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27 Gennaio 2019La spartizione dell’ Africa e dell’ Asia e i rapporti tra gli stati europei
Fino alla seconda metà del XIX secolo, l’occupazione di territori africani da parte di paesi europei ebbe uno scopo puramente commerciale e si limitò alle coste. L’Inghilterra diede inizio ad una nuova fase del suo dominio in Africa con l’acquisto di circa la metà delle azioni del canale dì Suez dal governo egiziano, a cui seguì, nel 1882, l’occupazione militare dell’Egitto e la penetrazione nel Sudan, dove l’anno precedente si era verificata una grande rivolta capeggiata dal “Mabdi” “Abd Allah” e organizzata dal movimento religioso dei “Dervisci”. Nel giro di pochi anni gli Inglesi stabilirono il loro protettorato in Egitto. Cecil Rhodes, governatore della Colonia del Capo, fece numerosi tentativi per impadronirsi anche dei territori boeri, fino a provocare lo scoppio di una guerra (1899 1902). La resistenza dei Boeri, fu stroncata alla fine dalla superiorità militare e dai metodi brutali adottati dagli inglesi. Con la pace di Pretoria (1902) le due repubbliche boere della Transvaal e dell’Orange furono annesse agli altri possedimenti inglesi del Sud Africa e formarono con essi l’Unione Sudafricana, sotto la sovranità britannica ma con un proprio governo. La Francia riprese la sua espansione in Africa con la conquista della Tunisia, nel 1881. Negli anni successivi estese il suo dominio anche nella parte centrale e interna del continente, costituendo un impero africano. La conquista dell’Africa non suscitò gravi contrasti tra Francia e Inghilterra. L’unico episodio, che sembrò preludere ad una guerra tra le due nazioni, avvenne nel Sudan anglo-egiziano, dove una spedizione inglese incontrò una colonna francese nel villaggio di Fashoda. I due capi spedizione si fronteggiarono per qualche giorno, pronti all’uso delle armi, finché i governi riuscirono a trovare un accordo pacifico. Ebbe un qualche peso, in questa decisione, anche la considerazione che altri concorrenti, tra i quali la Germania e l’Italia, avrebbero potuto approfittare di uno scontro tra i due maggiori interessati alla colonizzazione dell’Africa. Bismark si era per lungo tempo disinteressato del problema coloniale, ritenendo che gli interessi della Germania potessero essere meglio salvaguardati da una linea politica mirante a confermare l’egemonia già conquistata nel continente europeo. La pressione delle forze economiche interessate all’espansione coloniale si fece sentire però, intorno al 1884, anche in Germania. La Società coloniale tedesca, e la Lega pangermanistica si fecero attive propagandiste della superiorità razziale dei Tedeschi e dei loro diritto di dominio sui popoli “inferiori”. Il ritardo di qualche anno non aveva lasciato larghe possibilità di conquista alla Germania che, stabilì il suo dominio in diversi punti del continente. L’Italia dopo l’acquisto della baia di Assab, sul mar Rosso e di Massaua, che col suo territorio formò la colonia Eritrea, pose sotto il proprio dominio una parte della Somalia (1884-1890). La presenza del Belgio tra gli Stati che acquistarono domini in Africa fu il risultato della personale iniziativa dei re Leopoldo II, egli promosse la costituzione di un’Associazione internazionale africana, che ebbe come scopo ufficiale la lotta contro la tratta dei negri in Africa, ma servì a Leopoldo per instaurare la sua personale sovranità in quel territorio.
La spartizione dell’Asia in colonie e zone d’influenza provocò contrasti e tensioni che si concentrarono sulla questione della Cina, un impero di cui Inghilterra, Francia, Russia e Giappone, speravano di potersi dividere le spoglie. L’equilibrio di questi interessi contrastanti ebbe come risultato il mantenimento della Cina come Stato autonomo ma non impedì il suo assoggettamento economico e la riduzione della sua indipendenza politica a pura forma. La fase imperialistica dell’espansione coloniale in Asia cominciò nel 1884 con l’instaurazione del dominio francese nel Tonchino, la parte settentrionale dell’attuale Vietnam. Insieme al Vietnam meridionale (Cocincina) e alla Cambogia, che la Francia possedeva dal 1863, il Tonchino fu posto sotto un’unica amministrazione francese, il governo generale dell’Indocina. Di tutta la penisola indocinese rimase indipendente soltanto il Siam, che però fu costretto a fare alla Francia e all’Inghilterra concessioni che ridussero sostanzialmente la sua sovranità. In seguito all’occupazione del Tonchino da parte della Francia, l’Inghilterra portò a compimento l’occupazione della Birmania (1886) che fu aggregata all’impero indiano. Nello stesso anno ebbe inizio la conquista delle isole del Pacifico, con la spartizione della Nuova Guinea tra la Germania, l’Olanda e la Gran Bretagna. La conquista francese del Tonchino, realizzata attraverso una campagna contro la Cina, aveva ancora una volta dimostrato la debolezza dell’impero cinese. Una “questione cinese”, però, esplose soltanto dopo che il Giappone aggredì la Cina e la sconfisse in una rapida guerra (1894-1895). Le altre potenze si adoperano per costringere il paese vincitore a rinunciare ad una parte delle conquiste ottenute in virtù del trattato di Shimoneki, che assicurava al Giappone considerevoli acquisti territoriali. I vantaggi economici e politici che si potevano ottenere in Cina dovevano essere ripartiti equamente, in modo da non alterare l’equilibrio delle forze in Asia e nel mondo. Cominciò quindi una difficile “battaglia delle concessioni”, che ebbe un momento di sosta soltanto quando scoppiò in Cina una rivolta nazionalista contro gli stranieri, promossa da una società segreta, l”Ordine letterario e patriottico dei punbi armoniosi” (o movimento boxers). Alla spedizione internazionale, che fu organizzata per reprimere la rivolta, parteciparono, oltre l’Inghilterra, la Francia, la Germania e la Russia, anche gli Stati Uniti e l’Italia. La momentanea solidarietà tra le potenze valse a soffocare la rivolta ma non a risolvere le questioni aperte dalla guerra cino-giapponese, il cui aspetto più grave era rappresentato dallo scontro dell’espansionismo russo e di quello giapponese in Manciuria e in Corea; infatti nella parte meridionale della regione, a Port Arthur, in un’importantissima posizione dal punto di vista strategico e commerciale, i Russi costruirono una base navale e militare che costituiva un punto chiave di controllo della Manciuria e della Cina. Il 4 febbraio 1904, senza dichiarazione di guerra, i Giapponesi attaccarono la base russa di Port Arthur. Essi avevano l’appoggio politico della Gran Bretagna, con la quale due anni prima avevano stipulato un trattato di alleanza. L’efficienza militare del Giappone, che negli anni precedenti era diventata una nuova e moderna potenza industriale, fu una sorpresa per tutto il mondo e soprattutto per i Russi che avevano largamente sottovalutato l’avversario. Port Arthur dovette arrendersi dopo un assedio di un anno e un altro esercito russo fu battuto a Mukden. Poiché la ferrovia transiberiana non era ancora in piena efficienza i Russi poterono servirsi soltanto di mezzi navali per l’invio delle loro truppe in Manciuria, quindi nel trasferimento dal Baltico in Estremo oriente la flotta russa fu distrutta dai Giapponesi nello stretto di Tsushima, tra la Corea e il Giappone (maggio 1905). La pace fu fatta nel settembre del 1905 con la mediazione del presidente americano Theodore Roosevelt. Mentre era in corso la gara per le conquiste coloniali tra le nazioni europee, la Spagna, che in questo campo aveva avuto un ruolo dominante, uscì di scena come potenza coloniale: in seguito alla guerra dei 1898 i suoi ultimi possedimenti in America latina e nel Pacifico (Cuba, Portorico, Filippine e isola di Guam) caddero sotto il controllo statunitense. Le vicende dell’espansione coloniale ebbero un peso crescente nel determinare gli orientamenti della politica internazionale, gli accordi e gli antagonismi tra gli Stati. Ciò che in questa fase divenne più evidente fu il legame tra la politica estera degli Stati e le esigenze del loro sviluppo economico. La concorrenza economica si trasferì dal piano interno su quello internazionale e il nazionalismo economico diventò una regola quasi universale. Tra il 1878 e il 1890 la Russia, la Spagna, l’Italia, la Germania, la Svizzera, la Svezia e la Francia adottarono forti tariffe doganali. Il risultato della svolta protezionistica fu che la conquista di mercati e possibilità di sbocchi fu affidata sempre più alla forza dello Stato e alla sua capacità di imporsi con mezzi politici e di crearsi zone d’influenza riservate. Tutto ciò appare evidente specie dopo il 1880 e fino alla guerra mondiale. Prima del 1880 la scena politica internazionale fu dominata dall’eco e dalle conseguenze del duello franco-prussiano, dal risentimento della Francia per le perdite subite e dal timore di un suo tentativo di revanche. Altri motivi di contrasto, specialmente a proposito dei Balcani, tra Russia e Austria-Ungheria, furono inizialmente posti in secondo piano dall’opera diplomatica di Bismark, il cui scopo principale fu di isolare politicamente la Francia e impedirle di trovare gli appoggi necessari a tentare la rivincita. Un positivo risultato di questa politica fu il patto dei tre imperatori, stipulato nel 1873 tra Germania, Austria e Russia; inoltre la Germania conservò l’amicizia dell’Italia, dopo la guerra del 1866 e l’appoggio che successivamente le diede per la liberazione di Roma. Un’alleanza tra Gran Bretagna e Francia era resa impossibile dagli attriti esistenti tra le due potenze in campo coloniale. In questo quadro l’egemonia politica della Germania di Bismark era assicurata.
I motivi di rivalità tra Francia e Gran Bretagna si crearono specialmente a proposito dell’Egitto e dell’Indocina. Il rapido processo di espansione coloniale e la gara economica che si veniva instaurando, stavano allora creando le condizioni per un nuovo schieramento di forze sul piano internazionale. Ma intanto Bismark seppe sfruttare le rivalità in atto per creare un sistema di rapporti in cui la Germania era garantita da ogni coalizione offensiva che avesse al centro la Francia. L’abile costruzione diplomatica ebbe inizio con un’alleanza fra la Germania e l’Austria (1879), ad essa seguì un secondo patto dei tre imperatori (1 881) al quale lo zar Alessandro III aderì con l’obiettivo di impedire che l’Austria e la Germania procedessero unilateralmente a modifiche dello status quo nei Balcani. Bismark si adoperò nello stesso tempo per realizzare una Triplice Alleanza tra la Germania, l’Austria e l’Italia. Il sistema Bismarkiano subì una crisi nel 1885-1886, per il riemergere del dissidio austro-russo a proposito dei Balcani. Allo scioglimento del patto fra i tre imperatori. Bismark oppose sia il rafforzamento dei legami con l’Austria e con l’Italia sia un trattato di controassicurazione con la Russia. La crisi rivelò però il punto debole della politica Bismarkiana: l’alleanza con l’Austria e l’appoggio alle ambizioni austriache nei Balcani erano in contraddizione con il patto russo-tedesco. La caduta di Bismark, nel 1890, e i nuovi orientamenti della politica estera tedesca accelerarono questo processo che sfociò nella Duplice Alleanza tra la Francia e la Russia (1891) e in un patto militare tra le due potenze. In tal modo uno dei capisaldi del sistema Bismarkiano, l’isolamento della Francia, veniva a cadere. Dopo l’ascesa di Guglielmo Il al trono tedesco e le dimissioni di Bismark, i contrasti provocati dalla politica imperialista si aggravarono. Stati Uniti e Giappone entrarono nella gara imperialistica e il nuovo imperatore tedesco abbandonò l’orientamento della politica Bismarkiana, per lanciarsi in una politica mondiale. Il nazionalismo tedesco, cominciò a prendere il carattere del “pangermanesimo” e a propugnare l’abbandono della linea prevalentemente difensiva della politica Bismarkiana in Europa e proporre l’obiettivo di una “Grande Germania”, che raggruppasse tutti i popoli tedeschi o di tipo tedesco. Il risultato di queste tendenze fu un mutamento profondo degli schieramenti politici internazionali: la Gran Bretagna, spinta da contrasto di interessi con la Germania e la Russia, fu portata ad uscire dal volontario splendido isolamento e ad allearsi prima col Giappone e successivamente con la Francia. Un motivo di allarme per le altre potenze, fu la penetrazione economica tedesca nell’impero turco, dove la Deutsche Bank ottenne nel 1899 l’autorizzazione a finanziare e costruire la ferrovia di Bagdad (che doveva collegare Costantinopoli al Golfo Persico) con una sede di diritti e vantaggi finanziari. Analoghe preoccupazioni suscitarono, in questa fase della storia dei rapporti internazionali (1890-1904), il colonialismo tedesco in Africa, in Estremo Oriente e nel pacifico, e i sistemi di concorrenza economica praticati dalla Germania. Infine fu interpretato come una minacciosa manifestazione di un orientamento antinglese l’impegno della Germania a costruire una grande flotta militare. In queste condizioni, l’iniziativa di un avvicinamento franco-inglese, presa dal ministro degli esteri francese Deirassé, fu accolta positivamente dalla Gran Bretagna e si giunse nel 1904 ad unintesa cordiale tra i due paesi.
L’intesa, che non si tradusse in un patto formale di alleanza, assunse poi un rilievo più ampio e condusse ad una convergenza delle due potenze su tutte le maggiori questioni europee e mediterranee. Da parte sua anche l’Italia cominciò a dare allora un’interpretazione meno rigida alla Triplice Alleanza, e tale in ogni modo da non escludere possibilità di altre alleanze. In occasione del rinnovo del patto, nel 1902, l’Italia ne ribadì il carattere difensivo, contemporaneamente fu stipulato un accordo con la Francia. L’iniziativa dell’Italia, era un altro sintomo del mutamento della situazione internazionale all’aprirsi del nuovo secolo.
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dalla tesina – esame di stato 2003 Il movimento imperialista di Raffaele Orrù