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27 Gennaio 2019
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27 Gennaio 2019Con Gandhi, la nonviolenza e la lotta per l’indipendenza, che sembravano in contrasto fra loro, si unirono originando l’esperimento unico di un nazionalismo originale e pacifico
Mohandas Karamchand Gandhi, il Mahatma, ha rivoluzionato il concetto di nazionalismo, trasformandolo da una lotta violenta per l’indipendenza a un movimento basato su nonviolenza (ahimsa) e resistenza morale (satyagraha). La sua visione del nazionalismo era radicata non solo nella liberazione politica dell’India dal dominio britannico, ma anche nella trasformazione etica e sociale della nazione.
La nonviolenza: una forza rivoluzionaria
La nonviolenza, per Gandhi, non era semplice assenza di violenza fisica, ma una forza attiva e positiva. Egli credeva che ogni individuo possedesse un potenziale morale capace di opporsi all’ingiustizia attraverso la persuasione, il sacrificio e il rifiuto di collaborare con il male. La satyagraha, letteralmente “fermezza nella verità”, divenne il metodo principale di resistenza politica adottato da Gandhi, una forma di lotta che mirava non solo alla vittoria, ma alla trasformazione morale dell’avversario.
Nazionalismo inclusivo e rinascita sociale
A differenza del nazionalismo occidentale, spesso aggressivo e fondato su principi esclusivi, il nazionalismo gandhiano era inclusivo e non settario. Gandhi sognava un’India libera che fosse fondata sulla giustizia, sull’uguaglianza e sulla fratellanza tra le diverse comunità religiose e sociali. Per lui, l’indipendenza politica era inscindibile da una rinascita etica che eliminasse la povertà, le discriminazioni di casta e il patriarcato.
Il simbolismo delle campagne di disobbedienza civile
Gandhi condusse numerose campagne di disobbedienza civile, come la celebre Marcia del Sale del 1930, durante la quale sfidò l’imposta coloniale sul sale, un prodotto essenziale per le famiglie indiane. Questi atti simbolici non solo univano milioni di indiani, ma ridefinivano il nazionalismo come un movimento radicato nella dignità personale e nella lotta morale.
Il rapporto tra nonviolenza e nazionalismo
Per Gandhi, la nonviolenza era la base di un nazionalismo che rifiutava ogni forma di oppressione, non solo da parte dei colonizzatori britannici, ma anche tra gli stessi indiani. Egli si oppose fermamente alla violenza settaria tra indù e musulmani e lottò per mantenere l’unità del subcontinente indiano, anche se il suo sogno fu infranto dalla partizione tra India e Pakistan nel 1947.
Critiche e limiti
Nonostante il successo delle sue campagne, Gandhi affrontò critiche sia da chi lo considerava troppo idealista sia da coloro che giudicavano inefficace il suo approccio nonviolento. Alcuni leader, come Subhas Chandra Bose, preferivano un nazionalismo militante per ottenere l’indipendenza. Inoltre, la divisione tra indù e musulmani dimostrò che il suo messaggio non era stato completamente recepito da tutte le comunità.
Eredità universale
L’integrazione tra nonviolenza e nazionalismo proposta da Gandhi ha ispirato movimenti di liberazione in tutto il mondo, dimostrando che l’oppresso può opporsi al potere senza adottare gli strumenti di violenza dell’oppressore. La sua visione continua a influenzare leader e attivisti che lottano per la giustizia, la pace e la dignità umana.
In un’epoca in cui il nazionalismo è spesso associato a conflitti e divisioni, l’approccio gandhiano rimane un faro di speranza, ricordandoci che la vera forza di una nazione risiede nella giustizia, nella compassione e nella nonviolenza.
Materiale didattico di approfondimento su Gandhi
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La non violenza secondo Gandhi di atuttascuola©
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Il concetto di non violenza: dalle radici orientali all’eredità universale di Gandhi di Concetta Oliveri e Benedetta Piromalli
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Mohandas Karamchand Gandhi: il padre della non violenza e il simbolo dell’indipendenza indiana di atuttascuola©
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Gandhi, la nonviolenza e il nazionalismo di atuttascuola©
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Gandhi, l’ istruzione e lo Schema di Wardha di atuttascuola©
Audio Lezioni di Storia moderna e contemporanea del prof. Gaudio
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