagna?
Rem Sol7 Do Do6 Re+ Sol7 Do
Se tu vuoi farti una vita devi venire in città
Lab7 Sol Do Do6 Rem7 Sol7
Com’è bella la città, com’è allegra la città
Rem7 Solm7 Do9 Do
com’è viva la città, com’è grande la città
Rem
piena di strade e di negozi e di vetrine
Sol7 Rem7 Sol7
piena di luci, con tanta gente che lavora
Do9 Do
con tanta gente che produce
Con le réclames sempre più grandi
coi magazzini le scale mobili
coi grattacieli sempre più alti
e tante macchine sempre di più.
Com’è bella la città
com’è grande la città
com’è viva la città
com’è allegra la città.
Vieni, vieni in città
che stai a fare in campagna?
Se tu vuoi farti una vita
devi venire in città.
Com’è bella la città
com’è grande la città
com’è viva la città
com’è allegra la città.
Piena di strade e di negozi
e di vetrine piene di luce
con tanta gente che lavora
con tanta gente che produce.
Con le réclames sempre più grandi
coi magazzini le scale mobili
coi grattacieli sempre più alti
e tante macchine sempre di più.
Com’è bella la città
com’è grande la città
com’è viva la città
com’è…
Vieni, vieni in città
che stai a fare in campagna
se tu vuoi farti una vita
devi venire in città.
Com’è bella la città
com’è grande la città
com’è viva la città
com’è allegra la città.
Piena di strade e di negozi
e di vetrine piene di luce
con tanta gente che lavora
con tanta gente che produce.
Con le réclames sempre più grandi
coi magazzini le scale mobili
coi grattacieli sempre più alti
e tante macchine sempre di più.
Com’è bella la città
com’è grande la città
com’è viva la città
com’è allegra la città.
Com’è bella .
sempre di più, sempre di più, sempre di più!
Il sessantotto
Per Gaber rappresenta una spinta a migliorarsi, a cambiare in positivo: è un sessantottino della prima ora. Dice il suo amico Massimo Bernardini
Ha conservato come pochi nel cuore la purezza dell’esperienza della contestazione, sentendone nostalgia. Non ha accettato lesistente, non si è rassegnato”.
Egli però vive il sessantotto non in modo acritico. Scopre le contraddizioni di un movimento che presto viene inglobato dentro i meccanismi dell’ideologia e della politica, come si intuisce da questa canzone fatta dieci anni dopo il sessantotto Chissà nel socialismo”, dove ironizza sulla presunzione che il socialismo avrebbe risolto tutti i problemi. Ha scritto Gaber: “Una volta ho domandato a Sofri: ma tu ci credevi veramente alla rivoluzione?” E lui: forse non ce lo siamo mai chiesti, o avevamo paura di chiedercelo”.
Chissà nel socialismo
di Gaber – Luporini 1978 © Edizioni Curci Srl – Milano
Scegliere un lavoro è il mio problema
ma è colpa del sistema
la mia immobilità…
Non mi sono ancora realizzato
nel senso che ho sprecato
le mie capacità.
E pensare che io, fosse per me chissà cosa farei
io che ho sempre fallito, con tutte quelle doti che c’avrei.
Io sarei così adatto per fare un bel mestiere da amatori
chissà nel socialismo… che lavori!
Non riesco nemmeno a fare l’amore
non ho più la fantasia
con tutto quello che cho d’intorno
non è colpa mia, è solo un fatto esterno.
Non riesco neanche a muovere un dito
non si può fare più niente
sono tutto compresso, attorcigliato
sono quasi impotente.
E pensare che io, fosse per me chissà come sarei
con la voglia di amare, col potenziale erotico che avrei.
Non mi sono mai espresso, non ho mai avuto donne innamorate
chissà nel socialismo… che scopate!
E giustamente sono anche cattivo
mi deve avere sciupato
l’indifferenza di una mamma ostile
cho l’Io devastato da trauma infantile.
E’solamente mancanza di amore
io sono buono, non c’entro
se vi faccio del male non reagite
sono debole di dentro.
E pensare che io, fosse per me lo so cosa vorrei
una mamma ideale come l’immagine che ho già di lei.
Una donna stupenda che strappa il suo bambino dalle fiamme
chissà nel socialismo… che mamme!
Chiedo scusa se parlo di Maria
“Chiedo scusa se parlo di Maria”, canta leretico Gaber nel 1973.
“La libertà, la rivoluzione, il Vietnam, la Cambogia”, sì, d’accordo, ma “io vorrei parlare di Maria”. Dei miei bisogni, di quello che mi manca, dell’amore, dei soldi, di una casa. Anche se non centra niente, qui, adesso, con l’ordine del giorno.
Cera come un imperativo, infatti, nel sessantotto, nei collettivi che si facevano a scuola, nei posti di lavoro, ed era il seguente: mettere da parte le questioni private (vedi “Una questione privata” di Beppe Fenoglio), perché cera qualcosa di più importante da fare, cera una società ingiusta da abbattere , cera un futuro da costruire, e soffermarsi sul privato era sintomo di egoismo e ristrettezza di orizzonti. Ma Gaber dice no. Per lui viene prima l’uomo, e la donna, prima di qualunque discorso, prima di qualunque ideologia
Chiedo scusa se parlo di Maria
Chiedo scusa se parlo di Maria
non del senso di un discorso, quello che mi viene
non vorrei si trattasse di una cosa mia
e nemmeno di un amore, non conviene.
Quando dico “parlare di Maria”
voglio dire di una cosa che conosco bene
certamente non è un tema appassionante
in un mondo così pieno di tensione
certamente siam vicini alla pazzia
ma è più giusto che io parli di
Maria la libertà
Maria la rivoluzione
Maria il Vietnam, la Cambogia
Maria la realtà.
Non è facile parlare di Maria
ci son troppe cose che sembrano più importanti
mi interesso di politica e sociologia
per trovare gli strumenti e andare avanti
mi interesso di qualsiasi ideologia
ma mi è difficile parlare di
Maria la libertà
Maria la rivoluzione
Maria il Vietnam, la Cambogia
Maria la realtà.
Se sapessi parlare di Maria
se sapessi davvero capire la sua esistenza
avrei capito esattamente la realtà
la paura, la tensione, la violenza
avrei capito il capitale, la borghesia
ma la mia rabbia è che non so parlare di
Maria la libertà
Maria la rivoluzione
Maria il Vietnam, la Cambogia
Maria la realtà.
Maria la libertà
Maria la rivoluzione
Maria il Vietnam, la Cambogia
Maria la realtà
Maria la realtà
Maria la realtà.
Il teatro canzone
Dagli anni settanta in poi Gaber si inventa un’altra forma di spettacolo che coniuga la sua esperienza ormai più che decennale nel modo della canzone, con la sua presenza scenica. Dice Gad Lerner Ogni estate, in Toscana, si mette lì con l’amico pittore Sandro Luporini a scrivere canzoni e a misurare la miseria dei luoghi comuni e delle mode culturali”. “Teatro canzone” è la più sintetica definizione di un certo modo di fare spettacolo a partire dagli anni ’70. Gaber non ha bisogno di scenografie. Basta un complesso musicale che lo accompagni, talvolta addirittura è sufficiente qualche base musicale, e lui un uomo” sul palco, a diretto contatto con altri uomini, gli spettatori, che per una sera non sono una audience, un gruppo, un partito, non sono l’opinione pubblica, ma sono solo e semplicemente uomini, per una volta sollecitati a pensare non con schemi o pregiudizi.
Per capire l’originalità del teatro canzone di Giorgio Gaber vale la pena di ascoltare le parole che gli rivolgeva lo scrittore Davide Lajolo:
Caro Gaber,
avrei detto di no al tuo invito se ai tuoi spettacoli non mi fosse sempre accaduto di divertirmi ed emozionarmi. Emozionato e talvolta anche spinto alla polemica perché tu sei diverso, sei un uomo e la discussione è dobbligo.
Questa è anzi la tua cosa più pregnante: quella di aprire sempre un dialogo con le tue canzoni e di obbligare a delle risposte con i tuoi monologhi.
Caro Gaber, lo so che a dirtelo tu abbassi il viso perché sei modesto dentro, ma tu sei un uomo di cultura anche se l’unico motivo fosse questo: che ti chiedi costantemente perché stai al mondo. Non è cosa da poco: non lo sanno in molti, soprattutto non se lo chiedono e tu lo ricordi a tutti divertendoli, con le tue canzoni.
Tu sei presente nella società in questo tempo convulso da vivere come sempre quando l’uomo è arrivato ad una grande svolta. Tu non sei profeta e non dici come avverrà, anzi sotto i colpi di avvenimenti amari ogni tanto le parole delle tue canzoni si velano di pessimismo, ma è destinata a vincere la speranza, la partecipazione, sissignore, la partecipazione di tutti che risolve.
Ti scrivo soprattutto perché sei l’amico dei giovani: tu li tratti a muso duro come piace a loro, senza paternalismi perché il dialogo con loro ti è necessario come il fiato, come vivere. Tu sei convinto che i giovani sono già oggi il mondo più umano che costruiranno domani se tutti noi s’apremo accompagnarli.
Decisivo è essere uomini, sempre. Decisivo è lottare ragionando, voler bene a se stessi per capire e voler bene agli altri. Solo così si abbattono gli ostacoli che si frappongono alla breve felicità di cui ognuno ha diritto.
Caro Gaber, verrò come sempre al tuo spettacolo anche per sentire ripetere dalla gente più diversa: è vero, con Gaber ognuno ha un amico in più, un amico che ci dà musica e poesia.”
Dice Mina al proposito: Leleganza inesorabile, la lucidità, l’ironia potente e leggera, la buona creanza nonostante l’intelligenza rivoluzionaria, la sottile gentilezza d’animo, la voglia di ridere comunque, la consapevolezza di essere un uomo superiore, la voglia di non fartelo pesare, ma solo intuire, la potenza della semplicità nella sua musica e nella sua esposizione vocale, il non arrendersi alle mode, l’aria consapevole e tollerante per quelli che non sono come lui […] fanno di Giorgio un essere assolutamente unico, come artista e come uomo.”
La libertà
Sulla libertà Gaber incomincia a riflettere sin dagli anni settanta, con questa idea di fondo: che la libertà non consista nel fare quello che si vuole, ma consiste nel partecipare, da qui l’importanza della delega, quindi del gesto puro delle elezioni, inconcepibile laddove ci sia uno stato autoritario.
La libertà
di Gaber – Luporini – 1972 © Edizioni Curci Srl – Milano
[parlato]: Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Vorrei essere libero come un uomo.
Come un uomo appena nato
che ha di fronte solamente la natura
e cammina dentro un bosco
con la gioia di inseguire un’avventura.
Sempre libero e vitale
fa l’amore come fosse un animale
incosciente come un uomo
compiaciuto della propria libertà.
La libertà non è star sopra un albero
non è neanche il volo di un moscone
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione.
[parlato]: Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Come un uomo che ha bisogno
di spaziare con la propria fantasia
e che trova questo spazio
solamente nella sua democrazia.
Che ha il diritto di votare
e che passa la sua vita a delegare
e nel farsi comandare
ha trovato la sua nuova libertà.
La libertà non è star sopra un albero
non è neanche avere un’opinione
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione.
La libertà non è star sopra un albero
non è neanche il volo di un moscone
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione.
[parlato]: Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Come l’uomo più evoluto
che si innalza con la propria intelligenza
e che sfida la natura
con la forza incontrastata della scienza
con addosso l’entusiasmo
di spaziare senza limiti nel cosmo
e convinto che la forza del pensiero
sia la sola libertà.
La libertà non è star sopra un albero
non è neanche un gesto o un’invenzione
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione.
La libertà non è star sopra un albero
non è neanche il volo di un moscone
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione.
Le elezioni
Sulla questione della partecipazione Gaber è ritornato anche in anni più recenti. Questa soave canzone dedicata al rito delle elezioni da una parte sembra confermare la fiducia nel valore delle scelte popolari, dall’altra, però, nasconde un non so che di ironico. Non bisogna dimenticare, infatti, che Gaber nella canzone Una razza in estinzione” dirà che non crede neppure nella democrazia e che la sua generazione ha perso. Viene un po da ridere ad ascoltare questa canzone, se si sa cosa dice Gaber di tutti i partiti politici. Badate, tutti! Non se ne salva uno: dai fascisti di AN, a Berlusconi (e chi si inventa un bel partito per il nostro bene sembra proprio destinato a diventare un buffone), ai cattolici di centro, ai conformisti catto-comunisti, che definisce i conformisti di oggi, agli uomini grigi del PCI e di tutti i vari partiti che dal PCI sono nati. Non per niente una delle sue ultime canzoni si intitola Il potere dei più buoni” e contro il buonismo di sinistra Gaber lancia i suoi ultimi strali. Per non parlare di quello che dice nella canzone io se fossi Dio” su radicali e socialisti:
Compagno radicale,
tu occupati pure di diritti civili e di idiozia
che fa democrazia
e preparaci pure un altro referendum
questa volta per sapere
dov’è che i cani devono pisciare!
Compagni socialisti,
con le vostre spensierate alleanze
di destra, di sinistra, di centro,
coi vostri uomini aggiornati,
nuovi di fuori e vecchi di dentro!…
Compagni socialisti fatevi avanti
che questo è l’anno del garofano rosso e dei soli nascenti!
Fatevi avanti col mito del progresso
e con la vostra schifosa ambiguità!
Ringraziate la dilagante imbecillità
Le elezioni
Re
Generalmente mi ricordo
La
una domenica di sole
Re
una giornata molto bella
Re7+/Fadiesis
un’aria già primaverile
Sol
in cui ti senti più pulito anche la strada è più pulita
Re
senza schiamazzi e senza suoni
La7/4
chissà perché non piove mai
Re
quando ci sono le elezioni.
Una curiosa sensazione
che rassomiglia un po’ a un esame
di cui non senti la paura
ma una dolcissima emozione,
e poi la gente per la strada li vedi tutti più educati
sembrano anche un po’ più buoni
ed è più bella anche la scuola
quando ci sono le elezioni.
Redim
Persino nei carabinieri
Re7+/Fadiesis
c’è un’aria più rassicurante
Sol
ma mi ci vuole un certo sforzo per presentarmi con coraggio
Re
c’è un gran silenzio nel mio seggio
La7/4 Re
un senso d’ordine e di pulizia.
Sol La Re
De___mocrazia!
Mi danno in mano un paio di schede
e una bellissima matita
lunga, sottile, marroncina
perfettamente temperata
e vado verso la cabina volutamente disinvolto
per non tradire le emozioni
e faccio un segno sul mio segno
come son giuste le elezioni.
E’ proprio vero che fa bene
un po’ di partecipazione
con cura piego le due schede
e guardo ancora la matita
così perfetta è temperata…
io quasi quasi mela porto via.
Democrazia
Far finta di essere sani
Nello spettacolo dei primi anni settanta, che era intitolato Far finta di essere sani”, forse uno dei più significativi della sua lunga carriera teatrale, Gaber coglie le ipocrisie del vivere borghese, di chi si pone domande sulla vita e poi nel dubbio si compra una moto”. Nello stesso spettacolo cera una canzone che si intitolava Dall’altra parte del cancello”. E’ singolare il fatto che un cantautore contemporaneo, Simone Cristicchi, abbia ripreso quelle intuizioni, intitolando Dall’altra parte del cancello” un suo spettacolo, in cui legge le lettere di internati nel manicomio di Volterra, ricordando che fino a pochi decenni erano messi nei manicomi uomini e soprattutto donne per eredità, stravizi e abuso di liquori, conseguenze di parto, prostituzione, disturbi della mestruazione, gelosia ed amore contrariato, esaltazione religiosa”. Lo stesso Cristicchi si chiede pirandellianamente Chi è il pazzo?”
Far finta di essere sani
di Gaber – Luporini – 1973 © Edizioni Curci Srl – Milano
Vivere, non riesco a vivere
ma la mente mi autorizza a credere
che una storia mia, positiva o no
è qualcosa che sta dentro la realtà.
Nel dubbio mi compro una moto
telaio e manubrio cromato
con tanti pistoni, bottoni e accessori più strani
far finta di essere sani.
Far finta di essere insieme a una donna normale
che riesce anche ad esser fedele
comprando sottane, collane, creme per mani
far finta di essere sani.
Far finta di essere…
Liberi, sentirsi liberi
forse per un attimo è possibile
ma che senso ha se è cosciente in me
la misura della mia inutilità.
Per ora rimando il suicidio
e faccio un gruppo di studio
le masse, la lotta di classe, i testi gramsciani
far finta di essere sani.
Far finta di essere un uomo con tanta energia
che va a realizzarsi in India o in Turchia
il suo salvataggio è un viaggio in luoghi lontani
far finta di essere sani.
Far finta di essere…
Vanno, tutte le coppie vanno
vanno la mano nella mano
vanno, anche le cose vanno
vanno, migliorano piano piano
le fabbriche, gli ospedali
le autostrade, gli asili comunali
e vedo bambini cantare
in fila li portano al mare
non sanno se ridere o piangere
batton le mani.
Far finta di essere sani.
Far finta di essere sani.
Far finta di essere sani.
Canzone dell’appartenenza
Negli anni settanta eravamo tutti o cristiani o comunisti. Ci hanno detto: non potete più essere cristiani o comunisti. Ci hanno detto: non potete più appartenere ad altri se non a voi stessi. Potete essere membri di associazioni, iscritti a forum, eccetera, ma non potete più appartenere a qualcun altro. Eppure c’è una nostalgia di questa appartenenza
Sulla canzone dell’appartenenza Don Luigi Giussani ha scritto:
L’appartenenza è un’evidenza naturale: se l’uomo non appartenesse a niente, sarebbe niente. […] Ma come si può “avere gli altri dentro di sé” – pare un miraggio – ? [Eppure] Il finale della canzone accenna l’alba di una risposta: “Sarei certo di cambiare la mia vita/ se potessi cominciare/ a dire noi”.
Canzone dell’appartenenza (Gaber – Luporini)
L’appartenenza
non è lo sforzo di un civile stare insieme
non è il conforto di un normale voler bene
l’appartenenza è avere gli altri dentro di sé.
L’appartenenza
non è un insieme casuale di persone
non è il consenso a un’apparente aggregazione
l’appartenenza è avere gli altri dentro di sé.
Uomini
uomini del mio passato
che avete la misura del dovere
e il senso collettivo dell’amore
io non pretendo di sembrarvi amico
mi piace immaginare
la forza di un culto così antico
e questa strada non sarebbe disperata
se in ogni uomo ci fosse un po’ della mia vita
ma piano piano il mio destino
é andare sempre più verso me stesso
e non trovar nessuno.
L’appartenenza
non è lo sforzo di un civile stare insieme
non è il conforto di un normale voler bene
l’appartenenza
è avere gli altri dentro di sé.
L’appartenenza
è assai di più della salvezza personale
è la speranza di ogni uomo che sta male
e non gli basta esser civile.
E’ quel vigore che si sente se fai parte di qualcosa
che in sé travolge ogni egoismo personale
con quell’aria più vitale che è davvero contagiosa.
Uomini
uomini del mio presente
non mi consola l’abitudine
a questa mia forzata solitudine
io non pretendo il mondo intero
vorrei soltanto un luogo un posto più sincero
dove magari un giorno molto presto
io finalmente possa dire questo è il mio posto
dove rinasca non so come e quando
il senso di uno sforzo collettivo per ritrovare il mondo.
L’appartenenza
non è un insieme casuale di persone
non è il consenso a un’apparente aggregazione
l’appartenenza
è avere gli altri dentro di sé.
L’appartenenza
è un’esigenza che si avverte a poco a poco
si fa più forte alla presenza di un nemico, di un obiettivo o di uno scopo
è quella forza che prepara al grande salto decisivo
che ferma i fiumi, sposta i monti con lo slancio di quei magici momenti
in cui ti senti ancora vivo.
Sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciare a dire noi.
Un’idea
Anni settanta: a questo punto, scusatemi, ma vi racconto anch’io come ho vissuto quegli anni. So che a Milano è stata allestita una mostra che tende a valorizzare quel periodo, che invece per me è stato uno dei periodi più brutti della nostra storia. La spinta ideale al cambiamento del sessantotto si è incanalata negli anni settanta o nello schema dei partiti di sinistra oppure nel terrorismo, e cosa c’è di peggio del voler imporre agli altri unutopia con la violenza? Io arrivavo dal sud in quegli anni senza cognizioni sufficienti di italiano, latino e greco. Avevo degli ottimi insegnanti che mi avrebbero potuto indirizzare fare imparare quelle cose, ma questo non era possibile, perché nella mia scuola erano più i giorni in cui si facevano assemblee, collettivi, persino occupazioni scolastiche che non ore di lezioni, tanto gli altri, loro, i figli di avvocati, giornalisti, ecc le cose le sapevano già e non avevano certo da impararle dai professori (allora i professori erano sempre sistematicamente da contestare). Durante le assemblee, poi, chi non era d’accordo con la maggioranza (si chiamava il movimento) veniva letteralmente picchiato. Potete immaginare dunque quale sia il mio giudizio di quell’età. Ma anche Gaber, che pure era stato sessantottino della prima ora, si era reso conto dell’assurdità degli schemi ideologici applicati ad una vita che sempre contraddice le costruzioni teoriche che non sono partono dal popolo e dalla realtà
Un’idea
di Gaber – Luporini
Un’idea, un concetto, un’idea
finché resta un’idea è soltanto un’astrazione
se potessi mangiare un’idea
avrei fatto la mia rivoluzione.
In Virginia il signor Brown
era l’uomo più antirazzista
un giorno sua figlia sposò
un uomo di colore
lui disse: “Bene”
ma non era di buonumore.
Ad una conferenza
di donne femministe
si parlava di prender coscienza
e di liberazione
tutte cose giuste
per un’altra generazione.
Un’idea, un concetto, un’idea
finché resta un’idea è soltanto un’astrazione
se potessi mangiare un’idea
avrei fatto la mia rivoluzione.
Su un libro di psicologia
ho imparato a educare mio figlio
se cresce libero il bimbo
è molto più contento
l’ho lasciato fare
m’è venuto l’esaurimento.
Il mio amico voleva impostare
la famiglia in un modo nuovo
e disse alla moglie
“Se vuoi, mi puoi anche tradire”.
Lei lo tradì
lui non riusciva più a dormire.
Un’idea, un concetto, un’idea
finché resta un’idea è soltanto un’astrazione
se potessi mangiare un’idea
avrei fatto la mia rivoluzione.
Aveva tante idee
era un uomo d’avanguardia
si vestiva di nuova cultura
cambiava ogni momento
ma quand’era nudo
era un uomo dell’Ottocento.
Ho voluto andare
ad una manifestazione
i compagni, la lotta di classe
tante cose belle
che ho nella testa
ma non ancora nella pelle.
Un’idea, un concetto, un’idea
finché resta un’idea è soltanto un’astrazione
se potessi mangiare un’idea
avrei fatto la mia rivoluzione
la mia rivoluzione, la mia rivoluzione.
Lodore
E cosa pensa Gaber del borghese-conformista, dell’uomo che si fa da sé, del selfmademan, di quello che si sistema la vita, il lavoro, i rapporti, gli amori, e non si fa più domande. Un uomo così, per Gaber, è proprio un uomo di merda
L’odore
di Gaber – Luporini – 1974 © Edizioni Curci Srl – Milano
Sdraiati sull’erba
soltanto un attimo prima
di fare l’amore.
Un grillo che canta
c’è una aria bellissima intorno…
che odore!
Pian piano riprendo a sfiorare la sua sottana…
sarà la zona!
Cerchiamo un posto migliore
e allora ritrovo di nuovo
la mia tenerezza.
E’una cara ragazza
comincio a sentirmi eccitato…
più che un odore è una puzza.
Io tento un abbraccio per chiuderle il setto nasale…
è micidiale!
Non ce la faccio
m’è venuta anche un po’ di nausea
mi gira la testa.
In città non mi sento mai male
l’aria è più giusta
un bar d’alluminio
mi siedo e mi sento un signore…
C’è ancora l’odore, l’odore mi insegue, oramai è dappertutto
non posso, non posso, oramai ce l’ho addosso!
Vado a casa, mi siedo sul letto, mi sdraio, mi distendo
ma c’è ancora!
Io mi annuso e lo sento più forte, un odore tremendo
mi tolgo i vestiti, oramai sono nudo….
vuoi vedere che sono io, vuoi vedere che sono io, vuoi vedere che sono io!
Calma, un momento, ragioniamo.
Mi faccio un bel bagno
mi lavo da tutte le parti
con molta attenzione.
Mi metto anche il talco
son candido come un bambino…
maledizione!
Adesso però non mi devo suggestionare…
da vomitare!
Non ce la faccio
è un odore che non si distrugge
con una lavata.
Ci vorrebbe un programma in risciacquo
la schiuma frenata.
Mi spalmo le creme, i profumi
dai piedi alla testa…
Il puzzo sovrasta, ce l’ho nella pelle, che schifo mi faccio, che corpo ignorante così puzzolente!
Come faccio con tutta la gente che mi ama e mi stima
come faccio?
Non c’è niente da fare la puzza è più forte di prima
che schifo!
Io che c’avevo tanti amici, sono uno che lavora, mi son fatto una carriera, non è giusto che la perda
mi son fatto tutto da me, mi son fatto tutto da me!
Io che conosco tanta gente, son venuto su dal niente, c’ho una bella posizione, non è giusto che la perda
mi son fatto tutto da me, mi son fatto tutto da me, mi son fatto tutto da me…
Mi son fatto tutto di merda!
Lo shampoo
Nella vita del piccolo borghese ci sono alcuni rituali intoccabili che rappresentano questa voglia di ordine, pulizia, forse, come diceva la canzone di prima, per nascondere un disagio profondo. Uno di questi rituali della nuova civiltà consumistica è quello del lavarsi i capelli.
Lo shampoo
di Gaber – Luporini – 1973 © Edizioni Curci Srl – Milano
Una brutta giornata
chiuso in casa a pensare
una vita sprecata
non c’è niente da fare
non c’è via di scampo
mah, quasi quasi mi faccio uno shampoo.
Uno shampoo?
Una strana giornata
non si muove una foglia
ho la testa ovattata
non ho neanche una voglia
non c’è via di scampo
sì, devo farmi per forza uno shampoo.
Uno shampoo? Sì, uno shampoo.
Scende l’acqua, scroscia l’acqua
calda, fredda, calda…
Giusta!
Shampoo rosso e giallo, quale marca mi va meglio?
Questa!
Schiuma soffice, morbida, bianca, lieve lieve
sembra panna, sembra neve.
[parlato]: La schiuma è una cosa buona, come la mamma, che ti accarezza la testa quando sei triste e stanco: una mamma enorme, una mamma in bianco.
Sciacquo, sciacquo, sciacquo.
Seconda passata.
Son convinto che sia meglio quello giallo senza canfora.
I migliori son più cari perché sono antiforfora.
Schiuma soffice, morbida, bianca, lieve lieve
sembra panna, sembra neve.
[parlato]: La schiuma è una cosa sacra. E’ una cascata di latte che assopisce questa smania tipica italiana. E’ una cosa sacra: come una vacca indiana!
Sciacquo, sciacquo, sciacquo.
Fffffff… Fon.
Destra-Sinistra
La stessa ironia dissacrante, che mette in luce le contraddizioni e le ipocrisie, Gaber l’ha dimostrata anche quando la scena politica e sociale si è profondamente modificata, con la caduta delle ideologie (che però per Gaber potrebbero anche non essere cadute del tutto), negli anni novanta, attraverso anche questa canzone, appunto rifatta due volte negli ultimi anni della sua vita. La versione che canto adesso è un mix fra la versione del 1991 e quella del 2001
E il bipolarismo? La destra, la sinistra? Antonio Ricci, che è l’autore di Striscia la notizia, dice al proposito:
[Gaber] Non è politicamente corretto. Ti urta, ti fa arrabbiare, ma ti costringe a pensare e non è mai completamente condivisibile. I politicamente corretti, alla Jovanotti, han bisogno di barbe e scenografie cubane, immaginette di Madre Teresa e T-shirt del Che: E’ qui la festa? Un due tre .. casino!”. Cantano genericamente contro la guerra nei Balcani Il mio nome è mai più”, poi vanno a braccetto con chi sostiene quella guerra. Il politicamente corretto è l’ipocrisia del buonismo conformista. Gaber invece è veramente buono e veramente tollerante. La prova: non ha ancora strangolato la moglie Ombretta Colli di Forza Italia.”
Destra-Sinistra
(Gaber – Luporini) – mix versioni 1991 e 2001
Tutti noi ce la prendiamo con la storia
ma io dico che la colpa è nostra
è evidente che la gente è poco seria
quando parla di sinistra o destra.
Ma cos’è la destra cos’è la sinistra…
Ma cos’è la destra cos’è la sinistra…
Fare il bagno nella vasca è di destra
far la doccia invece è di sinistra
un pacchetto di Marlboro è di destra
di contrabbando è di sinistra.
Ma cos’è la destra cos’è la sinistra…
Una bella minestrina è di destra
il minestrone è sempre di sinistra
tutti i films che fanno oggi son di destra
se annoiano son di sinistra.
Ma cos’è la destra cos’è la sinistra…
Le scarpette da ginnastica o da tennis
hanno ancora un gusto un po di destra
ma portarle tutte sporche e un po slacciate
è da scemi più che di sinistra.
Ma cos’è la destra cos’è la sinistra…
I blue-jeans che sono un segno di sinistra
con la giacca vanno verso destra
il concerto nello stadio è di sinistra
i prezzi sono un po’ di destra.
Ma cos’è la destra cos’è la sinistra…
I collant son quasi sempre di sinistra
il reggicalze è più che mai di destra
la pisciata in compagnia è di sinistra
il cesso è sempre in fondo a destra.
Ma cos’è la destra cos’è la sinistra…
La piscina bella azzurra e trasparente
è evidente che sia un po’ di destra
mentre i fiumi, tutti i laghi e anche il mare
sono di merda più che sinistra.
Ma cos’è la destra cos’è la sinistra…
L’ideologia, l’ideologia
malgrado tutto credo ancora che ci sia
è la passione, l’ossessione
della tua diversità
che al momento dove è andata non si sa
dove non si sa, dove non si sa.
Io direi che il culatello è di destra
la mortadella è di sinistra
se la cioccolata svizzera è di destra
la Nutella è ancora di sinistra.
Ma cos’è la destra cos’è la sinistra…
Il pensiero liberale è di destra
ora è buono anche per la sinistra
non si sa se la fortuna sia di destra
la sfiga è sempre di sinistra.
Ma cos’è la destra cos’è la sinistra…
Il saluto vigoroso a pugno chiuso
è un antico gesto di sinistra
quello un po’ degli anni ’20, un po’ romano
è da stronzi oltre che di destra.
Ma cos’è la destra cos’è la sinistra…
L’ideologia, l’ideologia
malgrado tutto credo ancora che ci sia
è il continuare ad affermare
un pensiero e il suo perché
con la scusa di un contrasto che non c’è
se c’è chissà dov’è, se c’é chissà dov’é.
Tutto il vecchio moralismo è di sinistra
la mancanza di morale è a destra
anche il Papa ultimamente
è un po’ a sinistra
è il demonio che ora è andato a destra.
Ma cos’è la destra cos’è la sinistra…
La risposta delle masse è di sinistra
con un lieve cedimento a destra
son sicuro che il bastardo è di sinistra
il figlio di puttana è di destra.
Ma cos’è la destra cos’è la sinistra…
Una donna emancipata è di sinistra
riservata è già un po’ più di destra
ma un figone resta sempre un’attrazione
che va bene per sinistra e destra.
Ma cos’è la destra cos’è la sinistra…
Tutti noi ce la prendiamo con la storia
ma io dico che la colpa è nostra
è evidente che la gente è poco seria
quando parla di sinistra o destra.
Ma cos’è la destra cos’è la sinistra…
Ma cos’è la destra cos’è la sinistra…
Destra-sinistra Destra-sinistra
Destra-sinistra Destra-sinistra
Destra-sinistra Basta!
Non insegnate ai bambini
E’ un giusto segno di rispetto quello di terminare questo percorso con la canzone con la quale Gaber ha voluto lasciare il suo ultimo messaggio, una sorta di testamento spirituale, forse non del tutto condivisibile, come sempre per i suoi testi polemici, ma un’opinione fondata su amare e realistiche constatazioni.
Non insegnate ai bambini
(Gaber – Luporini)
Do do7+ la-
Non insegnate ai bambini non insegnate la vostra morale
Fa do
e cosi stanca e malata potrebbe far male
mi la-
forse una grave imprudenza e lasciarli in balia di una falsa coscienza
fa mi-
non elogiate il pensiero che è sempre piu’ raro
re- la-
non indicate per loro una via conosciuta
fa sol do
ma se proprio volete insegnate soltanto la magia della vita
do do7+
Giro giro tondo cambia il mondo
Do do7+ la-
non insegnate ai bambini non divulgate illusioni sociali
Fa do
non li riempite il futuro di vecchi ideali
mi la-
l’unica cosa sicura è tenerli lontano dalla nostra cultura
fa mi-
non esaltate il talento che è sempre piu’ spento
re- la-
non li avviate al bel canto al teatro alla danza
fa sol do
ma se proprio volete raccontategli il sogno di un’antica speranza
mi- si7
non insegnate ai bambini ma coltivate voi stessi
mi- sol
il cuore la mente stategli sempre vicini
re7 sol sol/fa mi-7 sol 7
date fiducia all’amore il resto e niente
giro giro tondo cambia il mondo