Nel pieno della guerra in Germania, Helga e Peter, dopo l’abbandono della madre, vengono accolti dalla zia Margarete a Berlino-Tempelhof.
La nonna paterna giunge dalla Polonia per prendersi cura dei nipoti, ma quando scopre del fidanzamento della zia, ritorna in patria. Helga e Peter si trasferiscono con la matrigna Ursula, ma Helga non riesce ad essere accettata. Dopo un’esperienza terribile in collegio, Helga viene mandata in un istituto a Oranienburg-Eden, dove trova un ambiente migliore. Torna a Berlino nel 1944, rifugiandosi in una cantina con la famiglia. Qui vive l’orrore della guerra fino alla fine del conflitto nel maggio 1945. Dopo la guerra, la famiglia lascia Berlino, lasciando indietro il nonno Opa, a cui Helga era molto legata.
Autore:
Helga Schneider
Edizione:
gli Adelphi
Genere letterario:
autobiografia
BIOGRAFIA dell’autrice
Helga Schneider è nata in Polonia nel 1937. Ha vissuto in Germania, in Austria e ora vive in Italia a Bologna dal 1963. Ha pubblicato il rogo di Berlino, Porta di Brandeburgo, Il piccolo Adolf non aveva le ciglia e Lasciami andare, madre.
Helga Schneider ha esordito nel mondo letterario nel 1995 con il Rogo di Berlino che fu un autentico caso editoriale.
Nel 1963 si stabilisce a Bologna dove vive e lavora, essendo diventata cittadina italiana. Nel 1971 scopre che la sua vera madre è ancora viva e decide di andarla a trovare. Seppe che viveva a Vienna, ma quell’incontro durò solo mezzora. La madre la portò in una stanza dove conservava l’uniforme, la divisa nazista che indossava il giorno in cui venne arrestata ad Auschwitz. A distanza di tanti anni era ancora fiera di quel passato. Tentò anche di farla indossare ad Helga e di regalarle una manciata doro, forse come risarcimento della sua latitanza materna durata trent’anni. Inorridita, Helga scappa e torna a Bologna con un gran peso nel cuore. Nel 1998 decide su invito di un’amica di andare a rivedere la madre anzianissima per l’ultima volta; ma questo incontro la sgomenta, la fare stare male fisicamente. Helga vuole sapere, vuole capire come può un essere umano abbandonare due figli piccoli per inseguire un sogno di morte. Insomma vuole capire a tutti i costi, se è in grado di tagliare definitivamente il legame con lei o se non riuscirà mai a liberarsene del tutto. Da questo incontro traumatizzante e lacerante nasce il libro Lasciami andare, madre”, uscito in Italia nel 2001; stampato anche in Olanda, in Francia e nell’ottobre del 2002 anche in Germania. Nell’aprile del 2002 è uscito il suo ultimo libro, per ragazzi dal titolo Stelle di cannella”.
RIASSUNTO
A Vienna, nel 1971, una giovane donna , Helga, ritrova sua madre. Nell’autunno del 1941, dopo la nascita del fratello Peter, la madre di Helga scopre di aver sbagliato carriera e decide di servire la causa del Fuhrer, si arruola nelle SS e abbandona entrambi i figli.
Helga e Peter vengono accolti da zia Margarete, sorella del loro padre, partito da tempo per il fronte. Zia Margarete viveva in una villa a Berlin-Tempelhof e aveva una figlia, Eva. Era sposata con un conte, anch’egli in guerra. A seguito della notizia della fuga della madre, la nonna paterna di Helga. si precipita dalla Polonia per prendersi cura dei nipoti e si stabilisce a Berlino. Nell’estate del 1942, il padre di Helga torna a Berlino in licenza e zia Margarete decide di fare un piccolo ricevimento in suo onore. Fra gli invitati c’è una giovane donna, Ursula, che in seguito diventerà la matrigna di Helga e Peter. Appena saputa la notizia del fidanzamento, la nonna se ne torna in Polonia.
Partita la nonna, Helga se sente perduta. Lei le aveva dato amore e allegria e, nonostante la guerra, perfino un certo senso di sicurezza. . Helga e Peter si trasferiscono nella casa della matrigna. Dopo poco tempo Helga si accorge che Ursula non la accetta ed inizia così una serie di lunghe incomprensioni. Nel frattempo la guerra si fa sempre più dura.
Helga viene mandata in collegio il quale si rivela un inferno. Helga teme per la sua vita così decide di fare lo sciopero della fame. Dopo pochi giorni la matrigna la riporta a casa. Helga cerca di fare di tutto per farsi accettare da Ursula ma ancora una volta è tutto inutile; in primavera viene mandata in un collegio per bambini con problemi caratteriali a Oranienburg-Eden, presso un estremo sobborgo di Berlino. Il collegio di Eden si rivela un luogo gradevole. Nell’autunno 1944 zia Hilde va a prendere Helga per riportarla a Berlino dove raggiunge Peter, la matrigna e il nonno acquisito Opa (il padre di Ursula) rifugiati in una cantina.
Helga si rende conto che Peter è attratto da tutto ciò che riguarda il Fuhrer, le bombe e gli ebrei e dopo un litigio si rende conto che la sua assenza li ha divisi, cancellando ogni affetto.
Grazie a zia Hilde che lavorava al ministero, Helga e Peter trascorrono qualche giorno nel bunker della Cancelleria del Reich dove incontrano personalmente il Fuhrer.
A poco a poco Helga comincia a conoscere i vari frequentatori della cantina. Fame, sete, freddo, terrore, insonnia, sporcizia, debolezza, apatia, senso di abbandono e di impotenza: questi erano gli ingredienti della loro esistenza trascorsa giorno e notte in cantina.
Ogni giorno è uguale all’altro: la cantina fredda e buia, il puzzo di urina, il fumo delle candele, l’attesa, l’allarme, il terrore, il cessato allarme, la tristezza, le discussioni, i nervosismi.
Nel maggio 1945 finisce la guerra e finalmente Helga e la sua famiglia escono per sempre dalla cantina e tornano nel loro appartamento. Giunge anche il giorno del rientro del padre dal fronte; poco tempo dopo decide di andare in Austria, trovare un lavoro fisso e poi fare rimpatriare anche Ursula, Helga e Peter.
Nella primavera del 1947 Helga, insieme alla sua famiglia lascia Berlino, una città sventrata, piegata, annientata, punita ma il suo dolore più profondo è quello di lasciare nonno Opa al quale si era legata.
PERSONAGGI
Helga: è la protagonista del racconto. Durante la sua infanzia, Helga è piuttosto bugiarda perché le piace raccontare alla gente che suo padre è un famoso generale, mentre in realtà non è altro che un soldato della contraerea, per lo più convinto antimilitarista. Infatti quando lo incontra vede un uomo chiuso e lontano dal suo modello ideale.
Peter: fratello di Helga. E un bambino bellissimo, con boccoli biondi, lineamenti delicati, occhini azzurri. E attratto da tutto ciò che riguarda il Fuhrer, senza capire le atrocità della guerra. Spesso si esibisce davanti alla matrigna in uno dei suoi soliti spettacoli, che consistono nell’imitare i discorso di Goebbels, come fossero filastrocche. Al termine dello spettacolo la matrigna applaude sempre, divertita e compiaciuta. Peter si porta sempre dietro il suo orsacchiotto Teddy, poco coerente con la sua indole.
Ursula: matrigna di Helga, cerca di mantenersi giovane e bella anche durante la guerra. Ursula usa con Helga e Peter due pesi e due misure. Quando sbaglia lui, trova sempre una scusante; quando sbaglia lei la ricopre di insulta. La matrigna critica spesso il metodo educativo precedente (quello della nonna paterna di Helga e Peter) giudicandolo troppo permissivo. Punisce sempre Helga picchiandola o rinchiudendola prima in una stanza senza mangiare, poi nei collegi.
Nonno Opa: è un uomo alto e distinto, occhi chiari, buoni e intelligenti, capelli grigi con la scriminatura. E molto affettuoso, gentile e disponibile con Helga criticando invece il comportamento di Peter incolpando la matrigna di averlo viziato troppo. Il rapporto tra Helga d il nonno si rafforza sempre di più.
Personaggi secondari:
Nonna di Helga e Peter: affettuosamente severa, allegra, possedeva una fervida fantasia. Grassa, poetica e dotata di una lucida intelligenza.
Stefan: padre di Helga, bello, slanciato, fronte alta e capelli ondulati, con la sguardo profondo di un artista, voce bassa e seducente.
Zia Margarete: sorella di Stefan, alta slanciata, austera e bellissima. Ha capelli magnifici di un rosso naturale e una splendida pelle bianca e trasparente. Muore suicida.
Cugina Eva: figlia di zia Margarete, insopportabile.
Zia Hilde: occhi color piombo, neo sulla punta del naso, esile. Lavora al ministero della propaganda
Possiamo considerare come personaggi secondari i frequentatori della cantina che Helga impara a conoscere col passare del tempo: Erika, una ragazzina quattordicenne malata di tubercolosi; la madre di Erika, una donna gentile e coraggiosa; Her Hammer, un tempo ammiratore di Hitler ma ora pentito irascibile; Frau Kohler, la portinaia insieme al figlio Rudolf; Frau Fichtner, una signora molto devota; i coniugi Heinze, piuttosto silenziosi; Frau Bitter e i rispettivi figli Gudrun, Egon e Kurt; Herr e Frau Mannheim; Herr Spitzber, un vecchio con problemi di incontinenza.
Le descrizioni fisiche dei personaggio sono quasi assenti in quanto in tempo di guerra l’aspetto degli stessi muta.
SPAZIO
La vicenda è narrata in ordine cronologico. Il libro è introdotto dall’incontro tra Helga e sua madre avvenuto nella primavera del 1971. Il racconto dell’infanzia della protagonista inizia nell’autunno del 1941 fino alla primavera del 1947. Queste ultime date corrispondono alla fine del regime nazista (presa del potere e caduta con l’arrivo dei russi nella capitale del Reich) e alla seconda guerra mondiale. Il racconto si svolge prevalentemente nella cantina della Lothar-Bucher-Strasse, in cui convivono giorno e notte circa una quindicina di persone. La vicenda è ambientata in una Berlino rasa al suolo dai bombardamenti nemici.
PERIODO STORICO
La vicenda è datata in ordine cronologico. Solo all’inizio però si fa riferimento all’incontro tra Helga e sua madre avvenuto nella primavera del 1971. Il racconto dell’infanzia della protagonista inizia nell’autunno del 1941 fino alla primavera del 1947. Queste due ultime date corrispondono agli anni dell’ideologia nazista (presa al potere e caduta con l’arrivo dei russi nella capitale del Reich) e alla seconda guerra mondiale.
TECNICHE DI PRESENTAZIONE
Nel libro si sovrappongono continuamente sequenze descrittive e sequenze narrative di luoghi e personaggi. E presente anche il discorso diretto. Vi sono anche dei monologhi interiori in cui Helga riflette e condanna le ingiustizie della guerra.
NARRATORE
Il narratore è interno e onnisciente e il suo racconto è un flash-back. Viene, infatti, riportato nel momento in cui la vicenda è già conclusa.
LINGUAGGIO
Il linguaggio semplice e la lettura è scorrevole. Ci sono delle espressioni in tedesco e in russo.
COMMENTO
Credo che questo sia un libro che sconcerta per la sua durezza ma appassiona molto il lettore.
Ci mostra la guerra in tutta la sua grandezza e il nazismo in tutta la sua ferocia, ma lo fa con la semplicità che lo può fare solo una bambina.
Uno dei brani che mi ha colpito di più, anche se è uno dei più tragici, è quello in cui i sovietici entrano nel bunker e terrorizzano i rifugiati e violentano Erika e Gudrun, due ragazze che erano nel bunker con Helga. Leggendo quelle righe si può capire l’orrore che provocano le guerre.
La guerra aveva distrutto tutto, non solo gli edifici, ma anche i sentimenti, le speranze e le ambizioni di uomini costretti a subire le ostilità di persone senza scrupoli.
Questo libro rimette insieme lo scenario del male che è capace di compiere l’uomo e la sofferenza ingiusta di poveri innocenti.
Ma il ricordo più forte per Helga sono le bombe e il fuoco; l’annientamento di cose, corpi, leggi, tradizioni, conquiste civili. Distruzione fino all’ultimo mattone, fino all’ultima cellula, fino all’ultimo granello di speranza.
In un momento di disperazione Helga dice: Sparire! Morire! Odiavo tutto. Il mondo, me, la mia sporcizia, la mia miseria. La cantina nella quale sarei dovuta tornare fra un minuto, e questa guerra che mi costringeva a vegetare. Tutti indistintamente mi avevano tradita: mia madre, mio padre, la matrigna, la Germania, il mondo. La vita. Dio!”
Quando finisce la guerra, Helga esce finalmente dalla cantina, sfiora con lo sguardo lo spazio vuoto dove aveva vissuto gli uni sugli altri ammassati come bestie, imponendo al prossimo il loro odore, il loro malumore, il loro egoismo. Erano andati oltre il sopportabile, oltre il vivibile, oltre l’immaginabile, oltre le loro forze, oltre l’umano. Eppure in seguito dovette imparare che la loro sofferenza non era stata nulla in paragone a quella che era toccata agli ebrei massacrati nei campi di concentramento.
Berlino era una città che le aveva dato solo dolore, privazioni, terrore, solitudine, tristezza, angoscia e disperazione. Eppure quando Helga lascia Berlino, piange e non sa dire il perché. Lascia una città che le ha negato tutto: una madre, un padre, la nonna. Una vita normale, un’infanzia serena.
di Jacopo Rava – 2aF
Audio Lezioni sulla Letteratura del novecento del prof. Gaudio
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