La vita di Alessio Tavecchio
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27 Gennaio 2019L’eugenetica nazista, da una tesina di maturità
L’opera eugenetica nazista comincia con il progetto Aktion T4: i suoi ideatori videro nell’applicazione pratica e indiscriminata dell’eutanasia uno dei principali strumenti di controllo della razza. Essi intendevano perseguire così l’obiettivo della purificazione e dell’affermazione della razza ariana e la costruzione di un ordine nuovo. Per eutanasia” si intende comunemente la morte non dolorosa, con la quale si pone deliberatamente termine alla vita di un paziente al fine di evitare, soprattutto nel caso di malattie incurabili, sofferenze prolungate nel tempo. Essa può essere ottenuta con la sospensione del trattamento medico che mantiene artificialmente in vita il paziente (e allora si parla di eutanasia passiva), oppure attraverso differenti metodiche artificiali atte ad affrettare o a procurare la morte (in questo caso si parla di eutanasia attiva). Nella Germania degli anni tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale si parlava di eutanasia – e soprattutto la si attuava – in modo differente. Nel corso della Prima Guerra Mondiale si era assistito ad un’impressionante ascesa dei decessi fra i malati cronici negli istituti di cura tedeschi: i dati sono dell’ordine delle decine di migliaia. La crisi economica e spirituale aggravata dal conflitto aveva creato un terreno favorevole ad una sorta di indifferenza per la morte di migliaia di individui incurabili e improduttivi. In questo clima cominciò ad affermarsi l’idea dell’eutanasia imposta dallo Stato come strumento di politica eugenetica ed economica. E’ del 1920 il libro intitolato L’autorizzazione all’eliminazione delle vite non più degne di essere vissute, di Alfred Hoche (1865-1943) e Karl Binding (1841-1920), l’uno psichiatra e l’altro giurista. Hoche e Binding svilupparono un concetto di eutanasia sociale”: il malato incurabile, secondo loro, era da considerarsi non soltanto portatore di sofferenze personali ma anche di sofferenze sociali ed economiche. Se da un lato egli provoca sofferenze nei suoi parenti, dall’altro sottrae preziose risorse economiche che sarebbero più utili alle persone sane e produttive. Lo Stato pertanto, secondo tale tesi, doveva farsi carico del problema che questi malati rappresentavano. Sopprimerli avrebbe portato a un duplice vantaggio: porre fine alla sofferenza dell’individuo e consentire un uso più razionale delle risorse economiche. Le loro teorie riuscirono ad aprire un varco nella comunità scientifica tedesca grazie alla quale il dibattito venne promosso a questione lecita. Sarà il nazismo, in un secondo momento, ad aggiungere alle motivazioni economiche quelle razziali, ammantate da un velo di pretesa scientificità ancora più grottesco e allucinante. Già all’inizio degli anni Venti Adolf Hitler teorizzò la necessità di proteggere la razza ariana da quei fattori di corruzione che avrebbero potuto indebolirla. Così il nazismo auspicò un progetto eugenetico volto ad ottenere un miglioramento razziale sia coltivando e favorendo i caratteri ereditari favorevoli (eugenici), sia impedendo lo sviluppo dei caratteri sfavorevoli (disgenici). All’interno di questo progetto ovviamente non potevano trovare posto i malati incurabili e i disabili fisici e psichici. La politica eugenetica nazista è riassunta chiaramente nelle parole di Heinrich Wilhelm Kranz (1897-1945), allora direttore dell’Istituto di Eugenetica dell’Università di Giessen: Esiste un numero assai elevato di persone che, pur non essendo passibili di pena, sono da considerarsi veri e propri parassiti, scorie dell’umanità. Si tratta di una moltitudine di disadattati che può raggiungere il milione, la cui predisposizione ereditaria può essere debellata solo attraverso la loro eliminazione dal processo riproduttivo”. La cosa sorprendente è che buona parte del mondo psichiatrico tedesco si schierò a favore delle teorie naziste. Fu così che uomini di scienza come Carl Schneider, professore di psichiatria, innovarono il trattamento dei malati di mente introducendo la teoria del lavoro. Egli sosteneva che le istituzioni aventi a carico dei malati mentali dovessero autosostentarsi impiegando i pazienti nelle attività produttive: la psichiatria tedesca si arrese così di fronte al progetto eugenetico nazista. Essa considerò la malattia mentale riconducendola ad un puro problema di eredità genetica. La soluzione non stava più nella lotta al disagio psichico e nella cura dell’individuo ma nella sua soppressione fisica in nome della purezza della razza.
Il primo passo legislativo concreto verso l’attuazione del piano eugenetico lo si ebbe il 25 luglio 1933 con l’emanazione della Legge sulla prevenzione della nascita di persone affette da malattie ereditarie. L8 ottobre 1935 venne emanata una seconda legge per La salvaguardia della salute ereditaria del popolo tedesco. Con essa si autorizzava l’aborto nel caso in cui uno dei genitori fosse affetto da malattie ereditarie. La legge del 1933 autorizzava anche la sterilizzazione forzata delle persone ritenute portatrici di malattie ereditarie, cosa che portò alla sterilizzazione di centinaia di migliaia di tedeschi durante il primo decennio del regime. Intensa e capillare fu la campagna di propaganda destinata a convincere la popolazione della validità di tale prassi: film, documentari, mostre di vario genere e numerosi periodici ebbero la più ampia diffusione.
A tal fine venne creata la Commissione del Reich per la salute del popolo” che si dedicò all’organizzazione della propaganda nelle scuole, negli uffici pubblici e nel Partito Nazista. Ogni provincia venne dotata di un Ufficio del Partito per la politica razziale presieduto da un esperto di eugenetica. Furono centinaia, in tutta la Germania, i Centri di consulenza per la protezione del patrimonio genetico e della razza”. I medici che li dirigevano furono incaricati di raccogliere tutti i dati necessari per valutare quale parte della popolazione dovesse essere sottoposta a sterilizzazione al fine di controllare le nascite di bambini deformi o psichicamente disabili.
Il 18 agosto 1939 la Direzione Sanitaria del Reich emanò un provvedimento segreto noto con la sigla IV-B 3088/39-1079 Mi. Grazie a questa disposizione i medici dei Centri di consulenza” dovevano essere obbligatoriamente informati dagli ospedali e dalle levatrici della nascita di bambini affetti da gravi tare fisiche o psichiche. Una volta informati, i medici convocavano i genitori ai quali veniva detto che erano stati creati centri avanzati per la cura delle malattie dei loro figli. Veniva sottolineata la possibilità di decessi considerato il carattere sperimentale delle cure ma si invitavano i genitori ad autorizzare il ricovero anche in presenza di speranze di guarigione ridotte. Ottenuto il consenso i bambini venivano ricoverati in cinque centri: Brandenburg, Eichberg, Eglfing, Kalmenhof e Steinhof. Qui giunti i bambini venivano solitamente uccisi con un’iniezione di scopolamina o lasciati progressivamente morire di fame. A decesso avvenuto i bambini venivano sezionati, ai medici interessava soprattutto studiarne il cervello. Con queste tecniche non venivano uccisi soltanto neonati o bambini di pochi anni. Gli istituti si occupavano anche dei bambini ebrei che, sani o malati venivano immediatamente uccisi, come pure dei bambini tedeschi anche solo disadattati. Non è possibile stabilire con precisione quanti bambini vennero uccisi in tali istituti ma sembra che il numero ammonti a diverse migliaia.
A dare l’avvio alla campagna eugenetica fu un ordine scritto di Adolf Hitler in data 1° settembre 1939. L’ordine recitava: Il Reichsleiter Bouhler e il dottor Brandt sono incaricati, sotto la propria responsabilità, di estendere le competenze di alcuni medici da loro nominati, autorizzandoli a concedere la morte per grazia ai malati considerati incurabili secondo l’umano giudizio, previa valutazione critica del loro stato di malattia”. L’ordine, alquanto generico, menzionava i malati incurabili”, definizione estremamente larga che di fatto lasciava carta bianca alla discrezionalità dei medici. Al processo di Norimberga il segretario di Stato Lammers ricordò il punto di vista di Hitler sull’eutanasia:
«Ho sentito parlare per la prima volta di eutanasia nel 1939 in autunno: era la fine di settembre o l’inizio di ottobre quando il Segretario di Stato dottor Conti, Direttore del Dipartimento di Sanità del Ministero degli Interni fu convocato ad una conferenza del Führer e vi fui portato anch’io. Il Führer trattò per la prima volta in mia presenza il problema dell’eutanasia, affermando che riteneva giusto eliminare le vite prive di valore dei malati psichiatrici gravi attraverso interventi che ne inducessero la morte. Se ben ricordo portò ad esempio le più gravi malattie mentali, quelle che consentivano di far stare i malati solo sulla segatura o sulla sabbia perché, altrimenti, si sarebbero sporcati continuamente, oppure i casi in cui i malati ingerivano i propri escrementi e cose simili. Ne concludeva che era senz’altro giusto porre fine all’inutile esistenza di tali creature e che questa soluzione avrebbe consentito di realizzare un risparmio di spesa per gli ospedali, i medici e il personale».
Ordine scritto di Adolf Hitler in data 1° settembre 1939. L’ordine recitava: “Il Reichsleiter Bouhler e il dottor Brandt sono incaricati, sotto la propria responsabilità, di estendere le competenze di alcuni medici da loro nominati, autorizzandoli a concedere la morte per grazia ai malati considerati incurabili secondo l’umano giudizio, previa valutazione critica del loro stato di malattia”.
Con questo ordine l’eugenetica nazista, che trovava così la sua copertura giuridica, prese in seguito il nome in codice di Aktion T4″. Fu il dottor Viktor Brack a creare una Direzione della Aktion T4″: il cosiddetto Comitato dei Periti”. Esso era, di fatto, il vertice dell’operazione ed era costituito da tre persone: il professor Werner Heyde, il professor Paul Nitsche e il professor Maximilian de Crinis. I tre, psichiatri e nazisti fidati, crearono la struttura amministrativa e idearono i successivi passaggi esecutivi per lo sterminio dei disabili fisici e psichici. Il programma Aktion T4 nel suo svolgimento tra il 1940 ed il 1941 pose fine alla vita di decine di migliaia di persone: si stima che oltre 70.000 persone classificate come indegne di vivere” siano state soppresse.
Man mano che, a dispetto della segretezza, la Aktion T4 divenne di dominio pubblico, le Chiese cattolica e protestante iniziarono a far sentire la propria voce contro la pratica eugenetica. Degna di nota in tale contesto fu la protesta dell’arcivescovo di Münster, monsignor Clemens August von Galen. L’arcivescovo in un discorso pubblico del 3 agosto 1941 non si limitò a condannare duramente l’eutanasia ma denunziò lo Stato nazista come principale responsabile delle uccisioni. A seguito delle reazioni sempre più decise dell’opinione pubblica Hitler decise di sospendere lAktion T4 impartendo l’ordine orale a Brandt e a Bouhler. L’azione di eutanasia ufficialmente era terminata ma l’eliminazione dei malati di mente non cessò affatto. Iniziò invece quella che i medici tedeschi definirono come eutanasia selvaggia: nasce l’ancor più segreta Aktion 14F13.
Con la Aktion 14F13 l’eugenetica venne estesa anche a quelle persone che, per stili di vita e comportamenti fuori della norma venivano considerati una minaccia biologica. Qualunque comportamento non conforme alla logica nazista poteva essere sanzionato come pericoloso, di qui la necessità di eliminarlo alla radice. Si giunse così all’eliminazione di un numero elevato di persone affette soltanto da lievi disturbi della personalità insieme ad alcolisti, ragazzi problematici ma mentalmente sani, spesso anche solo ospiti di orfanotrofi in perfetta salute psichica. Fu così che leugenetica nazista, da strumento di prevenzione delle patologie fisiche e psichiatriche, divenne sempre più strumento di repressione ideologica
di Luca Lanticina
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