Titiro e Melibeo
27 Gennaio 2019Zaira Gangi
27 Gennaio 2019Appunti di ripasso della prima rivoluzione industriale e di approfondimento della seconda, dalla Storia contemporanea di Carlo Zacco
Industrializzazione e Crisi
Ripasso della “Prima” rivoluzione industriale
La «Prima rivoluzione industriale». Con l’espressione «prima rivoluzione industriale» si intende la diffusione del sistema di produzione industriale che ha iniziato a diffondersi dal Settecento, a partire dalla Gran Bretagna, e che nella prima metà dell’Ottocento si era già diffuso in Europa occidentale, e a partire dal 1850 anche in alcuni stati tedeschi e in America. Questo processo era caratterizzato da due novità collegate tra loro:
1) Nuovo modo di produrre. L’introduzione di nuove macchine (vapore) e di un nuovo metodo di produzione: concentrazione dei lavoratori nelle fabbriche; suddivisione delle attività;
2) Crescita della produzione. Fu la conseguenza diretta del nuovo modo di produzione: per produrre la stessa quantità di beni (es. filati) occorrevano tempi infinitamente minori.
Sviluppo delle ferrovie. E’ il simbolo della rivoluzione industriale. La prima ferrovia fu installata in Gran Bretagna nel 1814, e nel giro di pochi decenni si diffuse in tutta Europa. Il suo sviluppo ebbe un ruolo fondamentale: richiedeva energia (carbone, vapore), acciaio, fabbriche per la costruzione di locomotive. In compenso ridusse i costi e i tempi di trasporto delle merci.
La «Grande depressione». Dal 1873 al 1896 la crescita industriale si bloccò e diminuì: gran parte dei prodotti non trovava chi li comprasse. L’offerta era superiore alla domanda, e la produzione crollò. Questo periodo venne chiamato la «Grande Depressione»: una volta terminate le ferrovie, le industrie del settore non ebbero più clienti; l’arrivo di merci a basso costo dalle Americhe, fece crollare la produzione europea.
La seconda rivoluzione industriale
Ripresa. Alla fine degli anni 90 la crescita riprese, con caratteristiche nuove, tanto che si poté parlare di «Seconda rivoluzione industriale». Le novità furono:
1) Le industrie crebbero di dimensioni. Durante la crisi le piccole imprese o fallirono o si fusero con le grandi, e si formarono grandi concentrazioni industriali che diedero vita a monopoli e oligopoli, dove una sola industria controllava un intero settore (o la gran parte), potendo decidere quanto produrre e a che prezzo.
2) Nuovo ruolo dello Stato. La proprietà delle imprese era ancora in mano ai privati, ma lo Stato iniziò ad aiutare le industrie:
– copriva i costi di istruzione e formazione dei futuri lavoratori;
– era il principale cliente delle grandi industrie pesanti (trasporti, acciaio);
– difendeva la produzione industriale con politiche protezioniste (imponendo dazi);
– favoriva le industrie nazionali con una politica estera caratterizzata dall’espansione coloniale;
3) Innovazioni tecnologiche. La più importante innovazione fu quella tecnologica. E riguardò:
– produzione di energia: vapore/carbone > petrolio;
– nuovi motori primari: macchina a vapore > motore a scoppio/elettrico;
– diffusione dell’energia elettrica;
– introduzione di nuove invenzioni: materiali (alluminio, rayon), fertilizzanti chimici, coloranti;
4) Il Taylorismo. Col termine taylorismo si intende un nuovo modo di organizzazione del lavoro che iniziò a diffondersi all’inizio del Novecento. Messo a punto da Frederick Winslow Taylor, che organizzò la produzione industriale secondo criteri «scientifici», cioè secondo una pianificazione e una parcellizzazione del lavoro estremamente dettagliata. Ogni operazione era scomposta in operazioni più semplici, ciascuna delle quali assegnata ad un lavoratore, che svolgeva solo quella. I tempi venivano così ottimizzati. Il primo a mettere in pratica tale metodo fu Henry Ford, per la produzione di automobili. Il metodo infatti è anche detto «Fordismo».