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16 Agosto 2022L’assedio di Gerusalemme del 70 d.C.
16 Agosto 2022Di formazione antinaturalista, portata a raffigurare i drammi morali in forme epiche e fantastiche, la Lagerlöf cercò nel paesaggio e nelle tradizioni scandinave una corrispondenza tra la dimensione del sogno e quella della realtà.
Biografia di Selma Lagerlöf
Selma Lagerlöf nacque a Sunne, nella regione del Värmland, in Svezia, quasi ai confini con la Norvegia, nel novembre 1858. Nel 1885 inizia a lavorare come insegnante in un liceo femminile. Cresciuta nella campagna del Värmland, si ispirò a leggende e canzoni popolari per il suo primo libro conosciuto, La saga di Gösta Berling (1891). Il successo di questo romanzo le permise di lasciare l’insegnamento per dedicarsi interamente alla letteratura a partire dal 1895. Dopo un soggiorno in Sicilia vi ambientò I miracoli dell’Anticristo (1897); da un viaggio in Palestina trasse materia per Jerusalem (1901-02), e per il suo seguito La Città Santa (1902), storia di un gruppo di contadini svedesi che si trasferiscono in Terra Santa.
Alla fine dell’800, l’intera popolazione del villaggio svedese di Nås si trasferisce a Gerusalemme per unirsi a una colonia fondata da una delle innumerevoli sette americane, ispirate a un ideale cristiano di uguaglianza, fratellanza e concordia, in millenaristica attesa del ritorno di Cristo. Affascinata dalla «follia romantica dell’impresa», la Lagerlöf va a trovarli. Nasce uno dei suoi capolavori, il romanzo epico Jerusalem, capace di trasfigurare il vissuto in racconto mitico, in cui trova spazio il contrasto fra realtà e utopia.
Temi prevalenti nel libro sono: il romanticismo, la famiglia, il destino, il dovere, la religione e l’abuso di potere.
Anche il libro per bambini Le meravigliose avventure di Nils (1906/07) ebbe successo Il Viaggio meraviglioso di Nils Holgersson attraverso la Svezia (1906-07), ed è ancora usato come libro di geografia per le scuole elementari.
Nils è un ragazzino impertinente che, dopo aver catturato un potentissimo gnomo, un coboldo, viene rimpicciolito da quest’ultimo alle dimensioni di un topo. Adesso però Nils comprende il linguaggio degli animali e vive avventure straordinarie: trascinato via da un’oca domestica che segue un branco di oche selvatiche, vola su tutta la Svezia sulla sua groppa. Grazie a questa avventura viene istruito sulla geografia e sui problemi sociali del paese, ma impara anche il valore dell’amicizia, della compassione e della solidarietà, virtù che gli consentono di ritornare alle sue dimensioni normali.
Il testo era stato commissionato con l’intento di modificare radicalmente la didattica: compito della Lagerlöf sarebbe stato offrire una descrizione della natura e della geografia svedese, caratterizzando, attraverso leggende o racconti tipici, ogni provincia.
Il risultato è del tutto sorprendente in quanto, pur tenendo fede all’impegno didattico, la scrittrice riesce a vivificare con la fantasia una quantità straordinaria di nozioni che, con notevole modernità, arrivano a comprendere anche norme sociali e alcuni dei principali problemi del tempo.
Di formazione antinaturalista, portata a raffigurare i drammi morali in forme epiche e fantastiche, la Lagerlöf cercò nel paesaggio e nelle tradizioni scandinave una corrispondenza tra la dimensione del sogno e quella della realtà. La fiaba pedagogica fu il mezzo che le consentì di realizzare un equilibrio tra verità psicologica e senso del meraviglioso.
Nel 1909 Selma Lagerlöf fu la prima donna a ricevere il Premio Nobel per la letteratura, Nobel per la Letteratura “per l’elevato idealismo, la vivida immaginazione e la percezione
spirituale che caratterizzano le sue opere.”
e cinque anni dopo divenne la prima donna membro dell’Accademia svedese. L’imperatore di Portugallia (1914) è la sua ultima grande opera poiché negli ultimi anni scrisse poco. Selma Lagerlöf morì nella stessa città dove era nata nel marzo 1940.
Incipit
Il romanzo L’imperatore del Portogallo è ambientato tra il 1860 e il 1870 nella Svezia meridionale, il mitico Varmland.
L’intero romanzo che ruota attorno a L’imperatore del Portogallo ricorda una triste favola o racconto popolare. Il linguaggio e lo stile dell’autore sono semplici, ma molto potenti e commoventi.
Dal povero bracciante Jan Anderson e dalla moglie Katrina, che lavorano nella fattoria di Falla, , in condizioni di vita di grande semplicità, nasce una bambina.
Per quanto vecchio diventasse, Jan Andersson di Skrolycka non poté mai stancarsi di raccontare di quel giorno in cui la sua bimbetta era venuta al mondo.
Jan si approcciò alla nascita della figlia quasi scocciato e arrabbiato per quello che sarebbe stato solo un fastidio, che gli avrebbe solo tolto il sonno e la sicurezza economica, le uniche cose cui teneva, ma poi prendendola in braccio, tutto cambia.
All’inizio Jan è solo, seduto su un ceppo nella legnaia. La moglie Katrinna, una ragazza che lavorava da cameriera per il suo stesso capo, Erik di Falla per il quale trebbiava laboriosamente la terra, sta per partorire in casa, e lui non è poi così contento di quanto gli sta per capitare. Guarda con rimpianto alla vita precedente, quando non era ancora sposato. Poi, quasi più per essere più indipendente dal pur bravo padrone, si era sposato, ma anche la vita assieme alla moglie, non era poi così male, perché lo aiutava nel lavoro, nei campi, ma col bambino in arrivo: che ne sarebbe stato di loro? Poi, succede qualcosa. Non è un maschio, è una bambina quella che nasce; e quando lui la prende in braccio, tutto cambia.
L’amore per la bambina fa aprire finalmente gli occhi di Jan alla bellezza, e lui scopre grazie a quella bambina che cosa è per davvero l’amore, che non è solo una relazione tra due persone, perché limitarsi ai fatti, alla superficie, vuol dire non capire che cosa l’amore può produrre.
Il nome della bambina
Un bellissimo tramonto ispira il padre con il nome perfetto per la sua bambina: Klara Fina Gulleborg. I coniugi si pongono un problema: come chiamare la neonata? Kattrinna suggerisce al marito di portare con sé la piccina sull’uscio di casa, di attendere la prima donna di passaggio e di chiedere a lei il nome con il quale battezzarla. Quel giorno, nessun essere umano si inoltra fin là. Padre e figlia passano le ore sotto un cielo grigio, finché «il sole si aprì uno squarcio tra le nubi e fece cadere i suoi raggi sulla bambina». Jan interpreta il segno come la volontà del sole di farle da padrino. Klara Fina Gulleborg è il nome scelto. Chiara, bella, dorata. Da quel momento, nella vita di Jan irrompe la gioia. Jan ama sua figlia e la loro relazione è molto stretta. Il bracciante Jan di Skrolycka, rivelato all’amore dalla nascita della figlia Klara Gulla, bella e “luminosa” come vuole il suo nome, fa di questo amore il perno della propria esistenza, e la presenza della ragazza sembra davvero illuminare il grigiore quotidiano.
Infanzia e adolescenza
Jan brucia d’amore per la piccola Klara Gulla. Lei è raffinata, intelligente, acuta, vispa. In lei, tutti vedono una promessa di riscatto per l’intera famiglia.
L’infanzia e l’adolescenza di Klara si sviluppa come una storia di rapporti fra padre e figlia fin troppo idillica. Interessante l’episodio della pesca cioè di quando Klara Gulla si vergogna di aver rimproverato il vecchio delle reti che le rubava dei pesci, ma lui lo faceva solamente perché stava morendo di fame, e lei si dimostra molto sensibile e turbata, completamente mutata rispetto a quando l’aveva scoperto in flagrante. Poi abbiamo le due marachelle compiute da Klara Gulla quando era ragazzina, cioè nascondere gli occhiali all’orologiaio vagabondo Agrippa Praksberg, e poi rubare delle mele in un campo.
Questi fatti sono da alcuni interpretati come profezia di quanto questa ragazza avrebbe dato tormento ai suoi genitori, piccoli nei anticipatori in una storia apparentemente senza traumi.
Un commerciante di tessuti regala a Klara, ormai diventata una stupenda ragazza, una stoffa rossa per un vestito che, esibito un giorno sul sagrato della chiesa, ne mostra la bellezza accecante ai mesti compaesani, anche oltre le remore moralistiche di un prevosto un po’ pedante.
La svolta a 17 anni
Quando lei ha 17 anni, però, accadde la tragedia che cambia radicalmente la condizione della famiglia di Skrolika, cioè il bravo è comprensivo padrone Eric di Falla rimane colpito da un abete che ha tagliato insieme con Jan Anderson, e anche per la negligenza del genero i soccorsi arrivarono troppo tardi, ed Eric di Falla fa in tempo a prendere una polmonite che lo porta all’altro mondo in 15 giorni.
A lui succede il turpe genero Lars Gunnarsson, che si presenta inaspettatamente da Jan e Kattrinna con un bottegaio suo compare, per chiedere la restituzione di duecento scudi, in pratica il valore del terreno su cui sorge la casa maggiorato di alcuni debiti accumulati.
Insomma, il nuovo padrone di Falla minaccia di scacciare la famiglia dalla loro casa perché il defunto padrone di Falla non ha mai ritenuto necessario dare a Jan i documenti di proprietà per la loro terra. Inoltre, Jan e Katrina non possono raccogliere l’enorme somma che il nuovo padrone vuole ora. Una cifra enorme. Klara Gulla, impietosita, si offre di andare a lavorare a Stoccolma per guadagnare la somma necessaria. Il padre non è convinto, perché Jan è affezionatissimo a quella figlia baciata dal sole, e il suo arrivo lo ha rinnovato interiormente, ma a malincuore, i genitori accettano la proposta.
Alla morte di Erik di Falla l’eredità va al genero, Lars Gunnarsson, che impone un pagamento a Jan di cento scudi per la sua casa, stanziata nel terreno di Falla, il quale gliel’aveva regalata. Volendo aiutare la famiglia, ormai matura, decide di partire per Stoccolma e guadagnare la somma che avrebbe salvato la casetta e i genitori.
Così Klara Gulla convince i suoi genitori a permetterle di andare a Stoccolma. Crede che prendendo servizio nella capitale possa facilmente guadagnare i soldi necessari entro pochi mesi. Dal primo giorno Jan sente la mancanza di sua figlia e aspetta con ansia il suo ritorno. Il primo di ottobre, data di scadenza del debito, Klara Gulla non torna. Jan e Kattrinna aspettano invano al pontile. Ogniqualvolta un battello attracca, Jan si reca sul molo, tendendo lo sguardo verso i passeggeri sbarcati. La figlia non spunta mai.
Più tardi, al culmine della disperazione, un deputato consegna loro un’ambasciata ricevuta dalla ragazza, con una parte dei soldi richiesti. Purtroppo la giovane dovrà restare a servizio di una misteriosa donna, finché avrà risparmiato il totale preteso da Lars, anche perché quella donna ha prestato a Klara i soldi con la clausola che resti con lei fino a quando non potrà restituirli. Klara Gulla ora ha diciotto anni appena compiuti, e ne trascorreranno altri quindici prima che ritorni nel borgo natìo. In questo lasso di tempo avviene la metamorfosi di Jan. La scrittrice svedese, nel descriverla, compie un miracolo di introspezione e di leggerezza stilistica.
Man mano che il tempo passa e non arriva nessuna notizia da lei, inizia a riempire gradualmente il vuoto che circonda il destino della ragazza con la sua immaginazione.
Jan diventa L’ imperatore di Portugallia
Se, fino alla partenza di Klara Gulla, il romanzo di Selma Lagerlöf è una splendida storia d’amore tra un padre e una figlia, il resto del racconto è pura poesia. La vita non è sempre facile. Di tanto in tanto la maggior parte di noi deve affrontare una situazione in cui la realtà è così difficile da sopportare che quasi ci fa impazzire. In tali momenti molte persone si ritirano in se stesse e alcune cercano sollievo nel regno dell’immaginazione. Jan scivola in un mondo di sogni ed è molto più felice per questo. Se, fino alla partenza di Klara Gulla, il romanzo di Selma Lagerlöf è una splendida storia d’amore tra un padre e una figlia, il resto del racconto è pura poesia.
Ne L’imperatore di Portugallia l’utopia vince sulla realtà.
Ma cos’è l’utopia?
È la capacità di creare una nuova realtà, tanto la si è voluta e desiderata intensamente o l’incapacità di accettare quella che già c’è, dolorosa e sgradevole, desiderando che sia migliore, o il coraggio di vivere che nasce dal desiderio di avere, di ideare un mondo migliore?
Che tipo di utopia è quella della Lagerlöf? Fino a che punto la scrittrice crede nell’utopia? Ci sono momenti in cui appare pienamente consapevole di come sia una tecnica un modo per allontanare il dolore.
Il vecchio Greppa giaceva riverso sul pontile, e August Där Nol
stava chino su di lui con i pugni serrati. “Lo sapevi bene,
pezzo da galera, che non avrebbe sopportato di sentire la
verità”, diceva August. “Non devi avercelo un cuore dentro al
corpo, tu”.
Il pescatore Ola, amico di Klara Gulla, cerca di consolare il padre con una storia inventata di sana pianta, un incontro immaginario tra la ragazza e una ricca signora che l’avrebbe aiutata con generosità; l’orologiaio-vagabondo Agrippa è la prima persona a dire una mezza verità, ovvero che la ragazza sarebbe andata a finir male. Chiacchiere e insinuazioni si diffondono. Le parole suscitano in Jan un’incredibile reazione (e convinzione). Ci dev’essere, lontano dai monti dell’Askedalar, un luogo del bene chiamato Portugallia, dove regna Klara Gulla, imperatrice. E se lei è imperatrice, il padre cosa può essere, se non imperatore? Le voci sulla sua condotta immorale raggiungono il villaggio, ma nel mondo dei sogni di Jan Klara Gulla è l’immacolata imperatrice di Portugallia… il che naturalmente fa di lui l’imperatore di Portugallia che la rappresenta nel paese.
L’abbigliamento di Jan si conforma alla dignità acquisita. Selma Lagerlöf è eccezionale nel tessere una trama di fatti, in cui ogni elemento va a incasellarsi in un quadro dominato da salvifica follia e proprio per questo dotato di una sua intima coerenza. Quando la vecchia signora di Falla consegna a Jan, pardon, Johannes di Portugallia, il cappello ed il bastone appartenuti al padre per sottrarli al viscido genero Lars, ecco che il neoimperatore ottiene i suoi paramenti. Le stelline che Ingborg la Scema gli offre in dono sono le sue decorazioni regali. Il personaggio di Jan ha delle analogie con Andreas Kartak, il vagabondo protagonista de La leggenda del santo bevitore di Joseph Roth. Ogni avvenimento è letto da Jan come un messaggio cifrato proveniente da Klara Gulla, compreso il traumatico evento della detronizzazione, durante un’asta, dovuto sempre alla tracotanza di Lars, scintilla che fa scattare nell’imperatore temute doti di preveggenza. Jan si fabbrica un’identità nuova di zecca per resistere al dolore, ribaltando in arma contro l’infelicità il senso del ridicolo suscitato da un alienato nei cosiddetti sani.
Jan è in un primo momento disperato per la separazione e per il fatto che la figlia non inviava notizie, ma l’incontro con Ola, un vecchio che aggiustava reti, gli fa nascere una prospettiva positiva del suo silenzio, interpretandolo come il nascondimento di una buona notizia, una sorpresa che viene immaginata da Jan l’essere diventata l’imperatrice di Portugallia. Questo fatto introduce la pazzia che caratterizzerà Jan dal momento in cui la vedova di Erik di Falla donerà a lui i simboli che contraddistingueranno il suo potere d’imperatore: il bastone e il berretto del vecchio padrone che sarebbero dovuti passare in eredità a Lars Gunnarsson, troppo meschino per meritarli.
«Il signore gli ha posto uno schermo davanti agli occhi, così che non veda quello che non sopporterebbe di vedere». Katrinna non crede che il marito sia matto. Più che un viaggio nella psicopatologia, L’imperatore di Portugallia è un profondo trattato sull’amore e sulla pietà. A suo modo, è anche un piccolo saggio che gira attorno a temi cari alla filosofia, un’illustrazione, ironica e lucida, della distanza che corre tra un fatto e un’interpretazione, e del rapporto sempre mobile tra il significato e i significanti. Resta, a lettura finita, l’impronta di Jan, figura quasi soprannaturale, sospetta, derisa e poi rispettata dai potenti locali. Selma Lagerlöf esibisce il suo estro nella carrellata di personaggi minori, straordinari, e in varie incursioni nel folklore scandinavo, tra pietre magiche e alberi-troll.
Jan ora indossa il berretto di cuoio rigido e dall’alta corona e il lungo bastone d’ebano montato in argento del vecchio maestro di Falla come sue insegne imperiali e inizia a comportarsi come pensa che si adatti a una persona del suo alto rango. Ama parlare della sua nobile figlia e degli abitanti del villaggio come ascoltare le sue fantastiche storie. Non si accorge quando la gente lo prende in giro e sembra che la sua follia lo renda chiaroveggente. Passano così quindici anni.
La sua follia gli permette di sfidare la gerarchia sociale stabilita e sebbene i paesani spesso lo prendano in giro, dopo un po’ lo tollerano e addirittura lo tengono in una certa stima perché ha un buon cuore… e forse perché hanno un po’ paura delle sue profezie , pure. Alla fine, quei pochi che gli volevano del male sono tutti schiacciati e quelli che sono stati buoni con lui sono premiati come in ogni favola. Tutto sommato, L’imperatore di Portugallia di Selma Lagerlöf è stata una lettura incantevole ma anche sempre più triste verso la fine.
Durante la sua pazzia Jan diventa quasi un veggente che attraverso le sue capacità riesce a riconciliare il figlio e il padre Linast prima che quest’ultimo muoia, e quello tra Ola e suo figlio attraverso il mistero della cambiale scomparsa. In paese un giorno ci fu una grande asta condotta da Lars, che fu però ignorato da tutti, interessati invece alla figura dell’imperatore Jan che si mostrava al popolo e faceva divertire tutti. Infuriato, Lars gli toglie berretto e bastone, essendo di sua proprietà e pensa di avergli tolto così anche la sua pazzia; in realtà Jan interpreta il volere della figlia in questo gesto di restare in disparte, così riprende il lavoro nei campi che aveva abbandonato. Ed proprio la morte di Lars il giorno di mezz’estate era stato predetto da Jan, che lo aveva avvertito di confessare i suoi peccati entro quella data, proposta ignorata che ebbe le sue conseguenze, che rimanda ancora ad un’aurea di mistero e di chiaroveggenza propria dell’epica.
Il ritorno di Klara
Il finale è un inno commovente alla forza dell’uomo. Il ritorno di Klara Gulla, diventata in città una donna cinica, spenta e anaffettiva, è una denuncia del potere corruttivo della modernità.
La madre le dirà:
Un’ondata di amarezza le salì nell’animo in quel momento. Le
sembrò di non poter perdonare alla figlia di essere in vita e di
arrivarsene così fresca fresca dopo essersi fatta aspettare
invano per tutti quegli anni. Avrebbe quasi preferito che non si
fosse mai più presa la briga di tornare. …”Avresti anche potuto
scrivere“, disse Kattrinna. “Non abbiamo avuto bisogno di
denaro. Ci sarebbe bastato che tu scrivessi”.
Dopo quindici anni Klara Gulla ritorna a casa matura e invecchiata, e
La donna che le stava davanti appariva molto più vecchia di quel che era,
visto che doveva avere appena passato la trentina; ma non era per i
capelli grigi alle tempie o per la fronte piena di rughe sottili che
Kattrinna si spaventò. Si spaventò perché Klara Gulla era diventata
brutta. Aveva un colorito stranamente giallognolo, e c’era qualcosa di
volgare e greve intorno alla sua bocca. Il bianco degli occhi si era
fatto grigiastro e iniettato di sangue, e sotto agli occhi la pelle
formava grosse borse.
come non ripensare alla “bellezza sbattuta e sfiorita” di manzoniana memoria?
Poi però
“Sono così contenta, Klara Gulla“, disse (Katrinne), ”perché sei
ridiventata bella“.
Vedendo le condizioni del padre ne è così spaventata e delusa che decide di scappare portando con sé anche la madre Katrinna, invece rammaricata di separarsi dal marito che la stava cambiando, infatti deciderà spontaneamente di tornare indietro.
Jan muore buttandosi dal pontile mentre insegue le due donne della sua vita e il suo corpo verrà tolto dalle acque e ritrovato solo nel momento in cui Klara Gulla si renderà conto, grazie a Linast, che il padre non è adirato con lei per tutta la sofferenza e la fatica che gli ha procurato, ma provava solo un immenso amore per sua figlia riacquisterà tutta la sua bellezza perduta negli anni della separazione dai genitori.
Il salto nel vuoto di Jan, provvidenziale, simile a un sacrificio, pareggia i conti e riporta i piatti della bilancia in una posizione consona agli universali sentimenti di giustizia. Il ritorno di Klara, adulta, lo condurrà alla morte, ma la sua morte significherà ancora consolazione e riscatto.
Katrinna seguirà il marito poco tempo dopo, e Klara placherà la sua anima inquieta solo dopo il ritrovamento del cadavere di suo padre.
Klara Fina Gulleborg di Skrolycka, che aveva avuto il suo nome
dal sole stesso, era lì davanti alla tomba dei suoi genitori e
splendeva come trasfigurata. Era bella come quella domenica in
cui si era recata in chiesa con il suo vestito rosso, e forse
ancora più bella.