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28 Dicembre 2019Analisi del Testo: “I proci tramano l’agguato a Telemaco” (Odissea, Libro IV)
Il brano in esame appartiene al quarto libro dell’Odissea , un capolavoro della letteratura greca attribuito a Omero. Questa sezione descrive un momento cruciale nella trama epica: i Proci, pretendenti di Penelope, decidono di tramare contro Telemaco, figlio di Ulisse, per eliminarlo mentre è impegnato in un viaggio alla ricerca del padre scomparso. Attraverso il dialogo e la narrazione, emergono temi quali l’astuzia, la vendetta, la protezione familiare e l’intervento divino.
1. 🌟 Contesto Generale
Il passo si inserisce in una fase critica della storia, quando Telemaco, spinto da Atena, intraprende un viaggio verso Pilo e Sparta per cercare notizie del padre Ulisse. I Proci, intenzionati a usurpare il potere e sposare Penelope, vedono in Telemaco un ostacolo crescente alla loro ambizione. Pertanto, decidono di organizzare un agguato per ucciderlo al suo ritorno. La tensione narrativa è amplificata dall’intervento dell’araldo Medonte, che rivela il complotto a Penelope, madre di Telemaco, suscitando in lei sgomento e dolore.
2. 🖼️ Personaggi Principali
Antinoo
- Ruolo : Antinoo è uno dei capi dei Proci ed emerge come il principale antagonista in questo brano. È colui che propone l’agguato a Telemaco, dimostrando astuzia e crudeltà.
- Caratterizzazione : Il suo linguaggio è diretto e sprezzante. Egli non nasconde il disprezzo per Telemaco, considerandolo solo un ragazzo, ma allo stesso tempo ne teme il potenziale futuro (“Anche per il futuro saprà contro noi capeggiarli”).
Telemaco
- Ruolo : Figlio di Ulisse, Telemaco rappresenta la speranza di restaurazione dell’ordine e della giustizia. Il suo viaggio simboleggia la maturazione personale e il coraggio di affrontare le avversità.
- Assenza significativa : Nonostante sia assente fisicamente dal brano, Telemaco è al centro delle azioni e delle parole dei Proci, che lo percepiscono come una minaccia crescente.
Penelope
- Ruolo : Madre di Telemaco e moglie di Ulisse, Penelope incarna la fedeltà e la saggezza. Quando viene a conoscenza del complotto, reagisce con dolore e indignazione, rivelando la sua forza morale.
- Reazione emotiva : Il testo descrive vividamente la sua reazione: “Mancar si sentí le ginocchia, e il cuore; né motto potea proferire.” Questo dettaglio sottolinea la vulnerabilità umana di Penelope, pur nel contesto della sua grande dignità.
Medonte
- Ruolo : L’araldo Medonte funge da informatore chiave. La sua scoperta del complotto e la sua decisione di rivelarlo a Penelope evidenziano la presenza di figure leali anche in un ambiente corrotto dai Proci.
- Funzione narrativa : Medonte serve da ponte tra i Proci e Penelope, permettendo al lettore di comprendere contemporaneamente le azioni dei cospiratori e le conseguenze emotive sulla regina.
3. 🌟 Temi Principali
1. Conflitto tra Bene e Male
Il brano riflette il conflitto eterno tra giustizia e ingiustizia. I Proci rappresentano l’avidità e la corruzione, mentre Telemaco e Penelope incarnano i valori di lealtà, coraggio e moralità.
2. Crescita e Maturazione
Telemaco, pur essendo giovane, dimostra di possedere qualità che lo rendono degno erede di Ulisse. Il suo viaggio non è solo fisico, ma anche un percorso di crescita interiore che lo porta a sfidare i nemici.
3. Protezione Familiare
La reazione di Penelope al complotto evidenzia la profondità del legame materno e la determinazione a proteggere il figlio. La sua indignazione nei confronti dei Proci sottolinea il tema della difesa della famiglia contro le forze ostili.
4. Intervento Divino
Sebbene gli dèi non compaiano direttamente in questo brano, la menzione di Giove (“ché l’esito Giove ne sperda” ) suggerisce che il destino dei personaggi è influenzato dalle divinità. Questo aspetto rafforza il carattere epico della narrazione.
4. 🎭 Stile e Linguaggio
1. Dialogo Dinamico
Il testo è dominato da dialoghi vivaci e diretti, che rivelano le intenzioni e i sentimenti dei personaggi. Ad esempio:
- Antinoo : “Giove lo stermini, prima che giunga al vigore degli anni!”
- Penelope : “Non mai da fanciulli […] udito avete […] come tra i nostri padri Ulisse soleva condursi.”
Questi scambi enfatizzano il contrasto tra i Proci e la famiglia di Ulisse.
2. Descrizione Emotiva
L’autore utilizza immagini evocative per descrivere le emozioni dei personaggi. Ad esempio, la reazione di Penelope è descritta con dettagli fisici e psicologici:
- “Le si gonfiarono gli occhi, rimase la voce sonora entro le fauci.”
3. Simbolismo
- La Nave : La nave di Telemaco rappresenta non solo il mezzo fisico del viaggio, ma anche il simbolo della sua emancipazione e della ricerca di identità.
- Agguato e Insidia : Il piano dei Proci simboleggia il pericolo costante che minaccia l’ordine e la giustizia.
5. 🌌 Riflessione Finale
“I proci tramano l’agguato a Telemaco” è un brano denso di tensione narrativa e significato simbolico. Attraverso la descrizione del complotto e delle reazioni dei personaggi, Omero esplora temi universali come la lotta tra bene e male, la maturazione personale e il ruolo della famiglia nella società. La figura di Telemaco emerge come un eroe in formazione, destinato a seguire le orme del padre Ulisse, mentre Penelope rappresenta la forza morale che resiste alle avversità.
Riassumendo : 📜 Il brano analizzato è un momento cruciale dell’Odissea , in cui il conflitto tra i Proci e la famiglia di Ulisse raggiunge un picco drammatico, mettendo in luce temi di giustizia, coraggio e protezione familiare. 🌟
6. 📜 “I proci tramano l’agguato a Telemaco” Odissea, finale del libro quarto
Ed Antinöo, figlio d’Eupíto, cosí prese a dire:
«Dimmi la verità: dov’è andato? che giovani ha scelto
per suoi compagni? scelti fra i nobili d’Itaca, o servi
e mercenari? ché pure di questo sarebbe capace.
Ed anche dimmi il vero di questo, ch’io voglio saperlo:
se tuo malgrado, a forza t’ha tolta la nave; o se prego 635
te n’ha rivolto, e tu concessa glie l’hai di buon grado».
E Noèmone, figlio di Fronio, cosí gli rispose:
«Io di buon grado la nave gli diedi. Che mai si può fare,
quando un tal uomo ti prega, percosso da tante sciagure?
Negargli quanto ei chiede, sarebbe difficile cosa. 640
Gli fûr compagni quelli che in Itaca dopo di noi
sono i migliori: Mentore io vidi salire sul legno:
se pur non era un Nume che avesse la stessa sembianza.
Di ciò non stupirei: ché in Itaca ieri mattina
Nestore ho visto; e quel giorno salpare lo vidi per Pilo». 645
Dette queste parole, tornava alla casa paterna.
E quelli, l’uno e l’altro crucciati nell’animo altero,
posero fine ai giuochi, raccolsero tutti i compagni;
ed Antinoo, figlio d’Eupíto, cosí prese a dire:
«Poveri noi, non è cosa da poco, che questo viaggio 650
abbia con tanta arroganza compiuto Telemaco. E noi
nol credevamo! A dispetto di tanti, un ragazzo è partito
da sé, scelto ha la gente migliore, varata la nave.
Anche per il futuro saprà contro noi capeggiarli.
Giove lo stermini, prima che giunga al vigore degli anni! 655
Su, presto, datemi un legno veloce con venti compagni,
sí che m’apposti e gli tenda, per quando ritorna, un’insidia
entro gli ormeggi d’Itaca, oppur fra gli scogli di Same,
ch’egli col suo malanno veleggi a cercare suo padre!».
Disse; e approvarono tutti che séguito avesse il disegno; 660
ed in pie’ surti, alla casa d’Ulisse rivolsero i passi.
Né lungo tempo restò l’insidia a Penelope ignota
che macchinavano i Proci fra loro. L’araldo Medonte
scoperta a lei l’aveva; ché, stando di fuor dalla corte,
aveva tutto udito quanto essi tramarono dentro; 665
e nella casa entrò, per dire a Penelope tutto.
E gli parlò la regina, mentr’egli scendea da la soglia:
«Araldo, perché mai qui ti mandano i Proci superbi?
Perché forse alle ancelle d’Ulisse divino tu dica
ch’esse, interrotti i lavori, preparino a loro le mense? 670
Mai non m’avesser cercato, né mai fatta avesser combutta,
e fosse questo adesso per loro l’estremo banchetto:
ché ragunati qui, distruggete la ricca sostanza
ch’è di Telemaco amato retaggio! Non mai da fanciulli,
per il passato, udito avete dai vostri parenti 675
come tra i nostri padri Ulisse soleva condursi,
che, né in parole né in atti non fece mai torto a nessuna
delle sue genti, com’è giustizia condursi ai sovrani?
V’ha chi maltratta l’uno, largendo favori ad un altro:
quegli non fece a nessuno mai torto. E per questo è palese 680
l’animo vostro, e quanto sia turpe la vostra condotta,
ché gratitudine alcuna non veggo dei suoi benefizi».
E le rispose l’accorto Medonte con queste parole:
«Oh, se, regina, fosse pur questo il maggiore dei mali!
Ma un altro assai maggiore di questo, assai piú rovinoso 685
stan macchinando i Proci; ma l’esito Giove ne sperda.
Dare a Telemaco morte disegnan col bronzo affilato,
quando ei ritorni: ch’è andato notizie a cercare del padre
alla santissima terra di Pilo, ed a Sparta divina».
Disse cosí. La regina mancar si sentí le ginocchia 690
súbito, e il cuore; né motto potea proferire. Di pianto
le si gonfiarono gli occhi, rimase la voce sonora
entro le fauci. Infine poté favellare, e rispose:
«Araldo, perché mai partito è mio figlio? Bisogno
egli non ha d’imbarcarsi su l’agili navi, che sono 695
cocchi del mare, per l’uomo, ne solcano i gorghi infiniti.
Forse perché non rimanga neppure il suo nome nel mondo»?
E le rispose cosí Medonte dal senno prudente:
«Non so se alcun dei Numi lo indusse, o lo stesso suo cuore,
ch’ei si recasse a Pilo per chieder notizie del padre, 700
se pur debba tornare, se tristo destino l’ha colto».