Gli Alleati e la Mafia
2 Aprile 2023Rosario Livatino
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La Mafia e il Movimento Indipendentista Siciliano (MIS)
In questo stesso periodo, la mafia cercò di organizzare la sua presenza, anche politica, in Sicilia, contribuendo alla nascita del Movimento Indipendentista Siciliano (MIS), formazione politica che si prefiggeva l’indipendenza della Sicilia dal resto d’Italia e, in alcuni momenti, persino la stramba idea di far aderire la Sicilia agli Stati Uniti.
Il MIS non fu composto solo da mafiosi, ma ebbe diverse anime e diverse adesioni. Certo, però, la componente mafiosa, o vicina alla mafia, era molto importante. D’altro canto, i mafiosi potevano vantare, paradossalmente, di essere stati “perseguitati” dal Fascismo, facendosene un merito. Il MIS ebbe un sviluppo molto ampio dal 1943 al 1947, sia per il seguito popolare, sia perché “i responsabili del governo militare di occupazione affidarono il 90% delle amministrazioni a politici separatisti”, come denunciava la prima relazione della Commissione parlamentare antimafia del 1972 .
La crescita di potere e di consensi del movimento portò il MIS a costituire persino un suo esercito, l’EVIS (Esercito volontario di indipendenza siciliana), in cui militarono banditi e mafiosi di grosso calibro. Capo dell’EVIS fu Salvatore Giuliano e fu proprio questi a provocare la fine dell’esperienza separatista, con la strage di Portella della Ginestra, dove erano riuniti il 1° maggio 1947 i lavoratori della zona per celebrare la festa del lavoro. In quella occasione, erano pervenuti nella località molti gruppi di lavoratori con le proprie famiglie ed era iniziato da poco il discorso del segretario socialista della zona quando, improvvisamente, dalle alture circostanti partirono i primi colpi di mitra. Ci fu un improvviso clamore, quasi di gioia, perché i più ritenevano che si trattasse di spari festosi. Poi le prime urla e quindi un confuso fuggire tra lamenti e pianti.” (il racconto è ancora tratto dalla Relazione della commissione antimafia del 1972). Vi furono 14 morti e 27 feriti.
L’orrore suscitato in tutta Italia dalla strage provocò una reazione decisa da parte dello Stato. Tuttavia, si trovò una soluzione al problema molto ambigua, cioè si vollero distinguere nettamente le responsabilità del bandito Giuliano da quelle dei politici del MIS e dei mafiosi. Si contrattò segretamente con la mafia la fine di Giuliano, che fu tradito da un suo luogotenente (Gaspare Pisciotta), ucciso e il corpo consegnato alla polizia. Prima si fece passare la versione che Giuliano fosse morto in uno scontro a fuoco, ma, grazie ad alcune inchieste giornalistiche, si ricostruì infine la verità.
Quando, un paio di anni dopo, Pisciotta cominciò a far intendere di essere disposto a rivelare alcuni scottanti retroscena, fu trovato morto nel carcere dell’Ucciardone, a Palermo, per aver bevuto un caffè alla stricnina.
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