La peste vista da Boccaccio e da Lucrezio
27 Gennaio 2019Laboratorio di Poesie
27 Gennaio 2019Verso la fine del 1600 l’India precipitò nel caos politico, segnato dal declino dell’autorità centrale, che portò alla sua divisione in un’infinità di stati.
Di questa situazione politica approfittarono i governi europei. La vittoria dell’Inghilterra sulla Francia assicurò il controllo del Bengala alla Compagnia delle Indie Orientali. La sua politica mirava al rafforzamento e all’estensione di queste acquisizioni. Successivamente la Compagnia passò sotto il controllo del governo britannico, e la sua realizzazione politica in India fu facilitata dal declino del suo impero.
La mancanza di unità fra i diversi stati indiani favorì l’affermarsi del dominio britannico sull’intero subcontinente e sulle regioni confinanti; non mancarono tuttavia episodi di resistenza.
Sotto il governo britannico l’amministrazione dell’India fu riorganizzata e furono attuate importanti riforme. Il governo britannico ereditò tuttavia l’insofferenza nei confronti del dominio coloniale e un crescente sentimento nazionalistico.
All’inizio del XX secolo, l’India fu attraversata da un crescente fermento sociale e politico. L’élite intellettuale indiana introdusse alcuni aspetti di pensiero europeo e il nazionalismo indiano cominciò a rappresentare una minaccia per i britannici. In seguito sorsero diverse associazioni anticolonialiste e nazionaliste, tra cui il Congresso Nazionale Indiano.
Dopo la Prima Guerra Mondiale la lotta politica si intensificò. In risposta, il Parlamento britannico approvò delle leggi che sospesero i diritti civili e introdussero la legge marziale in alcune zone, provocando ulteriori disordini. In quest’epoca Gandhi, un riformatore induista, conosciuto come Mahatma, invitò il popolo indiano a rispondere alla repressione britannica con la resistenza passiva.
Per le autorità britanniche, quelle intraprese da Gandhi erano attività rivoluzionarie e il leader indiano fu più volte incarcerato.
L’ondata di nazionalismo raggiunse l’apice nel 1930, in seguito al rifiuto britannico di concedere all’India lo status di dominion. Gandhi avviò una lunga marcia del sale e fu arrestato di nuovo; in tutta l’India vennero compiute azioni simili con un impatto simbolico molto profondo.
Un anno dopo il governo concordò una tregua con Gandhi, rilasciato alcuni mesi prima. Nel frattempo la Lega musulmana, temendo un futuro dominio degli induisti, aveva richiesto dei privilegi speciali all’interno dell’eventuale dominion. Ci fu una grave controversia, che sfociò in scontri tra induisti e musulmani.
Nel 1935 il Parlamento britannico approvò il Governement of India Act (Legge sul governo dell’India), che istituiva organi legislativi autonomi nell’India britannica e prevedeva la protezione della minoranza musulmana. Seguendo Gandhi, il popolo approvò queste misure, ma molti membri del Congresso indiano continuavano a richiedere la completa indipendenza del paese.
Nel 1946 i negoziati avviati dai britannici per raggiungere un accordo con i leader indiani, fallirono. Si intensificarono, così, gli scontri tra indiani e musulmani.
Nel 1947 in una situazione prossima alla guerra civile i britannici annunciarono il ritiro del proprio paese dall’India.
Fu suggerita al governo britannico la suddivisione dell’India, come unico mezzo per evitare la catastrofe; fu presentato un disegno di legge al Parlamento che lo approvò rapidamente.
In base all’Indian Indipendent Act, l’Unione Indiana e il Pakistan furono istituiti come stati indipendenti all’interno del Commonwealth, con il diritto di ritirarsi da esso. L’India scelse di rimanerne membro.
La fine del dominio fu accolta con entusiasmo dagli indiani di ogni confessione religiosa e tendenza politica.
Campagna di resistenza civile di Gandhi