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28 Dicembre 2019Nel racconto “Il segreto” di Massimo Bontempelli, il protagonista, Canuto, riflette sulla sua vita mentre torna nel suo paese natale dopo cinquant’anni.
All’età di settantacinque anni, torna a confrontarsi con il passato e con la decisione che prese a venticinque anni, quando fuggì dal suo paese alla vigilia del matrimonio con Ilaria, per la paura di un impegno così definitivo.
Canuto, durante questi cinquant’anni, ha cercato di dimenticare il passato, ma ora, tornando nel suo paese natale, non può fare a meno di ricordare i dettagli di quel giorno fatale. Ricorda il momento in cui si preparò segretamente per la fuga, temendo la reazione di Ilaria. Quando si avvicina alla casa di lei, sente il cuore gonfiarsi di emozione e di paura.
Rivedere la finestra dove l’ultima volta aveva visto Ilaria, porta Canuto a un momento di profonda riflessione. Quando vede una giovane ragazza che assomiglia a Ilaria e ascolta la sua gioia per il prossimo matrimonio, Canuto rimane scioccato. Scopre che questa ragazza è, in realtà, la stessa Ilaria, che crede ancora di essere alla vigilia delle sue nozze, nonostante siano passati cinquant’anni. È stato il dolore del suo abbandono che l’ha fatta impazzire, conservando il suo aspetto giovanile e la sua mente nel passato.
Canuto, travolto dalla rivelazione, lascia la casa senza guardarsi indietro, tormentato dalla consapevolezza del terribile segreto che ha scoperto. Ilaria, in un atto di apparente follia, ha conservato la sua giovinezza e il suo desiderio di matrimonio per sempre, rivelando così il suo segreto al mondo.
Testo del racconto “Il segreto” di Massimo Bontempelli
Canuto sta pensando che cinquant’anni è una vita, e abbondante. Una vita ch’egli ha cominciata con un atto di viltà. Fino ai venticinque anni non conta, è una età sbadata, che poi si butta via, e allora si comincia sul serio. Canuto l’ha buttata via con un atto vile, che lo ha spinto lontano dal suo paese; e sono cominciati cinquant’anni di vita seria: lavoro, arricchire, rovinarsi, lavoro, risollevarsi; e questo tre quattro volte, non sa più quante. Ora ha settantacinque anni, e torna in patria.
Per mezzo secolo era riuscito a non ripensare mai il passato; ora lo ripensa tutto, dal giorno che era partito, a venticinque anni, quando stava per sposare Ilaria, che ne aveva ventidue ed era bellissima.
Ma la vigilia delle nozze Canuto era stato colto da una vertigine di paura, aveva tutt’a un tratto capito di non essere più innamorato, aveva sentito scoppiare entro sé torbidamente tutte le ambizioni che l’amore aveva per qualche tempo soffocate; le nozze imminenti gli apparvero come un abisso davanti a lui pronto: voltò le spalle all’abisso. La mattina della vigilia preparò in fretta e occultamente la partenza come si prepara una fuga. Ma non volle che fosse fuga. Aveva mandato le valige a un paese vicino; prima di raggiungerlo, mosse verso la casa di Ilaria per dirle con franchezza la propria risoluzione. Pensò anche: “Forse Ilaria mi ucciderà. Ma non è probabile. Vedremo”.
Giunto presso la casa di lei – un poco fuori del paese in un gruppo di abitazioni verso monte – il luogo era deserto e pieno di sole. Vide quella finestra, sentì il cuore gonfiarsi. Per rimettersi, si ritirò in un anfratto del muro, sedé sopra una pietra. Udí rumore dall’alto del muro di faccia. La finestra di Ilaria si apriva. (Un tronco gli permetteva di vedere non visto.) Ilaria apparve lassù. Le braccia nude mandavano raggi, lei batté le mani come un bambino; poi rivolgendosi a qualcuno che doveva trovarsi alla finestra di contro, Ilaria gridò: – Domani mi sposo, domani mattina, sono troppo felice -.
Poi si mise a cantare.
Allora a Canuto mancò il coraggio. Appena Ilaria si fu ritirata, Canuto fuggì, raggiunse il paese vicino, di là mandò a lei una lettera d’addio e a precipizio di treno in treno senza lasciare traccia di sé, arrivò a un porto, s’imbarcò, fu in America, e vi rimase per cinquant’anni.
Per qualche tempo non aveva più saputo nulla di lei.
Due anni più tardi un suo compaesano, arrivato anch’egli oltremare a cercar fortuna, gli disse che Ilaria era stata qualche tempo in pericolo di vita, poi entrata in una pazzia dolce, ch’era creder sempre d’essere alla vigilia delle nozze. Questa demenza l’aveva salvata. Più tardi i pochi parenti che Canuto aveva lasciati in paese, uno dopo l’altro morirono. Poi erano passati altri anni, o decenni.
All’età di settantacinque anni ecco Canuto torna al paese. Pensa che Ilaria ha ora settantadue anni.
Forse è morta.
La stazione del paese era nuova, nuovo l’albergo in cui Canuto discese (e nessuno riconobbe il suo nome) nuove le vie che la mattina dopo egli a caso percorse: non trovò più la casa ov’era nato e aveva vissuto fino ai venticinque anni. Passato mezzogiorno Canuto traversò l’ultima parte del paese verso monte; uscì verso la campagna ov’era un piccolo gruppo di case una delle quali era stata la dimora d’Ilaria. Quella regione era immutata. A Canuto batteva il cuore. S’avvicinava, ed ecco gli apparve quella finestra. Sentì il cuore gonfiarsi, la gola dolere. Vide il paracarro mozzo ove l’ultimo giorno s’era seduto e non visto aveva veduto lei per l’ultima volta. Vi sedette; nascosto dal vecchio anfratto fissò lo sguardo verso quella finestra.
Non sa quanto tempo vi sia rimasto. Forse pochi minuti, in mezzo al sole di maggio, con gli occhi là fissi; quando s’udí rumore e la finestra si aperse.
E una fanciulla vi apparve, e Canuto a stento si trattenne dal gridare “Ilaria!”. Era bellissima, le trecce nere pareva dovessero bruciare a toccarle, le braccia nude mandavano raggi: Ilaria di allora. E lei batté le mani come un bambino. Poi volgendosi a qualcuno che doveva essere alla finestra di contro, lei gridò: – Domani mi sposo, domani mattina, sono troppo felice -. E si mise a cantare.
Canuto premé le mani sugli occhi come per rimandarli in fondo: pieno di paura guardò ancora. Lei.
Poi ella si allontanò, rientrò nella stanza, e ancora arrivava il suo canto pieno di allegrezza.
“Non è allucinazione” pensò Canuto. “Una figlia di Ilaria, certo. Il prodigio è soltanto che si sposi domani, che lo annunci di là come lei di allora.”
Si scosse, s’impose di stare calmo. Salí, busso all’uscio con franchezza.
Venne ad aprirgli la fanciulla. Anche da vicino la somiglianza era straordinaria. Lui sùbito come s’era preparato disse:
– Sono arrivato ora… sono un vecchio amico della famiglia… – La fanciulla lo interruppe e senza maraviglia e con gran letizia gli disse:
– Oh entri, entri, lei è venuto per le nozze, grazie grazie, Si accomodi, sono tanto felice.
La stessa voce, gli occhi, non un tratto cambiato da quelli dell’altra, la nonna. Domanda:
– Lei, signorina, come si chiama?
La fanciulla con maraviglia risponde:
– Non lo sa? Ilaria.
Anche il nome, della nonna. Canuto si sente impallidire. Vorrebbe sapere se la nonna è viva ancora.
Domanda: – Lei quanti anni ha, signorina?
– Ventidue. Come ha saputo che sposo domani?
Invece di rispondere, lui fa una strana domanda: – Come si chiama il suo sposo?
Ilaria s’illuminò tutta: – Ha un nome bellissimo, il nome di un gran re, un re antico, della Danimarca:
si chiama Canuto -. Canuto s’aggrappò forte a un bracciolo della poltrona, un rombo cupo gli cinse la testa. La fanciulla non se n’accòrse, leggera come una nuvola moveva per la stanza, corse a una delle finestre, onde a torrenti entrava il sole, e di là gridava a qualcuno: – Domani mi sposo, domani mattina – poi si ritrasse nell’altra stanza cantando. Un uscio s’aperse ed entrò una donna anziana.
Canuto disse balbettando:
– Sono un vecchio amico di casa, vengo da lontano, mancavo da… tanti tanti anni… La famiglia…
– Oh signore – gemé la donna – non trova più nessuno della vecchia famiglia, tranne lei (accennò col capo all’altra stanza onde arrivavano le note più acute del canto di gioia): io sono una nipote lontana, fin da giovane sono venuta a star qui con la zia, per curarla…
– La zia?
– Sí, zia Ilaria, L’ha vista? Tanti tanti anni fa ha avuto un gran dolore: il fidanzato l’ha abbandonata il giorno prima delle nozze, lei è impazzita.
– Ma questa?… questa giovinetta?…
– Oh è zia Ilaria, ha settantadue anni, non s’è mai riavuta, da quel giorno, sono passati cinquant’anni, crede sempre d’essere appunto a quel giorno, alla vigilia di sposarsi; per questo pare che abbia ancora quell’età che aveva allora: non so spiegarle…
Canuto non rispose; e tremava. Se n’andò; non si voltò più a guardare la finestra d’Ilaria, Ilaria che aveva saputo fermarsi, Ilaria che, sopprimendo in sé il tempo, sola aveva scoperto il disperato segreto della giovinezza.
Audio Lezioni sulla Letteratura del novecento del prof. Gaudio