Linda De Benedictis
27 Gennaio 2019Mario Falanga
27 Gennaio 2019
La realtà e l’apparenza nell’ età neroniana: Svetonio e Petronio, dalla Tesina “Realtà e apparenza” per liceo linguistico, di Nicola Diomaiuto
Latino (storia e letteratura)
Aspirazioni, rivendicazioni, delusione sono veri e propri cliché della storia contemporanea come di quella più arcaica. La società latina, difatti, vede avvicendarsi a periodi di mera felicità, momenti di tragica difficoltà sotto ai quali però non sembra piegarsi.
Nell’età neroniana, in particolare, in una società in cui la realtà ci racconta di un mondo dissoluto, corrotto, lascivo; l’apparenza dipinge al contrario un quadretto idilliaco dove tutto sembra consacrato alla felicità e al piacere. L’avvento di Nerone, che suscitò tante speranze, fu, difatti, salutato come una nuova età dell’oro da vari poeti: in parte per opportunità, in parte per necessità, ma forse anche con convinzione. Nella cultura, come in altri aspetti della vita sociale, la politica avviata da Nerone nei primi anni del suo governo ha lanciato nuove prospettive, ha suscitato nuova fiducia ed entusiasmi anche sinceri, e ha aperto un periodo molto fertile della letteratura. Ma i più importanti frutti di questa stagione letteraria non nasceranno in sintonia, bensì in tensione problematica, o anche in drastica opposizione, con le linee politiche e culturali del governo neroniano: e alla fine parte cospicua dell’ambiente, che spesso in stretto contatto con la corte imperiale aveva prodotto questa grande letteratura, sarà distrutta dall’imperatore stesso in un feroce bagno di sangue. I presupposti della politica culturale neroniana non potevano infatti consentire un’intesa duratura tra il principe e le forze intellettuali che egli stesso aveva contribuito a mobilitare: come abbiamo visto, Nerone proponeva un modello di vita e una gerarchia di valori troppo distante dalla tradizione etico – politica repubblicana, cui la classe produttrice di cultura continuava pur sempre a fare riferimento. II prestigio conferito alle arti e un’assunzione in prima persona del ruolo di principe-artista in Nerone facevano tutt’uno con quella rivalutazione del momento ludico ed edonistico da lui espressa con le tante manifestazioni provocatorie di licenza e irresponsabilità nel comportamento personale, e convergevano, insieme a elementi di altra natura, quali la stessa disinvolta pratica del delitto dinastico, a proclamare un’idea del potere imperiale come assoluto e irresponsabile, secondo il modello orientale della regalità. Un modello che si accompagnava a un quadro di fasto, di grandiosità, di lusso e di piacere, che comprendeva al suo interno anche 1esibizione grandiosa e il godimento delle arti della parola e dell’immagine. Via via che nel corso degli anni si dimostrò come questa fosse la realtà della politica neroniana, il principe perse sempre più la fiducia della nobilitas , che egli inizialmente si era astenuto dal perseguitare e aveva anzi in parte favorito, quanto dei nuovi ceti emergenti che, anche se meno condizionati dall’ottica senatoria e più disposti ad accettare la realtà della monarchia, non intendevano vedersi ridotti a strumenti di un sovrano, che col suo stravagante comportamento tradiva così clamorosamente quello che a essi appariva essere il suo compito precipuo, e cioè una seria dedizione all’amministrazione della cosa pubblica. Il comportamento di Nerone rivelò invece, gradatamente, che un’illusione augustea di un principe che governa facendosi garante del funzionamento delle antiche istituzioni repubblicane non aveva più speranze di realizzarsi, e che, anzi, i meccanismi istituzionali erano tali che potevano portare al potere un uomo più inadatto a esercitarlo, offrendogli le condizioni per mantenerlo fino a quando la morte, la rivoluzione o la congiura non lo eliminassero.
Svetonio
Testimonianze di quanto in questo periodo fosse importante l’apparenza a discapito della realtà possiamo ritrovarle nell’allestimento della mensa, che divenne, ben presto, parte indispensabile al godimento quanto il gusto: durante un convito offerto da Nerone, come riferisce Svetonio, vennero infatti spesi oltre quattro milioni di sesterzi per la sola decorazione floreale (Nero, XXVII).
Petronio
Un esempio della fastosità dei banchetti dell’epoca ci è dato anche dal racconto della cena del ricco Trimalchione, descritta con raffinata ironia da Petronio, nel Satyricon: quest’ultimo durante il banchetto tenutosi nella sua lussuosa casa ostenta nel suo abbigliamento, nelle vivande che fa servire e negli stessi servitori un’esagerata ricchezza e apparente raffinatezza, quando in realtà conserva ancora il cattivo gusto e la volgarità tipica di un parvenu. Molti critici hanno individuato uno degli elementi più interessanti e più coinvolgenti della tecnica narrativa di Petronio nella costante parodia cui egli assoggetta tutto ciò che gli capita sott occhio. L’intera costruzione narrativa poggia insomma sulla parodia dei canoni e dei modi del romanzo erotico greco ed è indubbio che accanto alla semplice parodia letteraria, si collochi una acuta parodia di carattere etico – sociale. La parodia dei costumi, individuali e sociali, della sua età, infatti, permette al narratore di rappresentare gli elementi più vistosi e sconcertanti dell’epoca, con le sue bassezze, le sue meschine furberie, le sue pretese umanitari, i suoi esibizionismi senza stile e il suo totale rovesciamento di valori. Tuttavia quest’innata tendenza alla parodia non si risolve mai in satira. Petronio non satireggia nulla perché per istinto e per libera scelta, non prova o si sforza di non provare quella partecipazione morale e sociale che altri suoi contemporanei, ad esempio Seneca, mostrano di possedere. Petronio è distaccato e lontano dalle oscenità e dalle turpitudini che descrive; inoltre non si propone affatto né di condannare né di correggere tanta oscenità e tante turpitudini. Insomma, nel superiore disprezzo per tutti e per tutto, tipico dell’uomo quale ce lo descrive Tacito, Petronio si limita a descrivere il male che vede, con finezza e amaro sorriso, e niente di più: egli non è affatto un moralista. Petronio non si attiene alla norma della morale ma semmai a quella del buon gusto. Il Satyricon rappresenta il vertice più alto del realismo letterario antico: è una rappresentazione viva e diretta di ambienti sociali umili, marginali e anche sordidi, e di un complesso di comportamenti che si collocano nella sfera più bassamente materiale della vita (sesso, cibo, denaro,…). La realtà è fatta di credulità, malizia, sensualità incontrollata, avidità, slealtà, intrigo e bassezze di ogni tipo. Quando si creano delle tensioni psicologiche e sentimentali tra i personaggi che minacciano di diventare serie, c’è una via di fuga: si guardano negli occhi, si leggono dentro e scoppiano in una risata liberatoria, come se Petronio volesse dirci che in un mondo che non riesce a conservare i suoi valori, in un mondo degradato come quello in cui vive, non c’è vera possibilità di fuga ma solo di consapevolezza. Il suo realismo” è soprattutto un modo di trasferire sulle pagine ciò che vede e ciò che sente con una lingua e uno stile che toccano tutte le gamme espressive e che rendono unica nella tradizione letteraria antica quest’opera.
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