“The strange case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde”by Robert Louls Stevenson
27 Gennaio 2019Gabriele D’Annunzio
27 Gennaio 2019Una visione psicoanalitica della realtà
tesina interdisciplinare di Michael
a.s. 2005/2006 – Liceo Classico “Paolo Sarpi” di Bergamo
FILOSOFIA
1. MOLTI RAMI, UNA RADICE:
Freud prese le mosse dallo studio della medicina neurologica, pensando d’impegnarsi nella ricerca o nell’insegnamento, non nella pratica medica. Ma le difficoltà finanziarie lo costrinsero a prestare servizio presso l’Ospedale Generale di Vienna. L’amicizia col dr. Josef Breuer lo indusse a studiare il fenomeno dell’isteria (caso di Anna O.). La paziente era una ragazza di notevole cultura. La sua malattia era iniziata mentre si dedicava alla cura del padre, gravemente malato, ch’essa adorava. Breuer scoprì che sottoponendola a ipnosi, la paziente rivelava le frustrazioni che in stato di coscienza teneva represse. Il metodo terapeutico la guarì, e Freud, convincendosi dell’esistenza di malattie psichiche prive di una causa organica determinata, decide di adottarlo. Nel 1895 Freud e Breuer pubblicano Studi sull’isteria. Il trattamento di Anna O., ragazza isterica, rivelò a entrambi che i sintomi scompaiono quando se ne scopre il senso. Era nata la psicanalisi. Prima di Freud, l’isteria veniva considerata la malattia della simulazione. Freud dirà che l’isteria è legata all’attaccamento troppo violento della bambina al padre. L’amore, che si scontra col divieto dell’incesto, viene rimosso nell’inconscio. Non potendo amare il padre, l’isterica non può amare nessuno, poiché tutti gli uomini le richiamano la figura del padre.
Breuer però si stacca da Freud proprio sul problema della eziologia sessuale delle nevrosi. Breuer sosteneva che gli stati patogeni non possono essere risolti perché hanno radici fisiologiche. Freud invece cominciò a collegare lo stato patologico del nevrotico a una nuova teoria della sessualità: la nevrosi veniva considerata come perturbazione della funzione sessuale (critica dell’ipocrisia legata alla sessualità).
Nel contempo s’accorge che l’ipnosi risolve sì certi sintomi, ma i pazienti tornano da lui con sintomi differenti. Inoltre alcuni pazienti nevrotici non si lasciano ipnotizzare. Freud tende a prediligere la tecnica delle libere associazioni. Il paziente, sdraiato sopra un divano, viene incoraggiato a parlare liberamente, esprimendo senza riserve qualunque idea che gli venga in mente (anche imbarazzante o futile). L’obiettivo è quello di far affiorare a livello conscio tutti i ricordi-pensieri-immagini rimossi. Freud scopre che molti di questi ricordi hanno un contenuto sessuale, e che molte esperienze infantili sono solo delle fantasie a sfondo sessuale. Per Freud diventa necessario affrontare, prima del contenuto inconscio, la resistenza che si oppone a far conoscere al malato il suo inconscio.
Nel 1897, per meglio comprendere i suoi pazienti, Freud decide di fare l’autoanalisi. Egli s’interroga sull’origine dei sentimenti che l’avevano agitato da bambino: scopre di aver avuto una forte aggressività verso suo padre. Collega questo fatto con la tragedia di Sofocle, Edipo re, in cui Edipo non può sfuggire al tragico destino di uccidere il padre e di sposare la propria madre. Freud afferma che, all’inizio, il primo oggetto d’amore d’ogni bambino è la madre. Pur amando anche il padre, arriva a desiderarne la morte, per eliminarlo come rivale. Tuttavia, il bambino, temendo d’essere punito con la castrazione dal padre, rinuncia alla madre come primo oggetto di desiderio. In tal modo al complesso di Edipo viene collegata l’origine degli “imperativi morali”, cioè l’origine della moralità nello sviluppo della società e l’origine del sentimento di dovere di ogni individuo. Il sentimento di colpevolezza per aver nutrito il desiderio di eliminare il padre avvia il processo di identificazione con lo stesso padre, il cui effetto principale è l’accettazione dei suoi precetti morali (il complesso di Edipo porterà alla formulazione del concetto di Super-io).
?Se il bambino non rinuncia mai alla madre come primo oggetto di desiderio, può diventare omosessuale o fissarsi alla nevrosi ossessiva. La fissazione della bambina può portare all’isteria o frigidità.
Nel corso della propria autoanalisi, Freud si serve anche dell’Interpretazione dei sogni. A suo parere, il sogno deve essere compreso come la realizzazione simbolica di desideri rimossi nell’inconscio. Nel sogno infatti i motivi inconsci diventano manifesti, perché i controlli della censura morale diminuiscono. Il sogno è fondamentalmente costituito da una scena infantile modificata mediante il trasferimento su un’esperienza recente. La censura è quell’istanza psichica che ostacola i motivi proibiti, che non possono essere soddisfatti: quando questi motivi entrano nel sogno, sono già stati modificati (poi Freud dirà che la censura dipende dal Super-io).
?Per poter interpretare il sogno bisogna distinguere fra contenuto latente e manifesto. Il contenuto manifesto è lo scenario del sogno, come lo racconta chi l’ha fatto, con le sue contraddizioni e lacune. Il contenuto latente è invece il desiderio stesso che è riuscito ad esprimersi simbolicamente nelle immagini del sogno. Solo l’analista è in grado di capire questo secondo contenuto.
Oltre che nei sogni, Freud ha colto indizi di nevrosi (dinamismi inconsci) anche nei piccoli incidenti della vita quotidiana: lapsus (errori nel dire una parola per un’altra, storpiature delle parole), dimenticanze (provocate dal disgusto legato all’esperienza dimenticata). Si tratta di idee inconsce che cercano di farsi strada verso l’espressione cosciente, modificando il pensiero-la parola-l’azione. E’ il materiale psichico imperfettamente represso che riemerge perché non è stato privato della capacità di manifestarsi.
Netta è la rottura (1911-13) di Freud con Jung e Adler, che erano suoi seguaci. Jung rifiuta di riconoscere la sessualità infantile e il complesso edipico, ritenendo che i complessi dipendono dagli archetipi che si conservano nell’inconscio collettivo (es: Dio, è un archetipo che le generazioni si tramandano). Istinti e archetipi si equivalgono. Per liberarsi degli archetipi l’uomo deve integrarli: di qui la tendenza di Jung al misticismo e persino all’occultismo.
I limiti della psicanalisi:
La grande illusione della psicanalisi è stata quella di credere che i sintomi nevrotici scompaiono quando se ne scopre il senso, quando cioè il paziente ne accetta consapevolmente la spiegazione sulla loro origine. In verità oggi, più che mettere il nevrotico colle spalle al muro, di fronte alle sue responsabilità, la psicanalisi si limita a rassicurarlo dicendogli che il suo è un “male comune”. Anche perché le psicosi affermano ciò che la psicanalisi ha sempre negato: il rimosso resta rimosso, anche se il soggetto ha coscienza di sé e dell’origine del suo male.
Non a caso Freud è arrivato persino ad affermare, nel Disagio della civiltà (1931), che la cultura diventa sempre più incapace di frenare le grandi pulsioni aggressive della società moderna. Egli però continuava a parlare di pulsioni istintive, connaturate all’uomo, e non di condizionamenti sociali. In tal modo non faceva altro che giustificare il declino della civiltà borghese.
Della sua psicanalisi si può soltanto accettare l’idea che la rimozione non cancella definitivamente certe esperienze, ma le trasferisce nell’inconscio, in quanto nulla che l’uomo abbia vissuto può andare definitivamente perduto. Non è tuttavia l’inconscio (l’ES) ad avere pulsioni irrazionali che l’IO deve controllare: il primato spetta sempre alla coscienza. E’ la forza stessa delle psicosi, la loro assoluta gravità che, indirettamente, ci lascia capire quanto sia precario il destino dell’inconscio. Gli uomini, infatti, possono relegare nei labirinti dell’inconscio tutto quello che vogliono, ma non per un periodo illimitato. Individualmente possono farlo sino alla morte, ma non come genere umano. La rimozione è destinata irreversibilmente a esplodere come una pentola a pressione con la valvola otturata.
Freud era partito bene, costatando l’ipocrisia della morale borghese che impediva alle pulsioni di esprimersi con libertà e naturalezza. Poi, invece di proseguire coerentemente questo discorso, arrivando a mettere in discussione tutte le basi della società borghese (verificando le radici socio-economiche dell’ipocrisia morale in campo sessuale), ha accettato l’idea che sia necessario un compromesso tra pulsioni e realtà. L’individuo rinuncia a certi suoi desideri per poter convivere con altri individui. Nella maturità Freud sarà poi costretto ad elaborare la teoria delle “pulsioni di morte”, rendendosi conto che il suddetto compromesso portava comunque alla nevrosi e non aiutava a vincere l’ipocrisia. Solo che la “pulsione di morte” è una teoria che giustifica la stessa società borghese, in modo ancora più pessimistico.
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Liceo classico P.Sarpi
2005-2006