THE HAPPY PRINCE – compito
27 Settembre 2012Rispetto dell’ambiente di Francesco Lena
28 Settembre 2012TESTO | PARAFRASI |
Lo giorno se n’andava, e l’aere bruno m’apparecchiava a sostener la guerra O muse, o alto ingegno, or m’aiutate; Io cominciai: «Poeta che mi guidi, Tu dici che di Silvïo il parente, Però, se l’avversario d’ogne male non pare indegno ad omo d’intelletto; la quale e ‘l quale, a voler dir lo vero, Per quest’ andata onde li dai tu vanto, Andovvi poi lo Vas d’elezïone, Ma io, perché venirvi? o chi ‘l concede? Per che, se del venire io m’abbandono, E qual è quei che disvuol ciò che volle tal mi fec’ ïo ‘n quella oscura costa, «S’i’ ho ben la parola tua intesa», la qual molte fïate l’omo ingombra Da questa tema acciò che tu ti solve, Io era tra color che son sospesi, Lucevan li occhi suoi più che la stella; “O anima cortese mantoana, l’amico mio, e non de la ventura, e temo che non sia già sì smarrito, Or movi, e con la tua parola ornata I’ son Beatrice che ti faccio andare; Quando sarò dinanzi al segnor mio, “O donna di virtù sola per cui tanto m’aggrada il tuo comandamento, Ma dimmi la cagion che non ti guardi “Da che tu vuo’ saver cotanto a dentro, Temer si dee di sole quelle cose I’ son fatta da Dio, sua mercé, tale, Donna è gentil nel ciel che si compiange Questa chiese Lucia in suo dimando Lucia, nimica di ciascun crudele, Disse: – Beatrice, loda di Dio vera, Non odi tu la pieta del suo pianto, Al mondo non fur mai persone ratte venni qua giù del mio beato scanno, Poscia che m’ebbe ragionato questo, E venni a te così com’ella volse: Dunque: che è? perché, perché restai, poscia che tai tre donne benedette Quali fioretti dal notturno gelo tal mi fec’ io di mia virtude stanca, «Oh pietosa colei che mi soccorse! Tu m’hai con disiderio il cor disposto Or va, ch’un sol volere è d’ambedue: intrai per lo cammino alto e silvestro. |
Il giorno stava terminando, e l’imbrunire
toglieva gli esseri viventi della terra
dalle loro fatiche; e solo io
mi preparavo a sostenere la faticosa guerra
mossa sia dal cammino che dalla compassione
che valorizzerà la mente che non si perde.
O muse, o mio alto ingegno, aiutatemi;
o mente che scrissi ciò che vidi,
qui si metterà alla prova la tua eccellenza.
Cominciai: «Poeta che mi guidi,
giudica se il mio valore è all’altezza,
prima che io mi affidi a questo arduo cammino.
Tu racconti che Enea,
ancora in vita, andò nell’eterno
aldilà, e lo fece con il corpo.
Perciò, se colui che si oppone ad ogni male (Dio)
fu generoso con lui, pensando alla grande conseguenza
che da lui sarebbe derivata (impero romano), sia nella sua essenza che qualità,
non sembra esserne indegno a qualsiasi uomo saggio;
poiché egli fu scelto dall’empireo,
come padre della gloriosa Roma:
la quale e il suo impero, in verità,
fu destinata dall’eternità ad essere
la sede del successore di san Pietro.
In questo viaggio, cui gli dai onore (nel tuo poema),
gli furono dette cose che lo incoraggiarono
alla vittoria, da cui conseguì l’autorità papale.
Vi andò poi san Paolo,
per incoraggiare quella fede
che è il principio della via per la salvezza.
Ma perché devo venirci io? chi me lo concede?
io non sono Enea, né Paolo;
né io né nessun altro può credere che ne sia degno.
Perciò, se mi abbandono a questa impresa,
temo che sia una scelta spavalda.
Sii saggio: comprendimi meglio di quanto sappia esprimere».
E come colui che non vuole più ciò che desiderava,
e cambia il suo proposito per nuovi pensieri,
così che si distoglie da ciò che aveva incominciato,
così feci io in quell’oscuro fianco del colle,
perché continuando a pensare abbandonai la mia impresa,
che fu nell’iniziarla così tanto ardua.
«Si, ti ho capito bene»,
rispose magnanima l’ombra,
«La tua anima è impura per la viltà;
la quale ingombra il percorso dell’uomo
cosicché gli fa abbandonare un’impresa onorevole,
come il credere di vedere una bestia quando si fa scuro.
Affinché tu ti liberi da questo timore,
ti dirò perché sono venuto e quello che ho ascoltato
nel primo momento in cui ho provato dolore per te.
Ero tra coloro che sono sospesi (nel Limbo),
poi mi chiamò una donna così beata e bella,
che io le chiesi di comandarmi ciò che desiderava.
I suoi occhi splendevano più di una stella;
e mi cominciò a dire in modo soave e lieve,
con una voce angelica:
“O cortese anima mantovana,
la cui fama dura ancora nel mondo,
e durerà quanto vivrà il mondo,
il mio amico, non uno del momento,
è ostacolato nella spiaggia deserta
nel suo cammino, che percorse a ritroso per la paura;
e temo che si sia già smarrito,
che mi sia mossa a soccorso troppo tardi,
stando a quello che ho sentito dire in cielo di lui.
Ora incamminati, con la tua parola forbita
E con ciò che è necessario alla sua salvezza,
aiutalo cosicché io possa esserne consolata.
Io sono Beatrice, colei che ti chiede di andare;
provengo dal luogo dove desidero ritornare;
ciò che mi mosse e che mi fa parlare è l’amore.
Quando sarò dinanzi al mio Signore,
ti loderò spesso davanti a Lui” .
Poi si zittì e cominciai a parlare io:
“O donna virtuosa, la sola per cui
La specie umana trascende ogni cosa
Contenuta nella sfera minore dei cieli,
il tuo incarico mi rallegra cosi tanto
che, se già mi fossi mosso ad ubbidire, mi parrebbe tardi;
d’altro non hai bisogno che di esprimermi il tuo desiderio.
Ma dimmi la ragione per cui non hai esitato
A scendere quaggiù nel centro della terra
Dal luogo eterno dove brami di ritornare” .
“Poiché tu vuoi conoscere così a fondo i miei pensieri,
ti dirò brevemente” , mi rispose,
“perché io non temo di entrare qua dentro.
Si devono temere solo le cose
Che hanno la potenza di fare del male all’uomo;
delle altre no, perché non sono da temere.
Io sono fatta da Dio, per grazia sua, tale,
che la vostra miseria non mi contagia,
né la fiamma di questo incendio non mi brucia.
Nel cielo c’è una donna gentile che si duole
Di questo ostacolo che io ti mando a rimuovere,
a tal punto da infrangere la dura legge di lassù.
Questa chiede presso di sé Lucia
E disse: – ora il tuo fedele ha bisogno
Di te, e io te lo affido -.
Lucia, nemica di ogni male,
si mosse e venne da me,
mentre sedevo con l’anziana Rachele.
Disse: – Beatrice, tu che sei vera lode di Dio,
perché non soccorri colui che ti amò tanto
e che uscì dalla retta via per te?
Non ascolti il dolore del suo pianto,
non vedi la morte con cui combatte
sull’orlo della tempesta delle passioni della quale il mare non può vantarsene?-.
Al mondo non ci furono mai persone così veloci
A fare il proprio vantaggio e a sfuggire dal danno,
come lo fui io, dopo così tante parole dette,
a venire quaggiù dalla mia sede beata,
confidando nel tuo parlare onesto
che onora te e coloro che lo hanno ascoltato” .
Dette queste parola,
mi rivolse degli occhi lucenti di lacrime,
e questo mi spinse ad affrettarmi ancora di più.
E giunsi da te proprio come volle lei:
ti salvai dal cospetto di quella bestia
che ti ostacolò dal commino verso il monte.
Dunque: che succede? Perché, perché stai fermo?
Perché allevi nel cuore tanta viltà,
perché non hai coraggio e franchezza,
dopo che tre donne sante
si prendono cura di te dalla corte del paradiso,
e le mie parole ti promettono cose belle? »
Come i fiorellini piegati e chiusi
Dal gelo della notte, dopo il sorgere del sole,
si drizzano tutti aperti nel loro stelo,
così mi drizzai io dalla mia situazione senza speranza,
e mi accorse nel cuore la voglia di opere buone,
che proruppi come una persona risoluta:
«Oh com’è piena di pietà colei che mi soccorse!
E anche tu che ubbidisti subito
Alle parole di verità che ti disse”
Con il tuo desiderio hai reso il mio cuore
Così desideroso di venire,
che sono tornato al mio primo proposito.
Ora vai, che ci accumuna un unico desiderio:
tu mia guida, tu mio signore, tu mio maestro».
Gli dissi così; e dopo che si mosse,
entrai nel cammino profondo e selvaggio.
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