La follia secondo Virginia Woolf
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Cornelli Andrea
LA SPARTIZIONE DELL’AFRICA E DELL’ASIA E I RAPPORTI TRA GLI STATI EUROPEI
Negli ultimi anni dell’ottocento si realizzarono vasti imperi coloniali.
Nel giro di pochi anni gli Inglesi stabilirono il loro protettorato in Egitto, in Sudan e in diversi territori dell’Africa dei Sud (dove fin dal 1814 avevano costituito la Colonia dei Capo) e acquistarono le colonie della Somalia e della Nigeria. Cecil Rhodes, governatore della Colonia del Capo, fece numerosi tentativi per impadronirsi anche dei territori boeri, fino a provocare lo scoppio di una guerra (1899 1902). La resistenza dei Boeri, che suscitò una larga simpatia nell’opinione pubblica europea, fu stroncata alla fine dalla superiorità militare e dai metodi brutali adottati dagli inglesi. Con la pace di Pretoria (1902) le due repubbliche boere dei Transvaal e dell’Orange furono annessi agli altri possedimenti inglesi dei Sud Africa e formarono con essi ]’Unione Sudafricana, sotto la sovranità britannica ma con un proprio governo.
La Francia riprese la sua espansione in Africa (dove aveva già i possedimenti coloniali dell’Algeria, dei Senegal, della Costa d’Avorio e dell’isola di Réunìon) con la conquista della Tunisia, nel 1881. Negli anni immediatamente successivi estese il suo dominio anche nella parte centrale e interna dei continente, costituendo un impero africano che comprendeva, oltre gli antichi territori, anche il Congo francese, il Dahomey e il Sudan occidentale. Nel 1895 il protettorato francese, poi trasformato in dominio coloniale, fu imposto all’isola di Madagascar. La conquista dell’Africa non suscitò gravi contrasti tra Francia e Inghilterra. l’unico episodio, che sembrò preludere ad una guerra tra le due nazioni, si verificò nel Sudan anglo-egiziano, dove una spedizione inglese incontrò una colonna francese nel villaggio di Fashoda. I due capi spedizione si fronteggiarono per qualche giorno, pronti all’uso delle armi, finché i governi riuscirono a trovare un accordo pacifico. Ebbe un qualche peso, in questa decisione, anche la considerazione che altri concorrenti, tra i quali la Germania e l’Italia, avrebbero potuto approfittare di uno scontro tra i due maggiori interessati alla colonizzazione dell’Africa. Bismark si era per lungo tempo disinteressato del problema coloniale, ritenendo che gli interessi della Germania potessero essere meglio salvaguardati da una linea politica mirante a confermare l’egemonia già conquistata nel continente europeo. La pressione delle forze economiche interessate all’espansione coloniale si fece sentire però, intorno al 1884, anche in Germania. La Società coloniale tedesca e la Lega pangermanistica si fecero attive propagandiste della superiorità razziale dei Tedeschi e dei loro diritto di dominio sui popoli ‘inferiori’, nonché della necessità di conquistare nuovi mercati e fonti di materie prime. Il ritardo di qualche anno non aveva lasciato larghe possibilità di conquista alla Germania che, non potendo realizzare un impero territorialmente omogeneo come la Francia, stabilì il suo dominio in diversi punti dei continente: Togo, Camerun, Africa sud-occidentale, Africa orientale tedesca.
L’Italia dopo l’acquisto della baia di Assab, sul mar Rosso e di Massaua, che col suo territorio formò la colonia Eritrea, pose sotto il suo dominio una parte della Somalia (1 884-1890). Dopo la sconfitta inglese di Kartum anche le guarnigioni italiane attraversarono momenti di difficoltà . L’eccidio di 500 soldati a Dogali da parte delle truppe etiopiche, eccitò il risentimento nazionalistico e propositi di rivincita e di conquista. Ma il corpo di spedizione inviato nel 1896 per la conquista dell’Etiopia fu sconfitto e distrutto quasi completamente dall’esercito del regno di Menelik ad Adua. Fu il più grave insuccesso che gli Europei ebbero nel corso della spartizione dei continente africano.
La presenza dei Belgio tra gli Stati che acquistarono domini in Africa fu il risultato della personale iniziativa dei re Leopoldo II. Dopo le esplorazioni di Stanley nel bacino del Congo, egli promosse la costituzione di un’Associazione internazionale africana, che ebbe come scopo ufficiale la lotta contro la tratta dei negri in Africa, ma servì a Leopoldo per instaurare la sua personale sovranità in quel territorio. in un congresso tenuto a Berlino nel 1885 tra le potenze interessate alle questioni africane egli fu riconosciuto re dello Stato libero dei Congo, che fu successivamente lasciato in eredità al Belgio nel 1908.
La spartizione dell’Asia in colonie e zone d’influenza provocò contrasti e tensioni che si concentrarono sulla questione della Cina, un impero in disfacimento di cui Inghilterra, Francia, Russia e Giappone (dove era in corso un rapido processo di industrializzazione sul modello occidentale), speravano di potersi dividere le spoglie. L’equilibrio di questi interessi contrastanti ebbe come risultato il mantenimento della Cina come Stato autonomo ma non impedì il suo assoggettamento economico e la riduzione della sua indipendenza politica a pura forma. La fase imperialistica dell’espansione coloniale in Asia cominciò nel 1884 con l’instaurazione del dominio francese nel Tonchino, la parte settentrionale dell’attuale Vietnam già appartenente all’impero dell’Annam e soggetta alla Cina. Insieme al Vietnam meridionale (Cocincina) e alla Cambogia, che la Francia possedeva dal 1863, ìi Tonchino fu posto sotto un’unica amministrazione francese, il governo generale dell’Indocina. A questo dominio coloniale fu aggregato nel 1893 anche il Laos. Di tutta la penisola indocinese rimase indipendente soltanto il Siam, che però fu costretto a fare alla Francia e all’Inghilterra concessioni che ridussero sostanzialmente la sua sovranità.
In seguito all’occupazione dei Tonchino da parte della Francia, che in quella occasione ottenne anche la libertà di commercio nella Cina meridionale, l’Inghilterra portò a compimento l’occupazione della Birmania (1886) che fu aggregata all’impero indiano. Nello stesso anno ebbe inizio la conquista delle isole dei Pacifico, con la spartizione della Nuova Guinea tra la Germania, l’Olanda e la Gran Bretagna; seguirono poi analoghe operazioni, alle quali parteciparono anche gli Stati Uniti, per gli altri arcipelaghi (Samoa, Nuove Ebridi, Filippine, ecc.).
La conquista francese del Tonchino, realizzata attraverso una campagna contro la Cina, aveva ancora una volta dimostrato la debolezza dell’impero cinese. Ma una ‘questione cinese”, causa dì lunghi conflitti tra le potenze colonialiste, esplose soltanto dopo che il Giappone aggredì la Cina e la sconfisse in una rapida guerra (1894-1895). Le altre potenze si adoperano per costringere il paese vincitore a rinunciare ad una parte delle conquiste ottenute in virtù del trattato di Shimoneki , che assicurava al Giappone considerevoli acquisti territoriali. I vantaggi economici e politici che era possibile ottenere in Cina dovevano essere ripartiti equamente, in modo da non alterare l’equilibrio delle forze in Asia e nel mondo. Cominciò quindi una difficile ‘battaglia delle concessioni”, che ebbe un momento di sosta soltanto quando scoppiò in Cina una rivolta nazionalista contro gli stranieri, promossa da una società segreta, l Ordine letterario e patriottico dei punbi armoniosi” (o movimento boxers). Alla spedizione internazionale, che fu organizzata per reprimere la rivolta, parteciparono, oltre l’Inghilterra, la Francia, la Germania e la Russia, anche gli Stati Uniti e l’Italia, che ottenne in quella occasione la concessione di Tien Tsin.
Voi sapete che dovete combattere contro un nemico astuto, coraggioso, bene armato, crudele – disse allora l’imperatore tedesco alle sue truppe in partenza per la Cina -. Nel fronteggiarlo siate consapevoli di questo: non ci sarà grazia, non saranno fatti prigionieri. Adoperate le vostre armi in modo che per mille anni nessun cinese osi guardare di traverso un tedesco.
La momentanea solidarietà tra le potenze valse a soffocare la rivolta ma non a risolvere le questioni aperte dalla guerra cino-giapponese, il cui aspetto più grave era rappresentato dallo scontro dell’espansionismo russo e di quello giapponese in Manciuria e in Corea, La Russia aveva approfittato della guerra cino-giapponese e dei successivo intervento politico delle altre potenze per consolidare la propria presenza in Manciuria. Nella parte meridionale della regione, a Port Arthur, in un’importantissima posizione dal punto di vista strategico e commerciale, i Russi costruirono una base navale e militare che costituiva un punto chiave di controllo della Manciuria e della Cina. Il 4 febbraio 1904, senza dichiarazione di guerra, i Giapponesi attaccarono la base russa di Port Arthur. Essi avevano l’appoggio politico della Gran Bretagna, con la quale due anni prima avevano stipulato un trattato di alleanza. L’efficienza militare dei Giappone, che negli anni precedenti era diventato una nuova e moderna potenza industriale, fu una sorpresa per tutto il mondo e soprattutto per i Russi che avevano largamente sottovalutato l’avversario. Port Arthur dovette arrendersi dopo un assedio di un anno e un altro esercito russo fu battuto a Mukden. Poiché la ferrovia transiberiana non era ancora in piena efficienza i Russi poterono servirsi soltanto di mezzi navali per l’invio delle loro truppe in Manciuria. Ma nel trasferimento dal Baltico in Estremo oriente la flotta russa fu distrutta dai Giapponesi nello stretto di Tsushima, tra la Corea e il Giappone (maggio 1905). La pace fu fatta nel settembre del 1905 con la mediazione del presidente americano Theodore Roosevelt. I Giapponesi ottennero una sorta di protettorato sulla Corea, il controllo della penisola cinese di Liaotung e l’annessione della metà dell’isola di Sakhatin. Mentre era in corso la gara per le conquiste coloniali tra le nazioni europee, la Spagna, che in questo campo aveva avuto un ruolo dominante, uscì di scena come potenza coloniale: in seguito alla guerra dei 1898 i suoi ultimi possedimenti in America latina e nel Pacifico (Cuba, Portorico, Filippine e isola di Guam) caddero sotto il controllo statunitense. La sconfitta colpì profondamente il sentimento nazionale della Spagna.
Le vicende dell’espansione coloniale ebbero un peso crescente nel determinare gli orientamenti della politica internazionale, gli accordi e gli antagonismi tra gli Stati. Ma anche problemi tradizionali, come la questione d’Oriente, e riguardanti l’assetto politico-geografico dell’Europa, continuarono ad avere un posto importante. Ciò che in questa fase divenne più evidente fu il legame tra la politica estera degli Stati e le esigenze dei loro sviluppo economico. La concorrenza economica si trasferì dal piano dal piano interno su quello internazionale e il nazionalismo economico diventò una regola quasi universale. La concreta dimostrazione di questo orientamento fu l’abbandono dei libero scambio e l’adozione di tariffe doganali protettive, per impedire che i manufatti inglesi e il grano americano facessero concorrenza all’interno ai prodotti dei singoli paesi. Tra il 1878 e il 1890 la Russia, la Spagna, l’Italia, la Germania, la Svizzera, la Svezia e la Francia adottarono forti tariffe doganali. Il risultato della svolta protezionistica fu che la conquista di mercati e possibilità di sbocchi fu affidata sempre più alla forza dello Stato e alla sua capacità di imporsi con mezzi politici e di crearsi zone d’influenza riservate.
Tutto ciò appare evidente specie dopo il 1880 e fino alla guerra mondiale. Prima dei 1880 la scena politica internazionale fu dominata dall’eco e dalle conseguenze del duello franco-prussiano, dal risentimento della Francia per le perdite subite e dal timore di un suo tentativo di revanche. Altri motivi di contrasto, specialmente a proposito dei Balcani, tra Russia e Austria-Ungheria, furono inizialmente posti in secondo piano dall’opera diplomatica di Bismark (foto a sinistra), il cui scopo principale fu di isolare politicamente la Francia e impedire di trovare gli appoggi necessari a tentare la rivincita. Un positivo risultato di questa politica fu il patto dei tre imperatori, stipulato nel 1873 tra Germania, Austria e Russia; inoltre la Germania conservò l’amicizia dell’Italia, dopo la guerra dei 1866 e l’appoggio che successivamente le diede per la liberazione di Roma. Un’alleanza tra Gran Bretagna e Francia era resa impossibile dagli attriti esistenti tra le due potenze in campo coloniale. In questo quadro l’egemonia politica della Germania di Bismark era assicurata.
A turbare la stabilità dei sistema intervenne una nuova crisi nei Balcani. Una rivolta contro il dominio turco scoppiò in Bosnia e in Bulgaria. Lo zar Alessandro prese a pretesto la ferocia della repressione (gli ‘orrori bulgari) per intervenire e provocare una guerra russo-turca (1877-1878). La Turchia sconfitta accettò, con la pace di Santo Stefano, di rinunciare al dominio sulla Bulgaria, che avrebbe dovuto formare uno Stato autonomo sotto il controllo della Russia. La reazione dell’Austria e dell’Inghilterra a queste decisioni portò l’Europa sull’orlo di una nuova guerra, che fu scongiurata per l’intervento e la mediazione di Bismark. Le potenze accettarono la proposta, fatta dal cancelliere tedesco, di una conferenza per risolvere la vertenza in modo pacifico. Al congresso di Berlino, che si riunì nel giugno-luglio 1878, prevalse il principio dell’equilibrio e dei compensi. Il trattato di Santo Stefano fu annullato e lo Stato bulgaro che esso aveva previsto fu diviso in tre parti: un principato bulgaro, semindipendente; una provincia autonoma della Rumelia orientale; la regione della Macedonia, che rimase sotto la sovranità turca. All’Austria-Ungheria fu assegnata l’amministrazione della Bosnia e dell’Erzegovina, mentre la Russia ricevette la Bessarabia meridionale e il porto di Batum sul mar Nero. Fu riconosciuta l’indipendenza della Serbia, dei Montenegro e della Romania. L’Inghilterra ottenne l’isola di Cipro e la Francia ebbe il consenso delle potenze all’occupazione della Tunisia.
La provvisoria sistemazione pacifica della questione d’oriente non eliminò i motivi di conflitto tra le potenze, che dei resto avevano un teatro assai più vasto dì quello turco-balcanico. In realtà i contrasti continuarono dopo il congresso di Berlino. La Russia e la Gran Bretagna, già antagoniste per la questione di oriente, si scontrarono anche in Asia centrale, per il predominio sui territori situati tra la Russia e l’india. Con un accordo stipulato nel 1885 si stabilì che l’Afghanistan dovesse assolvere la funzione di stato-cuscinetto; ma rimase aperto il problema dell’influenza delle due potenze sulla Persia, che fu risolto con un compromesso soltanto nel 1907.
Su questo stesso terreno dell’espansione coloniale, si crearono motivi di rivalità anche tra Gran Bretagna e Francia, specialmente a proposito dell’Egitto e dell’Indocina. Infine l’occupazione francese della Tunisia avvenuta nel 1881, provocò uno choc in Italia, che fino a quel momento aveva incoraggiato l’emigrazione dalla Sicilia nel territorio tunisino.
Il rapido processo di espansione coloniale e la gara economica che si veniva instaurando stavano allora creando le condizioni per un nuovo schieramento di forze sul piano internazionale. Ma intanto Bismark seppe sfruttare le rivalità in atto per creare un sistema di rapporti in cui la Germania era garantita da ogni coalizione offensiva che avesse al centro la Francia. L’abile costruzione diplomatica ebbe inizio con un’alleanza fra la Germania e l’Austria (1879), che doveva fronteggiare il risentimento russo per i risultati dei congresso di Berlino. Ad essa seguì un secondo patto dei tre imperatori (1 881) al quale lo zar Alessandro III aderì con l’obiettivo di impedire che l’Austria e la Germania procedessero unilateralmente a modifiche dello status quo nei Balcani. Bismark si adoperò nello stesso tempo per realizzare una Triplice Alleanza tra la Germania, l’Austria e l’Italia, che fu effettivamente stipulata nel 1882. Prima di aderire alla Triplice Alleanza l’Italia dovette superare non poche perplessità che provenivano dall’orientamento tradizionalmente antiaustriaco della politica estera italiana e dalle sue rivendicazioni nei confronti delle terre irredente dei Trentino e della Venezia Giulia; ma le preoccupazioni suscitate dalla politica francese nel Mediterraneo furono un motivo importante della sua adesione.
Il sistema Bismarkiano subì una crisi nel 1885-1886, per il riemergere dei dissidio austro-russo a proposito dei Balcani. Allo scioglimento del patto fra i tre imperatori. Bismark oppose sia il rafforzamento dei legami con l’Austria e con l’Italia sia un trattato di controassicurazione con la Russia. Ma la crisi rivelò il punto debole della politica bismarkiana: l’alleanza con l’Austria e l’appoggio alle ambizioni austriache nei Balcani erano in contraddizione con il patto russo-tedesco. Superando la sua estrema diffidenza per le istituzioni repubblicane lo zar cominciò ad avvicinarsi alla Francia, favorendo fin dal 1888 gli investimenti di capitali francesi ìn Russia. La caduta di Bismark, nel 1890, e i nuovi orientamenti della politica estera tedesca accelerarono questo processo che sfociò nella Duplice Alleanza tra la Francia e la Russia (1891) e in un patto militare tra le due potenze. In tal modo uno dei capisaldi del sistema bismarkiano, l’isolamento della Francia, veniva a cadere.
Dopo l’ascesa di Guglielmo Il al trono tedesco e le dimissioni di Bismark, i contrasti provocati dalla politica imperialista emersero in primo piano e si aggravarono. La precedente espansione coloniale aveva ridotto le possibilità di trovare nuovi
mercati, zone d’influenza e colonie. L’esportazione di capitali dall’Inghilterra, dalla Francia e dalla Germania si fece più intensa e ognuno di questi paesi estese a livello
mondiale la rete dei propri interessi. Stati Uniti e Giappone entrarono nella gara imperialistica e il nuovo imperatore tedesco abbandonò l’orientamento della politica bismarkiana per lanciarsi in una politica mondiale, in concorrenza con le altre potenze colonialiste e specialmente con l’Inghilterra. Il nazionalismo tedesco cominciò a prendere il carattere dei ‘pangermanesimo’ e a propugnare l’abbandono della linea prevalentemente difensiva della politica bismarkiana in Europa e proporre l’obiettivo di una ‘Grande Germania’ che raggruppasse tutti i popoli tedeschi o di tipo tedesco.
Il risultato di queste tendenze fu un mutamento profondo degli schieramenti politici internazionali: la Gran Bretagna, spinta da contrasto di interessi con la Germania e la Russia, fu portata ad uscire dal volontario splendido isolamento (che le aveva permesso una grande libertà di manovra nella politica coloniale) e ad allearsi prima col Giappone e successivamente con la Francia.
La necessità di mantenere l’equilibrio e la reciproca sorveglianza di fronte alla questione d’Oriente costrinsero le grandi potenze a rimanere spettatrici passive delle tremende repressioni che il governo turco effettuò in Armenia, nel 1894-1896, e in Macedonia, nel 1903, e della guerra greco-turca che scoppiò nel 1897 in seguito all’insurrezione di Creta contro il dominio turco. Le decisioni del congresso di Berlino avevano aggravato la disgregazione dei mondo balcanico, accentuandone lo spezzettamento e quindi le rivalità interne, sulle quali cercavano di far leva soprattutto l’Austria e la Russia. Un motivo di allarme per le altre potenze fu la penetrazione economica tedesca nell’impero turco, dove la Deutsche Bank ottenne nel 1899 l’autorizzazione a finanziare e costruire la ferrovia di Bagdad (che doveva collegare Costantinopoli al Golfo Persico) con una sede di diritti e vantaggi finanziari. Analoghe preoccupazioni suscitarono, in questa fase della storia dei rapporti internazionali (1890-1904), il colonialismo tedesco in Africa, in Estremo Oriente e nel pacifico, e i sistemi di concorrenza economica praticati dalla Germania. Questa si servì infatti largamente dell’arma dei dumping (vendita all’estero a prezzi inferiori a quelli praticati nel mercato interno) riuscendo a mettere in difficoltà l’esportazione britannica. Infine fu interpretato come una minacciosa manifestazione di un orientamento antinglese l’impegno della Germania a costruire una grande flotta militare.
In queste condizioni, l’iniziativa di un avvicinamento franco-inglese, presa dal ministro degli esteri francese Deirassé, fu accolta positivamente dalla Gran Bretagna e si giunse nel 1904 ad una intesa cordiale tra i due paesi. La base dell’accordo fu il regolamento delle questioni coloniali. Al riconoscimento degli interessi inglesi in Egitto da parte della Francia corrispose l’impegno della Gran Bretagna a dare mano libera alla Francia in Marocco. L’intesa, che non si tradusse in un patto formale di alleanza, assunse poi un rilievo più ampio e condusse ad una convergenza delle due potenze su tutte le maggiori questioni europee e mediterranee. Da parte sua anche l’Italia cominciò a dare allora un’interpretazione meno rigida alla Triplice Alleanza, e tale comunque da non escludere possibilità di altre alleanze. In occasione del rinnovo dei patto, nel 1902, l’Italia ne ribadì il carattere difensivo secondo la linea seguita dal ministro degli esteri Emilio Visconti Venosta fin dal 1896. Contemporaneamente fu stipulato un accordo con la Francia, che si impegnò a non ostacolare un’eventuale azione italiana in Tripolitania e in Cirenaica. L’iniziativa dell’Italia, che il cancelliere von Búlow definì un semplice “giro di valzer’ che non minacciava la fedeltà alla Triplice, era un altro sintomo del mutamento della situazione internazionale all’aprirsi del nuovo secolo.
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