Manzoni nello scrivere alla Monaca di Monza si ispira al personaggio realmente esistito di Marianna De Leyva, nata nel 1575.
Gertrude nasce in una famiglia nobile spagnola e il padre è il feudatario di Monza.
Già prima della sua nascita, la famiglia avevano deciso che il figlio o la figlia nata sarebbe andato in convento, si doveva solo stabilire se fosse stato un monaco o una monaca; il padre, infatti, non volendo distribuire il proprio patrimonio, ma volendolo tenere intatto, decise di assegnare tutto al figlio primogenito.
Una volta nata Gertrude, la famiglia fece di tutto per educarla alla vita monastica. Innanzitutto le diedero il nome di una santa che fosse anche nobile, i primi giocattoli che la bambina ricevette furono bambole vestite da monaca e successivamente dei santini.
La ragazza non viene mai descritta fisicamente, ma essendo un poco robusta per farle dei complimenti le veniva detto che madre badessa”, ogni volta che si parlava del suo futuro nessuno le diceva direttamente che doveva dimenticare monaca, ma quando lei si atteggiava la rimproveravano dicendole che poteva comandare solo quando sarebbe diventata badessa e di portare rispetto per riceverlo in futuro dagli altri.
A sei anni venne mandata nel monastero di Santa Margherita a Monza per istruirsi.
Viene mandata proprio in quello perché suo padre è il feudatario della città e quindi la figlia avrebbe avuto un trattamento di riguardo. Infatti, le monache riservano un posto speciale per Gertrude sia a tavola che nel dormitorio, con lei sono dolci e gentili e la mostrano alle altre come modello di comportamento. Gertrude vuole essere sempre la prima e vuole che le oltre la invidino. Quando capisce, però, che è lei che le invidia perché al contrario di lei loro usciranno dal monastero e saranno libere. Le odia e fa loro dispetti. A volte, però, sente il bisogno di stare con le sue compagne e le cerca. Lei è nel monastero, m di sicuro non per vocazione, le porta solo che una volta che sarà badessa avrà una certa autorità.
Per diventare monaca le bambine vengono mandate in convento per istruirsi; dopo alcuni anni, coloro che vogliono diventare monache, devono scrivere e inviare una lettera di supplica al vicario per richiedere il colloquio. Successivamente verranno mandate a casa per un mese per conoscere il mondo esterno e al suo termine dovranno decidere se seriamente vogliono prendere i voti o rimanere fuori dal monastero e maritarsi. A questo proposito, Gertrude convinta dalle monache manda la supplica al vicario, ma subito se ne pente.
Chiede perciò consiglio a una sua compagna, la più franca, la quale le suggerisce di scrivere una lettera a suo padre dicendogli di non voler prendere i voti. Riunitesi quattro o cinque compagne le danno una mano a scrivere la lettera e con strane vie questa arriva al padre della ragazza. Egli non le rispose, ma incarica la badessa di sgridarla e le dice che se si comporterà bene potrà far finta che quella lettera non sia mai stata letta.
Per Gertrude arrivò il giorno di trascorrere un mese nella casa paterna. Era felice da uscire dal monastero, nonostante immaginava che l’avrebbero costretta a tornare; lei, però, aveva deciso di esser dura e ferma nelle sue idee, ma purtroppo non andò così.
In casa nessuno le parlava né della supplica né di altro ed erano tutti seri, freddi. La guardavano come si guarda una colpevole e solo poche volte, in orari stabiliti, poteva rimanere con i parenti e con il primogenito.
Quelle rare volte che osava parlare, non le davano retta. Gertrude chiedeva solo un po’ d’amore e di confidenza, visto che fra gli altri componenti, essa regnava indisturbata. Sembrava esistesse un solo modo per ottenere ciò, ma a quel costo Gertrude avrebbe rinunciato a quell’amore tanto desiderato. Quando avevano ospiti, era obbligata a ritirarsi nella stanza dell’ultimo piano, insieme alle donne di servizio. Non usciva mai e anche la servitù la trattava male. Solo un paggio le portava rispetto e provava per lei compassione; così si rasserenò un po’, ma un giorno una cameriera la scoprì mentre scriveva una lettera indirizzata a questo ragazzo. La carta fu portata al padre di Gertrude e le fu imposto di rimanere rinchiusa in quella camera con la cameriera, mentre il paggio fu licenziato e gli impartì di tenere per sé l’accaduto, ricordandoglielo con due schiaffi. Gertrude fu data malata e nella stanza dov’era rinchiusa, regnava l’odio fra lei e la cameriera che custodiva il segreto della scoperta.
La monaca di Monza ospiterà nel suo monastero Lucia, ma sarà proprio lei a consegnarla all’Innominato.