Alessandro Manzoni
27 Gennaio 2019Ugo Foscolo
27 Gennaio 2019trascrizione della videolezione del prof. Luigi Gaudio su Giuseppe Ungaretti di Giuseppe Corso
Giuseppe Ungaretti nacque ad Alessandria d’Egitto nel 1888 da genitori lucchesi. Il padre, operaio allo scavo del Canale di Suez, morì due anni dopo la nascita del poeta, nel 1890. Il poeta passò l’infanzia e la sua adolescenza ad Alessandria d’Egitto. Il porto sepolto” è il titolo che Ungaretti diede alla sua prima raccolta. Sotto Alessandria d’Egitto, nel mare prospiciente a questa città, vi è un porto che senz’altro potrebbe avere ispirato il poeta. Abbastanza giovane egli si trasferisce a Parigi (1912), approfondisce i suoi studi e la conoscenza dei movimenti culturali dell’epoca. In particolar modo conobbe artisti delle avanguardie, tra cui Apollinaire, poeta che scriveva calligrammi, cioè poesie che anche visivamente facevano vedere l’oggetto su cui il poeta aveva creato la stessa poesia. Nella poesia Mohammed Sceab, parla di un suo amico che probabilmente visse con lui a Parigi negli appartamenti di giovani universitari e che si era tolto la vita. Questa fu un’esperienza molto significativa. Parigi era un grande centro culturale, all’epoca, un centro fondamentale. Queste esperienze fecero maturare Ungaretti, forse l’esperienza della guerra fu quella che lo fece maturare di più. Ungaretti era un interventista e aveva contatti con i Futuristi, conosceva anche Picasso e Braque. I futuristi lo avevano convinto che la guerra era una cosa buona. Gli interventisti” erano d’accordo con l’intervento dell’Italia in guerra. Lui era pronto ad arruolarsi volontario, anche se era un po più vecchio rispetto agli altri soldati che erano di leva, perché convinto che la guerra fosse una cosa buona. La guerra” – diceva infatti Marinetti – è “l’igiene del mondo”. Egli era un nazionalista, cerano delle terre irredente” da conquistare, come quelle del Trentino, della Venezia Giulia, di Fiume e della Dalmazia, rimaste all’impero austro-ungarico dopo la terza guerra d’indipendenza. Era caporale, semplicemente perché più anziano, poco più di un soldato semplice. Ungaretti scrisse poesie antimilitariste, proprio lui che era interventista. La prima guerra mondiale rappresentò un tipo particolare di combattimento, fu un evento particolarissimo. Era combattuta in trincea, e gli uomini al mattino non sapevano se sarebbero arrivati alla fine della giornata, infatti i cecchini austriaci erano pronti ad ucciderli. La prima guerra mondiale rappresenta l’esperienza che ha mutato radicalmente il modo di pensare di Ungaretti, il quale comprese il lato negativo della guerra. In quella situazione, Ungaretti scrisse la sua prima raccolta poetica, all’inizio chiamata il Porto sepolto” pubblicata nel 1816, il testo poetico che forse ha rivoluzionato di più la storia della poesia italiana contemporanea, pubblicato in 80 copie. Verso la fine della guerra ripubblicò questo testo integrandolo con altre poesie che aveva scritto, intitolandolo Allegria di Naufragi” e infine diede a questo testo il titolo definitivo Allegria”. Allegria perché proprio in quella situazione più estrema, di un esistenza umana scaraventata, lui ha recuperato ciò che più è essenziale della vita, forse il senso della vita. Da questo porto sepolto immerso nelle profondità, egli è risalito per portarci la parola. Una parola che ha recuperato tutto il suo valore, la sua importanza e pregnanza. Ungaretti ha recuperato il valore assoluto della parola. La parola è fondamentale. Sono importanti le lettere dell’alfabeto con le quali sono composte le parole, che da sole formano un verso. Nella pagina bianca si staglia una sola parola, pochissime parole, come quando dal vino si distilla la grappa che è una sorta di concentrato. La parola è come la grappa, qualcosa che scuote subito, fortissima. Ne basta pochissima. La parola di Ungaretti è come un distillato, è priva di ornamenti. I sentimenti che lui recupera sono la fratellanza e la comunanza con gli altri uomini. Mentre Foscolo, Leopardi, Pascoli e Montale amavano anche la prosa, Ungaretti ha scritto solo poesia. Amava la musicalità della poesia. La poesia che canta. In queste poesie spesso il verso è frantumato, come ad esempio nella poesia Soldati (quattro settenari spezzati creano, se riaccordati, due versi endecasillabi). Il ritmo è ridotto, sincopato, per far emergere forme brevissime, spezzate, concentrate. Le pause, i silenzi sono importantissimi. Lo spazio bianco lasciato tra una strofa e un’altra dà maggior peso alle parole. Gli spazi bianchi sono addirittura più significativi delle parole. A quel tempo si scrivevano poesie lunghissime, come le poesie retoriche di D’Annunzio o le poesie dei crepuscolari, molto lunghe, poesie narrative. Egli invece preferisce caricare la parola di tanti significati e quindi selezionare le parole. Particolarmente importanti anche la relazione suggestiva tra significante e significato e le allitterazioni. Le allitterazioni, presenti anche in Pascoli, in effetti qui sono limitate, ma quelle presenti risultano significative. Egli parte da una condizione di ateismo e l’esperienza di Parigi aveva approfondito il suo ateismo. Arriva ad un abisso di mancanza di significato, fino a quando l’esperienza della guerra gli fa recuperare un senso della vita. Il recupero si completò negli anni successivi, con la conversione, il ritorno alla religione cristiana. Dopo la guerra, ebbe rapporti con il fascismo: addirittura fu redattore all’estero di un giornale fascista. Tutto questo perché aveva desiderio di un ritorno all’ordine, alla tradizione e lo vide realizzarsi nella politica fascista. Il fascismo è un regime tirannico, caratterizzato dalla mancanza di libertà. Se da un punto di vista sociale ha avuto notevoli ripercussione negative, non possiamo togliere la positività dal punto di vista economico. Mentre tutto il mondo era in crisi, (ricordiamo nel 1929 crollo della borsa di New York), lo stato fascista che era autarchico (ovvero si dirigeva da sé) permise all’Italia di sentire meno la ripercussione di questa crisi economica. In un articolo del 1930 Ungaretti spiega di aver modificato la sua poetica. Se prima scriveva poesie brevi essenziali, adesso inizia a scrivere poesie molto tradizionali, caratterizzate dall’utilizzo degli endecasillabi e dalla musicalità della poesia tradizionale. Le motivazioni erano tutte tese a trovare un ordine anche nel campo della poesia. Ungaretti afferma di rileggere umilmente i poeti che cantano: non cercava il verso di Dante o di Petrarca, ma il loro canto. Nel momento in cui capirà l’assurdità del fascismo, nazismo, andrà in Brasile dove perderà un figlio e poi, tornato, assisterà ai bombardamenti e scriverà delle poesie sulla seconda guerra mondiale. Tra queste poesie ricordiamo il Dolore” del 1947. Ungaretti non ebbe il riconoscimento del premio nobel, che ricevettero invece Carducci, Montale e Quasimodo. Questo probabilmente anche per l’amicizia con Mussolini all’inizio del fascismo anche se poi dopo i due sentieri si allontanarono. D’altra parte un poeta che scrive delle poesie di questo genere non può aver aderito realmente al militarismo fascista.