Seconda guerra mondiale
27 Gennaio 2019Paul Verlaine di Carlo Zacco
27 Gennaio 2019del Libro terzo del Cortegiano di Castiglione Capitoli XI – XX
di Carlo Zacco
La disputa filosofica: Capitoli XI – XX
Capitolo XI
Gasparo vuole la disputa. Qui allora Gasparo Pallavicino ritiene di dover entrare nel merito della questione, e si apre tra i due una vera propria disputa filosofica, svolta come una disputa filosofica di matrice scolastica. Perché siamo nel campo dell’aristotelismo per quello che riguarda in primo luogo il Pallavicino, per il modo in cui il Pallavicino la conduce.
Ma il Magnifico mostra di essere un esperto in quello che riguarda la disputa filosofica, più esperto di quanto non sia il Pallavicino, sotto il profilo dialettico e di essere capace di ragionare non soltanto con le auctoritates, ma anche secondo verità. D’altra parte in questa disputa ci sono temi che noi troviamo anche in altra trattatistica che riguarda le donne sia nel quattro che nel cinquecento, e qui come altrove il Castiglione mostra in più punti di avvalersi anche di un certo eclettismo: cioè speso si utilizzano temi di carattere aristotelico insieme a temi di carattere platonico e neo-platonico. Un certo eclettismo nell’uso di concezioni filosofiche diverse è proprio delle trattazioni anche già nel quattrocento ma più che altro nel cinquecento.
La posizione scomoda del Gasparo. Gasparo Pallavicino si trova come personaggio in posizione scomoda: perché deve parlare secondo le proprie opinioni che ritiene fondate anche filosoficamente in relazione alle donne, ma ritieneo che il fatto di essere giudicate sia ritenuto da queste donne come offensivo nei loro confronti.
L’accusa delle false lodi. In primo luogo il Pallavicino vuole cautelarsi nei confronti di questa situazione, mostrando che è il magnifico che vuole indurlo a dire qualcosa che possa offendere l’animo di queste signore per farle nemiche a lui, e accusa a sua volta il Magnifico di voler lusingare le donne con false lodi. Ma il Pallavicino sostiene che le donne non vogliono avere queste false lusinghe e sono così discrete che amano più la verità, anche se la verità non è in loro favore, piuttosto che le lodi false.
Lamara verità. E d’altra parte non hanno a male che gli uomni dicano la verità e quello che ha detto il Magnifico su di loro, le stesse donne «confessaranno che voi avete detto gran miraculi ed attribuito alla donna di palazzo alcune impossibilità ridicule e tante virtú, che Socrate e Catone e tutti i filosofi del mondo vi sono per niente[1];» cioè riconosce un carattere iperbolico di lode falsa tradotta in lusinga in ciò che ha detto il magnifico, e mostra di meravigliarsi che non abbia avuto vergogna di dire questo.
Ulteriormente mette a fuoco questa sua considerazione in quello che segue: «Ché ben bastar vi dovea far questa donna di palazzo bella, discreta, onesta, affabile e che sapesse intertenere senza incorrere in infamia con danze, musiche, giochi, risi, motti e l’altre cose che ogni dí vedemo che s’usano in corte; ma il volerle dar cognizion di tutte le cose del mondo ed attribuirle quelle virtú che cosí rare volte si son vedute negli omini, ancora nei seculi passati, è una cosa che né supportare né a pena ascoltare si po». Quindi enfatizza con quell’enumerazione già tutto quello che il magnifico ha fatto, e ritiene una aggiunta indebita che abbia voluto amplificare ulteriormente la donna in un modo che non solo è iperbolico ma è incongruo con l’oggetto in atto della considerazione. Tanto più che perfino uomini grandi dei secoli passati appena possono giungere ad una statura, ad uno spessore simile a quello che il magnifico ha voluto creare della donna di palazzo.
Un errore di natura. Di nuovo il Pallavicino deve distinguere la propria posizione del cortigiano da quella di filosofo quale vuole proporsi, e dice che non vuole ripetere che le donne sono animali imperfettissimi, perché le donne presenti smentirebbero con la loro stessa presenza questo. Ma d’altra parte non può non dire quello che uomini sapientissimi hanno lasciato scritto in relazione alla natura. Allora qui si avvale di testi aristotelici e di testi di commentatori di Aristotele. E il Pallavicino si avvale in modo particolare di testi di filosofia naturale e di biologia. Sulla generazione degli animali in modo particolare è uno dei testi chiave del Pallavicino. Ed ascrive a questa concezione quello che riguarda la natura. Allora: «la natura, perciò che sempre intende e disegna far le cose più perfette, se potesse, produria continuamente omini; e quando nasce una donna, è diffetto o error della natura» e il paragone rimane la concezione della perfezione che ha il Pallavicino è tutta chiusa in questi termini fisici e biologici: dato che il paragone che fa dopo del mancamento lo fa intendere bene: «Come si vede ancor d’uno che nasce cieco, zoppo, o con qualche altro mancamento e negli arbori molti frutti che non maturano mai, cosí la donna si po dire animal produtto a sorte e per caso; e che questo sia, vedete l’operazion[2] dell’omo e della donna e da quelle pigliate argumento della perfezion dell’uno e dell’altro» ecco, bontà sua questo però non significa che questi difetti che dipendono dalle donne, ma dipendono dalla natura, e «non devemo per questo odiarle, né mancar di aver loro quel rispetto che vi si conviene; ma estimarle da più di quello che elle si siano, parmi error manifesto».
Capitolo XII
Aristotele contro Aristotele. Il Magnifico Giuliano naturalmente aspetta che finisca e naturalmente ribatte. I termini in cui è posto il discorso sono interessanti anche se non sono nuovi ed originali: questa parte dal punto di vista filosofico, è stata particolarmente analizzata da uno studioso il Gagliardi, e io mi baso in larga parte su aspetti della sua interpretazione. Gagliardi è andato a considerare una serie di testi aristotelici, ha riconsiderato la questione ed ha messo bene in evidenza come il magnifico sia molto abile ad usare Aristotele contro Aristotele: cioè l’Aristotele della metafisica e i libri sull’economia (che in realtà non sono di Aristotele ma allora si credevano suoi) gli Economici, così come anche aspetti dell’etica per rivoltare il discorso: in primo luogo viene modificato l’assetto del discorso dimostrando che quello che sulla base di una concezione puramente di filosofia naturale non è sostenibile nei termini di ciò che è perfetto e non perfetto.
La sostanza: appartenere alla specie umana. E la dimostrazione viene fatta come una vera propria disputa posta in termini filosofici. Se voi vi ricordate come è impostato il discorso scolastico, qui noi ci ritroviamo in pieno: perché cosa dice Giuliano? «Della imperfezion delle donne» prima c’è il giudizio che viene dato con quello su cui non è d’accordo «Della imperfezion delle donne parmi che abbiate addutto una freddissima[3] ragione; alla quale, benché non si convenga forse ora entrar in queste suttilità,» che sono le sottigliezze filosofiche «rispondo secondo il parere di chi sa e secondo la verità» cioè non si basa solo sulle autorità, sugli uomini sapientissimi come dice il Pallavicino, ma aggiunge che si basa anche su quella che definisce la verità, cioè l’accertamento della verità secondo ragione. «che la sustanzia in qualsivoglia cosa non po in sé ricevere il più o il meno[4];» il discorso qui si basa appunto prendendo spunto dalla metafisica aristotelica, sul rapporto tra la sostanza e l’accidente: la sostanza non può essere oggetto di quantità, cioè avere il più o il meno: e fa l’esempio in relazione all’essenza del sasso: «ché, come niun sasso po esser più perfettamente sasso che un altro quanto alla essenzia del sasso».
L’accidente: essere maschio o femmina. Così allo stesso tempo che cosa individua come sostanza formale dell’uomo? L’appartenenza alla specie umana: in ciò la sostanza dell’uomo è la stesa sia che sia maschio sia che sia femmina «perché l’uno e l’altro si comprende sotto la specie dell’omo e quello in che l’uno dall’altro son differenti è cosa accidentale e non essenziale[5].»: la sostanza è una cosa, l’accidente è un’altra. L’accidente è ciò che non è sostanziale, e dunque on può mutare, in quanto non sostanziale ciò che è proprio della sostanza. Accidentale è l’essere maschio o femmina: non sostanziale.
Gli accidenti: Corpo e Anima. Ha dato la risposta, e adesso pone un altro modo della questione: «Se mi direte adunque che l’omo sia più perfetto che la donna, se non quanto alla essenzia, almen quanto agli accidenti[6], rispondo:» dunque se voi dite così, io rispondo così.. andamento scolastico: «rispondo che questi accidenti bisogna che consistano o nel corpo o nell’animo» fa la distinzione tra due aspetti diversi: corpo o animo, e poi affronta prima l’uno e poi l’altro.
? il corpo. «se nel corpo, per esser l’omo più robusto, più agile, più leggero, o più tollerante di fatiche, dico che» dico che.. procedimento che avevamo già visto più volte dal punto di vista formale: «dico che questo è argumento di pochissima perfezione» e perché? Perché tra gli uomini stessi c’è chi è più resistente alle fatiche e chi meno. Quindi questa stessa distinzione si pone tra gli uomini così come tra gli uomini e le donne.
? la guerra. E naturalmente si basa su un riferimento che è dirimente: perché è quello che riguarda la guerra: «e nelle guerre, dove son la maggior parte delle opere laboriose e di forza, i più gagliardi non son però i più pregiati;» e quindi insinua che anche sotto questo profilo di fatto non solo il discorso riguarda l’accidente, ma non è pertinente il porre una differenza in relazione alla perfezione per quello che riguarda il corpo.
? l’anima. Abbiamo visto che la questio è bipartita in relazione a questa parte: ha risposto per quello che riguarda il corpo, adesso risponde per quello che riguarda l’animo: «se nell’animo, dico che tutte le cose che possono intender gli omini, le medesime possono intendere anche le donne; e dove penetra l’intelletto dell’uno, po penetrare eziandio quello dell’altra».
Capitolo XIII
C’è di nuovo una pausa ma non interviene il Pallavicino e continua il Magnifico. Qui il discorso si articola un po diversamente perché mette in evidenza anche fin da ora quale è il punto in cui vuole arrivare: perché il magnifico non soltanto vuole rintuzzare il discorso del Pallavicino ma di fatto glielo ribalta: e comincia questa opera di ribaltamento nell’introduzione di una proposizione di matrice aristotelica che quelli che sono molli di carne, sono più atti nella mente: quindi dato che si faceva leva sulla forza l’energia eccetera, nel corpo maschile, qui si viene ad introdurre un elemento che porta ad un ribaltamento, si comincia ad insinuare per l’appunto che il discorso del Pallavicino non solo non è da considerare ma può essere rovesciato usando il suo stesso metodo, o utilizzando i testi in modo da dimostrare che le cose non stanno così.
La perfezione sta nel fine. D’altra parte poi c’è la correlazione con un altro aspetto importante di ciò che riguarda la posizione aristotelica, e cioè la perfezione in relazione al fine: uno dei principi filosofici della metafisica è che letteralmente: «conseguire un fine vuole dire essere perfetto» (metafisica). E quindi qui considerando gli effetti della natura, si vede come la natura non ha prodotto per nulla le donne a caso, ma le donne sono state prodotte così perché sono state accomodate al fine necessario. Il fine è quello che poi sarà chiarito in modo più articolato dopo, è quello che cui concorrono in modo complementare sia l’uomo che la donna, e cioè quello della propagazione della specie. E d’altra parte le condizioni stesse dell’uomo e della donna concorrono alla medesima utilità.
Qui introduce un argomento tratto dagli economici pseudo-aristotelici: quello che è il compito nella casa e nella famiglia dell’uno e dell’altro, e il fatto che l’indole diversa dell’uomo e della donna, e la complessione, è fatta apposta per conseguire il fine comune disposto dalla natura. C’è però anche il discorso relativo agli effetti, se andiamo a vere le operazioni, non si può non dire che la donna è imperfetta e l’uomo perfetto. Allora, gli effetti delle azioni delle donne dove si possono vedere? Si possono vedere nei fatti. E qui verrà anticipato un tema che poi diverrà dominante negli esempi: quello che risulta dalle storie antiche e dalle storia moderne: nonostante gli uomini abbiano lodato in modo assolutamente parco le donne, basta leggere le storie antiche e moderne, per trovare continuamente è stata continuamente tra le donne così come tra gli uomini. E qui si torna al tema delle grandi donne: «e che ancor sonsi trovate di quelle che hanno mosso delle guerre e conseguitone gloriose vittorie; governato i regni con somma prudenzia e giustizia e fatto tutto quello che s’abbian fatto gli omini.» e poi c’è una serie di domande che riguardano quelle cose che risultano circa le scienze, poesia, filosofia e altro. Ma sono aspetti che torneranno negli exempla. E conclude: « Se adunque nella sustanzia essenziale l’omo non è più perfetto della donna, né meno negli accidenti (e di questo, oltre la ragione, veggonsi gli effetti), non so in che consista questa sua perfezione».
Capitlo XIV
Prima demolizione: la natura imperfetta delle donne. Poi riprende il tema della natura e lo conduce ulteriormente avanti: aveva detto il Pallavicino che se la natura potesse, non avrebbe prodotto donne: perché la se la natura produce perfezione, e le donne non sono perfette, la natura non le avrebbe prodotte.
La specie umana. E questo è contraddittorio e costituisce una aporia insanabile nel discorso di carattere biologico e naturale: perché se la natura non producesse le donne, senza le donne non si potrebbe conservare la specie umana, e la natura come suo desiderio e come fine ha quello di propagare la specie umana. Quindi le donne sono necessarie, non meno degli uomini, alla riproduzione.
Genitori e Figli. Torna poi n campo il tema dell’utilità in modo significativo, e cioè l’utilità dei figli: se i genitori generando i figli danno beneficio, quando i genitori invecchiano saranno i figli a prodursi a beneficio dei genitori, e si viene a creare una sorta di ciclo per cui la natura quasi tornando in circolo adempie la eternità ed in tal modo dona la immortalità ai mortali. E per questo è necessario tanto la donna quanto l’uomo: per cui la natura non ha per nulla a caso prodotto la donna per questo. E daltr parte se la natura sempre facesse maschi, non farebbe una cosa perfetta, ma imperfetta: perché la donna è tanto necessaria quanto l’uomo, e quindi maschio e femmina in natura sono sempre insieme.
Teologia e platonismo. Dopo averlo dimostrato con una serie di dimostrazioni di carattere argomentativo e filosofico, su questo punto conclude adducendo delle motivazioni e spiegazioni di carattere teologico che riguardano vari aspetti sotto questo profilo di carattere religioso nel tempo, questo è un motivo di carattere platonico, dove dice: «E perché un sesso solo dimostra imperfezione, attribuiscono gli antichi teologi l’uno e l’altro a Dio: onde Orfeo[7] disse che Iove era maschio e femina; e leggesi nella Sacra Scrittura che Dio formò gli omini maschio e femina a sua similitudine, e spesso i poeti, parlando dei dèi, confondono il sesso». Quindi porta anche un argomento di questa natura che per la verità è uno dei più tradizionali che venivano addotti, non in questa forma ma solo in riferimento soprattutto al dettato biblico, da quegli scrittori della tradizione che si inseriscono in un solco di opposizione alla misoginia, e che fondano la dignità della donna su basi di carattere religioso, biblico in particolare. Mi riferisco ad un trattato scritto precedentemente, sempre in area mantovana, ferrarese, da un ecclesiastico, il Gogio, che ha proprio fondato su motivi di carattere religioso la difesa della donna, sostenendo non solo la pari dignità della donna, ma l’eccellenza della donna e la sua superiorità, riferendosi ad aspetti di carattere biblico.
Mentre il Magnifico non si basa esclusivamente sulle fonti di autorità, ma anche sulla verità, il Pallavicino rimane prigioniero in questo schema e rimarrà battuto.
Capitolo XV
C’è il problema che si ripropone in relazione al pubblico interno di coloro che ascoltano, e in particolare qui il rapporto che è proposto dal Gasparo, che poi si realizzerà effettivamente quello che Gasparo teme con l’intervento di Emilia Pio, è in relazione alle donne. Gasparo sottolinea come il Magnifico stia entrando in sottigliezze filosofiche, e vorrebbe uscire da questo ambito dicendo che queste donne non ci intenderanno.
E proprio perché è convinto che le donne non possono intendere, e questo è reale e si manifesterà nel testo poco oltre, teme che gli venga dato il torto nonostante egli abbia ottime ragioni.
D’altra parte, già che si era entrati in sottigliezze non vuole che le sottigliezze addotte dal Magnifico rimangano senza risposta. E a sua volta fa riferimento basandosi sempre sulla autorità, in questo caso dei commentatori di Aristotele: «come sapete essere opinion d’omini sapientissimi» si rifà a sua volta a principii di base della filosofia aristotelica: cioè i principii di forma e di materia. Applicati analogicamente dagli aristotelici all’uomo e alla donna: «l’omo s’assimiglia alla forma, la donna alla materia; e però, cosí come la forma è più perfetta che la materia, anzi le dà l’essere, cosí l’omo è più perfetto assai che la donna» e poi cita specificamente un passo, una vera e propria citazione da Aristotele. Cita uno dei passi dei Problemata di Aristotele: Aristotele si chiede come mai per natura una donna ama sempre quell’uomo che è stato il primo a ricevere da lei amorosi piaceri, invece al contrario in questa stessa situazione l’uomo odia quella donna, che è stata la prima a congiungersi con lui. A questa domanda risponde che la causa è perché in questo atto, sessuale, la donna riceve dall’uomo perfezione e l’uomo riceve dalla donna imperfezione. Per questa ragione ognuno ama naturalmente quella cosa che lo fa perfetto e odia quello che lo fa imperfetto.
D’altra parte il Pallavicino passa ad un argomento di carattere empirico: cioè il fatto che argomento della perfezione dell’uomo e dell’imperfezione della donna è che universalmente ogni donna desidera essere uomo per un certo istinto di natura che gli insegna a desiderare la sua perfezione.
Capitolo XVI
Naturalmente il magnifico risponde in primo luogo a questa affermazione. E sostiene che le donne infelici non desiderano certo per questa ragione l’essere uomini: non per essere più perfette, dice, ma per avere più libertà, e per sottrarsi a quel dominio che gli uomini si sono arrogati autoritariamente su di loro. E d’altra parte smonta anche quell’analogia che era stata ripresa dal Pallavicino da parte dei commentatori aristotelici. E sposta il discorso da quello che negli aristotelici era sempre relativo alla generazione, ai processi riproduttivi, in una relazione tra uomo e donna in quanto tali: nella relazione tra uomo e donna, se noi consideriamo ciò che è la donna e ciò che è l’uomo, questa analogia non funziona assolutamente, perché che cosa è il rapporto tra la forma e la materia? La materia riceve l’essere dalla forma, ma la donna non riceve l’essere dall’uomo. E qui questa analogia non tiene, e perciò anzi sono entrambi complementari nel processo di generazione perché l’uomo non può generare senza la donna, e viceversa.
La fedeltà: caldo e freddo. E poi d’altra parte deve controbattere rispetto a quella che è l’affermazione aristotelica nei problemata, e non ha certamente per lui un gran peso il fatto che sia Aristotele ad averlo affermato. E anzi beffardamente risponde utilizzando proprio a sua volta motivi ripresi dalla filosofia naturale, infatti dice «né senza ragion naturale». Perché se ciò che è caldo si sposta verso l’altro, deviando metaforicamente il carattere di leggerezza di ciò che è caldo ad una leggerezza dal punto di vista psichico, allora che cosa succede? Che «essendo il maschio calido, naturalmente da quella qualità piglia la leggerezza, il moto e la instabilità» ecco perché l’uomo non è fedele alla donna. Per contrario invece la donna che non ha questo calore nella sua complessione naturale ma al contrario è caratterizzata da freddo, allora ha una quiete e più fissa impressione. Allora ribalta l’argomento, dicendo che semmai la donna è da essere vista in termini più positivi rispetto all’uomo, più stabile, più ferma, più grave.
Capitolo XVII
Emilia Pio: e basta!. L’intervento di Emilia pio è molto significativo per quello che riguarda la situazione sul piano culturale delle donne di corte. A partire dal testo di Castiglione si potrebbe dire in modo caustico che se fosse stata presente Vittoria Colonna avrebbe ben saputo rispondere personalmente al Pallavicino, e non avrebbe fatto ricorso a ciò che dice Emilia Pio. Ma qui non è presente Vittoria Colonna, e non è rappresentata una donna come Vittoria colonna. E’ rappresentata invece una donna di Corte come Emilia Pio, che, donna nobile e socialmente importante, ma con l’intervento che fa mostra di non aver avuto una formazione culturale, neppure di base, dal punto di vista filosofico. Infatti si lamenta Emilia Pio perché dice si è entrati in sottigliezze e le donne non capiscono cosa si voglia dire quando si parla di queste concezioni di materia e forma. Dato che proprio la terminologia in relazione a materia e forma e i concetti di materia e forma stanno alla base diciamo della concezione aristotelica, è significativo che Emilia Pio denunci una mancanza di acculturamento.
Si rivolge Emilia Pio a Giuliano e dice appunto: « Per amor di Dio, – disse, – uscite una volta di queste vostre «materie» e «forme» e maschi e femine e parlate di modo che siate inteso». Se vi ricordate il Pallavicino aveva prima di tutto previsto che ci potesse essere questa incomprensione, e questa incomprensione si realizza effettivamente. La Pio si lamenta perché dice hanno capito benissimo le cose contro le donne dette da Gasparo e Ottaviano, ma non capisce adesso in che modo il Magnifico le difende. Perciò fare questa disputa di carattere filosofico sia un uscir di proposito. E d’altra parte lascia nell’animo di ciascuno questa mala impressione che hanno dato delle donne «questi nostri nemici». Ecco, punto sul vivo nell’essere un’altra volta definito nemico, interviene Gasparo dicendo che non pè nemico delle donne, e sostiene nella sostanza che dice la verità e non vuole essere nemico delle donne. Semmai il nemico delle donne è proprio il Magnifico, perché è lui che dà lodi false alle donne: c’è dunque una controversia tra i due tra ciò che è verità, dire la verità, e menzogna nel discorso. Secondo il Pallavicino ciò che dice lui è il dire la verità delle cose, quello del Magnifico secondo il Pallavicino è lusingare le donne. Oltretutto il Pallavicino rincara la dose dicendo che dando lodi false alle donne, il Magnifico dimostra che non ci sono lodi vere da fare.
Inserzione meta-letteraria. Giuliano non risponde per ora su questo punto, ma risponde a Emilia Pio, che è la cosa che conta per ora. La risposta che dà a Emilia Pio è significativa perché comporta un intervento di carattere metaletterario da parte dell’autore. Perché il personaggio farà riferimento a quello che sarà l’opera scritta dall’autore stesso: «Non dubitate, Signora, che al tutto si risponderà; ma io non voglio dir villania agli omini cosí senza ragione, come hanno fatto essi alle donne; e se per sorte qui fusse alcuno che scrivesse i nostri ragionamenti, non vorrei che poi in loco dove fossero intese queste «materie» e «forme»[8], si vedessero senza risposta gli argomenti e le ragioni che ‘l signor Gaspar contra di voi adduce». Dato che appunto il Castiglione scrive questi ragionamenti, come ha detto nel proemio, di fatto c’è un indicazione di carattere metaletterario: il parlare da un lato, lo svolgere i ragionamenti, e lo scrivere dall’altro. E d’altro canto quello che dice il Magnifico ci dà anche un indizio di altra natura: per il lettore risulta chiaro che questa preoccupazione del Magnifico è una preoccupazione stessa dell’autore, ed è l’indizio che conferma quello che il lettore ricava dall’orchestrazione complessiva del discorso:che la posizione del Castiglione autore, è la posizione stessa del Magnifico. Il Magnifico è in toto il portavoce del Castiglione autore. Non solo, ma è non fuori di proposito lo scrivere questo (come aveva detto Emilia) , ma corrisponde al proposito dell’opera dare risposta anche da un punto di vista teorico agli argomenti di quegli uomini di corte di chi come il Pallavicino parlava contro le donne. Tornerò poi su questo aspetto, perché non solo il Castiglione ci ha lasciato testimonianza di queste dispute e controversie sulle donne.
Gasparo non lascia rispondere al Magnifico, ma interviene nuovamente. E nella disputa filosofica è questo l’ultimo intervento di Gasparo. Si riaggancia a quello che ha detto il magnifico, perché il Magnifico ha introdotto un argomento che aveva considerato risolto in termini che potremmo dire sofistici, del caldo e del freddo. E qui Gasparo ha uno spunto per intervenire a sua volta e per riportare il discorso nel contesto della filosofia naturale e della biologia. Perché si riaggancia a quanto detto a proposito del caldo e del freddo. Dato che il caldo è considerato più perfetto rispetto al freddo, e dato che l’uomo per le sue virtù naturali è caldo, e la donna freddo, allora se noi consideriamo questo dobbiamo ancora concludere che l’uomo è più perfetto della donna. Questo discorso che di nuovo è riportato sulla natura riguarda secondo il Pallavicino tanto la natura degli uomini e delle donne quanto la natura del cosmo. E aggiunge alla fine: «come sapete, i cieli qua giù tra noi infondono il caldo solamente e non il freddo, il quale non entra nelle opere della natura; e però lo esser le donne frigide di complessione credo che sia causa della viltà e timidità loro». E di nuovo come volevasi dimostrare da parte del Pallavicino sull’imperfezione delle donne e sulla sua inferiorità nell’agire.
Capitolo XVIII
Qui interviene Giuliano e interviene di fatto precisamente respingendo quello che ha detto il Pallavicino e spostando il piano del discorso dall’uomo e dalla donna visti nell’ottica puramente naturale, all’uomo e la donna visti nel contesto della società e della storia. Sposta, dopo aver concluso il discorso suo piano naturale, il discorso sul piano dell’etica e dell’agire responsabile. Il fatto che il magnifico Giuliano abbia l’ultima parola in questo discorso di carattere teorico e filosofico ed abbia quest’ultima parola con una articolazione molto ampia del suo discorso è un ulteriore segno, anche dal punto di vista retorico della vittoria che è assegnata al magnifico. Naturalmente il Pallavicino non lo ammette, ma il Pallavicino non replica sul piano teorico su questo. Vedremo alla fine di questa ampia risposta del Magnifico interviene piuttosto il frigio con un’altra provocazione che sposta il piano del discorso in un’altra direzione.
Il magnifico Giuliano ribatte nella sua vittoria certo di indebolire del tutto i discorsi del Pallavicino. « Ancor volete, – rispose il Magnifico Iuliano, – pur entrare nelle sottilità; ma vederete che ogni volta peggio ve n’avverrà: e che cosí sia, udite». Allora, il discorso che fa Giuliano di fatto entra nel merito, come dimostra Gagliardi, di quelle che sono le difficoltà stesse interne della filosofica naturale aristotelica: gagliardi infatti sostiene che qui in discussione non è solo la materia oggetto del contendere, cioè la perfezione del’uomo e della donna, quanto piuttosto l’uso della filosofica naturale e gli argomenti addotti sulla sola base della filosofia naturale. Il Magnifico utilizzando anche delle superiori capacità dialettiche, nel contesto del discorso,mette in luce quelle che sono le difficoltà interne, le aporie, nel contesto della stessa filosofia naturale aristotelica. Qual è il discorso dunque? Presi in sé il caldo e il freddo corrispondono a quello che ha detto sulla maggior perfezione il Pallavicino, ma qui stiamo considerando non il caldo e il freddo in sé, ma stiamo considerando dei corpi misti e composti, come è proprio dell’essere umano. Allora nei corpi misti e composti, essendo composti di cose diverse, quello che dobbiamo guardare non è più caldo in sé e il freddo e in sé, ma il temperamento degli opposti: è perfetto ciò che è più temperato. Più si avvicina alla perfezione ciò che ha un maggior temperamento. E allora chi si avvicina di più al temperamento è la donna, proprio perché il caldo nell’uomo è superiore, in relazione agli umori, a ciò che è il freddo per la donna. Dunque dei due semmai la maggior perfezione sul piano naturale se guardiamo al temperamento spetterebbe alla dona. e utilizza anche ciò che dice Aristotele sugli animali: «e però, perché gli omini nel generar si diseccano più che le donne, spesso interviene che son meno vivaci[9] che esse; onde questa perfezione ancor si po attribuire alle donne che, vivendo più lungamente che gli omini, eseguiscono più quello che è intento della natura, che gli omini». Il problema del calore dei cieli è un discorso che non è pertinente, e quindi il Magnifico lo elimina dal piano del discorso.
E entra invece in campo la questione conclusiva che ne aveva fatto derivare dalla natura il nostro Pallavicino: cioè che essendo le donne frigide di complessione, allora frigide di complessione credo che sia causa della viltà e timidità loro». Il magnifico ribalta il discorso. Entra nel merito di quello che è proprio della capacità di ricevere impressioni e quello che è proprio del primato della volontà. Allora, questo passo lo vediamo: «Ma la timidità nelle donne, avvegna che dimostri qualche imperfezione, nasce però da laudabil causa, che è la sottilità e prontezza dei spiriti[10],» qui siamo nel passaggio ancora delle condizioni biologiche in relazione alle condizioni psichiche. «i quali rappresentano tosto le specie» e cioè le immagini delle cose sensibili all’intelletto, «allo intelletto[11] e però si perturbano facilmente per le cose estrinseche.» cioè di fatto la maggior prontezza delle donne a cogliere le impressioni è quella che è di fatto causa di questa situazione: il perturbarsi più facilmente. «Vederete ben molte volte alcuni, che non hanno paura né di morte né d’altro, né con tutto ciò si possono chiamare arditi, perché non conoscono il periculo e vanno come insensati dove vedeno la strada e non pensano più; e questo procede da una certa grossezza di spiriti ottusi; però non si po dire che un pazzo sia animoso, ma la vera magnanimità viene da una propria deliberazione e determinata voluntà di far cosí e da estimare più l’onore e ‘l debito che tutti i pericoli del mondo[12]; e benché si conosca la morte manifesta[13], esser di core e d’animo tanto saldo, che i sentimenti non restino impediti né si spaventino, ma faccian l’officio loro circa il discorrere e pensare, cosí come se fossero quietissimi» da cui la conclusione: «Di questa sorte avemo veduto ed inteso esser molti grandi omini; medesimamente molte donne, le quali e negli antichi seculi e nei presenti hanno mostrato grandezza d’animo e fatto al mondo effetti[14] degni d’infinita laude, non men che s’abbian fatto gli omini».
Dunque se c’è una differenza per quello che riguarda la reazione immediata dovuta alla diversità del modo in cui si pongono gli spiriti, ovvero: sottigliezza e prontezza degli spiriti nelle donne, piuttosto che in altri (uomini) una certa grossezza di spiriti ottusi, quello che conta è poi come interviene la volontà: le donne possono si perturbarsi, al momento, ma entrambi uomini e donne, attraverso la loro volontà imprimono quello che intendono, nell’azione.
Il primato nella sostanza è nella donna: il tema si sposta sul piano etico e ci riporta da un lato all’etica nicomachea, e dall’altro al neoplatonismo ficiniano: le donne non sono meno dotate di capacità etiche di quanto non siano gli uomini. Una volta che il Magnifico ritiene di aver dimostrato che non c’è differenza di perfezione sul piano naturale, così il magnifico dimostra che ci sono uguali possibilità sul piano etico, sul piano della responsabilità nell’azione da parte di uomini e donne. Se ci sono stati grandi uomini che hanno compiuto grandi azioni, ci sono state anche grandi donne che hanno compiuto grandi azioni. La parità è tanto sul piano naturale quanto sul piano etico, e altrettanto può esse dimostrata, come sul piano teorico, sul piano della storia. Su quello che risulta dagli esempi nella storia. Il passaggio è importante perché il Pallavicino rimaneva chiuso in uno schema: schema di carattere biologico, relativo alla biologia naturale; qui il piano del discorso si sposta e dà un’altra pertinenza sia dal punto di vista culturale sia dal punto di vista letterario. La disputa filosofica si conclude qui. Per quanto il Pallavicino cercherà di risollevarla, da questo momento in poi passiamo sul piano della «storia», tra virgolette perché come vedremo non c’è distinzione per quello che riguarda la storia a quelle che sono piuttosto raccolte di aneddoti o opere in lode di. Tutto è accomunato nell’ottica della storia. Tema già umanistico il raccogliere nella storia quello che è proprio anche della letteratura.
note:
[1] – vi sono per niente: al confronto non sono nulla.
[2] – E’ l’ergon idon (e”rgon i”don) della filosofia aristotelica, che deriva dall’essenza dell’essere di cui è operazione, e nello stesso tempo, a posteriori, la rivela.
[3] – freddissima: poco convincente.
[4] – E’ la nota dottrina aristotelica.
[5] – Non appartiene alla sostanza o forma sostanziale della specie «uomo». Il Magnifico imposta la questione nel linguaggio della filosofia aristotelica.
[6] – accidenti: qualità accessorie o non essenziali.
[7] – Il presunto autore degli Inni Orfici. Cfr. l’Inno a Giove
[8] – Da persone capaci di capire queste «materie» e «forme».
[9] – son meno vivaci: son meno vitali, longevi.
[10] – spiriti: gli «spiriti animali» che hanno sede nel cervello.
[11] – Portano rapidamente le immagini sensibili all’intelletto, che ne astrae i concetti.
[12] – E’ la nota dottrina platonica intorno al coraggio.
[13] – morte manifesta: morte imminente, evidente.
[14] – effetti: fatti, azioni.
Indice:
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Il Cortegiano di Castiglione introduzione di Carlo Zacco
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La dedicatoria del Cortegiano di Castiglione introduzione di Carlo Zacco
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1 Libro primo del Cortegiano di Carlo Zacco
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2 Libro secondo del Cortegiano di Carlo Zacco
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3.1-3 Libro terzo del Cortegiano (introduzione e primi tre capitoli) di Carlo Zacco
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3.4-10 Institutio di Carlo Zacco
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3.11-20 Disputa filosofica di Carlo Zacco
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3.21-45 Gli exempla Il Magnifico di Carlo Zacco
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3.46-53 Gli exempla Cesare Gonzaga di Carlo Zacco
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