Storie di San Nicola di Beato Angelico
2 Marzo 2023San Gerolamo nel deserto, Pinacoteca Vaticana, Leonardo da Vinci
9 Marzo 2023La questione romana è il problema politico concernente la legittimità del potere temporale dei papi e la sopravvivenza di uno stato pontificio indipendente con piena sovranità sulla città di Roma, dopo l’unificazione italiana.
Benché il problema fosse stato ampiamente dibattuto anche nel Settecento, la questione assunse una concreta rilevanza politica nel momento in cui la formazione dello stato italiano si compì a danno dello Stato della chiesa.
1860-61
I plebisciti del 1860 tolsero a Pio IX le Marche, l’Umbria e le legazioni (i territori di Bologna, Ferrara, Ravenna, Forlì, Pesaro, Urbino e Velletri, assegnati allo stato pontificio dopo la Restaurazione); per tutta risposta, il papa scomunica (1860) i responsabili dell’usurpazione dei territori
1861: una porzione consistente della classe dirigente del neonato stato italiano aveva un forte orientamento anticlericale;
questi due fatti innescarono un intenso travaglio politico-diplomatico
Proclamazione Roma capitale
Nella seduta del 27 marzo 1861 il parlamento italiano aveva proclamato Roma futura capitale d’Italia. Il papa Pio IX non si aspettavano nulla di buono da un governo che non solo aveva invaso le sue terre ma mirava anche a eliminare il potere temporale del papato. Quella che presto venne definita questione romana ebbe delle conseguenze gravi per il regno.
1962: Garibaldi ferito all’Aspromonte
Garibaldi tentò più volte il colpo di mano incontrando l’opposizione di Napoleone III che indusse gli italiani a fermarlo sull’ Aspromonte nel 1862)
Il Sillabo (1864) e il Concilio Vaticano I (1869)
Proprio in quell’anno Pio IX condanno ‘’i principali errori del nostro tempo’’ con il Sillabo,un elenco di 80 proposizioni considerate eretiche, inoltre condannava tutte le tesi che implicavano la libertà di coscienza in tema di fede, e la perdita del potere temporale dei papi. Nel 1869 venne convocato a Roma il Congresso Vaticano I che a causa dello scoppio della guerra franco-prussiana non poté essere affrontato.
1864: la Convenzione di settembre
Nel 1864 il presidente del Consiglio era Minghetti, il quale puntò alla soluzione della questione romana, giungendo alla firma della Convenzione di settembre (1864), un accordo tra il governo italiano e quello francese che prevedeva il graduale ritiro (nell’arco di un biennio) delle truppe di Parigi da Roma
Condizioni perché i francesi si ritirassero:
che venisse rispettato il principio del non intervento, cioè lo stato italiano si impegnasse a impedire qualsiasi attentato contro l’integrità dello Stato della chiesa
che la capitale fosse trasferita da Torino a Firenze entro sei mesi
1867: La battaglia di Mentana
Nel 1867, poi, vi fu un tentativo attuato da Garibaldi e dai democratici di prendere Roma. Di fronte all’attacco dei garibaldini, Napoleone III inviò un corpo di spedizione.
A Mentana Garibaldi e i suoi vennero fermati da due reggimenti francesi. Fu un episodio grave che turbò profondamente i rapporti tra l’Italia e la Francia.
1870: La presa di Roma
Si interrompe così l’alleanza diplomatica dell’Italia con la Francia, caposaldo della politica di Cavour, e nel 1870 mentre la Francia era sconfitta dalle armate prussiane, il governo italiano decideva di occupare la città ormai non più difesa.
Dopo la caduta del II Impero, venuta meno la difesa francese, il 20 settembre 1870 un reparto di bersaglieri entrò con le armi a Roma, dopo aver aperto a colpi di cannone una breccia a Porta Pia. Con una resistenza tutto sommato simbolica, il papa aveva comunque voluto mostrare di fronte all’opinione pubblica internazionale di aver cedere alla violenza.
Rottura fra Stato e Chiesa
L’unificazione comportò una rottura tra la Chiesa cattolica e il nuovo stato italiano.
Pio IX (1846-1878) non accettò la perdita del potere temporale che considerava garanzia dell’autonomia del papa.
Nessun accordo era stato possibile: il papa si ritirò nei suoi palazzi e scomunicò i Savoia e i membri del governo italiano, con i loro sostenitori.
1871: Legge delle Guarentigie
Il governo italiano, pur assicurando a parole la libertà della Chiesa, ne minava le basi economiche seguendo la linea di quello piemontese, e già nel 1867 aveva espropriato tutti i beni ecclesiastici non parrocchiali).
Infine, il governo italiano propose in parlamento un pacchetto di provvedimenti, raccolti in quella che si chiamò legge delle guarentigie (delle garanzie), con cui unilateralmente si garantivano le prerogative del pontefice e venivano regolati i rapporti fra Stato e Chiesa, riconoscendo l’indipendenza e la libertà a entrambi. Ma Pio IX non la accettò e si dichiarò prigioniero in Vaticano. La posizione del papa portò a un disaccordo tra il Regno d’Italia e il Vaticano, che durò per un cinquantennio.
Legge delle Guarentigie: la reazione del papa
Anche se
era un atto unilaterale
fu Respinta dal papa
Tuttavia:
assicurò al papa il libero esercizio del potere spirituale, l’inviolabilità personale e l’immunità dei luoghi ove risiedeva
restò in vigore fino al Concordato del 1929
1874-1919: il non expedit
Formula latina (“non conviene”) con cui la Santa sede (nella persona di Pio IX) il 10 settembre 1874 espresse parere negativo sulla partecipazione dei cattolici italiani alle elezioni e, in generale, alla vita politica dello stato
Il divieto fu attenuato dall’enciclica di Pio X Il fermo proposito (1905), che permise la partecipazione alle elezioni in speciali circostanze riconosciute dai vescovi e che fu attuata per la prima volta col “patto Gentiloni” (1913: i cattolici si impegnano a sostenere, nelle elezioni, i candidati liberali che avessero promesso di non votare leggi “anticattoliche”, come quella che avrebbe reso legale il divorzio)
Il non expedit fu definitivamente abolito nel 1919 da Benedetto XV