“The strange case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde”by Robert Louls Stevenson
27 Gennaio 2019Gabriele D’Annunzio
27 Gennaio 2019Filosofia: l’aspetto gnoseologico dell’altro: le interpretazioni diverse di Husserl e Levinas dalla tesina Chi è l’altro di Maria Elena Ballarini – Esame di Stato – 2002
Edmund Husserl
Il secondo ego non è semplicemente presente, datoci autenticamente, ma è costituito come alter ego. L’altro per il suo senso costitutivo rinvia a me stesso; l’altro è rispecchiamento di me stesso e tuttavia esso non è propriamente un rispecchiamento
Nella sfera del mio proprio il percorso dell’io all’alter ego passa attraverso l’analisi fenomenologica dell’esperienza vissuta del proprio corpo. L’altro è infatti presente nella sfera del mio proprio come corpo fisico, non direttamente come soggetto; dell’altro come soggetto è possibile solo avere un’esperienza indiretta: una rappresentazione o percezione analogica. L’altro è pensabile solo come analogo. Certamente non è solo un doppione dell’io. Si rappresenta come “la”, dotato di una sfera del “mio proprio”, non identica alla sfera del “mio proprio” appartenente all’io, poiché l’io esiste in rapporto al qui del suo corpo. Quindi, l’altro trascende l’essere mio proprio, ma in ogni caso, sempre solo come modificazione di me stesso
Emmanuel Levinas
Il povero, lo straniero si presenta come eguale. (…)La sua uguaglianza in questa povertà essenziale consiste nel riferirsi al terzo, così presente all’incontro e che, nella sua miseria, è già servito da Altri.(…) Egli si unisce a me. (…)Ogni relazione sociale, al pari di una derivata, risale alla presentazione dell’Altro al Medesimo, senza nessuna mediazione di immagini o di segni, ma grazie alla sola espressione del volto. (…)Il fatto che tutti gli uomini siano fratelli non è spiegato dalla loro somiglianza, né da una causa comune di cui sarebbero l’effetto come succede per le medaglie che rinvìano allo stesso conio che le ha battute. (…)
La paternità non si riconduce ad una causalità cui gli individui parteciperebbero misteriosamente e che determinerebbe, in base ad un effetto non meno misterioso, un fenomeno di solidarietà.(…) Il fatto originario della fraternità è costituito dalla mia responsabilità di fronte ad un volto che mi guarda come assolutamente estraneo, e l’epifania del volto coincide con questi due momenti. O l’uguaglianza si produce là dove l’Altro comanda il Medesimo e gli si rivela nella responsabilità; o l’uguaglianza non è che un’idea astratta e una parola.
L’altro come volto
La relazione con l’alterità dell’altro esige – secondo Levinas – una rottura con la totalità, cioè con la pretesa della filosofia di racchiudere l’essere nell’orizzonte unico della conoscenza. Se c’è un altro, deve porsi “al di là” dell’essere. Questo non significa che l’altro sia inaccessibile. L’altro è inconoscibile, perché la conoscenza è opera di identificazione, ma non inaccessibile. La relazione con l’altro, infatti, non è una relazione di conoscenza. E’ un incontro faccia a faccia: il modo in cui si presenta l’altro, che supera l’idea dell’altro in me è definito da Lévinas “il volto”.
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