Seconda guerra mondiale
27 Gennaio 2019Paul Verlaine di Carlo Zacco
27 Gennaio 2019di Carlo Zacco
Lausberg.
Nella sua trattazione Lausberg propone, per parlare dell’ornatus, la metafora del discorso come banchetto, di cui l’ornatus costituisce il condimento: condita ratio. Altri termini che ricorrono trasversalmente in ogni epoca sono la metafora dei «fiori»: verborum sententiarumque flores; e quella delle «luci»: lumina orationis. C’è da aggiungere che orn?re in latino può voler dire anche munire, allestire con armi.
Gli errori per difetto sono l’insufficienza che produce un discorso disadorno: oratio inornata; per eccesso avremo invece la mala affectatio, la sovrabbondanza, il concettismo.
Ornatus |
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1) Verba Singula |
2) Verba Conjuncta |
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1a Sinonimi |
1b Tropi |
2a Figure |
2b Struttura |
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Di Parola |
Di Pensiero |
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Aggiunzione |
Soppressione |
Ordine |
Aggiunzione |
Soppressione |
Ordine |
Sostituzione |
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1) Verba singula
1a Sinonimi. Metalepsi
Sinonimi
Nella perspiquitas. Nell’ambito della perspiquitas la sinonimia è un processo di sostituzione tra rapporti non univoci.
Nell’ornatus. Nell’ambito dell’ornatus il discorso sull’uso dei sinonimi riguarda tutta la precettistica di stile in cui i sinonimi in un testo:
? soddisfano il desiderio dell’inatteso;
? aumentano la ricchezza espressiva;
? attenuano, rendono più chiara o colorita un espressione;
? servono ad uniformare il registro, il ritmo, le cadenze di un testo;
? evitano rime o cacofonie; ecc
Nell’argomentazione. I sinonimi non sono intercambiabili se hanno funzione argomentativa.
Metalepsi
Primo tipo. Lausberg parla di Metalepsi come una particolare forma di sinonimia. Avviene quando un nome proprio viene sostituito da un suo «sinonimo», cioè da una parola dallo stesso significato, se ce l’ha. Come sostituire il nome Fortunato con Prospero, o Bianca con Candida ecc. Poeti e umoristi usano la metalepsi; si usa anche per creare pseudonimi.
Nella metalepsi non rientra solo la sinonimia ma anche la polisemia: cioè quando una parola ha più significati: es. spirito vuol dire sia Alcool sia Fantasma ecc.
Secondo tipo. Esiste però un secondo tipo di Metalepsi come luogo di incontro tra più figure retoriche: è la sostituzione di un termine con un altro legato ad esso da un rapporto di causalità mediata da due o più anelli che vengono omessi.
Un esempio famoso di Virgilio: post aliquot aristas che letteralmente vuol dire dopo molte spighe: «spighe» sta per «anni»; spiga e anno non sono direttamente collegati da un rapporto di causalità ma i passaggi saltati sono «spiga», «grano», «raccolto», «anno».
Altro esempio è: sotto la neve, pane. Oppure nei detti popolari: guadagnarsi il pane col sudore della fronte.
Nell’argomentazione. Nell’argomentazione ha un ruolo molto importante come accorgimento per tramutare un giudizio di valore nella constatazione di un fatto, oppure spostare il giudizio alla persona verso il giudizio alle cose o fatti.
Ad esempio dire Dimentica i benefici al posto di Non è riconoscente, oppure non vi conosco al posto di vi disprezzo vuol dire evitare l’attacco alla persona formulando unicamente un giudizio sui fatti. La metalessi è di fatto un contenitore di figure retoriche: metafore, sineddochi, metonimie.
Concetto di Catacresi (lat. abusio): è l’uso traslato, estensivo, di una parola per designare ciò che in una lingua non ha nome. Per es. il collo della bottiglia; la cresta della montagna; Da non confondersi con i traslati non più tali, o metafore spente, es. testa
1b Tropi
Metonimia. Dal greco metonimia che significa «scambio di nome». In latino è stata tradotta con denominatio.
? E la designazione di un entità qualsiasi mediante il nome di un’altra entità che stia alla prima come la causa sta all’effetto e viceversa, o che le corrisponda per legami di reciproca dipendenza: contenitore/contenuto; occupante/luogo occupato; proprietario/proprietà ecc. Le due entità sono semanticamente vicine, appartengono cioè a campi concettuali contigui e per qualche aspetto interdipendenti.
I principali tipi di metonimia rispondono alle domande relative ai loci:
? causa/effetto = per opera di chi? perché?
? luogo/occupante = dove?
? proprietà/oggetto che la possiede = in che modo?
Esempi:
? causa pro effetto: i soldi fanno la felicità; sei la mia gioia (causa della); sei la mia rovina;
? astratto pro concreto: amicizie (per amici); bellezza (per bella persona);
? autore pro opera: ascoltare Mozart; leggere Manzoni;
? proprietario pro cosa posseduta: Mario è avanti di un quarto dora (l’orologio di Mario);
? patrono pro chiesa: in Santa Maria delle Grazie; in sant’Ambrogio;
? divinità mitologica pro attributi: Bacco (vino); Venere (amore);
? contenitore pro contenuto: bere un bicchiere; la piazza protestava;
? strumento pro chi lo adopera: essere una buona penna; il primo violino;
? carattere fisico pro carattere morale: avere cuore (sentimento); avere cervello (intelligenza);
? luogo pro abitanti: Milano è sempre di fretta;
? simbolo pro cosa simboleggiata: armi (per guerra); altare (per matrimonio);
? sede pro istituzione: il Quirinale; il Cremlino; Palazzo Chigi;
? marca pro prodotto: un Rolex; uno Stradivari;
? luogo di produzione pro prodotto: il chianti;
? divisa pro chi la porta: le tute blu; le camice nere; i giallorossi;
Molte metonimie sono vere e proprie catacresi.
Sineddoche. Il nome greco deriva da syn, insieme, e decomai, prendo. In latino: conceptio come traduzione letterale.
? Consiste nella sostituzione di una parola con un’altra il cui senso è in relazione di quantità” con quello della parola sostituita: come quando si nomina la parte per il tutto e viceversa; il singolare per il plurale e viceversa; il genere per la specie e viceversa. Le due entità formano insieme un complesso, un tutto; l’esistenza o l’idea dell’uno è compresa nell’esistenza o l’idea dell’altro.
Viene anche chiamata metonimia di relazione quantitativa” che risponde ai loci a minore ad majus, dal meno al più ovvero la sineddoche generalizzante, e a majore ad minus, dal più al meno ovvero la sineddoche particolarizzante;
Esempi:
a majore ad minus
? tutto pro parte: l’America per gli Stati Uniti; I promessi sposi per alcune pagine del romanzo;
? genere pro specie: bipedi o i mortali per dire uomini;
? plurale pro singolare: noi per dire io;
? materia pro prodotto: i bronzi di Riace per le staue;
a minore ad majus
? parte pro tutto: tetto per casa; le due ruote;
? specie pro genere: pane per cibo;
? singolare pro plurale: lo straniero per gli stranieri; l’italiano medio per dire gli italiani;
Metafora. Dal greco metapherein, trasportare; in latino è translatio, da transferre.
? Consiste nella sostituzione di una parola con un’altra il cui senso letterale è in rapporto di somiglianza con il senso della parola sostituita. E una figura di sostituzione su verba singula; il luogo designato per trovare questo tropo è il locus a simili.
In passato ed anche oggi la metafora viene spiegata e definita come una similitudo brevior (Quintiliano), ovvero una similitudine contratta; tale definizione è assai riduttiva per la complessità del problema non serve per definire tutti i tipi di metafora: non è infatti sopprimendo gli elementi che renderebbero esplicito il paragone che si chiarirebbe la metafora. La differenza fra metafora e similitudine infatti:
non si regge su presupposti formali ma pragmatico-cognitivi: la prima è basata su una percezione statica delle affinità e delle differenze che legano due entità; la seconda su un meccanismo di natura dinamica che produce una forma di fusione o almeno compresenza tra i due enti raffrontati.
(Bertinetto)
Il meccanismo metaforico è universale ed è quello che più di tutti si presta ad essere colto intuitivamente, senza difficoltà da chiunque; è tuttavia il più difficile, se non impossibile, da dimostrare. Nella storia si sono tentate molte definizioni.
Aristotele. Nella Rethorica dice che la metafora consiste nel trasferire ad un oggetto il nome che è proprio di un altro secondo quattro modalità: dal genere alla specie; dalla specie al genere; da specie a specie; per analogia: quest’ultima si spiega con lo schema proporzionale che è servito per ogni definizione successiva A:B=C:D. Quest’ultima spiega anche le catacresi, dove la metafora svolge il compito di colmare i vuoti del linguaggio. Ad es. per il collo di bottiglia si può dire che il collo A sta alla testa B come un oggetto innominato C sta al tappo. Aristotele già nella Rethorica sottolineava il valore conoscitivo della metafora, e nella Poetica notava come la capacità di fare metafore denotava labilità di ben vedere le somiglianze tra le cose.
Nel medioevo. E stata assimilata all’allegoria ed al simbolo.
Nel seicento. Viene considerata segno di arguzia in quanto portatrice di novità, di inatteso, e dunque di meraviglia.
Gian Battista Vico. Introduce il concetto della metafora come modalità conoscitiva dell’uomo ai primi stadi della sua evoluzione, in uno stadio precedente all’espressione razionale del pensiero: nell’infanzia dell’umanità, l’uomo si esprimeva per metafore.
Oggi. I tentativi di definizione della metafora sono innumerevoli. Interessante è quella di Eco: la conclusione è che non esiste algoritmo per la metafora” , cercare di darne una spiegazione sintetica è cosa illusoria poiché se è semplice capirla, difficilissimo è capire i meccanismi mentali che permettono di produrla e interpretarla.
La sinestesia. E un tipo particolare di metafora. Esempio di Liszt con l’orchestra di Weimar.
Ironia. Dal greco eronéia ovvero «finzione»; in latino simulatio, illusio o permutatio ex contrario ducta. Molte sono le analisi sull’ironia:
? Consiste nel dire l’opposto di ciò che si crede e che realmente è; i suoi scopi sono deridere, burlarsi di qualcuno, sbeffeggiare; il carattere è paradossale e allusivo; i vantaggi che essa offre (Freud) è di aggirare la difficoltà di un espressione diretta. Lausberg aggiunge il carattere di citazione”: si usa l’ironia per fare l’eco ad un altro discorso al fine di sottolinearne la falsità, l’inammissibilità, l’inadeguatezza. Questa concezione dell’ironia fa riferimento alla categoria Bachtiniana della dialogicità interna della parola e viene approfondita da Mizzau come distanziamento. Jankelevich sottolinea invece il suo potere di ‘sgonfiamento dell’enfasi e di farci ridimensionare il mondo e noi stessi.
Antifrasi. E un tipo particolare di ironia che consiste nell’uso di una parola per esprimere il suo opposto (ex. Bravo! per dire Imbecille!).
Perifrasi. Dal greco periphrasis, in latino circumlocutio ovvero parlare con circonlocuzioni.
? Consiste in un giro di parole che sostituisce un termine parafrasandolo (l’amor che move ‘l sole e l’altre stelle) o definendolo (colui che tutto move).
La perifrasi è governata dal principio di equivalenza di senso e può essere quindi definita un sinonimo a più termini. Si differenzia dalla definizione per il fatto di sostituire il termine definito.
Le perifrasi lessicalizzate sono locuzioni fisse entrate nell’uso comune: avverbiali: di buon grado; verbali: far paura; nominali: operatore ecologico; Il linguaggio burocratico, pseudotecnico, televisivo ama particolarmente questo tipo di perifrasi che spostano o attenuano l’effetto ritenuto negativo della parola (i non vedenti al posto di ciechi; per non parlare del diversamente abili per non dire disabili).
Il comune senso del pudore. Le perifrasi eufemistiche hanno una antica e salda tradizione radicata nella pubblica decenza, nel comune senso del pudore, nella buona creanza, nel rispetto dell’altrui sensibilità: si evitano con essa parole ritenute sconvenienti.
Il potere malefico della parola. Altro potente dispositivo che fa scattare meccanismi di censura verbale è legato al timore verso il potere evocativo della parola per cui si tende a non chiamare col loro nome fatti, eventi, persone ritenute sgradevoli (un male incurabile; il passare a miglior vita; colui che non si nomina).
La perifrasi è un dispositivo da riempire con figure diverse: metonimia, sineddoche, metafora.
Perelman e Olbrechts-Tyteca riconoscono il carattere peculiare di una perifrasi nella «scelta», ovvero una selezione di caratteri pertinenti al tema che si vogliono mettere in rilievo nel discorso che si vuole fare: è su queste caratteristiche che si misura la valenza retorica di una perifrasi. Attinente alla scelta è chiaramente l’adeguamento all’uditorio.
Antonomasia. Dal greco antì ovvero «invece di» e ònoma che significa «nome»: invece del nome; in latino è stata tradotta come proniminatio.
? Consiste nell’usare al posto di un nome proprio un epiteto o una perifrasi che esprimano una qualità caratterizzante l’individuo nominato.
Esempio: l’Onnipotente; Il ghibellin fuggiasco; la capitale del cinema;
Fontanier ha definito l’antonomasia come la «sineddoche dell’individuo» stabilendo la seguente casistica:
i) nome comune pro nome proprio: il Re, il Musicista, il Maestro, il Filosofo.
ii) nome proprio pro nome comune: un Otello, un Einstein; un Cicerone; un Mecenate;
iii) nome proprio pro altro nome proprio: si dà ad una persona il nome di colui che in una certa attività è stato campione ‘per eccellenza.
iv) nome comune pro nome collettivo: un vandalo; uno stoico;
Anche l’antonomasia può essere contenitore di altre figure: può essere metonimica, metaforica, sineddotica.
Enfasi. Dal greco emphasis: em «dentro» e phaino mostro, dunque: esibizione. In latino la traduzione è significatio.
? Consiste nel dare a intendere più di quanto sia esplicitamente detto. Gli antichi definivano enfasi ciò che noi oggi intendiamo con pregnanza di significato.
Il termine pregnanza di significato rende meglio il concetto poiché modernamente intendiamo con enfasi un accentuazione o un’insistenza innaturali. A livello prosodico l’enfasi si rende con un accentuazione della parola, con un innalzamento del tono di voce, dell’intensità, o un rallentamento del ritmo: tramite questi espedienti prosodici si invita l’ascoltatore ad intendere l’enunciato nella sua accezione più profonda, isolandone alcuni elementi.
Esempio: con l’espressione il sangue non è acqua si invita l’ascoltatore ad andare oltre la superficie dell’enunciato per isolare nell’idea dell’acqua quegli attributi opposti al sangue.
Litote. Dal greco litotes, ovvero: semplicità. In latino: litotes o exadversio.
? Consiste nella negazione del contrario. E di fatto una perifrasi e il suo effetto è spesso comico. Fontanier la definisce come l’arte di mostrar di attenuare un pensiero di cui si vuole conservare tutta la forza. Si dice meno di ciò che si pensa; ma si sa bene che non si sarà presi alla lettera”. Celebre è la litote con cui Manzoni presenta Don Abbondio.
Il parlare quotidiano abbonda di litoti: non è stupido; non si può negare che
A volte la litote attenuativa è una perifrasi eufemistica: non è un genio; oppure reca tracce di scongiuri: non mi lamento, non c’è male.
Fontanier aggiunge che a fare la litote è il contesto, e che preso da solo l’enunciato non vale più del suo significato letterale. Questo la rende diversa da un tropo se si considera quest’ultimo come opposto all’espressione letterale. Il fatto che la litote si debba interpretare necessariamente sulla base del contesto (Perelman/Olbrechts-Tyteca) ne fa un’ottima strategia argomentativa.
Iperbole. Dal greco hyperbolè: hyper «su, al di sopra» e ballo «getto», ovvero: sollevare. In latino superlatio.
? Consiste nell’esagerare amplificando o riducendo la rappresentazione della realtà mediante espressioni che, pur dilatando o restringendo oltre il vero i connotati di ciò che si comunica, mantengono col vero una qualche lontana somiglianza.
Esempi: mi piace da morire; scrivimi due righe; non ha un briciolo di cervello; ti aspetto da tre ore;
Fontanier sottolinea la ‘buona fede di chi la usa, l’intento non è di ingannare ma di indurre a credere proprio ciò che l’iperbole sottintende. In ogni caso quello che conta è il contesto, e l’iperbole esiste solo se viene conosciuta come scarto dal reale.
L’adynaton è un tipo di iperbole che esprime idee di assolutezza di «sempre» e «mai».
2) Verba Conjuncta
Se l’ornatus su verba singula si attua in Sinonimi e Tropi, quello in verba conjuncta si attua nelle figure, (dal greco skèmata, latino figurae) e nella composizione (in latino compositio).
Le figure posso essere lèxos skèmata oppure dianòias skèmata; vale a dire figure di parola e figure di pensiero.
Per aggiunzione |
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ripetizione |
accumulazione |
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i) con uguaglianza dei membri |
ii) con differenze fra i membri |
i) coordinante |
ii) subordinazione |
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a contatto |
a distanza |
per variazioni di forma |
in forma immutata |
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1) Epanalessi |
4) Epanadiplosi |
8) Paronomasia |
12) Diafora |
14) Climax |
19) Epitteto |
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2) Anadiplosi |
5) Anafora |
9) Polittoto |
13) Antanaclasi |
15) Diallage |
20) Enallage aggettivale |
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3) Climax |
6) Epifora |
11) Sinonimia |
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16) Enumerazione |
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7) Simploche |
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17) Distribuzione |
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18) Endiadi |
A) Figure di parola per aggiunzione
Le procedure di aggiunzione comprendono: la ripetizione: che produce una successione di membri o uguali o variati sia da manipolazioni della forma sia da mutamenti nella funzione sintattica; l’accumulazione : di membri fra loro differenti, coordinati oppure subordinati.
Il procedimento principale per entrambe queste due procedure è la coordinazione che si attua mediante l’asindeto e la sindesi.
L’asindeto è l’assenza di congiunzioni coordinanti e figura nella soppressione; la sindesi è la coordinazione mediante congiunzioni e si attua nel polisindeto.
La ripetizione
La repetitio si oppone come procedimento retorico alla variatio, che nelle linguistiche italiana e francese viene proposta come rimedio per evitare ripetizioni non retoricamente giustificate. Questo non succede nei paesi in lingua inglese o tedesca, dove la ripetizione viene preferita all’ambiguità: Wandruszka dice che ciò è dovuto all’onnipresenza della bibbia nei paesi protestanti e dell’influenza del linguaggio biblico: nelle traduzioni da queste lingue si tende a sostituire ripetizioni con sinonimi; sempre secondo Wandruszka l’aderenza allo stile iterativo anglosassone nelle traduzioni sarebbe segno di ‘cattiva traduzione che non rispetta invece l’elegante varietà delle lingue latine.
Figure di ripetizione i) con uguaglianza di membri
Ripetizione a contatto. Epanalessi o geminatio, Anadiplosi o reduplicatio e Climax o gradatio sono le prime tre figure di ripetizione con uguaglianza di membri ed hanno in comune il fatto che le repliche sono ‘a contatto cioè contigue l’una all’altra.
1) Epanalessi. E detta anche geminatio. Dal greco epanalepsis che significa ‘ripetizione è stata tradotta in latino col nome di repetitio o iteratio.
? Consiste nel raddoppiare un’espressione ripetendola all’inizio, al centro o alla fine di un segmento testuale.
All’inizio si configura così: /xx/
es. Amen, amen dico vobis; oppure Ben son, ben son Beatrice; oppure Double, double toil and trouble.
All’interno si configura così: /xx/
es. che cosa se non questo, questo appunto!
Alla fine si configura così: /xx/
es. chi sa dove, chi sa dove!
I membri iterati possono ammettere interpolazioni, ma di elementi ben precisi:
i) avverbi, interiezioni, vocativi: es. Vola, colomba bianca, vola!;
ii) elementi grammaticali legati ad uno dei due membri: es. Umano, troppo umano.
2) Anadiplosi. Detta anche reduplicatio. Dal greco anadiplosis che significa ‘reduplicazione.
? Consiste nella ripetizione dell’ultima parte di un segmento sintattico o ritmico nella prima parte del segmento successivo.
Si configura cosi: /x / x/
Ripetizione a distanza.
Epanadiplosi, Anafora, Epifora e Simploche sono le e altre quattro figure di ripetizione con uguaglianza di membri ed hanno in comune il fatto che le repliche siano ‘a distanza cioè con dei segmenti inclusi fra le repliche.