Il tutor e l’orientatore: figure necessarie?
24 Marzo 2023Il proclama di Rimini di Alessandro Manzoni
24 Marzo 2023Dopo la morte di suo zio, un colonnello dell’esercito (l’amato Paolo Villaggio nel film) eredita una tenuta di montagna da favola con la clausola di preservare, a tutti i costi, gli antichi boschi adiacenti.
Quando, nonostante gli avvertimenti dei cittadini, l’ostinato militare procede con un piano per abbattere gli alberi e vendere il legname, risveglia gli spiriti che abitano nella foresta che combattono per salvare la loro casa.
Questa meravigliosa favola magico-realista è abbellita da un gentile spirito animista e da un appassionato messaggio di tutela ecologica.
Un film per bambini ecologico in una modalità favolistica, che ha tutto il fascino visivo della cinematografia italiana d’essai, ma di fatto pensato per gli adulti in primo luogo.
Citazioni dal libro:
INCIPIT «È noto che il colonnello Sebastiano Procolo venne a stabilirsi in Valle di Fondo nella primavera del 1925. Lo zio Antonio Morro, morendo, gli aveva lasciato parte di una grandissima tenuta boschiva a dieci chilometri dal paese. L’altra parte, molto più grande, era stata assegnata al figlio di un fratello morto dell’ufficiale: a Benvenuto Procolo, un ragazzo di dodici anni, orfano anche di madre, che viveva in un collegio privato non lontano da Fondo.[1]»
Il colonnello freddo, rigido, marziale, militaresco, sembra aver perso la sua spontaneità infantile
“A una certa età tutti voi, uomini, cambiate. Non rimane più niente di quello che eravate da piccoli. Diventate irriconoscibili.”
Il tempo scorre inesorabile
“Lasciò passare adagio il tempo, il tempo meraviglioso che s’ingrandisce d’ora in ora, inghiottendo senza pausa la vita, e accumula con pazienza gli anni, diventando sempre più immenso.”
L’uccisione della gazza
Alle 3,49, quando per la decima volta giunse la voce dell’uccello, il colonnello balzò dal letto, si vestì, prese un fucile con alcune cartucce e si avviò per la strada verso l’albero della gazza. […] Alzò il fucile, mirò e lasciò partire un colpo. […] “Vigliacco!” gridava la gazza “adesso mi hai ferita gravemente. No che non ti dirò chi ho visto passare stanotte, no che non te lo dico.”
Una fantasia inconfessabile
“Vagano sovente per le vallate deserte desideri funesti, di origine sconosciuta. Essi prosperano nella solitudine, infiltrandosi nel fondo del cuore. Nacque una sera in lui un’idea che andò ampliandosi a poco a poco: il desiderio che Benvenuto morisse.”
Le farfalle bianche metafora dell’anima guasta e avvelenata di Sebastiano Procolo
“Cosa c’è qui dentro? cosa c’è qui dentro?” e diede un altro colpo di frusta. “L’anima tua maledetta, ecco cosa c’è dentro!” Detto così, il carrettiere si avvicinò al cassone e ne spalancò lestamente il coperchio. Allora si udì dall’interno un confuso ma intenso brusìo e quindi una densa nuvola di piccole tozze farfalle bianchicce si alzò rapidamente in cielo.
“Verso la fine di luglio, mi ricordo perfettamente, dalla parte di Fondo è venuta su una nuvola di farfallette bianche che sono entrate nel bosco. Per qualche notte han continuato a volare. Solo questo io so: che da allora è cominciato il tormento” e non disse più altro. Fu solo a primavera che si seppe; quando dalle screpolature dei tronchi pullularono migliaia e migliaia di vermi. Le bianche farfalle portate il 26 luglio dal misterioso carro avevano impestato la foresta di uova.
L’atteggiamento delle guardie forestali e della gente del paese rispettoso della natura
La foresta più bella, se pur minore, il cosiddetto BoscoVecchio, era stata completamente rispettata.”
I geni dei boschi
Questo fenomeno, finora poco studiato, si verifica in qualsiasi bosco, campagna, forra, pascolo o palude: animali e piante manifestano una speciale vitalità quando si trovano in compagnia di bambini e le loro facoltà di espressione si moltiplicano tanto da permettere veri e proprio colloqui. Basta però la presenza di un solo uomo adulto a rompere questa specie di incanto.
La foresta si anima
In certe notti serene, con la luna grande, si fa festa nei boschi. È impossibile stabilire precisamente quando, e non ci sono sintomi appariscenti che ne diano preavviso. Lo si capisce da qualcosa di speciale che in quelle occasioni c’è nell’atmosfera. Molti uomini, la maggioranza anzi, non se ne accorgono mai. Altri invece l’avvertono subito. Non c’è niente da insegnare in proposito. È questione di sensibilità: alcuni la posseggono di natura; altri non l’avranno mai, e passeranno impassibili, in quelle notti fortunate, lungo le tenebrose foreste, senza neppur sospettare ciò che là dentro succede.
Quello che stupì profondamente il colonnello era il particolare fermento di vita che animava quella zona della foresta durante i giochi dei bambini. […] Tanta animazione non durava a lungo. Il colonnello era arrivato da pochi minuti sul posto, ed ecco il canto degli uccelli affievolirsi, fuggire gli scoiattoli e i ghiri, farsi silenzio sulle rame e talora comparire nel cielo sinistri nuvoloni.
“Che cos’è questa storia?” gridò. “Avete interrotto la festa perchè i ragazzi se ne sono andati? Ci sono ancora io, mi pare.” Il genio si fece incontro al colonnello. Era il Bernardi. “Non posso farci niente” egli rispose. “Matteo, a quanto pare, se ne è andato. E poi i miei compagni, lo confesso, hanno avuto sempre una propensione per i bambini.” “Anche voi siete uguali agli uomini” disse il colonnello con tono amaro. “Fin che si è piccoli, non ci sono attenzioni che bastino; quando poi si è diventati grandi, si è faticato e si è stanchi, non c’è un cane che ci guardi.” “La questione è forse un’altra” ribattè il Bernardi lentamente. “A una certa età tutti voi, uomini, cambiate. Non rimane più niente di quello che eravate da piccoli. Diventate irriconoscibili. Anche tu colonnello, un giorno, dovevi essere diverso…” I due rimasero così l’uno di fronte all’altro per qualche istante, senza dire una parola. Poi il Bernardi salutò, avviandosi lentamente verso il fitto della foresta, ch’era ormai tutta solitudine e silenzio. Finalmente anche il colonnello si mosse, facendo traballare e cigolare un po’ la lanterna spenta. Fece sei o sette passi, quindi si arrestò, voltandosi di scatto indietro: aveva avuto l’impressione che qualcuno lo seguisse. Guardò, ma non c’era nessuno. Tutto era immobile e quieto, sotto la luce della luna. Egli allora però si accorse di lasciare dietro a sé un’ombra lunghissima e nera, assolutamente spropositata. Il fatto che la luna stesse tramontando e i suoi raggi fossero molto obliqui non bastava a spiegare quell’eccezionale lunghezza. Il colonnello fece qualche altro passo, poi si voltò nuovamente: “Che cosa vuoi da me, ombra maledetta?” domandò con voce rabbiosa. “Niente” rispose l’ombra.
La svolta
[…] per la prima volta nella sua vita conobbe i rumori della foresta. Quella notte ce n’erano quindici. Il Procolo li contò ad uno ad uno. 1) Di tanto in tanto, vaghi boati fondi, che parevano uscire di sottoterra, quasi si preparasse un terremoto. 2) Stormire di foglie. 3) Cigolìo di rami piegati dal vento. 4) Fruscio di foglie secche sul suolo. 5) Rumore di rami secchi, foglie e pigne che cadevano a terra.
Explicit (finale)
“Numerose testimonianze ci hanno permesso di raccogliere le seguenti notizie sul colonnello Sebastiano Procolo. Tanto si discusse nei riguardi di quest’uomo, e con tanto livore che ci par giusto stabilire finalmente il vero e cancellare la trista ombra che finora pesava sulla sua memoria. Non spetta a noi fare giudizi sul conto del defunto ufficiale. Ma pochi sanno come quel vecchio grandemente odiato, che alcuni ritennero pazzo, che tutti, temendo, maledicevano, come quell’ “essere gelido”, sia stato pure lui un uomo.”