Nel XII secolo, a Chartres (Francia), nasce l’omonimo movimento filosofico. I discepoli di questo movimento sostengono che la filosofia non può essere opera di un uomo, qualunque sia il suo ingegno, ma, come accade per la scienza, il suo progredire deriva dalla paziente collaborazione delle generazioni che vi si dedicano nella loro successione temporale.
Quindi, proprio a Chartres, in una delle più grandi scholae episcopali cittadine, per opera di grandi vescovi e chierici, il mondo intero riappare sotto una nuova immagine, grandiosa ed energica.
I tratti inconfondibili di tale scuola sono: grande impegno nella ricerca filosofica, difesa della cultura letteraria e studio attento degli autori classici. Maestri di altissimo livello culturale dirigono e dettano lectiones nella cattedrale.
Alla grandezza culturale si accompagna la varietà di campi da essi prediletti: il diritto, la grammatica, la retorica, la fisica e la politica, con grandi e varie figure di dotti; “la schola” è la prima grande affermazione di una cultura “aperta”.
La biblioteca raccoglie libri di discipline insolite, che provengono in copia e in traduzione da terre lontane. Sono testi di medicina che provengono da Salerno e Montecassino, di astrologia e medicina provenienti dall’Islam, di diritto etc.
Alcuni di questi volumi sono del tutto nuovi per la “schola” e tra questi si distinguono: il commento di Calcidio al “Somnium Scipionis“, il frammento del “Timeo platonico“, il “De natura deorum” di Cicerone e “Lauctoritas” di Boezio.
Dopo il Medioevo monastico, la scuola sembra, infatti, riprendere un nuovo colloquio con i più grandi filosofi antichi: Platone, Virgilio, Cicerone; inoltre arrivano a Chartres traduttori e visitatori dell’Islam.
Lo spirito chartrense è, quindi, uno spirito di curiosità, d’osservazione, d’investigazione che splende alimentato dalla scienza greco-araba.
La sua sete di conoscenza si espanderà talmente che il più celebre dei volgarizzatori del secolo, Onorio detto DAutun la riassumerà in una formula stupefacente: “Lesilio dell’uomo è l’ignoranza; la sua patria, la scienza” (J. Le Goff, Gli intellettuali nel Medioevo, ed. Mondadori, Milano 1993, p. 61).