Ariosto tra realtà e invenzione poetica
28 Dicembre 2019La politica interna e le riforme di Cesare
28 Dicembre 2019L’invettiva contro la degenerazione della politica italiana è un intervento del Dante poeta nel sesto canto del purgatorio, è un apostrofe rivolta al lettore.
Testo dei versi 79-151 del sesto canto del Purgatorio
Quell’anima gentil fu così presta, e ora in te non stanno sanza guerra Cerca, misera, intorno da le prode Che val perché ti racconciasse il freno Ahi gente che dovresti esser devota, guarda come esta fiera è fatta fella O Alberto tedesco ch’abbandoni giusto giudicio da le stelle caggia Ch’avete tu e ’l tuo padre sofferto, Vieni a veder Montecchi e Cappelletti, Vien, crudel, vieni, e vedi la pressura Vieni a veder la tua Roma che piagne Vieni a veder la gente quanto s’ama! E se licito m’è, o sommo Giove O è preparazion che ne l’abisso Ché le città d’Italia tutte piene Fiorenza mia, ben puoi esser contenta Molti han giustizia in cuore, e tardi scocca Molti rifiutan lo comune incarco; Or ti fa lieta, ché tu hai ben onde: Atene e Lacedemona, che fenno verso di te, che fai tanto sottili Quante volte, del tempo che rimembre, E se ben ti ricordi e vedi lume, ma con dar volta suo dolore scherma.
|
Parafrasi dei versi 61-84 del terzo canto del Purgatorio Quell’anima nobile fu così pronta, solo per il dolce suono della sua terra, a fare festa al suo concittadino là; (81)e ora in te non stanno senza guerra i tuoi vivi, e l’un l’altro si rodono di quelli che un muro e una fossa rinchiudono. (84) Cerca, povera città, intorno ai confini Che importa che Giustiniano ti abbia riordinato Ahi gente che dovreste essere devota, guarda come questa fiera è diventata selvaggia O Alberto tedesco che abbandoni che giusto giudizio dalle stelle cada Che cosa tu e tuo padre avete sopportato, Vieni a vedere i Montecchi e i Cappelletti, Vieni, crudele, vieni, e vedi la pressione Vieni a vedere la tua Roma che piange Vieni a vedere quanto si amano le persone! E se mi è lecito, o sommo Giove O è una preparazione che nel profondo Perché le città d’Italia sono tutte piene Firenze mia, ben puoi essere contenta Molti hanno la giustizia nel cuore, ma tarda Molti rifiutano il comune incarico; Ora rallegrati, perché hai ben ragione: Atene e Sparta, che fecero rispetto a te, che fai provvedimenti così sottili Quante volte, nel tempo che ricordi, E se ti ricordi bene e vedi luce, ma con il girarsi allevia il suo dolore. (151) |
I versi in questione fanno parte del sesto canto del Purgatorio di Dante Alighieri. In questo canto, Dante esplora i temi della politica e della corruzione in Italia, lamentando le divisioni e le guerre civili che affliggono le città italiane.
1. Invettiva contro l’Italia (vv. 79-90): Dante esprime la sua amarezza per la situazione di Firenze e dell’Italia, descrivendo la loro condizione di conflitto interno e di mancanza di guida politica. Sottolinea l’inutilità delle leggi (il “freno” di Giustiniano) senza un’autorità forte e presente (“la sella è vòta”).
2. Richiamo agli imperatori tedeschi (vv. 91-105): Dante critica Alberto d’Asburgo e il padre Rodolfo per aver trascurato l’Italia, lasciandola in balia dei conflitti interni e dei tiranni locali. Auspica un giudizio severo su Alberto e una lezione per i suoi successori.
3. Desolazione dell’Italia (vv. 106-126): Elenca le famiglie italiane in lotta tra loro (Montecchi e Cappelletti, Monaldi e Filippeschi) e descrive la condizione di Roma, abbandonata e piangente. Invita l’imperatore a vedere la realtà delle città italiane e la loro sofferenza.
4. Ironia su Firenze (vv. 127-151): Dopo aver descritto la situazione generale, Dante si rivolge sarcasticamente a Firenze, lodandola per la sua presunta saggezza e stabilità, solo per poi criticare la sua costante instabilità e i cambiamenti continui di leggi e istituzioni.
Commento
Il sesto canto del Purgatorio è un’acuta riflessione sulla situazione politica dell’Italia del Trecento. Dante, attraverso la voce del poeta, esprime il suo dolore e la sua frustrazione per la mancanza di unità e di giustizia nel suo paese. La critica ai sovrani e ai politici del tempo è severa e mostra il desiderio di un’autorità forte e giusta che possa riportare ordine e pace. L’ironia con cui tratta Firenze, la sua città natale, sottolinea la disillusione e la critica verso una società che sembra incapace di trovare stabilità e armonia. Il canto è un esempio della visione politica di Dante, che vede nella giustizia e nella buona governance i pilastri per un vivere civile e prospero.