Uomo
27 Gennaio 2019Storia dell’Ottocento
27 Gennaio 2019La questione femminile nella Russia del Medioevo
© 2010 di Aldo C. MARTURANO
Nell’anno 6494 dalla Creazione del Mondo (cioè 986 d.C.). i greci (i romani di Costantinopoli) mandarono a Vladimiro (principe di Kiev) un filosofo (un esperto) col seguente discorso: Abbiamo saputo che sono venuti da te i Bulgari del Volga e ti hanno indicato come potresti apprendere la loro fede che profana il cielo e la terra. Essi sono maledetti fra tutte le altre genti tanto che sono paragonati agli abitanti di Sodoma e Gomorra sui quali Dio fece cadere pietre infuocate e li sommerse. Ecco! Li attende il giorno in cui saranno annientati quando Dio verrà a giudicare gli uomini e ad annientare tutti coloro che hanno creato profanazione e disordine”
Questo è un articolo della Cronaca dei Tempi Passati (CTP), fonte primaria di storia antico-russa, che per molte pagine continua ad esporre i più spiccioli fondamenti del Cristianesimo sottolineando le punizioni terribili per chi non si fa battezzare e non preferisce la religione cristiana (in versione costantinopolitana) all’idolatria di quegli anni. E bene dire subito che sarebbe vano cercare nel testo del filosofo troppe rassomiglianze con le Sacre Scritture che oggi conosciamo perché il cronachista usa piuttosto vari scritti apocrifi che conosce meglio dei testi canonici che, invece, arriveranno in Russia soltanto qualche secolo dopo.
Il discorso fatto dal filosofo dovette assumere una sfaccettatura insolita quando a Vladimiro in seguito fu richiesto di liberarsi delle donne che aveva attorno (qualche centinaia di concubine) perché sono la rovina del principe com’era successo per Salomone e le tante mogli. Il filosofo aveva raccontato che: In principio il genere umano peccò attraverso la donna: il Diavolo ingannò Adamo per mezzo di Eva e fu cacciato fuori dal paradiso. La prima vittoria del Diavolo fu per mezzo della donna”
Vediamo un po. Il Diavolo si presenta sotto forma di serpente e spinge Eva, la prima donna, a disubbidire a Dio facendole commettere il primo e fondamentale peccato che ogni essere umano poi si troverà appiccicato addosso sin dalla nascita. Di qui discendono tutti i guai dell’umanità a partire dal lavoro obbligatorio per vivere per finire con la morte senza appello. Come liberarsi da una così grave colpa? Col battesimo che dà la purezza subito e il diritto alla vita eterna dopo la morte! Il peccato fu dunque solo di disobbedienza? Oppure il fatto che Eva seduce Adamo a disobbedire nasconde altro? Ad esempio, essersi accorti di essere nudi l’ha fatto interpretare come la conclusione dun atto sessuale non permesso. Ci sono troppe metafore nel racconto biblico e la morale non può essere soltanto: E bene non fidarsi delle femmine, ma anche aborrire i serpenti! Per di più sappiamo che il serpente nel Paganesimo nordico è l’animalesca rappresentazione del fallo (simbolo del dio Volos) e che l’attività sessuale o la nudità nella tradizione pagana non sono assolutamente condannate.
In verità nei Vangeli o nella Bibbia è difficile trovare proibizioni nette in campo sessuale benché il Cristianesimo, da un certo momento in poi della sua storia, se ne faccia la maggiore ossessione (basta leggere le Vite dei santi, ad esempio!). In Occidente con lo scisma del 1054 la posizione retta dalla Chiesa Cattolica sulla questione sessuale si estremizzò fino a culminare nel celibato per tutti i suoi ecclesiastici (vescovi e preti nel passato si erano sposati), nel matrimonio dichiarato sacro e indissolubile e nella caccia alle streghe. LOrtodossia al contrario serbò atteggiamenti più miti e addirittura nella Rus di Kiev tollerò ufficialmente la bigamia dei principi, se necessaria, e genericamente ammise il divorzio (salvo che per il pope), pur mantenendo una posizione ambigua nel proteggere le donne dalla violenza pubblica e privata, non fosse altro che per le loro facoltà riconosciute indispensabili per la società.
Unidea contro la sessualità per le tradizioni antiche slave è uninnovazione concettuale da rifiutare perché il sesso è innanzitutto un atto sacro in molte cerimonie nei rapporti con il divino e non fa scandalo vedere un coito graffito nell’XI sec. nellintonaco della Porta d’Oro di Kiev (ritrovato negli scavi del restauro del 2000) e la misoginia è per principio praticamente assente. E siccome nelle società a dominanza maschile si parla della donna come un essere concentrato soltanto sul sesso, dobbiamo dire che presso i Balti, gli Ugro-finni e gli Slavi una posizione del genere fuori luogo perché la donna godeva di un rango elevato.
Diciamo cioè che, se un matriarcato come sistema sociale sia mai esistito in Europa, almeno nel nord non era del tutto scomparso nei X-XIII sec. e non a caso nelle mitologie nordiche gli esseri femminili divini sono legione e vivono nella foresta. Così, permettendoci la digressione dovuta sulla società nordica slava, la donna comandava e a volte comanda ancora oggi. Non solo! Nel secolo scorso le circostanze hanno dato slancio alla fantasia di qualche autore russo nel trovare agganci fra le russe” del X sec. d.C. e le Amazzoni della leggenda greca e del racconto di Erodoto, storico greco del IV sec. a.C., colloca le tribù di donne più o meno nellAnticaucaso dove abitavano i Sarmati (i loro eredi sono propriamente gli Osseti o Alani). Delle Amazzoni Tacito ne conferma l’esistenza nel I sec. d. C. e il cividalese Paolo Diacono aggiunge che i Longobardi le incontrarono in Anatolia. Avvicinandoci al periodo che cinteressa X-XII sec., le notizie di autori arabi parlano dell’esistenza nel nord di unIsola delle Femmine come riferisce al-Bakri. Lo stesso fa Al-Idrisi, marocchino di Ceuta a servizio di Ruggero di Sicilia, che nelle sue ricerche rigorose basate su rapporti di mercanti e sul sentito-dire degno di fede, nella famosa sua enciclopedia geografica colloca l’isola nel Golfo di Riga e accanto c’è pure unIsola dei Maschi! Dobbiamo però leggere i lavori della defunta archeologa Marija Gimbutas, per renderci conto che la misoginia posta a fondamento della società maschilista cristiana è un problema maschile legato al dominio politico della donna e non solo presso le Amazzoni. Ci sono insomma molti indizi di una smaccata lotta senza quartiere al matriarcato! Se poi seguiamo meglio il discorso dellarcheologa lituana, il risultato è che nel nord l’esistenza di un potere femminile è corroborato dagli scavi. Numerose sono le statuette di divinità femminili reperite nel terreno che indicano una società al femminile” esistita in passato. E non basta! Nelle steppe meridionali della Pianura Russa anche qui di statue femminili (in russo chiamate kamennye baby) se ne trovano tante sia negli scavi sia ancora in piedi qui e là e venerate fino a qualche secolo fa dai nomadi turcofoni islamizzati. Piuttosto: Come mai il matriarcato cedette al patriarcato e chi ne causò la caduta? E inoltre, che cosa è veramente una società matriarcale o una patriarcale?
La risposta della Gimbutas per la prima domanda è: Dagli Indoeuropei balto-slavi che giunsero intorno al 2500 a.C. sulle rive della Dvinà e conquistarono gli autoctoni (ugro-finnici) imponendo loro una società maschilista! La ricostruzione è plausibilissima in cui si vedono i nomadi pastori indoeuropei con la loro organizzazione patriarcale dalle steppe del sud migrare in tutte le direzioni e, in particolare, giungere fin nel cuore della Pianura Russa. Costoro simposero ai popoli che incontrarono e, se qualche scontro ci fu, col tempo i contatti diventarono più pacifici.
Di conseguenza Erodoto, moltissimi secoli dopo, si riallaccerebbe a questi eventi più recenti quando racconta che i Sarmati per assorbire” le Amazzoni nella loro società adottarono un curioso metodo. Mandarono i loro giovani ad accamparsi nelle vicinanze delle donne guerriere allo scopo di attrarle con profferte amorose. Dopo vari episodi lespediente finì con la vittoria dei maschi senza colpo ferire. Forse il metodo sarmatico appare romanzesco, ma gli interscambi di questo tipo comunque ci furono nella steppa e nelle foreste. Benché siano impossibili da documentare (le byline e gli usi russi però li indicano), sono forse più facili da spiegare, se mettiamo a fuoco due tipiche costumanze che appartengono sia alle genti del nord sia ai nomadi delle steppe ucraine. Esse sono lesogamia cioè l’obbligo di prender moglie in un villaggio diverso da quello del marito e la poligamia, una pratica necessaria per assicurarsi figli viventi e battere la mortalità perinatale di puerpere e neonati. Sono queste costumanze (poco ricordate nelle CTP) il primo vero motore che favorì la mescolanza pacifica” fra schiatte differenti e certi aspetti della cultura russa” riscontrabile nei documenti dopo il X sec. Ad esempio, i frequenti matrimoni dei nomadi coi russi” e la presenza in area kieviana del Giudaismo dell’Impero Cazaro sono la prova migliora della commistione culturale russa”.
Alla seconda domanda è difficile dare una risposta poiché, malgrado tutto, non sappiamo che tipo di società le parole matriarcato/patriarcato potrebbero descrivere.
E torniamo alla nostra Eva. La sua posizione migliorava fra le altri mogli subito dopo il primo figlio (vivente) oppure, come presso gli Ugro-finni Ostjaki, il primo figlio poteva non essere del coniuge attuale data la libertà sessuale prematrimoniale e saspettava il secondo. A questo punto la nostra poteva giungere ad essere il capo delle donne (hozjàika), se la precedente matriarca era già morta. Se poi non cera un anziano e se – com’era abitudine – gli adulti maschi sallontanavano durante la bella stagione (dopo le messi!) per prestare la loro arte in mercati lontani o in una campagna militare per molti mesi, diventava addirittura la nuova capo-casa (bolsciahà). Essendo una straniera, l’incarico” risultava di maggior prestigio nel caso di dispute e liti dacché da giudice risultava relativamente più libera dai condizionamenti locali e, se l’età sapprossimava ai 40 anni (vicina alla menopausa), allora le andavano resi maggiori omaggio e ubbidienza per tutto quanto aveva dato alla generazione precedente che era lì pronta a testimoniarne la grande dignità.
Le famiglie nel cui ambito ci stiamo movendo erano cosiddette allargate” cioè nel loro interno convivevano più generazioni e perciò (tenendo conto della poligamia o forse meglio poliginia in cui il maschio aveva coiti con diverse donne in promiscuità) poteva capitare che in certi periodi dell’anno un’intera squadra femminile era alla direzione di interi territori.
Torniamo al matrimonio esogamico cioè alla scelta della sposa al di fuori del proprio villaggio. In primo luogo già nell’etimologia della parola che indica la promessa sposa in russo, nevesta cioè sconosciuta, estranea, si traduce la sua esoticità e in secondo luogo l’obbligo di una sua completa acculturazione nella società del marito. Se ne ridicolizza la lingua, gli usi e i costumi etc. affinché accetti (salvo altre costrizioni) il nuovo ambiente, ma solo perché, così facendo, Eva assorbe bene le nuove tradizioni e da riproduttrice (come si credeva) le trasmette alla futura prole conservando intatta la ricchezza del clan. Da tempi immemorabili si fa così nella Pianura Russa e queste usanze sono ancora oggi vive: Basta visitare il Daghestan etnografico
Il sentimento della stirpe” (il cui protettore era il dio Rod) è stato sempre molto forte e nel mir (il mondo senza pericoli del villaggio) si rispecchiava nella venerazione religioso-magica del nume fondatore vissuto in un mondo lontano nel tempo quando esisteva la sacra tribù originaria da cui il mir dice discendere. Siccome la donna è il serbatoio delle virtù tradizionali contenute nello sperma dell’uomo, fra le quali l’orgoglio di appartenere a quella stirpe, è Rod che, disponendo del corpo materno gravido, la delega a perpetuare queste virtù nella prole. Notiamo che Rod è un dio maschio poligamo perché lo si immagina accompagnato dalle Ròzhanizi cioè dalle paredre che, a loro volta, sono le divinità protettrici del parto e sono tanto importanti da essere commemorate nel mir due volte nell’anno.
Sicuramente nella nuova società patriarcale la nascita duna figlia era festeggiata” con una certa delusione e i genitori erano disposti a crescerla soltanto se fosse stato possibile darla via” prima che fosse matura sessualmente e psicologicamente ovvero prima di perdere ogni potenza generatrice. Dar via è uguale a dare in sposa! Ed ecco perché i matrimoni venivano stabiliti già intorno ai primi anni di vita della bimba Veniva stabilito un prezzo (veno in russo, qalim in turco, venum in latino) che lo sposo futuro avrebbe dovuto pagare per averla. Sposarsi è forse un termine sbagliato perché era piuttosto un rito di passaggio che un matrimonio come lo intendiamo oggi. Era comunque molto pesante per una giovane in tenera età a 10-12 anni e, prima di lasciare la propria casa, restava tre giorni in gramaglie da sola in quanto in realtà moriva” per i suoi e sarebbe rinata nel mir del marito. Il rito era considerato concluso dopo il primo parto con neonato vivente e fisicamente perfetto, altrimenti accusata di sterilità (mai imputata al maschio) la ragazza era rimandata dai suoi” (in russo otpravit vosvojasi). Naturalmente cerano delle regole: La figlia più grande si sposava per prima e chi la prendeva sapeva che il veno sarebbe stato rimborsato, salvo che in cambio non gli fosse stata offerta una sorella minore della ripudiata, se ancora disponibile!
La consuetudine più selvaggia” e forse più in voga fra le famiglie nobili che è stata tramandata (residuo della conquista preistorica del mondo delle donne senza il metodo sarmatico?) è il matrimonio per ratto, come quello famoso delle Sabine. Praticato dai Drevljani (tribù assoggettata da santa Olga di Kiev) delle Paludi del Pripjat oppure dai Vjatici e dai Radimici del Volga o dai Finno-ugri Ceremissi, le Cronache lo marchiano, ma neppure con gran forza, come primitivo e da aborrire
Come abbiamo detto, il numero di spose” per uomo non era limitato e chi poteva, ne aveva più di una! I legami di coppia in fondo erano piuttosto il modo più semplice per fare alleanze” fra clan e clan, fra villaggio e villaggio, fra famiglia e famiglia più che per perpetuare la stirpe e la donna diventava il vero pegno” nel patto. L’amore fra i coniugi, come lo intendiamo noi oggi, era infatti fuori dalla coppia e addirittura col Cristianesimo l’amore fu indicato come un demone vero e proprio che tormentava gli uomini in certe ore del giorno e della notte
Per intanto la giovane deve fare il suo dovere e mettere al mondo figli. Poi le tocca educarli e portarli in buona salute fino alla maggiore età (per quei tempi era la pubertà). E qui sorgono della complicazioni. Lo spazio a disposizione (materiale e ideologico) è esiguo nelle abitazioni e i costumi permettono relazioni fra i sessi che la Chiesa invece condanna. A causa di ciò, era famoso il diritto del suocero di dormire con la nuora, se il marito era via, oppure il padre con la propria figlia, se era necessario per avere prole. Insomma, abbattuto il matriarcato, Eva diventa un oggetto sessuale senza voce propria che passa da un proprietario” o tutore” (padre, fratello maggiore o chi per loro) ad un altro, mentre, in qualità di forza lavoro, le è assegnato l’ulteriore ruolo di serva e dinfermiera o di sollazzo per l’ospite! Forse è vero quanto la M. Weber nel 1907 in base alle sue ricerche sulla storia antico-russa (La Sposa e la Madre nell’evoluzione del Diritto) affermava: Lasservimento della donna è massimo proprio lì dove la forma generale dell’attività di produzione economica rurale è rappresentata dalla famiglia allargata: La grande famiglia russa e la zadruga slava!”
E tuttavia dai contenuti delle byline e dalla letteratura ecclesiastica del XIV-XV sec., Eva viveva (per quanto possibile) separata dall’uomo e aveva nellizbà (la casa contadina) il suo angolo riservato. Qui, dietro una tenda o parete separatrice, serbava il proprio patrimonio, intoccabile dal marito e da chiunque altro. Un po poco
Per di più la donna in casa non è lasciata da sola perché l’ambiente è troppo geloso del proprio potere e le assegna un ospite permanente, da lei temuto e rispettato: il Domovòi! E lo spirito di casa molto permaloso. La controlla e, a suo modo, la protegge da sotto il fondo della pecka (la stufa), dove, oltre ai ceppi di legno, è stato ricavato uno spazio per lui! Perché dalla pecka? Ma perché qui è il regno della donna di casa! Infatti, se la guardassimo con gli occhi dello smierd (contadino russo) del XIII-XIV sec. mentre è indaffarata presso questa cucina-calorifero, ecco che la si scopre amante (o sorella?) del dio Svarog! Tutti sanno che lei ha dentro di sé il calore ardente che sprizza dagli occhi innamorati o pieni di odio, a seconda del caso, e che infiamma l’uomo mostrando il corpo nudo e la vulva (che il Cristianesimo indicherà come porta dell’inferno) e da dove le viene questo calore? Da Svarog? Questo dio celeste (con suo figlio Svarozhic) è la personificazione del Sole che ha concesso l’uso della brace ardente alla donna! Se Eva perde tutto il tempo qui è chiaro che ciò è dovuto alle sue relazioni divine e misteriose con queste divinità!
Oggi è difficile immaginare quanto tempo, quale fatica e quanta segretezza si richiedeva ad una donna secoli fa per preparare da mangiare manipolando ingredienti e erbe e si credeva (non conoscendo bene fisica e chimica) che la trasformazione in cibo o bevanda fosse un’operazione magica e tutta femminile. Insomma occorreva fidarsi di Eva se ci si voleva cibare dei suoi manicaretti o bere i suoi infusi, i suoi decotti e le sue inebrianti bevande. Certo! Se lei volesse, potrebbe uccidere senza farsene accorgere dandoci da bere o da mangiare perché sa preparare anche i veleni rimestando nella sua pentola e con l’aiuto del fuoco (notare il legame cibare-sedurre-uccidere!). Tuttavia sa anche curare e guarire pur operando nella sua cucina
Un’altra credenza legata a Svarog era che le donne vivessero più a lungo degli uomini proprio per il fatto di aver continuamente a che fare col fuoco che, come tutti sanno, purifica e allontana le forze maligne portatrici di malattie. E se, a questi suoi poteri, si aggiunge quello del generare esseri viventi, si era davvero costretti ad accettare l’idea che da lei dipendesse la vita e la morte di tutti coloro che le stavano attorno. Di qui riverenza e timore per quelle dee che l’accompagnano quando passa il fiume per recarsi dalla casa natìa a quella dello suo sposo. Gli Slavi le chiamano Bereghinija (probabilmente è la stessa Birghit o Brigida della mitologia irlandese e scandinava o Berchta, fra i Germani, e forse anche le latine Parchae), Rusalka, Vila. Se si trattava di scongiurare la moria del bestiame o le pestilenze o per rinnovare la fertilità del suolo, le varie cerimonie propiziatorie erano affidate a collettivi femminili.
D’altronde il legame donna-forze-divine-celesti è arcinoto e non fu mai trascurato, specialmente quando ci simbatteva in quei misteri femminili” tuttora irrisolti e cioè la consonanza del ciclo mestruale femminile con le fasi della Luna o il fatto che, sebbene saccoppiasse, non andava automaticamente incinta come gli altri animali. Era Eva a decidere se far nascere un bimbo oppure no come era sempre Eva a misurare il tempo coi suoi mesi lunari, addirittura prevedendo il futuro nelle notti di plenilunio
Sicuramente sbagliò il Cristianesimo che demonizzò la presenza femminile parlando di riti orgiastici nella foresta e, sebbene i poteri e le conoscenze occulte della donna fossero apprezzati in Europa, la Chiesa riuscì a generare in Occidente una psicosi collettiva che trasformò Eva in strega malefica. Nel XV sec., secondo il proclama di Innocenzo VIII, Eva aveva organizzato una cospirazione mortale contro il Sacro Impero Romano sotto il comando del Diavolo in persona e il Papa autorizzò alla tanto famigerata caccia alle streghe in Occidente. Moltissime donne, giovani e vecchie, furono giustiziate senza pietà (la Gimbutas dà una cifra di 8 milioni di donne assassinate dall’Inquisizione!).
Al contrario nelle Terre Russe il rispetto per la donna restò forte e il sesso più libero e un’analoga caccia non poté aver luogo. Anzi la vedma o la znaharka (uniche due parole traducibili bene come strega e fattucchiera) erano e rimasero delle preziose medichesse per le loro conoscenze di farmacognosia, per l’assistenza al parto e per tantissimi altri trattamenti. Vedere una donna alla ricerca di erbe nella foresta o lungo i fossi in certe ore impossibili del giorno o della sera con la luna, non suscitò qui alcun sospetto di stregoneria e acquistare la nomea di znaharka” era ancora un grande onore e persino difficile da conseguire in tempi recenti. Le più vecchie addirittura sembravano quasi delle persone immortali (non dimentichiamo le basse aspettative di vita del tempo!), se non soccombevano oltre i 50-60 anni, e, mentre degli uomini si diceva che con quell’età rubavano la vita agli altri e quasi li si costringeva a ritirarsi nella foresta da soli, delle donne si accettava di buon grado la loro presenza fino alla morte e loro cure o i loro consigli erano considerati tanto più importanti quanto più vecchia era chi li dava. Si pensava che, se una morte o una non guarigione seguiva ad un trattamento prescritto da una di queste, la responsabilità ricadeva su colui che non aveva rispettato puntigliosamente tutti gli obblighi imposti e che, per di più, aveva offeso la znaharka! Medichessa sì, ma anche un personaggio sacro e da rispettare
LOrtodossia cercò in campo medico di scalzare la donna, ma la cosa curiosa, ad esempio, fu che, Cosma e Damiano, i santi introdotti allo scopo di diventare i protettori maschili delle arti mediche, si trasformarono in un’unica santa” ed ad essa si dedicò la festa delle innamorate.
Resta comunque la stranezza che Vladimiro nel mettere insieme gli dèi pagani protettori della sua druzhina alla conquista di Kiev, ponesse accanto agli altri dèi solo una dea: Mokoscià/Mokosc. E possibile che, se paragoniamo il nome della dea con le genti ugro-finniche dette Mokscià, essa si possa identificare come la protettrice dei guerrieri vladimiriani appartenenti a quell’etnia. Una dea a protezione di un gruppo di guerrieri maschi non può far meraviglia come eredità di un passato matriarcale armato”. E difatti dalle meticolose ricerche di A.S. Mandzak sappiamo che erano proprio le donne a benedire gli uomini che partivano per una campagna militare e a proteggerli con i loro amuleti e i loro scongiuri. E chiaro anche che, passata in regime patriarcale e ritrovata nel folclore, Mokoscià è ora la dea casalinga che presiede alla fertilità e alla tessitura.
Né è la sola pecca dell’Olimpo Vladimiriano quanto a divinità femminili perché mancano dee importanti come la Luna chiamata in russo in regime matriarcale Lunà, parola femminile, e in regime patriarcale cambiata in Mesjaz, parola maschile (cfr. il latino Luna/Lucina e Mensis), o la maggiore di tutte, Madre Umida Terra, che resta, quest’ultima, in definitiva il simbolo più alto del paganesimo matriarcale. Essa sarà assimilata alla Vergine Maria di cui nel nord, si venererà addirittura la Santa Vagina e, anche qui, giungerà il detto dei Padri della Chiesa in cui la Madonna alla fine del mondo, vincerà il serpente-diavolo per sempre! Una bella rivincita per la Madre Umida Terra e per le sue adoratrici, ma troppo lontana quando e se accadrà
E siamo così al tempo del Cristianesimo in cui tocca adesso alla Chiesa ottenebrare con la sua misoginia ogni credenza pagana che risalga al matriarcato. L’intervento sistematico è spinto contro l’istituzione dove il rango della donna domina maggiormente: nella famiglia, indicata come luogo di promiscuità per compiere ogni genere di sporcizia sessuale”! Ed ecco Jaroslav promulgare il suo famoso Codice (Ustav) in cui è vietato ogni tipo di relazione intima fra individui che non siano uniti da legami matrimoniali o di stretta parentela (compresa la matrigna). Si vieta di fare all’amore con ebrei o con musulmani e, naturalmente, è proibito lo stupro e il rapimento (umycianie)
Siccome alla luce di nuovi studi la famiglia allargata così diffuso nella Pianura Russa esisteva nel resto d’Europa sin dai tempi antichi e non era solo tipica o esclusiva della società slava, l’introduzione del progetto di famiglia nucleare sponsorizzato dalle parole di Cristo su matrimonio e divorzio è logico che creasse grossi problemi di rivalità e inimicizia nel mir. Innanzitutto dicendo (nel documento ecclesiastico più antico russo lIzbornik del 1076) che la coppia di sposi era sacra e eterna e che a capo della quale era posto esclusivamente il maschio, si condannava la poligamia, ma allo stesso tempo si distruggeva il sistema di assistenza reciproca vigente. Inoltre la coppia, abbandonando la casa paterna, metteva in crisi non solo la compattezza delle relazioni personali, ma pure la solidale economia del mir perché costringeva a dividere il terreno da coltivare creando fonti di litigi possibili legate all’eredità e alla proprietà privata. Sinnalzò pure l’età per il matrimonio perché il maschio, soltanto quando era sicuro di poter ricevere dai suoi un pezzo di terra adeguato, si metteva alla ricerca di una moglie! In questo modo la fertilità di coppia si abbassava e diminuiva il numero di figli
Insomma erano concetti orribili e sacrileghi per il mondo pagano che non conosceva l’individuo, se non come parte della grande famiglia e legato ai destini di questa.
Possiamo dire che lOrtodossia lebbe vinta con le nuove costumanze? In realtà nelle CTP e in altre fonti ecclesiastiche, la posizione femminile a noi meglio nota è solitamente quella dellélite ed appare tutt’altro che passiva o sottomessa alle nuove misure che si andavano introducendo. Che dire invece per il mondo femminile del mir? Di certo fu uno sconvolgimento accettare le nuove regole, ma per saperne di più dobbiamo ricorrere alle byline postulando che esse descrivano la vita di villaggio indietro nel tempo, seppure con l’esagerazione dei ruoli e il fantastico tipico dei racconti popolari russi. Tuttavia Feste delle Donne erano celebrate dagli Ingri (Ugro-finni della Nevà) e dai Mordvini (Ugro-finni dell’Alto Volga) in cui la partecipazione era vietata ai maschi. Insomma Eva restò ancora forte e il matrimonio cristiano un mascheramento alle abitudini pagane come pure l’ideale cristiano della famiglia del pope o della castità delle monache e dei monaci!
E allora vien da chiedersi, se Eva ufficialmente non è più sacerdotessa né condottiera in armi, che le è rimasto del ruolo di matriarca? Forse poco o forse molto. Infatti, se da un lato nel XIV sec. un uomo si poteva liberare della propria sposa (evitando il costoso divorzio presso i tribunali della Chiesa) mettendola in vendita sulla piazza del mercato di Novgorod come una qualsiasi merce, dall’altro la scoperta della corrispondenza sulla corteccia di betulla (berjòsty) nella stessa città (ma anche in altre città russe) dei sec. XI-XIV d.C. è molto interessante poiché nelle lettere cogliamo delle posizioni d’autorità e di responsabilità molto vivaci da parte di semplici popolane, per non parlare delle donne della borghesia” come la ricchissima Marta Borezkaja
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