Verbi della terza coniugazione
27 Gennaio 2019Maurizio Zini
27 Gennaio 2019dalla Storia romana
di Carlo Zacco
3.28. La successione di Cesare
I congiurati. I congiurati erano convinti che il popolo li avrebbe accolti favorevolmente, e considerati campioni della libertà. Ma all’indomani della morte di Cesare si resero conto che il popolo non era affatto dalla loro parte, e anche l’esercito era rimasto fedele ad Antonio, ex luogotenente di Cesare.
– Accordo Antonio-Senato. Non osarono variare di una virgola la costituzione, temendo addirittura la loro stessa vita. Ci dunque un accordo tra Antonio e il Senato: Antonio si impegnava di tenere a freno l’esercito, e di non aprire nessuna inchiesta sulla morte di Cesare; il Senato si impegna a mantenere intatti i provvedimenti di Cesare, e rispettare le sue volontà testamentarie.
Il testamento. Il 18 Marzo venne aperto il testamento e tutti rimasero sorpresi: Cesare aveva designato come proprio successore non Antonio, ma Ottaviano, nipote adottivo; inoltre lasciava una somma di 300 sesterzi ad ogni proletario e ad ogni soldato. Questo fece infuriare ancora di più il popolo contro i congiurati, al punto che il 20 Marzo, giorno dei funerali di Cesare, il popolo insorse chiedendo la punizione degli assassini; alcuni manifestanti incendiarono le case di Bruto e Cassio.
Ottaviano. In quel momento Ottaviano si trovava in Epiro. A fine Aprile giunge a Roma, intenzionato a far rispettare il testamento. Antonio si rifiuta di consegnargli i beni di Cesare, e Ottaviano vende i suoi beni per procedere alle distribuzioni di denaro alla plebe e ai soldati. Questo fu un gesto di grande significato politico: non solo guadagnò una grande stima presso il popolo, ma ottenne anche l’appoggio dei senatori moderati che non vedevano di buon occhio i metodi di Antonio, e tra questi vi era Cicerone.
Guerra Antonio-Bruto. Ad Antonio era stata assegnata una provincia lontana, ma lui non accetta un ruolo marginale. Tramite un plebiscito fa approvare la lex de permutatione provinciarum, con la quale assegnava a sé della Gallia Cisalpina, che veniva così tolta a Decimo Bruto, suo legittimo governatore. Di fronte a questo gesto Cicerone rivolge ad Antonio le 14 Filippiche. Antonio non cede nemmeno dopo le accuse di Cicerone; Bruto dal canto suo non vuole lasciare la Gallia Cisalpina e la occupa con la forza. Ne nasce una guerra: il Senato invia in aiuto di Bruto un esercito consolare, al quale si affianca anche Ottaviano. Nel 43 a.C. Antonio viene sconfitto nella battaglia di Modena, e si rifugia in Spagna, presso il governatore Lepido. Antonio e Lepido vengono dichiarati nemici pubblici.