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27 Gennaio 2019
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27 Gennaio 2019Il concetto etico di non violenza affonda le sue radici nel pensiero orientale, trovando alcune delle sue espressioni più elevate nelle tradizioni indiane del buddhismo e del jainismo.
Mohandas Karamchand Gandhi, meglio conosciuto come il Mahatma (“Grande Anima”), è stato uno dei leader più emblematici del XX secolo, riconosciuto non solo come fondatore del moderno stato indiano, ma anche come un pioniere della non violenza (ahimsa) e della resistenza passiva (satyagraha) come strumenti di lotta politica e sociale.
L’esperienza in Sudafrica e il ritorno in India
Gandhi trascorse gran parte della sua giovinezza in Sudafrica, dove ebbe modo di confrontarsi con le discriminazioni razziali nei confronti della comunità indiana. Questa esperienza lo spinse a sviluppare il concetto di satyagraha, basato sulla resistenza pacifica come mezzo per combattere l’ingiustizia. Al suo ritorno in India, Gandhi mise in pratica questi principi per opporsi al dominio coloniale britannico, guidando una campagna di non collaborazione che esortava gli indiani a boicottare i prodotti britannici e a rifiutare di pagare le tasse.
La campagna del sale e la disobbedienza civile
Uno degli episodi più noti della sua lotta fu la Marcia del Sale del 1930, durante la quale Gandhi e migliaia di seguaci percorsero oltre 240 miglia per protestare contro l’imposta britannica sul sale. Questo evento, simbolo della disobbedienza civile, attirò l’attenzione mondiale e rafforzò il movimento per l’indipendenza indiana.
Gandhi il Mahatma
Spiritualità e trasformazione sociale
Gandhi credeva che l’indipendenza politica dovesse essere accompagnata da una rinascita morale e sociale. Egli promosse la semplicità, il ritorno all’artigianato tradizionale, la riforma dei villaggi e l’uguaglianza tra le caste, opponendosi fermamente al sistema delle caste e all’intoccabilità. La sua vita era caratterizzata da digiuni, meditazione e rinuncia ai beni materiali, rendendolo un modello di spiritualità incarnata.
Il ruolo nella divisione dell’India
Gandhi giocò un ruolo cruciale nei negoziati per l’indipendenza indiana, ma si trovò di fronte a un conflitto irrisolvibile tra indù e musulmani. Nonostante i suoi sforzi per promuovere la pace e l’unità attraverso scioperi della fame e appelli alla tolleranza, nel 1947 l’India fu divisa in due stati: India e Pakistan. Questa separazione portò a violenze sanguinose tra le due comunità, un dolore che Gandhi sentì profondamente.
La tragica fine e l’eredità
Nel 1948, Gandhi fu assassinato da un estremista indù che si opponeva alla sua visione di pace e integrazione. La sua morte segnò la fine di un’epoca, ma i suoi principi continuarono a ispirare movimenti di giustizia sociale e diritti civili in tutto il mondo. Martin Luther King e Nelson Mandela adottarono i suoi insegnamenti di non violenza per combattere il razzismo e l’oppressione.
Il pensiero di Gandhi: amore e giustizia
L’originalità di Gandhi risiede nella sua capacità di combinare spiritualità e azione politica. Egli riteneva che l’amore fosse la forza più potente per trasformare la società e che fosse un dovere morale combattere l’ingiustizia attraverso mezzi pacifici. Come disse lui stesso:
“La povertà è la peggiore forma di violenza.”
Un simbolo universale
Gandhi non è solo il padre dell’India indipendente, ma un simbolo universale di resistenza morale e di speranza per un mondo più giusto. La sua visione continua a risuonare oggi, ricordandoci che la vera rivoluzione inizia con la trasformazione del cuore umano.
Sintesi dell’articolo “La non violenza: dalle radici orientali all’eredità universale di Gandhi”, di Concetta Oliveri e Benedetta Piromalli
Il concetto etico di non violenza è tipico del mondo orientale e trova le sue migliori espressioni in ambito indiano nel buddhismo e nel jainismo.
Il Mahatma Gandhi utilizzava l’espressione non-violenza per porre l’accento su ciò che è negativo e diceva che bisognava sforzarsi per costruire un mondo di pace.
In Italia il primo a cogliere e a teorizzare il pensiero nonviolento di Gandhi fu Aldo Capitini un filosofo, politico, antifascista ed educatore italiano.
Il termine non violenza, nell’accezione gandhiana, fu utilizzato anche da Simone Weil e risalì poi alla ribalta mondiale grazie alle prediche di Martin Luther King.
L’ONU nel 2007 ha rinominato il 2 ottobre la Giornata Mondiale per la Non violenza in nome di Gandhi.
La violenza può essere un abuso di potere e può essere di diversi tipi.
Mi auguro che tutte le persone prendano esempio da Gandhi e da tutti coloro che hanno combattuto per la non violenza per fare in modo che ci sia la pace in tutto il mondo.
Concetta Oliveri e Benedetta Piromalli
torna all’indice del Giornalino d’Istituto del prof. Natale Todaro e dei suoi alunni della Scuola Media G. Capua di Melicuccà di Reggio Calabria, disponibile anche in formato compresso zip
Materiale didattico di approfondimento su Gandhi
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La non violenza secondo Gandhi di atuttascuola©
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Il concetto di non violenza: dalle radici orientali all’eredità universale di Gandhi di Concetta Oliveri e Benedetta Piromalli
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Mohandas Karamchand Gandhi: il padre della non violenza e il simbolo dell’indipendenza indiana di atuttascuola©
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Gandhi, la nonviolenza e il nazionalismo di atuttascuola©
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Gandhi, l’ istruzione e lo Schema di Wardha di atuttascuola©
Audio Lezioni di Storia moderna e contemporanea del prof. Gaudio
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