Uomo
27 Gennaio 2019Storia dell’Ottocento
27 Gennaio 2019© 2009 di Aldo C. Marturano
Le migrazioni erano un evento abbastanza comune nel Medioevo ancora dei secoli VII-VIII d.C., ma, mentre quelle in grande stile avevano impressionato l’Occidente che le aveva marchiate a fuoco con il nome dispregiativo di Invasioni Barbariche, le migrazioni slave al contrario furono subite e sopportate a lungo solo dall’Impero d’Oriente e poco conosciute nel resto d’Europa.
E vero che gli Slavi formavano un insieme molto scollato di numerose tribù in prevalenza dagricoltori che a volte abbandonavano la vecchia residenza e al seguito di condottieri-avventurieri non slavi (goti, unni o avari) causavano confusione per lo più nei territori balcanici a loro più vicini, ma periodicamente migravano pure in altre zone.
Ogni 5-6 anni se i raccolti del pezzo di terra a loro disposizione non erano più sufficienti per la sopravvivenza, parti di quelle tribù o tribù intere si mettevano in moto alla ricerca di terra nuova. Le cause? Lesaurimento del terreno coltivato e della bassa resa per le tecniche di coltivazione primitive usate! Soltanto quando queste migliorarono le peregrinazioni diminuirono o cessarono. Nel frattempo però alcune tribù si erano ormai attestate (X sec. d.C.) nella Pianura Russa, ma certe innovazioni tecniche dell’Occidente tardarono comunque a giungere per essere applicate anche qui e non tanto per la natura del terreno o per il clima estremo, quanto (e soprattutto) per gli scambi fra Terre Russe e il resto d’Europa rimasti difficili e complicati fino al XVI sec. motivando un aumento dei traffici commerciali e un certo isolamento del nord slavofono.
Dalle Cronache e da altri scritti di origine latina” i Germani e i vicini Slavi e Balti sono detti foresticoli” per il loro ambiente abitativo tradizionale e perciò ci occorre un po dimmaginazione per poter contemplare il paesaggio di quei secoli, molto diverso da quello odierno quando sulle nostre carte geografiche non predomina più la foresta come allora. C’è da dire subito che questa biocenosi di piante animali e daltre specie viventi è la migliore che la natura abbia mai inventato per colonizzare la terraferma, quelle che siano la composizione (edafica) del suolo e le oscillazioni climatiche. Se nella foresta si è differenziata la specie Homo sapiens, forse si deve aggiungere che essa rappresentava, dal punto di vista economico-pratico, un enorme giacimento (e pure unico) di tutte le materie prime occorrenti allo sviluppo della società medioevale.
Qui cera prima di tutto il legno: costruire, riscaldare, armare, fare navi e carri, arredare, e tante altre cose.
Qui si trovavano le piante commestibili e industriali: medicamenti, piante tintorie, insalate, funghi, frutta, la pastura per gli animali domestici, gli allucinogeni etc.
Qui cerano animali utili: dai mammiferi da pelliccia agli uccelli di passo o stanziali, dai grossi mammiferi da cacciare a quelli piccoli per il consumo come cibo e poi i prodotti animali di gran valore come miele e cera
Per farla breve (ma ne parleremo ancora) una società che potesse vivere e prosperare senza la foresta” non era immaginabile (neanche oggi!).
Eppure intorno al V sec. d.C. questa risorsa naturale così necessaria diventò il cruccio diabolico” della Chiesa Cattolica! Con l’idea infatti che nel fitto si nascondessero il Diavolo e i suoi servi a celebrare i riti più obbrobriosi e osceni presso alberi sacri come la quercia o il frassino o dove si organizzassero orge sfrenate con la partecipazione di animali immondi, sinaugurò la politica della deforestazione, senza tener conto che si sarebbero messi a disposizione più campi da coltivare, ma allo stesso tempo dissennatamente sarebbero scomparse le fonti delle tantissime materie di base e, prima di altre, giusto di quei prodotti di lusso che pur facevano comodo alla Chiesa per i suoi spettacoli di piazza.
La base ideologica per una politica di questo tipo? Oltre al timore delle devianze religiose che abbiamo appena detto, cera la visione cosmologica cristiana rigidamente antitetica a quella pagana! Mentre il Cristianesimo partiva dalla concezione che il mondo, dopo essere stato creato da Dio, fosse stato messo a disposizione dell’uomo per il suo benessere terreno, al contrario nella concezione pagana il mondo stesso era Dio (teofania).
Per il pagano qui occorreva muoversi sempre con molta circospezione e umiltà, chiedere il permesso alle forze divine presenti e implorare il loro favore di non mostrare alcuna ostilità se l’uomo era costretto a prendere o ad utilizzare una qualsiasi cosa che gli servisse. Lo slavo medievale guardando bene le piante, gli alberi e gli altri viventi della selva e vedendo come questi si rapportavano col suolo e col clima, contemplava un qualcosa di veramente armonico in cui riusciva persino a percepire non soltanto quelli propri, ma anche i sentimenti degli altri compagni di vita, benché, questi ultimi, forse meno pronunciati o meno riconoscibili, ma comunque da rispettare e apprezzare. Nella tradizione slava si diceva che i primi uomini (gli antenati che secondo i miti avevano conosciuto direttamente il creatore e che ora abitavano nelle stelle fisse del firmamento) avessero fissato i riti prescritti per abitare insieme nell’universo senza danneggiarsi (troppo) a vicenda e con la benedizione degli dèi (ossia della natura).
Certo! Gli dèi si erano riservati alcuni degli esseri viventi per i loro bisogni (fra cui l’uomo) ed era importante saperlo e riconoscerli per non offendere il dio-padrone. Se un individuo avesse osato assumere un comportamento sacrilego in questo senso, avrebbe scatenato lira divina e nella punizione per la violazione personale avrebbe coinvolto l’intera comunità. Queste erano le regole…
Tornando però alla folle deforestazione voluta dalla Chiesa, possiamo dire che fortunatamente essa non andò avanti oltre i territori già cristianizzati da Roma e in tal modo gran parte della foresta del nordest a partire dalla riva destra dell’Elba si salvò. Se poi è lecito dedurre un’altra conseguenza a questa favorevole fermata, diciamo che la gente di cui il Paganesimo era il credo principale continuò a vivere e a prosperare grazie alla sua foresta sacra rimasta momentaneamente intatta.
Il grande polmone verde europeo di una volta oggi con l’industrializzazione si è ridotto purtroppo al cuore ossia alla selva che è parco nazionale già dal XV sec. per volere del re polacco Ladislao Jagellone, il quale (di origine lituana e nato in essa) se la riservò per le cacce personali.
La Bielovezhskaja Puscia, come oggi si chiama il cuore verde”, si estende ad est dal bacino della Vistola fino a quello del Neman e a nord fino alle rive del Mar Baltico. A sud arriva fino a Kiev includendo le Grandi Paludi del Pripjat (chiamate pure la Selva ossia in russo Poljesje) e giù fino alla riva sinistra del Dnepr da dove invece inizia la steppa (in russo Campagna Selvaggia o Dikoe Polje).
In russo è pure la taigà che, a parte le aree finlandesi e scandinave, copre oggi i Governatorati di Pskov, di San Pietroburgo e di Grande Novgorod fino al Circolo Polare Artico da dove inizia la tundra, un altro tipo di foresta stavolta arbusticola (altrettanto importante però dal punto di vista ecologico).
E qui ci ritorna in mente che Erodoto l’avesse visitata almeno nella parte meridionale quando aveva scritto dei Neuri o Nevri probabili abitanti di questa regione lituano-polacco-bielorussa. E probabile che il nome del Narva o dell’altro fiume Nerevka che scorrono da queste parti gli avessero suggerito letnonimo di coloro che lì vivevano. Lo storico greco ricorda pure le Paludi del Pripjat che, per la loro estensione, gli sembrarono un mare
A parte ciò, indulgeremo nella descrizione, seppur sommaria e non strettamente biologica”, di quest’area perché essa fu e continua ad essere il più grande centro del Paganesimo slavo-russo.
La Puscia è distribuita su un bassopiano immenso: La Pianura Russa Europea. Questa regione è sollevata qua e là all’interno in leggere alture (altezza media sotto i 400 m s.l.m.) che in pratica costituiscono gli spartiacque dei più grandi fiumi europei che sorgono gorgogliando dal suolo della selva per versarsi nei mari settentrionali e in quelli meridionali dell’Europa dopo migliaia di chilometri di corso. Il Volga e il Don e più a ovest il Dnepr nascono qui mentre dai Carpazi scivolano il Dnestr, il Prut e il Bug Meridionale (il Bug Occidentale ha le sorgenti vicine al suo omonimo, ma confluisce nella Vistola). Queste acque, senza parlare dei loro affluenti, sboccano quali nel Mar Nero e quali nel Mar Caspio o nel Mare dAzov. Quelle invece che sfociano nel Baltico irrorando la Puscia prima di finire in mare sono la Vistola, l’Elba (il fiume di Amburgo che sbocca però nel Mare del Nord), lOder ad ovest, il Nieman (il tedesco Memel), la Dvinà (fiume di Riga), la Svisloc (fiume di Minsk) e infinite altre correnti mentre la Dvinà settentrionale (che sgorga sempre qui) va, addirittura, a finire nel Mar Glaciale Artico. Le correnti più lunghe hanno di solito numerosissimi meandri a causa della lieve pendenza della Pianura Russa e spesso indugiano in laghi e laghetti di cui basterà nominare all’interno di questa selva i pioù notevoli come i Mazuri, il Lago di Pskov o lIlmen. L’area è ricchissima naturalmente di paludi (l’11% del territorio di oltre 100 mila kmq) per cui l’umidità e le zanzare regnano sovrane destate e perciò difficilmente attraversabile sia dall’uomo che dalle bestie, non appena il ghiaccio invernale si sia sciolto. Se ciò è un impedimento alla colonizzazione umana, per gli animali si creano invece delle nicchie abitative e certe specie della Puscia sono introvabili altrove.
In questo mondo pulsante di vita gli Slavi cercarono e trovarono le radure e gli angoli liberi per i loro nuovi villaggi di migranti invadendo, se così si può dire, un territorio già abitato da altri arrivati qui prima di loro: cioè dei Balti e degli Ugro-finnici. Spazio ce nera per poter vivere insieme in quel lontano VII-VIII sec. d.C. senza conflitti grossolani e le prove archeologiche ci confermano che le etnie convissero quasi senza scontri armati fino al X sec., mantenendosi in aree culturalmente separate. Ciò non impedì comunque la mistione etnica, se si considera il costume slavo dellesogamia cioè di dare in sposa le proprie figlie fuori dal villaggio natìo. E un esempio storico di grande portata di questa convivenza interetnica è proprio Novgorod-la-Grande che nacque dalla scelta delle tre etnie dette sopra di vivere insieme in un’unica città.
Nella biocenosi forestale gli Slavi incontrarono bestie e piante che davano loro sostentamento e aspettative migliori per la vita futura, senza doverle contendere ai vicini con le armi e i soprusi. Certo! Purché fossero gli dèi a concedere l’assenso alla nuova comunità ad abitare al margine del deserto verde”! Perché deserto? Questo è il significato di Puscja ed è sintomatico infatti che nel Medioevo lo slavo vedeva nella foresta non un luogo dove manca la presenza dell’uomo, ma un posto proibito e circoscritto governato dalle forze divine e accessibile soltanto a pochi uomini scelti e autorizzati. D’altronde è pure il significato dell’italiano deserto non nel senso odierno di luogo vuoto di vita, ma nell’originario verbo latino desero cioè mi ritiro in un luogo separato. Nel mondo slavo-russo la foresta conserva ancora oggi un significato di posto riservato particolare a chi ha rinunciato a stare nel gruppo e se ne separa, persino per andarvi a morire. Ancora nel XIV sec. ai tempi di san Sergio di Ràdonezh, andarsene nel deserto (cioè in foresta, e nel caso cristiano paragonata al Deserto del Sinai dove sorsero i primi cenobi) significava scegliere di far leremita, staccati dal resto del mondo, ma più vicini alla divinità (pagana o cristiana, a seconda dei punti di vista). E notevole pure che la stessa parola sia passata (ca. XI sec. d.C.) nellungherese puszta – leggi pusta – indicante l’ultimo lembo di steppa d’Europa sui confini delle foreste carpatiche alle quali gli ungheresi su lezione slava” attribuivano le medesime caratteristiche divine” della selva appena a nord!
Dunque l’uomo vive al margine della selva, ma che significa? Dov’è il margine? Certo! Se si è migranti, occorre stabilirsi da qualche parte di questo cuore verde, ma mai all’interno, come abbiamo detto! Tuttavia una volta giunti all’auspicata meta e dopo aver valutato dall’aspetto e dalla varietà delle piante presenti, la convenienza a stabilirvisi, occorre compiere i necessari riti propiziatori alla dea Madre Umida Terra. Solo dopo si può affrontare l’impresa per trasformare la radura in campo da coltivare e da abitare col metodo del taglia-e-brucia. Se gli dèi ci rifiutassero il consenso (il metodo e i riti durarono ufficialmente in Russia fino al XIX sec. d.C.) s’apremmo bene che stiamo compiendo un intervento assolutamente invasivo e illegittimo! In altre parole la foresta è un recinto impenetrabile per chi non sia purificato e autorizzato dagli spiriti che la abitano. Per questo motivo l’ambiente non sarà mai ben conosciuto anche da chi vi abita per lungo tempo poiché una volta creato il proprio abitato sceglierà una corrente d’acqua in modo tale che ciascun gruppo abbia la riva come margine, sacro e inviolabile. Difficilmente un membro oserà sconfinare e le byline ce lo dicono indirettamente raccontando come sempre e proprio le rive opposte dun corso d’acqua costituissero universi separati fra i gruppi umani. Dalla parte giusta l’uomo si trova a suo agio più che dall’altra parte mentre il resto dello spazio coperto dagli alberi, di solito alle spalle, sarà esplorato in seguito quando se ne avrà il permesso o per i riti iniziatici. Sappiamo bene che è un complesso d’idee complicato da accettare, ma non si può profanare un luogo sacro a proprio piacere! E un modo di vedere pagano? Sì, ma ben rispettato ancor oggi! Aggiungiamo (A. Burovskii) che nella Federazione Russa di oggi, dove ancora i contadini rappresentano l’80 % dei cittadini parlanti russo, la foresta è tuttora un ambiente magico, divino e prezioso!
La regione che esaminiamo, lo ripetiamo, è tutta in pianura e non ci sono strade che aiutino a percorrerla in qualsiasi tempo o stagione. Anzi! Soltanto d’inverno quando il suolo rimane ghiacciato per mesi è possibile recarsi da un luogo all’altro con le slitte e i loro carichi agevolmente!
E importante questo intero discorso? Certamente sì! L’ambiente di fatto condiziona moltissimo le credenze e le sensazioni e quindi le visioni del mondo più generali che a noi interessano. Ad esempio purtroppo, non ci sono monti sui quali si possa salire per contemplare la regione forestata dal di sopra e averne una visione come l’avevano, ad esempio, gli uccelli! E perciò nel fitto della selva nordica era logico pensare che gli alberi, senza poterne mai vedere o immaginare la cima, potessero effettivamente toccare il cielo e per di più contemplando gli stessi alberi per generazioni si pensasse ad esseri viventi eterni.
Un altro esempio del condizionamento ambientale è quello della luminosità moderata che solitamente regna nella selva, costante quasi per tutto il giorno, ma che diventa scurissima non appena cala la notte. Anche in questo caso sono legittime le paure per i rumori insoliti e sconosciuti che provengono dal fitto o per le improvvise apparizioni di animali o di figure strane che ci rammentano essere umani o di mostri indescrivibili pronti ad insidiarci. Basta rileggersi le più note favole dei fratelli Grimm per avere un’idea di come si immaginava in Occidente la selva nei tempi passati.
Oggi l’Europa vanta grandi distese di campi coltivati (e va orgogliosa per la sua agricoltura intensiva) rubati alla foresta primordiale e in campagna, non appena le nubi nascondono il sole, il buio non è mai così completo e pauroso. C’è sempre un diffuso chiarore percepibile persino se la tempesta scoppia in pieno giorno. Nel fitto degli alberi è tutt’altra cosa. La nube tempestosa fa cadere d’improvviso il buio della notte sul viandante e lo scoccare di un fulmine che squarcia il pezzetto di cielo nero visibile sulla propria testa è uno spettacolo davvero grandioso nel superstizioso Medioevo.
La Quercia di Perun
Soltanto in questambiente si può vivere quella tipica sensazione di liberazione dalle paure ataviche quando alla fine della tempesta ritorna finalmente la luce di un sole che qui, ripetiamo, è comunque difficile da vedere in alto nel cielo (inoltre al nord linclinazione del corso apparente dellastro diurno è maggiore che nel sud europeo). Per il lettore che ami la letteratura russa abbiamo tradotto il brano seguente tratto da Anna Karenina di Tolstoi in cui è descritta (con spirito russo) l’impressione terribile e grandiosa di Levin di fronte al fulmine che colpisce e abbatte una quercia nella tempesta. All’improvviso ci fu una vampa di luce. L’intera terra sembrò in fiamme mentre la volta del cielo rimbombava sulla sua testa. Aprendo gli occhi abbagliati, la prima cosa che Levin vide attraverso la fitta cortina di pioggia frapposta fra lui e la foresta fu linaspettata modifica al quadro di una vecchia e familiare quercia nel mezzo di un boschetto più fitto. E possibile che la quercia sia stata colpita? Questo pensiero ebbe appena il tempo di attraversare la mente di Levin che vide la quercia scomparire dietro gli altri alberi sempre più rapidamente mentre udiva il fragore della caduta del grande essere che si abbatteva sugli altri alberi.” E, aggiungiamo, il fulmine, arma divina di Perun, dio del fulmine e padrone della quercia, qui ha tutto il diritto di compiere un misfatto” del genere!
Tutte queste cose (ed altre che man mano diremo più avanti) fanno di questo luogo un ambiente davvero magico e chiuso in confini precisi e penetrare nel quale significa affrontare forze estranee e, chissà, ostili che potrebbero annientarci se ci giudicano degli impuri. Il pagano vi vede a volte gli dèi sotto forme di guardiani e dal cospetto dei quali bisogna rifuggire, pena la morte. Questi dèi sono a volte riconoscibili nelle fattezze intagliate nei tronchi oppure nelle voci e nei fruscii o perché si spostano senza che noi ce ne accorgiamo portandosi dietro l’albero (dove abitano) e così la pianta che avevamo visto appena un’ora fa riappare davanti ai nostri occhi in un altro luogo. Attenti dunque a danneggiare un qualsiasi albero, ma soprattutto la già nominata Quercia, pianta sacra agli dèi massimi e albero delle origini del mondo. Leggiamo nei documenti che chi avesse attentato, tentando di segare o di danneggiare, alla vita di una Quercia era condannato ad essere squarciato a partire dall’ombelico e, legato con le sue stesse viscere all’albero offeso, dovesse attendere il sopravvenire della giusta morte!
Anche gli animali sono implicati in questo ruolo di guardiani della selva poiché questo è il loro regno e vanno rispettati e non cacciati! E, siccome le forze divine hanno la facoltà di assumere le sembianze di qualsiasi vivente, è possibile che assalendo un animale incorriamo in un atto sacrilego! Gli animali però aiutano l’uomo, non soltanto concedendogli il proprio corpo per mangiarne, ma perché moltissimi segni sul futuro per lagricoltore vengono proprio dall’osservazione del loro comportamento e fra questi in special modo degli uccelli che sono i più vicini alle forze divine celesti! Il Cuculo annuncia quando comincia la buona stagione e quando finisce, non cantando più. LUsignolo vede il primo sole dellequinozio e la Gru abbandona gli stagni una ventina di giorni prima delle gelate invernali
Fra gli animali notevoli in primo luogo c’è lOrso, essere sacro (spesso è il totem di molte comunità umane del nord e la sua venerazione è diffusa dall’Atlantico al Pacifico!) innominabile e padrone assoluto di certi luoghi della selva dove ha la sua casa. Vive più o meno come un uomo (o forse è un uomo travestito?) raccogliendo bacche e insetti o piccoli roditori per nutrirsi mentre d’inverno si apparta per dormire fino alla seguente primavera. Quando prepara la sua tana per l’inverno è consigliabile (per quanto possibile) osservare dove lo fa per regolarsi su come sarà il prossimo inverno. Purtroppo è raro vederne perché è molto riservato, salvo che lo si sia chiamato pronunciando il suo nome ad alta voce. E l’unico a sapere dove si trova il miele e basterà seguirlo, se si è fortunati e sottovento senza far rumore, per trovare un tronco cavo con le api mellifere. Il procacciatore di miele porta naturalmente con sé arco e frecce per difesa perché l’orso è curioso e irascibile e se si accorge della presenza dell’uomo potrebbe assalirlo con funeste conseguenze.
C’è il lupo, la lince e i piccoli carnivori da pelliccia che è vietato uccidere per cibarsene e che invece vanno catturati con lacci e trappole per non rovinarne o sporcarne la pelliccia (arte venatoria ben conosciuta dai Finno-Ugri in particolare che ne catturavano a migliaia per venderne, sempre in numero per determinato con il permesso degli dèi). Una volta uccisi e spellicciati, si consumavano in un banchetto sacro offrendone il profumo dellarrosto agli dèi che da spiriti che sono non hanno stomaco e intestini in un corpo da nutrire e il fumo basta a far loro il dovuto omaggio!
Animali da evitare, sempre per motivi religiosi, sono pure i grandi mammiferi come luro, il bisonte europeo, il cinghiale o la renna e lalce che sono sacri a certi dèi e possono essere cacciati soltanto nel caso che servano da vittime per un sacrifico al loro dio-padrone
C’è il cavallino lituano o tarpan europeo che a volte si lascia attirare in casa per dare una mano nei lavori dei campi, ma è rissoso e cocciuto e, se da un lato predice il futuro, dall’altro annuncia la morte! Titmaro di Merseburgo a proposito del futuro racconta per averla vista eseguire a Rethra della seguente cerimonia: in segreto (i sacerdoti) mormorano (per non farsi capire) mentre tremando scavano nella terra (del Santuario) dove interreranno le sorti (tavolette di legno di quercia con segni speciali o rune slave) che hanno lanciato e così tentano di ottenere delle risposte certe sui problemi (loro proposti). Subito dopo ricoprono con zolle di prato le sorti e due punte di lance incrociate. Dopodiché con gran compunto scelgono il più grande dei cavalli fra tutti quelli considerati sacri e lo fanno andare sul prato. Dal luogo e nel modo in cui il cavallo si arresta, traggono l’auspicio, ma per sicurezza l’evento si deve ripetere uguale almeno due volte. Solo allora dichiarano che quanto si è deciso di fare, avrà successo.”
Come apportatore di morte” ricordiamo invece il ruolo di questo animale nella leggenda del principe Oleg che rinunciò a cavalcare perché gli era stato predetto che sarebbe morto proprio a causa di un cavallo, come poi infatti accadde! A scopo apotropaico gli slavi in cima al tetto della loro casa intagliavano proprio una testa di cavallo!
E che dire dei pesci? Questo è il cibo principe degli abitanti del nord e se ne trova in abbondanza nei fiumi e nei laghi di specie di mole molto grossa, se si pensa soltanto allo storione che nel Dnepr e nel Volga raggiunge dimensioni davvero gigantesche, o al salmone, altrettanto monumentale.
Il pesce siluro in particolare giungeva a ben mezza tonnellata di peso e si sa che, carnivoro, mangiava di tutto persino bambini vivi! Nel 1613 nel suo capace stomaco si trovò addirittura il corpo di un bimbo di ca. 7 anni che il siluro aveva inghiottito nel Danubio nei pressi di Bratislava a prova che in quell’epoca gli Slavi compivano sacrifici umani! Di diceva però anche che il Siluro annunciasse i terremoti qualche giorno in anticipo e in tal caso si sarebbe visto il laghetto o lo stagno incresparsi continuamente a causa dell’agitazione dell’animale.
A parte ciò, d’inverno forando il ghiaccio di pesci se ne trovano tanti ancora e quindi è un cibo assicurato in ogni momento dell’anno! Durante la breve estate certe specie addirittura si possono prendere con le mani, quando le femmine gravide di uova faticano a risalire i fiumi. Quale Slavo però si permetterebbe di pescarli, se non ne avesse chiesto il permesso al padrone divino” del fiume o dello stagno, il Vodjanoi o alla sua consorte la Vodjanica? E sapete quale animale si può meglio di altri sacrificare a questi dèi delle acque per averne i favori? Proprio il cavallo, magari uno nero che una volta si accompagnava su un barcone nel centro della stagno con le zampe impastoiate e si lasciava poi affogare.
E infine c’è un infinità di piante commestibili e di funghi. Fra questi ultimi diffusissimo nelle Terre Russe è l’uso dellAmanita muscaria o fungo di Cappuccetto Rosso perché esso aiuta nei viaggi psichici” i sacerdoti pagani (volhvy) quando devono curare un malato. Seccato e in dosi misurate serve però a moltissimi altri usi.
Uno degli alberi più presenti nella foresta nordica è la betulla che col variare del colore delle sue foglie indica il tempo bello e quello cattivo e di cui, attendendo il periodo giusto (Marzo, chiamato in Bielorussia Sakavik ossia più o meno Succoso), si può bere la linfa rinfrescante e antidolorifica!
Le piante del sottobosco sono persino degli orologi per chi le sa leggere: Ad esempio la Cicoria apre le sue foglie verso le 5 del mattino e le richiude verso le 3 del pomeriggio e lo stesso regime segue il Papavero
Con questi pochi esempi si può già immaginare quale complicatissimo mondo sia la foresta che una volta copriva tutta l’Europa centrale e che Germani, Balti e Slavi da sempre condividevano.
Sono aspetti fondamentali da tener presenti giacché l’uomo, sebbene venisse fuori dalla foresta dove si era differenziato dagli altri primati come specie a sé stante, successivamente non scelse più di ritornarvi, ma preferì godere dell’avventura della vita nei paraggi della sua culla d’origine.
A questo punto pensiamo di aver fornito un’idea olistica del mondo forestale e di ciò che essa rappresenta per gli Slavi e per il Paganesimo.
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