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IL SOSIA di F. M. DOSTOEVSKIJ
Relazione di Emiliano Ventura
VITA E DATI BIBLIOGRAFICI
Fedor Michajlovic Dostoevskij nasce a Mosca il 30 ottobre 1821. Suo padre è medico militare presso l’ospedale dei poveri ed è un uomo collerico e incline all’alcool, sua madre è invece una donna gentile che ama la poesia e la musica ed è lei ad insegnare in un primo tempo a Fedor a leggere e a scrivere. Alla morte della donna, malata e provata dalle continue gravidanze, infatti Fedor è il secondo di sette figli, il ragazzo viene mandato nella pensione Cermak per completare gli studi. Nel 1839 il padre, sempre più dissoluto, viene assassinato da un gruppo di servi esasperati; questa notizia colpisce duramente il giovane Fedor che viene colpito da epilessia, una malattia che non lo lascerà più. Finiti gli studi, si impiega come cartografo in un distaccamento di Pietroburgo e inizia a scrivere. Il 25 aprile 1849 viene arrestato come sovversivo e condannato a morte. La pena gli viene commutata in quattro anni di lavori forzati dallo zar quando già si trova sul patibolo. Terminato il periodo di reclusione, ritorna a lavorare e a scrivere. Sposa Marija Dmitrievna Isaeva che dopo sette anni di matrimonio muore e tre anni dopo sposa Anna Grigor’evna Snitkina che lo affianca con amore e dedizione. Nascono quattro figli, di cui due muoiono in tenera età. Nel 1880 termina la stesura del suo ultimo romanzo “I fratelli Karamazof” e muore il 28 gennaio dell’anno dopo. E’ sepolto nel cimitero del convento di Aleksandr Nevskij di Pietroburgo.
Dostoevskij è uno scrittore che con coraggio, per il tempo in cui vive, rifiuta l’immagine dell’uomo sottomesso ai comportamenti che impone la società; i suoi personaggi si muovono in intrecci, conflitti e passioni che scaturiscono dallo scontro tra il bene e il male, tra la via della ragione e quella del cuore. In quasi tutti i suoi romanzi la storia raccontata trae origine da fatti realistici. Di essi ricordiamo: “Il sosia” , ” Delitto e castigo” , “Umiliati e offesi” , ” L’idiota” , “I demoni” , “L’adolescente” e ” I fratelli Karamazof” . Segue un altro lunghissimo elenco di scritti.
RIASSUNTO
Sono circa le otto del mattino. In un tetro appartamento di Pietroburgo, Jakov Petrovic Goljadkin si sveglia: in un primo momento è confuso, non riesce a distinguere il vero dal sogno, allora va davanti allo specchio e la sua immagine riflessa lo riporta alla realtà. E’ una giornata importante, non deve andare al Ministero, dove lavora come consigliere titolare, ma altrove.
Petruska, il suo servitore, ha provveduto ad affittare una livrea, che già indossa, e una carrozza. Goljadkin si veste in fretta ed esce. E’ diretto a casa del Consigliere di Stato Berendèev che dà una festa per il compleanno di sua figlia Klara, amata dal “nostro eroe” . E’ molto presto, allora Goljadin, dopo una sofferta indecisione, va dal dottore Krestjian Ivanovic Rutenspic che lo ha in cura. Ha con lui uno strano dialogo e già da qui si capisce che qualcosa nella sua mente non funziona. Esce dalla casa del dottore, ma è ancora presto, allora va al Gostinyj Dvor, una galleria-bazar, entra in vari negozi, mercanteggia, ma alla fine compra solo un paio di guanti e una boccetta di profumo. In carrozza gironzola ancora per Pietroburgo, finché decide di recarsi alla festa. Qui, in un primo momento, non viene fatto entrare, ma poi riesce ad intrufolarsi tra gli invitati e si fa largo farneticando finché si trova davanti a Klara.
Vuole ballare con lei, afferra la sua mano, ma inciampa e cade. La ragazza grida e accorre il cameriere che lo afferra e lo “butta fuori” da quella casa dove non era stato invitato. Umiliato e disperato, Goljadkin si incammina, sotto la neve che cade fitta, per le strade di Pietroburgo, solitaria in quell’ora di mezzanotte. Raggiunge il lungofiume Fontanka e, mentre passeggia sconfortato con il desiderio di “annientarsi e diventare polvere” , vede un uomo che gli viene incontro. Lo guarda e rimane allibito: è identico a lui. Per tre volte lo incrocia nella via deserta: è questo il segno della rottura definitiva del suo equilibrio psichico, infatti l’altro è lo sdoppiamento di se stesso, è il suo sosia, identico a lui “sotto tutti i riguardi” . Goljadkin corre verso casa, l’altro lo segue fino ad entrare con lui nel suo appartamento ed è qui che il “nostro eroe” si rende conto che il suo amico notturno non è altri che se stesso. Ma questa breve lucidità dura poco.
Il giorno dopo Goljadkin va in ufficio con il presentimento che lì accadrà qualcosa di terribile, ed infatti davanti al suo tavolo di lavoro trova seduto il suo sosia. Impaurito e sbigottito si guarda intorno e chiede al Capufficio Anton Antonovic notizie sul “nuovo assunto” . Questi lo asseconda, come fanno gli altri colleghi di lavoro, pur non riuscendo a nascondere sorrisetti beffardi e un’aria di compassione, e gli dice che quel nuovo impiegato ha preso un posto vacante.
Il rapporto di Goljadkin con Goljadkin Junior ha fasi progressive: prima il “nostro eroe” tenta di farselo amico, infatti lo ospita nel suo appartamento ed anche Petruska lo asseconda nel suo vaneggiare, poi tra i due inizia una disperata battaglia: il sosia è subdolo, strisciante e lo perseguita.
Goljadkin se lo trova dappertutto, anche nel ristorante dove lui mangia un solo pasticcino, ma ne deve pagare undici, perché gli altri dieci li ha mangiato l’altro, ed è sempre presente in ufficio dove gli sottrae il lavoro per accattivarsi le simpatie del Capo Sezione Filippovic.
Il “nostro eroe” arriva al punto di scrivergli una prima lettera accusandolo della sua malvagità. Per fargliela recapitare dà l’incarico a Petruska di portargliela nella sua abitazione, dopo essersi fatto dare il suo indirizzo dall’impiegato del Ministero. Il servitore lo asseconda ancora una volta, pur ridendo dentro di sé. L’attesa di una risposta per Goldjakin diventa spasmodica.e, naturalmente, essa non arriva. Egli trova, però, una lettera sul tavolo. In preda al terrore l’apre e la legge: è di Vacharamèev, l’impiegato al quale Petruska doveva chiedere l’indirizzo del “sosia, con la quale gli consiglia di licenziare il servitore perché è un ubriacone e un ladro. E’ chiaro che in un momento di delirio Goldjakin se l’è scritta da solo. Allora scrive una seconda lettera con la quale sfida a duello il suo sosia. Ma anche questa non ha alcun riscontro.
Sono così trascorsi tre giorni nell’angoscia da quando, sul lungofiume Fantanka, Goljadkin ha incontrato l’altra parte di sé che continua a perseguitarlo. Il quarto giorno riceve una lettera da Klara che gli dà un appuntamento, proponendogli una fuga insieme. Anche questa è fantasia della sua mente malata, ma lui la prende per vera. Il “nostro eroe” è in subbuglio: ordina a Petruska di radunare in un “fagotto” tutte le sue cose, perché lascia la casa e fa chiamare una carrozza. Va via dal suo appartamento tra il vociare delle vicine che “cianciano” , gridano e sentenziano a proposito di qualcosa che lui non capisce, e si fa portare a “Ponte Izmajlovskij, dove abita Klara. Le finestre dell’appartamento sono illuminate e Goljiadkin si nasconde dietro una legnaia ad osservarle. Qui fantastica sulla sua fuga con Klara, mentre gli ospiti della ragazza l’osservano da dietro i vetri. Il “nostro eroe” se ne accorge, si sente scoperto, allora si precipita nella casa. Alla sua presenza gli ospiti ammutoliscono, fanno un cerchio intorno a lui che si avvicina alle poltrone dove sono seduti Klara e suo padre Olsufij Ivanovic. Goljadkin si inginocchia davanti a loro e, piangendo, chiede di essere aiutato contro il suo terribile nemico. I due si commuovono, ma ad un tratto nella sala si ode un subbuglio ed entra un uomo vestito di nero. E’ il dottor Rutenspic che con “occhi scintillanti di una sinistra gioia” afferra il poveretto e lo trascina via. A forza lo fa salire nella sua “carrozza” e Goljadkin, come “un gattino innaffiato d’acqua gelata” viene portato verso il manicomio.
TEMI FONDAMENTALI
Il tema fondamentale del romanzo è quello del doppio, vissuto attraverso la storia di un piccolo burocrate che, viste fallire le sue aspirazioni, finisce col confidare solo a se stesso le proprie delusioni. Così divide la sua personalità in due entità ben distinte: da una parte un Goljadkin timido, insicuro, privo del saper comunicare, dall’altra un Goldjakin spavaldo, irrispettoso, diabolico, ribelle. Il doppio scaturisce dalla psicosi dissociativa di cui soffre il protagonista, quindi nel romanzo è presente anche il tema della malattia mentale che porta l’uomo all’annientamento della sua personalità. Altri temi sono la solitudine e l’emarginazione, infatti il protagonista è povero, misero e solo, e può solo confidare a se stesso le proprie pene.
E’presente nel romanzo anche una condanna alla burocrazia del tempo, alla gigantesca macchina gerarchica la quale fa sì che un burocrate diventi un ingranaggio del sistema senza poter comprendere il senso del proprio lavoro.
ANALISI DEL TITOLO
Il titolo del romanzo è formato da un solo sostantivo, preceduto dall’articolo, il cui significato è molto chiaro: si sta per leggere la storia di un uomo che fisicamente è identico ad un altro.
PERSONAGGI
JAKOV PETROVIC GOLJADKIN è il protagonista assoluto del romanzo. Fisicamente non è ben descritto, ma si può capire dalle varie situazioni che è un “omino” dall’aspetto insignificante, un po’ calvo, di età non troppo avanzata, infatti è innamorato di una giovinetta e aspira a sposarla. E’ un accanito fumatore di pipa, indossa una lungo pastrano con il collo di procione e un largo cappello che, nelle fredde giornate pietroburghesi indossa calato fino alle orecchie. Lavora presso il Ministero con la qualifica di Consigliere Titolare, undicesimo grado dei quattordici della gerarchia burocratica zarista. E’ umile, indeciso nel prendere iniziative, ama la calma, si autodefinisce un uomo pacifico e non intrigante. E’ malato di mente e ciò emerge nelle prime pagine del romanzo dal colloquio che ha con il suo dottore. Questa forma di schizofrenia si aggrava quando è colpito da una profonda umiliazione e avviene lo sdoppiamento della sua personalità. Qui la figura del “nostro eroe” è affiancata da quella del suo sosia, identico a lui fisicamente, ma opposto al suo modo di essere. Goljakin Junior è intrigante, malevolo, sarcastico, arrampicatore sociale, e questo contrasto psichico e la lotta tra il “buono” e il “malvagio” porta al manicomio.
PETRUSKA è il servitore di Goljadkin. E’ un uomo sfuggente, anche se si può definire fedele. Con una disarmante indifferenza asseconda il padrone nella sua follia, lo accontenta in tutte le sue deliranti richieste, ridendo dentro di sé, ma senza umiliarlo.
KLARA
E’la figlia del Consigliere di Stato Olsufij Ivanovic Berendeev, una giovane di ventisei anni, molto graziosa di cui Goljadkin è innamorato e che sogna di sposare. Ella appare agli inizi e alla fine del romanzo durante due feste. E’ gentile e di animo sensibile, infatti piange mentre il “nostro eroe” viene trascinato via da davanti a lei per essere portato in manicomio.
KRESTJAN IVANOVIC RUTENSPIC
E’il medico che ha in cura Goljadkin e appare all’inizio e alla fine del romanzo, ed è il solo ad essere descritto con particolarità. E’ un uomo robusto, già anziano, dotato di folte sopracciglia e fedine brizzolate, ha uno sguardo espressivo e sfavillante. E’ privo si sentimenti, infatti quando trascina via il protagonista per portarlo in manicomio ha “due occhi di fuoco che scintillano d’una gioia sinistra, infernale” .
LUOGHI
Le vicende del protagonista si svolgono nel giro di quattro giorni a Pietroburgo. La città si presenta sotto una fitta nevicata e vengono descritti in modo succinto soltanto alcuni luoghi aperti. Spesso viene menzionata, la “prospettiva Nevskij” sulla quale si trova il Gostinyj Dvor, che comprende file di botteghe d’ogni sorta e il quartiere di Ponte Izmajlovskij dove si trovano gli appartamenti dei funzionari del Ministero. Sul lungofiume della Fontanka, un braccio di fiume di un affluente della Neva dalle acque nere e torbide, avviene lo sdoppiamento del protagonista.
Scarse sono le descrizioni dei luoghi chiusi: la casa di Goljadkin è misera e arredata con vecchi mobili, mentre quella di Klara è lussuosa e ricca di saloni molto illuminati; lo studio del dottore è elegante ed austero nello stesso tempo, mentre le varie stanze del Ministero appaiono tristi, grigie e impolverate.
TEMPO E CRONOLOGIA
Siamo in pieno inverno, nel mese freddo e nevoso di novembre. L’anno non è indicato da Dostoevskij, ma si può dedurre che siamo nella prima metà del 1800, infatti, nel settimo capitolo viene menzionata “L’Ape del Nord” (1825-1840) rivista letteraria del tempo e viene nominato il barone Brambeus che era lo pseudonimo di un critico letterario vissuto dal 1800 al 1858.
Le vicenda si svolge in quattro giorni, quindi la cronologia è progressiva.
NARRATORE E STILE
Il narratore è esterno e onnisciente, sa tutto del suo personaggio e lo segue pagina dopo pagina, lo abbandona solo quando in prima persona scrive, rivolgendosi al lettore, per spiegare “come” avrebbe descritto la festa data in onore del compleanno di Klara.
Dostoevskij usa particolari tecniche narrative: scarse sono le descrizioni sia dei luoghi che dei personaggi, mentre abbondano i dialoghi e il flusso di coscienza, cioè una particolare forma di monologo interiore che registra le riflessioni del protagonista in ordine disordinato e frammentario così come sono nella sua mente malata. Nei suoi deliranti dialoghi, Goljadkin ripete ossessivamente il nome del personaggio cui si rivolge, tipico comportamento di un uomo schizofrenico. Egli chiude il romanzo con un momento di lucidità: grida, si prende la testa tra le mani si sta avverando quanto aveva presagito: il manicomio.
E’presente il plurale maiestatico quando lo scrittore chiama Goljadkin “il nostro eroe” .
Dostoevskji usa un linguaggio piuttosto difficile, a volte faticoso da seguire, a volte tragicomico nel narrare le varie situazioni ed essendo questa una delle sue prime opere si intravede la vena grottesca del suo stile nel raccontare quanto l’imperfezione della psiche umana influisca sui comportamenti dell’individuo.
DESTINAZIONE ROMANZO
“Il Sosia” è un romanzo destinato ad una lettura adulta, esso porta a riflettere su temi importanti della società in cui si vive, sulla solitudine e l’indifferenza che porta una mente fragile all’alienazione. E’ un romanzo che va letto quando si ha la mente serena, non si è stanchi, non si hanno forti preoccupazioni per evitare di immedesimarsi in modo errato con la povera mente malata del protagonista.
BREVE VALUTAZIONE
La lettura di questo romanzo non è stata facile, spesso sono dovuto tornare indietro per ben capire certe situazioni o addirittura per ricordare il nome di un personaggio, infatti ognuno di essi ne ha tre e lo scrittore non usa sempre lo stesso. Nonostante ciò il romanzo mi è piaciuto, stupenda è la descrizione dello sdoppiamento e coinvolgente è l’evolversi della pazzia di Goljadkin che ha suscitato in me tanta pena. Infatti io ho trovato il romanzo molto più tragico che comico.