Nebbia di Giovanni Pascoli
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28 Dicembre 2019“Myricae”, una pietra miliare della poesia italiana. Pubblicata per la prima volta nel 1891, con successive revisioni fino al 1903, “Myricae” è la raccolta che consacra Giovanni Pascoli come una delle figure più significative della letteratura italiana del XIX e XX secolo.
Il titolo – Un piccolo enigma risolto subito
Il titolo stesso, “Myricae”, proviene da un verso di Virgilio: “Arbusta iuvant humilesque myricae” (“Mi piacciono gli arbusti e le umili tamerici”), tratto dalle Bucoliche. La scelta non è casuale: le myricae sono umili arbusti, un simbolo perfetto per la poetica pascoliana che si concentra su temi semplici e quotidiani, piuttosto che su argomenti epici o altisonanti. Pascoli rivendica una poesia che celebra l’umiltà della vita campestre, gli aspetti modesti della natura e dell’esistenza umana.
Contenuti e Tematiche
La raccolta è profondamente segnata da esperienze personali, in primis il trauma delle numerose perdite familiari subite dal poeta, soprattutto l’assassinio del padre Ruggero. Questo dolore diventa una lente attraverso cui Pascoli osserva il mondo: la natura, la memoria, l’infanzia e la morte sono temi costantemente presenti. Tuttavia, non aspettarti descrizioni grandiose della natura o sentimenti espansivi; al contrario, Pascoli usa uno sguardo minuto, intimo, che si concentra su piccoli dettagli, quasi fossero frammenti di un mondo più vasto e misterioso.
Ad esempio, in molte poesie il poeta dà voce a uccelli, insetti e altri esseri apparentemente insignificanti, utilizzando una tecnica nota come “poetica del fanciullino”, dove il poeta è come un bambino che guarda il mondo con stupore, cogliendo connessioni segrete tra le cose.
Innovazioni linguistiche e stilistiche
Dal punto di vista stilistico, “Myricae” è un terreno di sperimentazione linguistica e metrica. Pascoli rompe con la tradizione poetica del classicismo e del romanticismo per adottare un linguaggio che si avvicina alla lingua parlata, con suoni e ritmi evocativi. Spesso utilizza l’onomatopea per ricreare i rumori della natura o il suono degli animali, trasportando il lettore dentro il paesaggio.
Un altro aspetto cruciale è l’uso di una sintassi frammentaria, di pause, enjambement e versi spezzati che sembrano rispecchiare non solo l’instabilità emotiva del poeta, ma anche la frammentazione del mondo che descrive.
Il significato universale di “Myricae”
Nonostante l’apparente semplicità dei temi – il canto degli uccelli, i fiori di campo, le nebbie autunnali – Pascoli riesce a imprimere un significato più profondo. La sua è una poesia della soglia, sempre sospesa tra il visibile e l’invisibile, tra la vita e la morte, tra il presente e il ricordo. In questo senso, Pascoli è un precursore del decadentismo, anticipando alcune tematiche della crisi del soggetto e della modernità.
In conclusione, “Myricae” non è solo una raccolta di poesie dedicate alla natura e alla quotidianità. È un’opera che riflette un tormento interiore, un senso di perdita e alienazione che però trova nel mondo naturale un rifugio, una sorta di compensazione simbolica.
Se non hai ancora letto quest’opera, ti suggerisco di farlo con attenzione, perché, come un cespuglio di “myricae”, la sua bellezza e profondità si rivelano solo a chi sa guardare da vicino.