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TESINA – ESAME DI STATO 2003
di Raffaele Orrù
Il termine “imperialismo” fu coniato inizialmente per definire la volontà egemonica di Napoleone III. Con questo termine sì è soliti indicare quell’aggressività culturale, politica ed economica tipica delle grandi potenze europee di fine Ottocento e dei primi anni del Novecento. Per estensione poi, vengono definite politiche imperialiste: quella hitleriana dello spazio vitale, la lotta per la sottomissione dell’Etiopia da parte dell’Italia ed il crescente ruolo egemonico svolto dagli Stati Uniti soprattutto in America e dal Giappone in Asia. Nell’ultimo quarto del XIX secolo l’evento più importante della storia mondiale fu la spartizione del mondo in possessi coloniali. I domini coloniali della Gran Bretagna, che nel 1876 coprivano un’area di 22 milioni e 500.000 chilometri quadrati con circa 252 milioni di abitanti, raggiunsero nel 1914 33 milioni e mezzo di chilometri quadrati con circa 394 milioni di abitanti. Le colonie francesi passarono nello stesso periodo da 900.000 chilometri quadrati con sei milioni dabitanti a 10 milioni e 600.000 chilometri quadrati con 55 milioni e 500.000 abitanti. L’imperialismo divenne una forma universale di azione politico- economica delle potenze industrializzate o che erano sulla via dello sviluppo capitalistico ed ebbe allora la sua manifestazione principale nelle conquiste coloniali o nell’assoggettamento economico di alcuni paesi ridotti a condizione di semicolonie. Soltanto con la generale sollevazione contro l’imperialismo, dopo la seconda guerra mondiale, i popoli coloniali hanno potuto assumere un ruolo di protagonisti e creare le condizioni per la loro partecipazione non subalterna alla storia del mondo. L’imperialismo fu, un fenomeno nuovo diverso dal colonialismo dell’antichità e dei primi secoli dell’età moderna. Lo stimolo fondamentale derivò dalla ricerca di nuove zone d’impiego del capitale eccedente, oltre che, dalla necessità dei paesi economicamente progrediti di accaparrarsi fonti di materie prime e sbocchi di mercato. Il dominio politico, apparve come la migliore garanzia degli investimenti e dell’attività economica delle grandi potenze negli immensi territori sottosviluppati del continente africano e dell’Asia. A questazione fondamentale si collegarono anche altri motivi, di natura politica, sociale e ideologica. L’eccesso di popolazione fu allora assunto come una delle principali giustificazioni della politica imperialista. Il possesso di colonie avrebbe dovuto assicurare l’emigrazione della popolazione eccedente in territori sotto la stessa autorità politica, e fornire alla madrepatria la possibilità di un incremento economico adeguato al movimento demografico. Al contrario, il punto di maggiore attrazione delle correnti migratorie fu, in quel periodo, gli Stati Uniti. Il nuovo sistema coloniale, non mutò i rapporti di lavoro nelle madrepatrie: la politica imperialistica evitò temporaneamente, l’esasperazione dei conflitti di classe, ma nello stesso tempo, inasprì i contrasti economici e politici tra le nazioni europee e allargò enormemente, con l’inclusione dei popoli dei paesi sottosviluppati, la massa di manodopera che era sotto il dominio del capitale. Più importanti della sovrappopolazione, come moventi dell’espansione imperialista, furono i fattori politici e ideologici. I presupposti ideologici delle tendenze imperialiste, trovarono larga risonanza nella cultura europea. Il tema principale era l’affermazione della superiorità di determinate razze e nazioni nei confronti degli altri popoli della terra. Scrittori e uomini politici, tra cui il narratore Rudyard Kipling, applicarono queste tesi al popolo inglese ed elaborarono il tema della missione di civiltà che l’Inghilterra doveva svolgere nel mondo.
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dalla tesina – esame di stato 2003 Il movimento imperialista di Raffaele Orrù