I riflessi dell’inconscio
27 Gennaio 2019BottomFrame
27 Gennaio 2019dalla tesina Il Simbolismo di Marina Esposito
I componimenti molto brevi,soprattutto in Myricae, all’apparenza si presentano come quadretti di vita campestre,con rapide notazioni che colgono un particolare,una linea,un colore,un suono;ma in realtà questi simboli spontanei e non costruiti sono quelli più suggestivi,perché si legano alla personalità inconscia del poeta,al suo mondo interiore.
Traumatizzato dalla morte violenta del padre e dalle ripetute disgrazie familiari,costantemente ripiegato su di sé, Pascoli percepisce il mistero che si cela oltre la quotidianità e tende a dire le cose non come sono,ma come le sente. Come un fanciullino impaurito dal buio,anche il poeta si ritrae smarrito di fronte al mistero della realtà e davanti alla morte;si crea però,attraverso la poesia,una fitta rete di simboli capace di proteggerlo.
Tra questi simboli,il più importante è quello della casa-nido(come ha dimostrato Giorgio Barberi Squarotti). Pascoli abitualmente raffigura il nido irto di spine all’esterno, ma accogliente all’interno(rozzo è fuori,ma dentro è tutta lana e lichene). In questo microcosmo si sta bene, ci si riposa. Il padre ha il compito di procurare il cibo e la madre quello di custodire il luogo,e dalla figura della madre emerge un altro simbolo quello della culla : il bambino si addormenta tranquillo in braccio alla mamma,dimentica ogni insicurezza, anche se fuori c’è tempesta.
Questa immagine positiva del nido sembra scattare da un contesto negativo:nel nido possiamo vedere in controluce le paure che un figlio della società rurale di fine Ottocento nutriva verso al civiltà industriale e borghese,verso il male del mondo, i lutti,le violenze;(infatti la scienza dell’età del positivismo,secondo il Pascoli,non porta sicurezza,ma accresce lo spavento dell’uomo di fronte al suo destino di dolore di morte,perciò gli uomini sono sempre più insicuri e potranno trovare consolazione solo se impareranno a vivere con sentimenti di fraternità e di amore) da un punto di vista psicologico, il tema del nido implica invece la regressione all’infanzia”, cioè un desiderio di recuperare una sorta di età dell’oro” dell’infanzia,l’unico tempo avvero sereno,perché non è soggetto alle delusioni del vivere. Il nido pascoliano quindi può essere un simbolo dell’inettitudine,
dell’incapacità di vivere raffigurata da molti scrittoti contemporanei.
La maggior parte delle poesie di Myricae e dei Canti di Castelvecchio nasce proprio dall’opposizione nido-realtà esterna; da una parte le connotazioni positive(caldo,dolcezza,sonno),dall’altra quelle negative(freddo,sapenti). Tra gli altri simboli pascoliani quelli più frequenti sono le campane, gli uccelli, e i fiori. Le campane suonano,come in La mia sera, pero lo più per evocare un’atmosfera di sogno, per accendere la memoria felice dell’infanzia; la loro voce è spesso mimata da parole onomatopeiche (don don , dondolio e simili). Quanto ai fiori, Pascoli preferisce quelli fuori stagione, per suggerire un’idea di precarietà, di vita che illusoriamente può fiorire, nel deserto invernale.
Gli uccelli sono gli animali più citati da Pascoli: essi si collegano da un lato al simbolo del nido, dall’altro appaiono come abitatori di quella misteriosa regione (il cielo) da cui anche le campane espandono la loro voce. Pure il canto degli uccelli viene reso dal Pascoli col frequente ricorso all’onomatopea, come in Dialogo: è quasi il tentativo di creare un linguaggio sopra-umano che annuncia un sapere misterioso.
Simbolo importante è anche l’uccello notturno: la civetta e lassiuolo, col suo prolungato chiù, che diviene presagio di morte. Il singhiozzo dell’assiuolo, udito nel dormiveglia suscita angoscia.
Altro tema simbolico è il dialogo con i morti che assume un significato tutto particolare: è il tentativo di vivificare il passato,di ridare vita a chi non c’è più,di ritornare sulle orme incancellabili del mio dolore”come scrive Pascoli stesso. Ma è anche un’esperienza mitica,paragonabile ai racconti omerici,virgiliani e danteschi. Come Ulisse,Enea e Dante, Pascoli vive l’esperienza del dialogo con i morti e interroga i morti sul suo destino e sulla sua vita.
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