Il mistero della setta dei “Beati Paoli”
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Inchiesta Franchetti-Sonnino
“Quello mafioso è un sentimento medievale di colui che crede di poter provvedere alla tutela ed alla incolumità della persona e dei suoi averi, mercè il suo valore e la sua influenza personale indipendentemente dall’azione dell’autorità e della legge, sentimento che si accentua nella cosiddetta omertà, per cui si ritiene come primo dovere di un uomo quello di farsi giustizia con le proprie mani dei torti ricevuti”
(L. FRANCHETTI, Condizioni politiche e amministrative della Sicilia, 1876)
Mentre Franchetti e Sonnino, nella loro inchiesta sulle Condizioni politiche e amministrative della Sicilia, avevano bene rimarcato il legame tra il disagio sociale, le responsabilità politiche, l’organizzazione economica, la struttura della produzione, i contemporanei Atti della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Sicilia (1875) minimizzavano il disagio delle classi più povere e trascuravano ipocritamente di accennare al brigantaggio, concludendo che una vera “questione sociale” in Sicilia non esisteva. L’esatto opposto di quanto affermavano Franchetti e Sonnino.
Vincenzo Rocca, Mauro Daino, Rosario Bruno, Giuseppe Scialabba, Angelo Rinaldi: questa la Banda maurina Rocca-Rinaldi, la più celebre e temuta banda di briganti che abbia mai infestato la Sicilia. Raggiunse, intorno al 1875, la forza di quindici gregari. Avevano, singolare anomalia, non uno ma due capi: Rocca era il braccio violento, Rinaldi la mente geniale. Fu Rinaldi il promotore di una raffinata strategia di alleanze: perciò si ritrovarono a partecipare al sequestro del barone Sgadari nel marzo 1874 quattro diverse bande: i Maurini, la banda di Capraro, venuta per lo scopo dalla provincia di Agrigento, la banda di Leone e quella dei Polizzani […] Rinaldi impresse alla sua banda disciplina ed organizzazione senza eguali. I gregari indossavano una sorta di uniforme ed un anello con l’iniziale R.. Erano dotati delle armi più moderne – carabine Vetterli a retrocarica 1870 – e di cannocchiali, manette e quant’altro potesse servire nelle azioni criminali e nella latitanza. La banda aveva un segretario, Nicolò Accorsi, al quale era demandato il compito di scrivere le lettere di scrocco. (P. MORELLO, Briganti, Palermo 1999)
BRIGANTE SE MORE (famosa canzone che sintetizza lo spirito con cui fu percepita dal popolo la figura di alcuni briganti, non solo in Sicilia)
Ammo pusato chitarre e tamburo E mo cantamme sta nova canzone
pecché sta musica s’adda cagnà tutta la gente se l’adda ‘mparà
simme briganti e facimme paura nun cenne fotte ddu re Burbone
e cu a scuppetta vulimme cantà. ma ‘a terra è ‘a nostra e nun s’adda tuccà.
Tutte e paise d’a Basilicata Chi ha visto o lupo e s’e miso paura
se so’ scetati e vonno luttà nun sape buono qual è a verità
pure ‘a Calabria mo s’è arrevotata o vero lupo ca magna ‘e creature
e stu nemico ‘o facimme tremmà. è o piemontese c’avimme caccià.
Femmene belle ca date lu core Ommo se nasce, brigante se more,
si lu brigante vulite salvà ma fino all’ultimo avimme sparà
nun ‘o cercate, scurdateve ‘o nome, e si murimme, menate nu fiore
chi ce fa ‘a guerra nun tene pietà. e na bestemmia pe’ sta’ libertà.
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