Introduzione alle odi e ai sonetti di Ugo Foscolo
28 Dicembre 2019La cultura e le idee di Ugo Foscolo
28 Dicembre 2019Tertulliano (circa 155-240 d.C.), uno dei più importanti apologeti cristiani dei primi secoli, scrisse ampiamente contro l’aborto e l’infanticidio, due pratiche comuni nel mondo greco-romano.
In diversi suoi scritti, Tertulliano esprime chiaramente la posizione della Chiesa primitiva, condannando entrambe le pratiche non solo sul piano morale, ma anche teologico e giuridico.
Contesto culturale e religioso
Nell’Impero romano, l’aborto e l’infanticidio erano pratiche tollerate e talvolta persino accettate. L’aborto era generalmente visto come una decisione privata del capofamiglia, mentre l’infanticidio (specialmente di neonati indesiderati o deformi) era una pratica diffusa, legata alla “patria potestas”, ovvero il diritto del pater familias di decidere della vita dei suoi figli.
La visione cristiana, invece, rivoluzionava questo approccio: la vita umana, secondo la dottrina cristiana, era sacra fin dal concepimento, in quanto dono di Dio. Il pensiero di Tertulliano su questi temi emerge in questo contesto come una difesa radicale della vita.
L’aborto secondo Tertulliano
Tertulliano affronta direttamente il tema dell’aborto in diversi suoi scritti, tra cui l’“Apologeticum” e il “De Anima”. In queste opere, egli argomenta che la vita inizia al momento del concepimento e che qualsiasi atto che interrompe questa vita è un atto di omicidio. Nel De Anima (capitolo 25), Tertulliano scrive:
“È un omicidio impedire la nascita; poco importa che si tolga la vita già nata o che la si distrugga nel suo sviluppo. Un essere umano è già presente in tutti gli uomini nel grembo della madre.”
Qui Tertulliano esprime chiaramente l’idea che il feto sia un essere umano fin dal concepimento, e che l’aborto sia equiparabile a un omicidio. Per lui, non c’è differenza tra l’uccidere un neonato e impedire la nascita attraverso l’aborto, poiché la vita umana, essendo sacra, è inviolabile in ogni sua fase. Questo argomento è radicato nella convinzione cristiana che l’anima viene infusa dal momento del concepimento, il che rende il feto una persona pienamente dotata di dignità e diritti umani.
Tertulliano è particolarmente critico nei confronti delle pratiche mediche dell’epoca che facilitavano l’aborto, criticando i medici e i rimedi abortivi utilizzati dalle donne romane. Secondo lui, tali pratiche rappresentano una grave offesa a Dio e alla natura, poiché interferiscono con il piano divino per la procreazione.
L’infanticidio secondo Tertulliano
L’infanticidio, che consisteva nell’uccisione o nell’abbandono di neonati indesiderati, era una pratica diffusa nell’antichità, specialmente nei casi di povertà, deformità fisiche o semplicemente per la preferenza per figli maschi. Tertulliano condanna fermamente questa pratica, considerandola un crimine non solo contro la vita umana, ma contro Dio stesso, che è il creatore di ogni vita.
Nel suo “Apologeticum” (capitolo 9), un’opera di difesa del cristianesimo contro le accuse dei pagani, Tertulliano accusa apertamente la società romana di praticare e tollerare l’infanticidio:
“Voi stessi, a quanto pare, distruggete le vite dei bambini, o strangolandoli, o esponendoli, o tramite il crudele destino dell’aborto, e poi accusate noi cristiani di essere privi di pietà.”
Tertulliano qui contrappone la morale cristiana alla pratica pagana, sottolineando l’ipocrisia di una società che accusa i cristiani di crudeltà o immoralità, ma che accetta l’uccisione dei bambini come qualcosa di normale. Invece, per i cristiani, ogni vita è degna di rispetto e protezione.
L’argomentazione teologica
Alla base del pensiero di Tertulliano sull’aborto e sull’infanticidio c’è una visione profondamente teologica della vita. Egli vede ogni essere umano come creato da Dio e dotato di un’anima immortale. Pertanto, l’uccisione di un feto o di un neonato non è solo un crimine contro l’essere umano, ma anche un’offesa diretta a Dio, il creatore. Per Tertulliano, la vita umana non appartiene a chi la genera (come suggeriva la “patria potestas” romana), ma a Dio, e quindi non può essere soppressa arbitrariamente.
Inoltre, Tertulliano collega la difesa della vita con la morale cristiana della carità e della cura per i più deboli. L’aborto e l’infanticidio, essendo atti di violenza contro coloro che sono più vulnerabili, rappresentano una negazione di questi principi. La comunità cristiana, secondo Tertulliano, è chiamata a prendersi cura dei deboli e degli indifesi, inclusi i bambini non ancora nati.
Conclusione
Per Tertulliano, l’aborto e l’infanticidio non sono semplicemente problemi sociali o etici, ma questioni profondamente teologiche che riguardano il rapporto dell’uomo con Dio e la sacralità della vita umana. Egli si oppone fermamente a entrambe le pratiche, condannandole come omicidi e come violazioni della volontà divina. Il suo pensiero su questi temi ha avuto una profonda influenza sullo sviluppo della dottrina cristiana successiva e rimane uno dei fondamenti del pensiero pro-vita all’interno del cristianesimo.
La visione di Tertulliano riflette l’aspirazione della Chiesa primitiva a distinguersi radicalmente dai costumi della società pagana, affermando la dignità della vita umana in tutte le sue fasi e condizioni.