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27 Gennaio 2019Codici di comunicazione nella seconda guerra mondiale
Parlando di comunicazione durante le operazioni belliche della seconda guerra mondiale, non si può tralasciare l’aspetto più intrigante e affascinante della guerra: i codici segreti.
Fin dall’antichità si hanno testimonianze dell’uso di codici per criptare i messaggi da inviare alle truppe cosi, con i dovuti sviluppi si passò dagli stratagemmi usati da Cesare (la striscia di cuoio intorno a una bacchetta di legno) nell’antica Roma fino a quella che, a detta dei tedeschi durante la seconda guerra mondiale doveva essere l’elaboratore di codice finale: Enigma. Cominciamo da Bletchley Park, nella Contea di Buckingam: dal 1938 fino alla fine della Seconda guerra mondiale una piccola comunità di brillanti matematici, informatici e ingegneri si riunì per tentare di codificare il “Codice Enigma”, cioè il codice che prendeva il nome dalla macchina utilizzata per comunicare con questo sistema cifrato – utilizzato, con numerose varianti dall’esercito, dalla marina e dall’aviazione della Germania di Hitler e anche dall’italiana Regia Marina.
Molti episodi della Seconda Guerra mondiale hanno una spiegazione che passa da questo tranquillo parco inglese: dietro tante vittorie ed affondamenti di navi e sommergibili, dietro molte sconfitte o vittorie in mare, in cielo in Africa del Nord o in Europa c’è stato sempre un fattore determinante: la violazione del Codice Enigrna da parte delle Forze Alleate. La macchina Enigma nasce molto prima della Seconda guerra mondiale e non nasce neanche per scopi militari. Il suo inventore infatti, l’ingegnere berlinese Scherbius, l’aveva creata pensando ai grandi industriali visto il montare, subito dopo la fine della Prima guerra mondiale, del nuovo fenomeno dello spionaggio industriale. La prima macchina Enigma venne esposta al congresso internazionale dell’Unione Postale del 1923 e poi messa in commercio. Tra gli acquirenti, inaspettatamente, gli stati maggiori degli eserciti di vari paesi: Germania, Giappone, Polonia, Stati Uniti. Enigma era cosi sofisticata che nessuno credeva possibile la decrittazione dei suoi messaggi: il modello iniziale aveva solo tre rotori (poi diventeranno cinque e più) e già così si arrivava a circa 150 tril’ioni (cioè 150 milioni di milioni di milioni) di combinazioni diverse.
Nella versione originale della macchina Enigrna ci sono nell’ordine da destra a sinistra: un rotore di ingresso 1 con ventisei contatti elettrici corrispondenti alle 26 lettere dell’41fabeto ordinate in un qualche ordine prefissato (la disposizione tedesca QWERTZ … ), tre rotori D, C, S forniti di 26 contatti elettrici su ogni faccia che in modo segreto connettono ogni contatto sulla faccia destra con un contatto sulla faccia sinistra; e all’estrema sinistra un riflettore con 26 contatti elettrici solo sulla faccia destra, accoppiati a due 4 due secondo uno schema segreto. Quando l’operatore preme un tasto un segnale elettrico parte dal rotore I e passa successivamente per i rotori D, C, S fino al riflettore e quindi ritorna indietro passando di nuovo per i tre rotori fino a illuminare una lettera che è il carattere cifrato da trasmettere.
Nella tavola a destra i rotori sono rappresentati da colonne di coppie di lettere; queste servono solo a identificare i contatti elettrici, nel senso che per esempio la A a destra è connessa alla A a sinistra; alla fine la A è cifrata con la lettera D. Fin qui tutto si riduce a un semplice scambio tra 13 coppie di caratteri.
Ma ad ogni nuovo carattere il rotore D ruota di una posizione (1126); ad ogni giro completo di D, il rotore C ruota a sua volta di una posizione, e infine ad ogni giro di C, ruota di una posizione il rotore S; il funzionamento è quindi simile a quello di un contatore meccanico, salvo il fatto che l’inizio del giro di ogni rotore è segreto. In tal modo cambiano anche le tredici coppie di caratteri scambiati. Si tratta quindi di un cifrario a sostituzione polialfabetica. la lettera A viene cifrata ogni volta con un carattere diverso; la prima volta con D la 2a con T, la 3a con E, la 4a con P. Dal punto di vista matematico tutto questo equivale a un sistema di permutazioni; ogni rotore effettua una permutazione delle 26 lettere, e così pure il riflettore e il dispositivo di ingresso.
Per dare un’idea più chiara di cosa sia una permutazione dobbiamo immaginarla come una disposizione semplice di ordine n di n elementi ovvero n!; prendendo un solo rotore, per esempio, le combinazioni possibili sono 26 x 25 x 24 x… 2 x 1= (circa) 4.03 x 10 alla 26. Ecco spiegato il motivo della difficoltà di decifrare un codice che a prima vista sembrava solo uno scambio di lettere.
Due caratteristiche singolari conseguono da questa s a) la macchina è simmetrica nel senso che se in una certa posizione del testo la A viene cifrata con la D, allora la D è cifrata con la A, dunque lEnigrna serve anche come macchina decifrante; b) una lettera non può mai essere cifrata da se stessa.
Una cifra così alta di possibili combinazioni, rendeva Enigma universale: poteva essere usata da nazioni diverse senza che gli altri possessori della macchina avessero particolari possibilità di capire quale delle infinite chiavi cifrate era stata utilizzata. E tutto sarebbe andato liscio se non fosse stato per un curioso personaggio, amante dei soldi e delle donne: si chiamava Hans Thilo Schmidt. Nel novembre 1931, la Germania era ancora una repubblica democratica. Hitler e il nazismo sarebbero arrivati al potere solo 14 mesi più tardi. Quindi le ragioni che indussero Hans Thilo Schmidt a passare ai servizi segreti francesi i manuali operativi di Enigma in uso presso le forze armate tedesche non furono politiche ma economiche. Amante della bella vita, Schmidt non si accontentava del suo stipendio di funzionario dell’Ufficio Cifra dell’esercito tedesco. 1 francesi pagavano così bene che Schmidt continuò a passar loro informazioni fino al 1943 quando, scoperto dalla polizia nazista, si suicidò in carcere per evitare le torture. Come abbiamo visto il numero di combinazioni offerto da Enigma era tale che anche con i manuali di utilizzo non era semplice capire quale chiave fosse stata utilizzata per criptare un determinato messaggio. Anche perché è buona norma in questi casi cambiare chiavi di cifratura costantemente, anche più volte al giorno. Quindi i primi documenti passati da Schmidt, pur utili, non potevano essere decisivi. Se ne accorsero i francesi, che li avevano comprati, quando dovettero arrendersi al fatto che non riuscivano a venire a capo di nulla. A chi chiedere aiuto? Già pochi mesi il primo incontro tra Schmidt e gli agenti francesi si sviluppò una strana triangol’azione: Schmidt dava i documenti ai francesi e questi li passavano all’ufficio Cifra del governo polacco a Varsavia. A Varsavia infatti operava un agguerrito gruppo di crittografi che nell’agosto 1932 violò per la prima volta Enigma. Ma si trattava di vittorie “sui generis”: come accadrà anche in seguito, il vero problema, oltre a capire quale chiave fosse stata utilizzata nel caso in esame era anche quello della velocità. Conoscere in tempo reale o quasi il senso delle comunicazioni intercettate era ovviamente di vitale importanza mentre i polacchi spesso riuscivano a fatica a capire il senso di messaggi scambiati mesi o settimane prima. Insomma, in caso di guerra tutto il lavoro fatto non sarebbe servito a nulla. A peggiorare le cose tra il 1937 e il 1938 Marina ed esercito tedeschi mutano il sistema di base delle proprie trasmissioni e trasformano le macchine Enigma da tre rotori a cinque. Per Polacchi e Francesi il danno è ancora più grande perché proprio in quegli anni si sviluppa la politica aggressiva della Germania Nazista verso gli stati vicini e, nel settembre 1939, scoppia la Seconda guerra mondiale. Quindi nel momento di maggior bisogno né francesi, né gli inglesi né i polacchi erano in grado di decrittare i codici tedeschi. La Polonia fu invasa nel giro di pochi giorni e il 6 settembre i crittoanalisti polacchi fuggirono da Varsavia. Il mese successivo il gruppo si ricostituì in Francia. E per la prima volta francesi, inglesi e polacchi iniziarono a lavorare insieme al progetto. La cosa curiosa è che fino allo scoppio della Seconda Guerra mondiale, sebbene fossero legati dal comune interesse anti-tedesco e da patti di alleanza e mutuo soccorso, i polacchi non rivelarono ì loro progressi nella decifrazione di Enigma ai francesi e agli inglesi che, da parte loro, avevano già avviato, qui a Bletchley Park, un centro di ricerca fin dal 1938. A Bletchley Park la guerra era combattuta in modo particolare ma anche qui non mancarono vittorie e sconfitte. Infatti, era in atto una delicata partita a scacchi tra gli inglesi che cercavano di decrittare il più velocemente possibile i messaggi dei tedeschi e, dall’altra parte, i tedeschi che pur senza immaginare quanto fosse vulnerabile il loro segreto – comunque cambiavano di continuo le chiavi e perfezionavano le macchine, rendendo cosi vani molti successi ottenuti qui. Ma, mese dopo mese, per quanti sforzi facessero i tedeschi, ogni cambio dei parametri di regolazione di Enigma veniva “recuperato” dagli uomini di Bletchley Park sempre più rapidamente. E questo grazie ad una intuizione di un giovane matematico, destinato a diventare uno dei grandi geni dei XX secolo: Alan Turing. Sviluppando un sistema messo a punto dai crittografi polacchi nel 1940, Turing ideò le cosiddette “Bombe”, cioè delle macchine che contenevano vari gruppi di rotori simili a quelli di Enigma che, girando a forte velocità, calcolavano velocemente tutte le combinazioni possibili. Con la messa a punto di “The Bombe”, l’ago della bilancia iniziò a pendere decisamente a favore degli uomini di Bletchley Park. Nel 1940, Alan Turing ha 28 anni ed è già a capo della sezione di ricercatori che si occupa di decrittare le macchine Enigma usate dalla Marina tedesca. E’ un tipo geniale e bizzarro: ad esempio gira per Bletchley Park in bicicletta indossando una maschera antigas ed ha un curriculum scolastico non brillantissimo. Al ginnasio era stato bocciato proprio in matematica. Il suo professore aveva motivato così la decisione: “Perde tempo in ricerche, di matematica superiore a scapito dello studio di quella elementare. 1 suoi elaborati sono sporchi e disordinati”.
Oggi Alan Turing è ricordato come un autentico genio oltre che il profeta dell’intelligenza artificiale, da lui teorizzata già negli anni Trenta quando non era stato ancora creato il primo computer. Turing è rimasto a lungo un genio incompreso. Solo un paio d’anni fa l’Inghilterra gli ha dedicato una statua. Mentre era in vita, a titolo di ringraziamento per i suoi servizi, fu decorato prima con l’Ordine dell’Impero Britannico, poi fu nominato membro della Royal Society, ed infine – nel dopoguerra – fu processato per atti osceni in quanto omosessuale e condannato ad una cura ormonale che lo rese impotente e gli fece crescere il seno. Emarginato e solo, Turing entrò in depressione e morì, in circostanze non del tutto chiare, nel giugno 1954, a 42 anni. La statua che gli è stata dedicata, a Manchester, lo ritrae con una mela in mano. La versione ufficiale infatti vuole che abbia, più o meno volontariamente, ingerito del cianuro accompagnandolo ad una mela. Ma una biografia recente ad’ombra l’ipotesi che Turing, detentore di importanti segreti ma ritenuto incontrollabile, fosse diventato un possibile pericolo per la sicurezza dai servizi segreti inglesi, che avrebbero così inscenato un suicidio per liberarsi dell’ingombrante scienziato. Insomma, su Bletchley Park è calata una cortina fumogena più spessa della mitica nebbia inglese. Solo alla fine degli armi Settanta sono stati resi pubblici i primi documenti su questa vicenda e l’Imperial War Museum ha dedicato una grande mostra celebrativa alla guerra segreta condotta dagli uomini di Bletchley Park solo nel 1997!