Il culto di Mitra
14 Settembre 2022Educazione, scuola e programmi elettorali
15 Settembre 2022Nel romanzo Gli occhiali d’oro Giorgio Bassani riflette sulle tematiche dell’omosessualità e dell’antisemitismo fra le due guerre a Ferrara.
Presentazione
L’autore
Giorgio Bassani (1916-2000)
1916-34 – Nasce a Bologna il 4 marzo da una famiglia della borghesia ebraica di Ferrara. Qui trascorre l’infanzia coi genitori, il fratello Paolo e la sorella Jenny. Sino al 1943 abiterà nella casa di via Cisterna del Follo, 1. Dapprima intenzionato a studiare musica, si iscrive poi a Lettere nell’università di Bologna dove stringe nuovi rapporti intellettuali con artisti e letterati.
1935-39 – Frequenta a Ferrara la biblioteca di Giuseppe Ravegnani, illustre letterato, ma dopo l’emanazione delle leggi razziali del ’38 ne è allontanato in quanto ebreo. Inizia la sua militanza anti-fascista clandestina. Nel frattempo si laurea e comincia a insegnare letteratura italiana nella scuola ebraica di Ferrara.
1940-47 – Con lo pseudonimo di Giacomo Marchi pubblica Una città di pianura. A Firenze, frequenta il caffè letterario delle “Giubbe rosse”. A giugno del ’43 è incarcerato; rilasciato a luglio, si sposa il mese successivo con Valeria Sinigallia e dopo un primo soggiorno a Firenze si trasferisce a Roma. Nel ’45 nasce la figlia Paola e pubblica la raccolta di versi Storie di poveri amanti. Abbandona il Partito d’azione per aderire al Partito socialista.
1948-55 – Diventa redattore del semestrale “Botteghe Oscure”, impegnato a diffondere la letteratura italiana e straniera, sulla scia della politica culturale del Pci. Nel ’49 gli nasce Enrico. Insegna all’Istituto Nautico di Napoli e intanto comincia a lavorare come sceneggiatore nel cinema. Nel ’51 Mondadori pubblica la raccolta Un’altra libertà. Le prime tre “storie ferraresi” escono con il titolo La passeggiata prima di cena da Sansoni nel 1953. Due anni dopo esce Gli ultimi anni di Clelia Trotti e fonda con Elena Croce l’associazione “Italia nostra”, di cui nel 1965 diventerà Presidente.
1956-59 – Einaudi pubblica Cinque storie ferraresi che vince il premio Strega. Inizia a collaborare per l’editore Feltrinelli, per il quale scoprirà nel ’58 il romanzo di Tomasi di Lampedusa Il Gattopardo, rifiutato già da Einaudi e Mondadori. Nello stesso anno esce Gli occhiali d’oro. Dal ’57 ha preso a insegnare storia del teatro all’Accademia di arte drammatica di Roma.
1960-63 – Fa uscire da Einaudi il volume Le storie ferraresi dove raccoglie i racconti scritti finora e ambientati a Ferrara. Chiusa la rivista “Botteghe Oscure”, collabora ad altre testate. Il regista Florestano Vancini ricava da uno dei suoi racconti il film La lunga notte del ’43, sceneggiato da De Concini e Pasolini. Col romanzo Il giardino dei Finzi Contini vince nel 1962 il premio Viareggio. L’anno seguente torna alla poesia con la raccolta L’alba ai vetri. Poesie 1942-50. A seguito di un dissidio con l’editore circa l’opera di Alberto Arbasino Fratelli d’Italia, cessa di collaborare con Feltrinelli. Finito in causa, è anche al centro di aspre polemiche letterarie con critici e scrittori legati alla neo-avanguardia del Gruppo 63. Rottura di molte relazioni e amicizie.
1964-71 – Einaudi pubblica Dietro la porta. In ottobre entra alla Rai, candidato dai socialisti, in qualità di vice-presidente. Affida la trasmissione “L’Approdo” a Bertolucci, che realizza due monografie su Proust e Longhi. Gallimard traduce in francese Gli occhiali d’oro e altre storie ferraresi. Due anni dopo presso Einaudi esce un suo volume di saggi Le parole preparate.
1960-63 – Fa uscire da Einaudi il volume Le storie ferraresi dove raccoglie i racconti scritti finora e ambientati a Ferrara. Chiusa la rivista “Botteghe Oscure”, collabora ad altre testate. Il regista Florestano Vancini ricava da uno dei suoi racconti il film La lunga notte del ’43, sceneggiato da De Concini e Pasolini. Col romanzo Il giardino dei Finzi Contini vince nel 1962 il premio Viareggio. L’anno seguente torna alla poesia con la raccolta L’alba ai vetri. Poesie 1942-50. A seguito di un dissidio con l’editore circa l’opera di Alberto Arbasino Fratelli d’Italia, cessa di collaborare con Feltrinelli. Finito in causa, è anche al centro di aspre polemiche letterarie con critici e scrittori legati alla neo-avanguardia del Gruppo 63. Rottura di molte relazioni e amicizie.
1964-71 – Einaudi pubblica Dietro la porta. In ottobre entra alla Rai, candidato dai socialisti, in qualità di vice-presidente. Affida la trasmissione “L’Approdo” a Bertolucci, che realizza due monografie su Proust e Longhi. Gallimard traduce in francese Gli occhiali d’oro e altre storie ferraresi. Due anni dopo presso Einaudi esce un suo volume di saggi Le parole preparate.
Nel ’67 si dimette dalla Rai, a seguito di problemi sorti con alcune nomine all’interno dell’azienda: si allontana dal Psi, per avvicinarsi ai repubblicani di Ugo La Malfa, cui era legato da antica amicizia. Nel ’68 esce il suo romanzo più pessimista: L’Airone. La Documento Film riprende, nel 1970, il progetto di un film tratto dal Giardino dei Finzi Contini: ne affida la regia a De Sica e la sceneggiatura a Bonicelli e Bassani stesso. In seguito, però, la revisione dello sceneggiatore Ugo Pirro lascerà insoddisfatto Bassani, tanto da rifiutare la paternità del copione. Nel ’71 cessa pure la collaborazione con “Paragone”.
1972-2000 – Raccoglie alcuni suoi racconti ne L’odore del fieno. Viaggio negli Usa nel ’73, anno di pubblicazione presso Mondadori di una nuova edizione delle storie ferraresi col nuovo titolo Dentro le mura. L’anno dopo esce Il romanzo di Ferrara, che riunisce in un solo volume, di sei libri, racconti e romanzi di argomento ferrarese. Nel ’76 insegna negli Usa a Berkley; a Roma conosce l’insegnante americana Portia Prebys con la quale condividerà gli ultimi anni di vita. Nel ’78 incarico all’università di Toronto. Due anni dopo redige la versione definitiva del Romanzo di Ferrara. Nell’81 pubblica tutte le sue poesie nel volume In rima e senza e, nell’84, la produzione saggistica in Di là dal cuore. Nel ’98 Mondadori pubblica le Opere nei Meridiani. Dopo lunga malattia, muore a Roma il 13 aprile 2000.
Il libro
La prima edizione del romanzo esce presso Einaudi nel 1958. L’autore, 42enne, è già un affermato scrittore con all’attivo i racconti riuniti nelle Cinque storie ferraresi, usciti sempre da Einaudi, che ottennero il premio Strega 1956. Quando nel 1974 Bassani riordina le sue opere narrative, Gli occhiali d’oro diviene il secondo dei sei libri che compongono “Il romanzo di Ferrara” ove sono raccolti tutti i romanzi e i racconti di argomento ferrarese.
Il libro, più un racconto lungo che un romanzo, si colloca nella produzione di Bassani come una sesta “storia ferrarese”: ambientato a Ferrara negli anni Trenta, ha per protagonisti il narratore (un giovane studente di famiglia ebrea) e il dottor Athos Fadigati, un affermato otorinolaringoiatra omosessuale. Se dapprima la diversità del medico è accettata dai concittadini, quando la sua frequentazione con il giovane Deliliers si fa scoperta ha inizio un lento processo di isolamento.
La vicenda del dottore corre parallela a quella del narratore, la cui vita viene stravolta dal pregiudizio anti-ebraico all’origine dell’emanazione delle leggi del 1938, che impongono severe restrizioni a chiunque sia di origine ebraica. Le due diversità – sessuale e razziale – diventano così le facce di una comune condizione di emarginazione.
Le quattro parti del romanzo
Parte prima: il dottor Fadigati (capitoli 1-3)
Parte seconda: sul treno Ferrara-Bologna (capitoli 4-7)
Parte terza: vacanze a Riccione (capitoli 8-12)
Parte quarta: due solitudini (capitoli 13-18)
In 18 capitoli, la narrazione può sintetizzarsi in quattro macro-sequenze: I – Presentazione del dr. Athos Fadigati e descrizione delle sue abitudini, che inizialmente non provocano alcuno scandalo tra i ferraresi (capp. 1-3); II – Frequentazione di Fadigati col gruppo di studenti universitari, di cui fa parte il narratore, durante i viaggi in treno per Bologna (capp. 4-7); III – Vacanze estive a Riccione nel 1937, dove l’amicizia tra Fadigati e il giovane arrogante Deliliers suscita scandalo tra i benpensanti: ciononostante si infittiscono i colloqui tra il narratore e il medico, che alla fine viene abbandonato e derubato da Deliliers (capp. 8-12); IV – Mentre monta la campagna anti-giudaica, il narratore rientra a Ferrara dove rivede Fadigati, sempre più solo e alla ricerca di un contatto umano: dopo un appuntamento telefonico mancato, il narratore legge sul giornale del suicidio di Fadigati (capp. 13-18).
Gli occhiali d’oro (1958)
Schede di lettura
Il dr. Fadigati 1-3
Presentazione del dottor Athos Fadigati: proveniente da Venezia, dopo la prima guerra mondiale si insedia a Ferrara dove apre uno studio medico da otorinolaringoiatra.
Riferimenti storici al biennio rosso e alla presa del potere del fascismo.
Descrizione fisica: ha “colorito terreo”, “guance glabre”, la pinguedine del “cardiaco congenito”. Gradevolmente grassoccio, teme il freddo e si mostra cortese con tutti.
Direttore al Sant’Anna del reparto orecchio-naso-gola, il suo ambulatorio in via Gorgadello a Ferrara è il più prestigioso e avanzato della città, frequentato dalla buona borghesia che poteva intrattenersi anche in piacevoli conversazioni col dottore, esperto d’arte e di musica wagneriana.
La curiosità dei cittadini per le attività di Fadigati nel tempo libero: come trascorre le serate? Alle otto, otto e un quarto, eccolo a zonzo per le vie di Ferrara. Ora davanti a una vetrina, ora presso le bancarelle del Duomo. Nei portici di via San Romano, tra la folla plebea.
– Alle dieci non mancava allo spettacolo di uno dei quattro cinema di Ferrara: alla galleria delle persone distinte, preferiva la platea. Simpatico a tutti, incuriosiva quel suo tratto da bohemien che non gli impediva di frequentare i due Circoli cittadini dei Negozianti e dell’Unione.
– Uomo affermato e di successo, gli manca solo una donna, si dicono i ferraresi; finché un giorno cominciarono a udirsi strane voci…
Cap. 2
Schede di lettura
Il dr. Fadigati 1-3
L’omosessualità del dottore non fa scandalo, incuriosisce i più maliziosi ma non pregiudica l’opinione su di lui. Nel buio della sala cinematografica, qualcuno scruta alla ricerca del luccichio dei suoi occhiali d’oro in platea, ma finisce lì. Se l’incontrano sul treno, i concittadini sono ben lieti di scambiare due chiacchiere con lui sul Maggio musicale fiorentino.
A lode del dottore la sua discrezione, che non sconfina mai nell’indecenza. Talvolta venivano fatti i nomi dei suoi accompagnatori: la guardia municipale Manservigi dagli occhi azzurri, l’usciere comunale Trapolini, un ex giocatore della Spal – Olao Bausi – ma mai un episodio sconveniente in pubblico…
Cap. 3
Schede di lettura
Sul treno 4-7
Sul treno Ferrara-Bologna, in partenza poco prima delle 7, salivano gli studenti universitari che andavano a lezione nel capoluogo. Accelerato con sei carrozze di terza e una di seconda classe, pareva dimenticato da tutti, cumulando ritardi a dispetto delle autorità che facevano vanto di far viaggiare in orario i convogli ferroviari.
In 3ª classe siede il narratore, coi suoi compagni di studio fra i quali era anche Erardo Deliliers, matricola a Scienze politiche dal temperamento sbruffone e arrogante. Da Poggio Renatico in poi, i vagoni di terza si riempiono di una piccola folla di vilains (studenti medi, mercanti di bestiame, qualche maestro…), mentre il solo vagone di seconda viaggia vuoto, occupato solo dal personale del treno dedito a partite di scopa e tressette.
È proprio Deliliers a scoprire, nel febbraio 1937, che l’unico viaggiatore in seconda classe è il dottor Fadigati, condotto ogni martedì e venerdì alla stazione dall’autista di un’Astura Lancia color verde. Alla domanda di Bianca Sgarbi, studentessa di Lettere, fidanzata di Nino Bottecchiari, nipote dell’ex deputato socialista, su chi sia Fadigati, Deliliers risponde: “Oh, un vecchio finocchio”.
Cap. 4
Schede di lettura
Sul treno 4-7
Per sfuggire alla solitudine dello scompartimento di 2ª classe, Fadigati comincia a passare in 3ª classe. All’inizio si faceva aprire la porta di comunicazione dal capotreno, che come un carceriere gliel’apriva sbuffando. Poi, per non infastidire più i ferrovieri impegnati a giocare, decise di fare da sé scendendo a Poggio Renatico e passando di vagone.
I primi contatti con gli studenti avvengono tuttavia a Bologna, all’uscita dalla stazione. Fadigati parla loro del tempo e di altre banalità, ma basta che uno solo gli risponda che lui rivela subito di conoscerli bene tutti, avendoli visti crescere uno per uno.
Gli incontri si susseguono e nasce una forma di amicizia fra il dottore e il gruppo di studenti, tanto che dall’aprile 1937 Fadigati fa il viaggio in treno con loro.
Cap. 5
Schede di lettura
Sul treno 4-7
Con indulgenza paterna Fadigati assiste alle discussioni fra gli studenti, che spaziano dallo sport alla politica, dalla letteratura ai sentimenti. Forse ancora non sa che essi sanno il suo segreto. O per lo meno si illude che sia così.
Viaggiando in loro compagnia, confida Fadigati, gli sembra d’esser tornato ai tempi in cui era studente quando faceva anche lui il pendolare fra Venezia e Padova (1910-15 e laurea con lode).
Il dottore si apre coi giovani: racconta di sua mamma, della solitudine di studente in subaffitto, dell’orto di alcuni contadini… Finché, non è interrotto bruscamente da Deliliers che, destandosi dal sonno, allude villanamente alla sua omosessualità.
Quell’attimo di abbandono costa caro al dottore, che si ritrae temendo il ridicolo.
Cap. 6
Schede di lettura
Sul treno 4-7
Fadigati è riservato, ma ciononostante il gruppo di studenti comincia a mostrarsi poco rispettoso nei suoi confronti. Più aumentano le sgarberie (di Deliliers in particolare) e più il dottore si affanna di essere simpatico.
Respinto su più fronti (dal cinema alla musica), si avventura nella politica ed esprime favore all’invio di legionari italiani in Spagna a sostegno dei franchisti. Bottecchiari lo rimbecca duramente, lasciandolo quasi balbettante e sorpreso (forse piacevolmente sorpreso dal manifestarsi dello scetticismo nello studente verso il regime).
Nello sport l’interlocutore privilegiato era Deliliers, campione di boxe. Altro che solo violenza e brutalità, la boxe è davvero la noble art, spiega il giovane ridicolizzando il Fadigati prodigo di consigli prudenti.
Provocazione di Deliliers sofferente di malattie veneree.
Alla pasticceria Majani, nel mese di giugno, il narratore e i suoi amici scorgono il dottor Fadigati in mezzo al gruppo di giovani atleti fra i quali è Deliliers, quasi “un padre dal cuore tenero, il quale abbia consentito di pagare il gelato a un branco di figli e nipotini turbolenti”.
Cap. 7
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Riccione 8-12
È l’estate del 1937: il narratore, con la madre e la sorella Fanny sono in vacanza in una villetta di Riccione, mentre il padre è rimasto a Ferrara in attesa di raggiungerli più tardi. In spiaggia tutti parlano dell’amicizia scandalosa tra Fadigati e Deliliers, che passano da un albergo all’altro della riviera adriatica su una due posti rossa Alfa Romeo 1750.
Il 20 agosto i due sono di nuovo a Riccione, nel Grand Hotel ove alloggiano nella stessa stanza. Deliliers guida spavaldo l’auto e balla ogni sera, mentre il dottore lo osserva nelle sue evoluzioni con le ragazze del posto.
Primo ad arrivare in spiaggia, Fadigati siede in riva al mare sotto l’ombrellone; Deliliers giunge solo alle 11 nello splendore dei suoi vent’anni.
La vicina d’ombrellone della famiglia del narratore, la pettegola signora Lavezzoli, tiene informati tutti sulla nuova coppia (gli “sposini”). Per lei il dottore non era “scusabile in nessun modo”. Manifestare così il suo vizio era da degenerato.
Il narratore sa, invece, che in quel comportamento c’era il marchio di Deliliers, tutta la sua cattiveria e strafottenza.
Il 25 agosto arriva in spiaggia il padre del narratore ignaro di tutto, il quale conversa con Fadigati spensieratamente.
Cap. 8
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Riccione 8-12
Fadigati si unisce, un po’ esitante, al gruppo della famiglia del narratore e dei Lavezzoli e inizia a conversare con loro, finalmente sereno. Tuttavia, appena vanta l’Adriatico rispetto alla costa tirrenica ecco che la signora Lavezzoli reagisce aspra, per dare sfogo alla sua malignità nei confronti del dottore.
Di lontano scorgono Mussolini, subito lodato dalla Lavezzoli mentre il padre del narratore esprime il suo disappunto cercando una sponda nell’avvocato Lavezzoli che, stupendolo, si rivela invece un convinto fautore del regime. La signora racconta pure di aver visto piangere il Duce alla notizia dell’uccisione del cancelliere austriaco Dollfuss nel ’34.
Fadigati, umiliato da un frase acida della Lavezzoli sul suo rapporto con Deliliers, si allontana frettolosamente e si dirige verso l’albergo, stravolto dall’ansia per il ritardo del suo giovane amico. Il padre del narratore, messo infine al corrente di ogni cosa, commenta sottovoce: “Puvràz” (poveraccio).
Cap. 9
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Riccione 8-12
Dopo pranzo, il narratore torna sulla spiaggia deserta investita dal grecale. Quando alle cinque giunge alla rotonda dinanzi al Grand Hotel nota Fadigati, seduto su una panchina di cemento, e si ferma a parlare con lui.
Per terra una dozzina di mozziconi di sigaretta testimonia l’ansiosa attesa del dottore, ma il narratore non ha il coraggio di chiedergli di Deliliers. Questi si era recato a Rimini con la macchina, per raggiungere due sorelle di Parma e al suo rientro, alle otto di mattina, aveva litigato col dottore nell’atrio dell’hotel.
La sera, di ritorno dal tennis, il narratore è sulla terrazza del Grand Hotel dove discute di politica con la signora Lavezzoli, che nel suo fanatismo aderisce in pieno alla propaganda anti-giudaica. Il narratore preferisce a quel punto allontanarsi e, nella sala, è avvicinato da Deliliers che lo invita a seguirlo l’indomani a Rimini all’appuntamento con le due sorelle.
Raggiunto da Fadigati, Deliliers parte con lui a bordo della rombante Alfa Romeo, quasi a festeggiare l’avvenuta riconciliazione.
Cap. 10
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Riccione 8-12
Il narratore decide di non seguire Deliliers e raggiunge in spiaggia Fadigati “abbandonato a una solitudine… immensa”. I genitori del narratore arrivano poco dopo e sembrano scontenti che egli si intrattenga col dottore.
Il padre del narratore abbandona ogni proposito di “sostenutezza” e conversa anch’egli con Fadigati di letteratura antica e moderna. Il clima disteso consente al dottore di sopportare meglio le frecciate velenose della signora Lavezzoli, sopraggiunta in spiaggia dopo la messa.
Visto che Deliliers persiste nelle sue scorribande, Fadigati ricerca sempre più la compagnia del narratore e della sua famiglia. Nel pomeriggio prende a frequentare il campo da tennis dove il narratore gioca coi tre figli dei Lavezzoli.
Non sapendo cos’altro fare, Fadigati riempie il vuoto delle sue giornate facendo l’arbitro dei set fra i quattro giovani tennisti dilettanti.
Cap. 11 e 12
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Riccione 8-12
Il temporale del 31 agosto segna il cambio di stagione: l’estate era un ricordo e il narratore preferisce restare in casa a studiare, anziché recarsi in spiaggia. Un giorno è disturbato dalle proteste della signora Lavezzoli, indignata a causa dell’ultima scenata fra Deliliers e il dottor Fadigati.
Mentre sta per andare al tennis, il narratore è fermato dal padre che l’avverte che i Lavezzoli non ci saranno. Gli comunica pure che ha scritto il fratello Ernesto da Londra, ma il narratore non si ferma e prosegue verso il campo da tennis dove trova Fadigati, i cui occhiali sono incrinati.
Fadigati racconta del suo diverbio con Deliliers, che ha reagito dandogli un pugno in faccia davanti a tutti. Il dottore mostra al narratore il biglietto ritrovato in camera, nel quale Deliliers ironicamente gli dava l’addio dopo averlo derubato di tutto.
Il dottore è in partenza per Ferrara. Alla richiesta del narratore su perché non denuncia Deliliers, il dottore risponde sorpreso: “Denunciarlo?… Ma le pare possibile?”.
Cap. 13
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Due solitudini 13-18
Il 10 ottobre il narratore rientra a Ferrara. Le ultime settimane a Riccione sono segnate dal montare della campagna anti-giudaica sui giornali, che sconvolge la famiglia del narratore. Questi si chiude in un silenzio ostinato, compiendo solitarie pedalate per più giorni di seguito.
A Ferrara, il narratore fa un giro in bici per la città e sosta al cimitero israelitico. La tranquillità del luogo attenua le angosce per il futuro incerto, finché in Corso Roma incontra Nino Bottechiari col quale passeggia sino al Duomo.
Bottechiari rivela che Deliliers è a Parigi, da dove ha scritto una lettera per insultare i vecchi amici giudicati squallidi provinciali. Ciò dà modo a Bottechiari di esprimersi sul degrado dei tempi moderni e dell’Italia.
Cap. 14
Schede di lettura
Due solitudini 13-18
Dalla Messa di mezzogiorno escono frotte di giovani, visti ora con occhi diversi dal narratore che soffre per la sua condizione di ebreo. Le sue riflessioni sono interrotte dallo strillone Cenzo, un mezzo deficiente che grida un titolo che annuncia nuove misure contro i giudei.
Cresce nel narratore l’odio dell’ebreo verso i goi, i cattolici. Bottechiari cerca di affrontare l’argomento provando a rassicurare il narratore. Per Bottechiari gli Italiani sono incapaci di senso del tragico, ma così dicendo si rende conto di quanto inopportune siano le sue parole.
Alla fine, Bottechiari chiede al narratore se doveva o meno accettare l’incarico di Addetto alla Cultura offertogli dal Carini, esponente del Partito fascista. Di famiglia socialista è il caso che accetti o no? Il narratore lo esorta a farlo. Contento del parere, Bottechiari si augura di riprendere l’argomento e di mantenere i contatti.
Cap. 15
Schede di lettura
Due solitudini 13-18
Il narratore, durante una passeggiata notturna per Ferrara, incontra di nuovo il dr. Fadigati. Il dottore è seguito da una cagna randagia, alla quale si rivolge con affetto quasi ad alleviare la sua solitudine. Mentre si salutano, da un bordello nei pressi esce un gruppo di giovani e, per evitarne i probabili atti di prepotenza, i due si allontanano.
Il dr. Fadigati, invecchiato velocemente negli ultimi mesi, confessa al narratore le sue disgrazie: dopo i fatti dell’estate è stato esonerato dall’incarico in ospedale e lo studio privato è ora per lo più deserto, tanto che non sa se riuscirà a mantenerlo. Il narratore gli suggerisce di partire, ma il dottore chiede se servirebbe davvero.
A un certo punto, Fadigati quasi rimpiange di non essere senza pensieri come la cagna che lo segue. Perché non “ammettere di essere soltanto una bestia?”. Il narratore replica che sarebbe come dire “perché un cittadino italiano non si decide ad ammettere di essere soltanto un ebreo?”.
Il dottore rileva però che il suo caso è diverso da quello del narratore, per il quale l’essere ebreo non costituisce una diminuzione. Invece, lui non riesce più a tollerarsi dopo le umiliazioni subite da Deliliers. Come al solito la vittima Fadigati consentiva al carnefice Deliliers. Al contrario del narratore che, di fronte al sopruso, riesce a provare solo odio. I due si lasciano sulla soglia della casa del narratore, che per benevolenza dice di risentirsi al telefono.
Cap. 16
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Due solitudini 13-18
Due giorni dopo il dr. Fadigati telefona al narratore, che dopo un primo momento di incertezza si mostra gentile.
Il dottore racconta che la cagna randagia l’ha poi seguito fino a casa. La mattina dopo, quando l’ha accompagnata fuori, passeggiando per strada, ha sentito il garzone del fornaio che l’ha richiamata: la cagna era sua. Prima di allontanarsi, però, la cagna ha rivolto un ultimo sguardo al dottore sempre più solo.
La conversazione per il narratore diventa sempre più imbarazzante, perché non sa cosa rispondere e teme che i famigliari capiscano con chi sta parlando. Prima di chiudere la telefonata, fissano un appuntamento per il sabato per andare a vedere insieme il livello del Po a Pontelagoscuro.
Cap. 17
Schede di lettura
Due solitudini 13-18
Le piogge di sabato e domenica fanno dimenticare al narratore la promessa di Fadigati che evita di telefonare e il narratore, per pura dimenticanza, trascura anche lui di chiamare.
Nella domenica, il narratore dà ripetizioni di latino alla sorella Fanny. Per consolarla di un rimprovero promette di accompagnarla al cinema, ma poi all’Excelsior ci va da solo. Dentro la sala, il narratore siede contrariamente al solito in platea. Qui, con lo sguardo, cerca il dr. Fadigati sebbene l’orario non sia il solito suo.
Uscito dal cinema alle sette di sera, prova a telefonargli da una cabina ma non risponde nessuno. Riprende la strada verso casa e, dopo aver comprato il giornale dallo strillone Cenzo, trova la madre allegra perché il fratello Ernesto ha annunciato il suo rientro da Parigi.
Il narratore chiede se ha telefonato qualcuno per lui. Ma la madre ricorda solo la telefonata di Bottecchiari. Al rientro, il padre annuncia grandi novità e guarda distrattamente il telegramma di Ernesto, cosicché la madre mostra prima il broncio e poi si decide a chiedere di cosa si tratta.
Cap. 18
Schede di lettura
Due solitudini 13-18
Il padre ha saputo dall’avv. Geremia Tabet, ben “dentro alle segrete cose”, che nonostante la campagna in corso non sarà varata alcuna legge razziale contro gli Ebrei. Il narratore è scettico e dubbioso, ma soprattutto non condivide l’ingenua fiducia del padre.
Preso il giornale, non riesce a leggerlo perché travolto dai pensieri. Il senso di solitudine degli ultimi mesi diviene ancora più atroce, perché comprende quale diversità ci sia anche rispetto al padre che si comportava come fosse stato riabilitato.
Dopo aver osservato il padre, il narratore ricomincia a leggere e infine gli occhi cadono su un titolo di cronaca: “Noto professionista ferrarese annegato nelle acque del Po presso Pontelagoscuro”. Dopo un primo spaesamento, comprende cosa è successo. Sebbene l’articolo parlasse solo di disgrazia, per il narratore non ci sono dubbi sul suicidio del povero dr. Fadigati, disonorato e senza più ragione alcuna di restare al mondo.
Il giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani
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VIDEO “Il giardino dei Finzi Contini” su youtube
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VIDEO “Micol” di Giorgio Bassani, tratto dal romanzo “Il giardino dei Finzi Contini” su youtube
Gli occhiali d’oro di Giorgio Bassani
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