Alleluia della forza di Chieffo
28 Dicembre 2019La commedia delle origini
28 Dicembre 2019“I puffini dell’Adriatico” è una poesia di Giovanni Pascoli che fa parte della raccolta Primi poemetti (1904).
In questi versi, Pascoli descrive un’alba estiva sull’Adriatico, con particolare attenzione alla presenza dei puffini, piccoli uccelli marini che, con i loro movimenti e il loro “chiacchiericcio”, creano una sensazione di vitalità in un paesaggio per il resto calmo e immobile. Attraverso immagini delicate e una ricca musicalità, il poeta coglie la bellezza di un momento naturale e quotidiano, carico però di simbolismo e riflessione.
Analisi
Versi 1-4:
Tra cielo e mare (un rigo di carmino
recide intorno l’acque marezzate)
parlano. È un’alba cerula d’estate:
non una randa in tutto quel turchino.
La poesia si apre con una descrizione dell’alba sul mare Adriatico, dove il confine tra cielo e mare è marcato da “un rigo di carmino” – una sottile linea rossa che taglia l’orizzonte. Questa immagine è delicata e poetica, tipica del linguaggio di Pascoli, che usa la natura per esprimere emozioni intime. Il “carmino” è un colore caldo che contrasta con l’azzurro (“cerula”) dell’alba e del mare. Le “acque marezzate” indicano il movimento leggero del mare increspato, che sembra quasi respirare.
La parola “parlano” introduce subito l’elemento vitale della scena: il paesaggio marino non è completamente silenzioso, ma è attraversato da un suono, una comunicazione, che sembra provenire dalla natura stessa. Pascoli ci introduce così i puffini, che sono presenti anche se non ancora esplicitamente nominati. L’alba è “cerula” (azzurra chiara), e il poeta sottolinea la quiete del momento estivo: “non una randa in tutto quel turchino”, ovvero nessuna vela solca l’orizzonte azzurro. Questa calma apparente e totale del mare crea un’atmosfera di sospensione, di attesa.
Versi 5-8:
Pur voci reca il soffio del garbino
con ozïose e tremule risate.
Sono i puffini: su le mute ondate
pende quel chiacchiericcio mattutino.
Nonostante l’immobilità del paesaggio, il vento di garbino (un vento caldo di sud-ovest tipico del Mediterraneo) porta con sé delle voci. Queste “voci” sono descritte come “ozïose e tremule risate”, un’immagine che rende il suono leggero e quasi giocoso. L’immobilità viene dunque interrotta dal “chiacchiericcio” dei puffini, che comunicano tra loro. Pascoli riesce a rendere perfettamente l’effetto sonoro: il loro vociare, trasportato dal vento, è leggero e vago, come un’eco che giunge da lontano sulle “mute ondate”. Il contrasto tra la staticità del mare e il suono tenue degli uccelli crea un senso di equilibrio e armonia.
Versi 9-11:
Sembra un vociare, per la calma, fioco
di marinai, ch’ad ora ad ora giunga
tra ’l fievole sciacquìo della risacca;
Il suono prodotto dai puffini viene paragonato al “vociare” dei marinai, che sembra giungere da lontano, come se fosse attenuato dalla distanza e dalla quiete del paesaggio. La calma dell’alba amplifica la sensazione di un suono fioco, che emerge solo a tratti, accompagnato dal “fievole sciacquìo della risacca”, il suono leggero delle onde che si infrangono dolcemente sulla riva. Questo accostamento tra il mondo animale (i puffini) e il mondo umano (i marinai) è tipico di Pascoli, che tende a vedere nella natura un riflesso della condizione umana e a creare un legame profondo tra le due sfere.
Versi 12-14:
quando, stagliate dentro l’oro e il fuoco,
le paranzelle in una riga lunga
dondolano sul mar liscio di lacca.
La scena si chiude con l’immagine delle “paranzelle” (piccole imbarcazioni da pesca) che, al sorgere del sole, appaiono “stagliate dentro l’oro e il fuoco” dell’alba. Il contrasto cromatico è potente: l’oro e il fuoco del sole nascente si riflettono sul mare, mentre le imbarcazioni dondolano lentamente. Il mare viene descritto come “liscio di lacca”, un’immagine che richiama la sua superficie immobile e lucida, come fosse una vernice trasparente che riflette i colori del cielo. Questa chiusa rafforza l’idea di calma e immobilità, ma con una presenza umana sullo sfondo, simbolizzata dalle barche che si muovono placidamente.
Temi principali
- La quiete e il silenzio della natura: Pascoli evoca un paesaggio di straordinaria calma, in cui l’unico suono percepibile è il chiacchiericcio dei puffini, che risalta sullo sfondo di un mare immobile e di un cielo terso. La natura appare sospesa, come in un momento di perfetta armonia.
- Il legame tra uomo e natura: I puffini, con il loro vociare simile a quello dei marinai, stabiliscono una connessione tra il mondo animale e quello umano. Pascoli utilizza spesso questo tipo di analogie per sottolineare l’interdipendenza tra le diverse componenti della realtà.
- Il ciclo della vita: Le paranzelle, che appaiono nel finale, simboleggiano il ciclo quotidiano della vita marinaresca. In questa calma estiva, le barche si preparano a una nuova giornata di pesca, come segno della continuità della vita e del lavoro.
- La fugacità del momento: L’alba, con i suoi colori cangianti e la temporanea assenza di movimento, diventa un simbolo della fugacità del tempo. Pascoli cattura un istante specifico di perfetta quiete, ma il passare del tempo e l’arrivo delle barche segnalano che questa calma è destinata a essere spezzata.
Parafrasi
Tra il cielo e il mare, una sottile linea rossa taglia il panorama, separando l’acqua increspata. Parlano. È un’alba azzurra d’estate, senza vele all’orizzonte in tutto quel cielo blu.
Eppure, il vento caldo di sud-ovest porta con sé delle voci leggere, come risate tremule e pigre. Sono i puffini: sopra le onde silenziose si diffonde il loro chiacchiericcio mattutino.
Sembra un vociare distante, debole a causa della calma, come quello dei marinai che giunge a tratti insieme al lieve rumore delle onde che si infrangono sulla riva.
Intanto, dentro l’oro e il fuoco dell’alba, le barche da pesca, disposte in una lunga fila, dondolano dolcemente sul mare liscio come la lacca.
Commento finale
“I puffini dell’Adriatico” è una poesia che, come spesso accade in Pascoli, coglie un momento di quiete nella natura, trasformandolo in un’occasione di riflessione intima. La calma del mare e l’immobilità dell’alba sono interrotte solo dai puffini e dal loro leggero chiacchiericcio, che crea una sottile connessione tra il mondo animale e quello umano. Le barche che si stagliano contro il cielo all’alba, poi, aggiungono un tocco di vitalità al paesaggio, richiamando l’idea del lavoro quotidiano che si prepara a ricominciare.
Il mare, con la sua immobilità e il suo fascino silenzioso, diventa in questa poesia una metafora della vita stessa: un luogo dove i momenti di calma e sospensione si alternano al movimento e al passaggio del tempo.
Testo della poesia
Tra cielo e mare (un rigo di carmino
recide intorno l’acque marezzate)
parlano. È un’alba cerula d’estate:
4non una randa in tutto quel turchino.
Pur voci reca il soffio del garbino
con ozïose e tremule risate.
Sono i puffini: su le mute ondate
8pende quel chiacchiericcio mattutino.
Sembra un vociare, per la calma, fioco
di marinai, ch’ad ora ad ora giunga
11tra ’l fievole sciacquìo della risacca;
quando, stagliate dentro l’oro e il fuoco,
le paranzelle in una riga lunga
14dondolano sul mar liscio di lacca.