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27 Gennaio 2019Acustica
27 Gennaio 2019Relazione scolastica su:
un disturbo alimentare e psicologico
ORIGINE E SIGNIFICATO DEL TERMINE
La bulimia è un disturbo dell’alimentazione nel quale l’ansia e una persistente ed eccessiva preoccupazione per il peso e la forma fisica provocano ricorrenti episodi di fame insaziabile, in cui il paziente consuma in breve tempo grandi quantità di cibo, alternate a vomito autoindotto, uso di lassativi, digiuno e, a volte, intenso esercizio fisico.
Il termine bulimia deriva dalla parola greca boùlimos”, composizione di bous”, bue, e di limòs”, fame, e sta ad indicare letteralmente una fame da bue”. Si tratta di un sinonimo che serve a definire un senso morboso di fame. Il termine in se stesso è ancora oggi poco conosciuto, ma ci sono analoghe frasi che hanno lo stesso significato, ad esempio mangiare come un bue” ed una fame da toro”. Meno comune è invece il termine cinoressia ed anch’essa richiama in causa un’immagine animalesca, quella di un cane.
I SOGGETTI E LE CAUSE DI QUESTA MALATTIA
La bulimia colpisce specialmente le ragazze (circa settecentomila in Italia) appartenenti a una stessa categoria: le PERFEZIONISTE. Con questo termine si raggruppano tutte le persone sempre precise e ordinate con un eccellente impegno e esito scolastico. Questi soggetti nutrono ambizioni esagerate su se stessi e sul loro futuro e non amerebbero in nessun modo una vita normale, come quella di tutti. Queste caratteristiche hanno un’origine e probabilmente si sono formate attraverso diverse esperienze, prima fra tutte quelle vissute all’interno del nucleo familiare. Consultando i dati emersi dal libro MANGIARE: libertà o schiavitù” di G. Froggio si è scoperto che, appunto, nella famiglia ci sono cause che possono indurre una ragazza ad avere la bulimia, come:
? Il malato appartiene a una famiglia medio¬¬¬¬¬-borghese;
? Alti familiari hanno avuto in precedenza problemi col cibo e col peso;
? Le famiglie sono chiuse” nei confronti del mondo esterno e dei figli;
? Le famiglie sono caotiche e confusionarie poiché hanno poche regole e scarse linee di confine tra i ruoli dei genitori e quelli dei figli;
? I genitori sono troppo protettivi e non permettono al soggetto di crescere fisicamente, ma soprattutto psicologicamente.
Esistono molte altre cause che per cui ci si ammala, come lesasperato modello di magrezza femminile imposto dalla moda, che è un’insidia per le adolescenti; infatti, secondo una ricerca dell’Università di Milano, metà delle teen-ager si considera grassa e in ogni classe c’è una ragazza a rischio bulimia. Quasi sempre però, il conflitto con il proprio corpo esplode durante l’adolescenza perché le ragazze non riescono ad accettare il passaggio dall’infanzia alla vita adulta e quindi il momento della crescita è vissuto come una sorta di tradimento” del proprio corpo che viene coscientemente smagrito e privato dei segni sessuali.
CARATTERISTICHE DELLA BULIMIA
Lo studio scientifico di questa malattia è iniziato nella secondo metà dell’Ottocento, ma ci sono voluti parecchi anni perché la bulimia fosse conosciuta più a fondo e isolata come una sindrome indipendente. Un personaggio che ha permesso lo sviluppo e la conoscenza di questo termine è stato l’inglese Gerard Russel. Egli esaminò trenta soggetti (2 maschi e 28 femmine) che presentavano ripetute crisi bulimiche e scoprì che 14 soggetti avevano un peso vicino alla norma, 14 erano al di sotto del 15% del peso ideale, mentre gli ultimi 2 risultavano ai limiti dellobesità(con il 20% in più del peso ideale). Lo scienziato inglese concluse che si trovava davanti a una malattia seria che presentava diversi sintomi dall’anoressia, cioè la riduzione volontaria dell’assunzione del cibo, come; il peso corporeo è più elevato e che la vita sessuale è più attiva rispetto ai malati anoressici, ma vi sono purtroppo numerosi episodi depressivi, con alto rischio di suicidio. L’unico sintomo che hanno in comune è il rigetto del cibo. Nella sindrome bulimica il vomito è la caratteristica comportamentale propria del tipo purgativo e segue sempre quelle che noi italiani chiamiamo ABBUFFATE. Secondo alcune informazioni tratte da giornali e riviste per le adolescenti, come TOP GIRL” e CIOE”, tutti gli episodi bulimici si possono dividere in 3 fasi ben definiti tra loro, che sono:
1. STATO EMOTIVO E PSICOLOGICO CHE PRECEDE LABBUFFATA
Le persone bulimiche avvertono un impulso incontrollabile a mangiare che si associa alla paura di non essere più in grado di fermarsi una volta che hanno iniziato e quindi perdono il controllo nel vero senso del termine. Lo stato emotivo che precede labbuffata è di depressione, ma, allo stesso tempo vi è una forte ansia. In genere gli stati d’animo che precedono gli episodi bulimici sono negativi”: tristezza, rabbia, noia e solitudine.
2. LABBUFFATA
Le abbuffate hanno luogo sempre in segreto, quando il paziente è solo. Di solito viene programmata in anticipo, ma, nel momento in cui inizia, assume un carattere estremo, caotico e drammatico. Durante l’episodio bulimico il malato ingurgita una grandissima quantità di cibo, arrivando a introdurre dalle 1000 alle 10000 calorie. Leccesso alimentare è relativamente breve, varia da una a due ore. I malati non raggiungono mai un senso di sazietà e di distensione. Le abbuffate sono cicliche, possono alternarsi nel corso della settimana fino a raggiungere, nei casi più gravi, la quotidianità.
3. LE CONSEGUENZE
Alla conclusione dellabbuffata, emergono sul malato nuovi sentimenti: senso di colpa, autodisprezzo e disperazione poiché, nonostante le buoni intenzioni, non ce l’ha fatta. Non tutti i bulimici, però, hanno la stessa reazione; nei casi NON PURGATIVI, il malato si alza da tavola e se ne va a dormire, quasi a voler dimenticare ciò che è successo, portandosi dentro un senso di disgusto; nei casi PURGATIVI, il malato reagisce in modo da purificarsi: entra nel bagno e vomita tutto quello che ha ingerito. Entrambi i tipi di reazioni sono comunque preoccupanti.
LE TERAPIE E LE CURE CONTRO LA BULIMIA
Per risolvere questa malattia, molti centri di accoglienza, verso la fine degli anni 80, hanno definito un modello terapeutico che ha dato ottimi risultati.
Secondo alcuni articoli presi da Internet, si tratta di un intervento che coinvolge diversi aspetti e si sviluppa attraverso 2 fasi:
? Terapia Individuale . Ha una durata limitata, di circa 2 o 3 mesi. I suoi scopi sono quelli di aiutare la paziente a riconoscere che la bulimia è un problema essenzialmente psicologico e non organico; di valutare le sue motivazioni al cambiamento e avviare le prime modificazioni del comportamento alimentare. Per raggiungere questi obbiettivi alla paziente vengono insegnate alcune tecniche di autocontrollo come quella del DIARIO, che consiste nel dare alla bulimica un quaderno dove annotare i propri sentimenti e i propri pensieri. Il diario costituisce un ottimo strumento per il monitoraggio del comportamento alimentare per un primo autocontrollo. Man mano che la terapia procede, le abitudini alimentari vengono modificate. Attraverso piccoli passi concreti, viene insegnato alla paziente un nuovo stile di alimentazione che le permetterà di riconoscere i segnali della fame e della sazietà e che le la farà mangiare nuovamente con piacere e godere del cibo, senza provare sensi di colpa.
? Terapia di Gruppo. Le sedute hanno luogo di norma una volta alla settimana, per circa un’ora e mezzo. I gruppi sono limitati a un massimo di 6 persone. I suoi scopi sono gli stessi che si prefigge la terapia individuale, in particolare, quando il clima del gruppo è favorevole, quando cioè si crea un’atmosfera di fiducia e di massima franchezza, le pazienti espongono i loro problemi e li discutono con il resto del gruppo e con il terapeuta. In questo modo, le bulimiche riescono a riacquistare fiducia e pian piano, con molti sforzi, cambiano il loro tipo e stile di alimentazione.