
La salubrità dell’aria, ode di Giuseppe Parini
6 Agosto 2015
La favola del piacere, da “Il giorno” di Giuseppe Parini – Merig…
6 Agosto 2015
Giovin Signore, o a te scenda per lungo Di magnanimi lombi ordine il sangue Purissimo celeste, o in te del sangue Emendino il difetto i compri onori E le adunate in terra o in mar ricchezze Dal genitor frugale in pochi lustri, Me Precettor d’amabil Rito ascolta. Come ingannar questi nojosi e lenti Giorni di vita, cui sì lungo tedio E fastidio insoffribile accompagna Or io t’insegnerò. Quali al Mattino, Quai dopo il Mezzodì, quali la Sera Esser debban tue cure apprenderai, Se in mezzo agli ozj tuoi ozio ti resta Pur di tender gli orecchi a’ versi miei. Già l’are a Vener sacre e al giocatore Mercurio ne le Gallie e in Albione Devotamente hai visitate, e porti Pur anco i segni del tuo zelo impressi: Ora è tempo di posa. In vano Marte A sé t’invita; che ben folle è quegli Che a rischio de la vita onor si merca, E tu naturalmente il sangue aborri. Né i mesti de la Dea Pallade studj Ti son meno odiosi: avverso ad essi Ti feron troppo i queruli ricinti Ove l’arti migliori, e le scienze Cangiate in mostri, e in vane orride larve, Fan le capaci volte echeggiar sempre Di giovanili strida. Or primamente Odi quali il Mattino a te soavi Cure debba guidar con facil mano. Sorge il Mattino in compagnìa dell’Alba Innanzi al Sol che di poi grande appare Su l’estremo orizzonte a render lieti Gli animali e le piante e i campi e l’onde. Allora il buon villan sorge dal caro Letto cui la fedel sposa, e i minori Suoi figlioletti intepidìr la notte; Poi sul collo recando i sacri arnesi Che prima ritrovàr Cerere, e Pale, Va col bue lento innanzi al campo, e scuote Lungo il picciol sentier da’ curvi rami Il rugiadoso umor che, quasi gemma, I nascenti del Sol raggi rifrange. Allora sorge il Fabbro, e la sonante Officina riapre, e all’opre torna L’altro dì non perfette, o se di chiave Ardua e ferrati ingegni all’inquieto Ricco l’arche assecura, o se d’argento E d’oro incider vuol giojelli e vasi Per ornamento a nuove spose o a mense.
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1-32. Proemio. L’autore si propone – il giovane è stanco di – respinge con orrore la guerra – respinge gli studi perché Con l’ironia qui Parini – è ormai incapace di intraprendere – e con le quali avrebbe ancora un 33-53. Idealizzazione del lavoro. – il contadino: è portatore di una serie di valori positivi: affetti familiari, moralità, – è nobilitato dalla presenza delle – l’artigiano: al – si crea un contrasto con la vita – nuove spose: il giovin – Contrasto campagna-città: dignità del – Parini esprime così le sue idee di
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Ma che? tu inorridisci, e mostri in capo, Qual istrice pungente, irti i capegli Al suon di mie parole? Ah non è questo, Signore, il tuo mattin. Tu col cadente Sol non sedesti a parca mensa, e al lume Dell’incerto crepuscolo non gisti Jeri a corcarti in male agiate piume, Come dannato è a far l’umile vulgo. A voi celeste prole, a voi concilio Di Semidei terreni altro concesse Giove benigno: e con altr’arti e leggi Per novo calle a me convien guidarvi. Tu tra le veglie, e le canore scene, E il patetico gioco oltre più assai Producesti la notte; e stanco alfine In aureo cocchio, col fragor di calde Precipitose rote, e il calpestìo Di volanti corsier, l’unge agitasti Il queto aere notturno, e le tenébre Con fiaccole superbe intorno apristi, Siccome allor che il Siculo terreno Dall’uno all’altro mar rimbombar feo Pluto col carro a cui splendeano innanzi Le tede de le Furie anguicrinite. Così tornasti a la magion; ma quivi A novi studj ti attendea la mensa Cui ricoprien pruriginosi cibi E licor lieti di Francesi colli, O d’Ispani, o di Toschi, o l’Ongarese Bottiglia a cui di verde edera Bacco Concedette corona; e disse: siedi De le mense reina. Alfine il Sonno Ti sprimacciò le morbide coltrìci Di propria mano, ove, te accolto, il fido Servo calò le seriche cortine: E a te soavemente i lumi chiuse Il gallo che li suole aprire altrui. Dritto è perciò, che a te gli stanchi sensi Non sciolga da’ papaveri tenaci Mòrfeo prima, che già grande il giorno Tenti di penetrar fra gli spiragli De le dorate imposte, e la parete Pingano a stento in alcun lato i raggi Del Sol ch’eccelso a te pende sul capo. Or qui principio le leggiadre cure Denno aver del tuo giorno; e quinci io debbo Sciorre il mio legno, e co’ precetti miei Te ad alte imprese ammaestrar cantando.
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54-100. Entra in scena il – Parini lo presenta subito con una – seconda partenza. – Poi descrive il rientro del giovin signore dopo i divertimenti serali. – il procedimento è ironico; – il poeta vuole mettere in luce la – finge di essere colmo di – proprio la sproporzione che si – ad esempio: la carrozza del giovin – questo mette in evidenza la meschinità – l’ironia sta anche nel nominare realtà – l’effetto è rovesciato: anziché
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Già i valetti gentili udîr lo squillo Del vicino metal, cui da lontano Scosse tua man col propagato moto; E accorser pronti a spalancar gli opposti Schermi a la luce; e rigidi osservâro Che con tua pena non osasse Febo Entrar diretto a saettarti i lumi. Ergiti or tu alcun poco, e sí ti appoggia Alli origlieri i quai, lenti gradando All’omero ti fan molle sostegno. Poi coll’indice destro, lieve lieve Sopra gli occhi scorrendo, indi dilegua Quel che riman de la Cimmeria nebbia; E de’ labbri formando un picciol arco, Dolce a vedersi, tacito sbadiglia. Oh se te in sí gentile atto mirasse Il duro Capitan qualor tra l’armi, Sgangherando le labbra, innalza un grido Lacerator di ben costrutti orecchi, Onde a le squadre vari moti impone; Se te mirasse allor, certo vergogna Avría di sé più che Minerva il giorno Che, di flauto sonando, al fonte scorse Il turpe aspetto de le guance enfiate. Ma già il ben pettinato entrar di nuovo Tuo damigello i’ veggo; egli a te chiede Quale oggi più delle bevande usate Sorbir ti piaccia in preziosa tazza: Indiche merci son tazze e bevande; Scegli qual più desii. S’oggi ti giova Porger dolci allo stomaco fomenti, Sí che con legge il natural calore V’arda temprato, e al digerir ti vaglia, Scegli il brun cioccolatte, onde tributo Ti dà il Guatimalese e il Caribbèo C’ha di barbare penne avvolto il crine: Ma se noiosa ipocondria t’opprime, O troppo intorno a le vezzose membra Adipe cresce, de’ tuoi labbri onora La nettarea bevanda, ove abbronzato Fuma et arde il legume a te d’Aleppo Giunto, e da Moca, che di mille navi Popolata mai sempre insuperbisce. Certo fu d’uopo che dal prisco seggio Uscisse un regno, e con ardite vele Fra straniere procelle e novi mostri E teme e rischi ed inumane fami Superasse i confin, per lunga etade Invïolati ancora; e ben fu dritto Se Cortes e Pizzarro umano sangue Non istimâr quel ch’oltre l’Oceàno Scorrea le umane membra, onde tonando E fulminando, alfin spietatamente Balzaron giú da’ loro aviti troni Re Messicani e generosi Incassi; Poiché nuove cosí venner delizie, O gemma degli eroi, al tuo palato! Cessi ‘l Cielo però, che in quel momento Che la scelta bevanda a sorbir prendi, Servo indiscreto a te improvviso annunzi Il villano sartor che, non ben pago D’aver teco diviso i ricchi drappi, Oso sia ancor con pòlizza infinita A te chieder mercede. Ahimè, che fatto Quel salutar licore agro e indigesto Tra le viscere tue, te allor farebbe E in casa e fuori e nel teatro e al corso Ruttar plebeiamente il giorno intero! |
> come sbadigliare – Cimmeria: i popoli cimmeri erano collocati dagli antichi > se ti vedesse un generale militare, ti invidierebbe! > il flauto di Minerva: derisa dalle altre mentre suonava il
– dolci fomenti: bevande calde; > il cioccolato, tributo di indigeni del Guatemala o dei Caraibi; – ipocondria: cattiva digestione; > il caffè
– la scelta del caffè o del cioccolato è presentata come una scelta > la scoperta delle Americhe: è servita per portare al giovin signore queste bevande! – hanno fatto bene Cortès e Pizzatto a non curarsi di spargere fiumi di – tonando: con gli scoppi delle armi da fuoco; – ecco il motivo delle scoperte geografiche: per soddisfare i – l’ironia è amara: è vero che le scoperte geografiche si sono fatte
– il Cielo non voglia che mentre bevi, il servo annunci la visita del – polizza: conto;
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umanitario. Affermare che Cortés e Pizarro abbatterono regno interi, versando fiumi di sangue innocente, solo per assicurare le delizie del caffè e del cioccolato al «giovin signore» può sembrare un’affermazione da intendere al rovescio;