Franz Kafka: La metamorfosi – La condizione del ‘diverso’ nei pr…
9 Settembre 2015Promessi sposi 38 – di Valentina Illengo
9 Settembre 2015Primo romanzo dello scrittore Umberto Eco, Il nome della rosa appare come un romanzo complesso; delitti e indagini sono legati ai romanzi gialli, mentre atmosfera e contesto riportano ai romanzi di fine Settecento; citazioni provenienti dai classici latini medievali, dai romanzi ottocenteschi e dalla contemporaneità del suo autore rivelano la postmodernità dell’opera.
Il nome della rosa è un romanzo storico simile al modello dei Promessi Sposi di Manzoni, nel quale Umberto Eco, oltre ad inserire figure inventate in un ben predefinito contesto sociale, inserisce anche figure storiche come Ludovico il Bavaro o fra Dolcino.
Il romanzo è ambientato nel Medioevo, in un monastero benedettino del nord Italia sperduto sui monti, in procinto di ospitare un incontro tra francescani, protetti dall’imperatore Ludovico e gli emissari di papa Giovanni XXII di Avignone.
Il romanzo è narrato in prima persona da uno dei protagonisti, Adso da Melk, che, divenuto ormai anziano, racconta delle indagini condotte dal suo maestro, Guglielmo da Bascavilla a proposito delle strane vicende accadute al monastero.
Il racconto si sviluppa in sette giorni, suddivisi dal giovane Adso, novizio benedettino, secondo la scansione del giorno della regola benedettina: mattutino e laudi, ora prima, ora terza, ora sesta, ora nona, vespri e compieta.
Guglielmo da Bascavilla frate francescano inglese ed inquisitore ‘pentito’, giunto insieme con Adso all’abbazia, viene accolto dal cellario del monastero, e non perde tempo per dar prova del suo acume: riconoscendo le tracce con cui il mondo ci parla come un grande libro, aiuta i monaci a ritrovare il cavallo preferito dall’abate, Brunello il galoppatore.
Nel corso della settimana della permanenza di Guglielmo e Adso all’abbazia, sette monaci vengono misteriosamente uccisi, tra cui il confratello Adelmo e il suo giovane amico, il traduttore dal greco Venanzio. La biblioteca del monastero, costruita come uno intricato labirinto, sembra nascondere un misterioso segreto, biblioteca alla quale solo il bibliotecario e il suo assistente possono accedere.
I confratelli confidano nelle capacità investigative di Guglielmo, e gli chiedono di far luce sui delitti, dal momento che nell’abbazia, iniziavano a circolare voci sulla venuta dell’Anticristo.
Nell’abbazia si trovano anche due ex membri della setta dei Dolciniani: Remigo da Varagine, che in cambio di favori personali sfama una ragazza, e Salvatore, il suo amico, che parla una lingua particolare.
Sullo stesso mistero, anche l’inquisitore Bernando da Guy indaga: trova la ragazza insieme a Salvatore e, notando la presenza di un gallo nero, non perde occasione di accusarli di essere responsabili di riti satanici; torturandoli, Salvatore confessa di essere un ex dolciniano, e così Bernando Guy processa e condanna il frate Remigo, Salvatore e la ragazza.
Tenere nascosta la scoperta e la lettura del secondo libro della Poetica di Aristotele commedia dedicata al riso: è questo il mistero e il movente degli omicidi.
A concludere le indagini di Guglielmo da Bascavilla e Adso da Melk, il venerabile Jorge tenta di uccidere Guglielmo offrendogli il libro dalle pagine avvelenate, che però sfoglia con mani guantate.
Jorge, in preda al fervore ingoia le pagine della Poetica di Aristotele appiccando poi un terribile incendio che distruggerà l’abbazia.