I MEZZI DI COMUNICAZIONE
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27 Gennaio 2019Tesina Esame di Stato
Stefano Gambaro
Esame di Maturità 2002
La tensione finito-infinito nel Paradiso di Dante
Dopo aver cominciato il suo viaggio di purificazione dalla “selva oscura” ed aver superato anche il regno oltremondano dei Purgatorio, Dante arriva nel Paradiso per completare la sua redenzione e incontrare finalmente Dio, termine ultimo del suo cammino di fede.
Tutta la cantica, dunque, risente dell’inquietudine del poeta sempre teso verso l’Assoluto, fine e completamente della sua esperienza: la quasi spasmodica attesa si manifesta anche stilisticamente nelle terzine dei Paradiso, che non a caso inizia e termina con l’immagine di Dio. Prima ancora dell’io narrativo, infatti, compare “la gloria di colui che tutto move”: solo in un secondo momento si inserisce con umiltà Dante, allo stesso tempo orgoglioso e trepidante per l’avventura mistica che è chiamato a svolgere. Dante e Dio, dunque, si presentano come estremi opposti: l’Uomo, cioè il Finito, il limitato, e Dio, cioè l’infinito e l’illimitato.
La dicotomia, che è presente in maniera molto forte nel canto iniziale e in quello conclusivo di quest’ultima tappa della Commedia, viene però alla fine risolta: non a caso questi due termini opposti si incontrano nelle ultime terzine, o forse sarebbe meglio dire che, poiché il legame spirituale c’è sempre stato, avviene nella conclusione un incontro fisico, per quanto si possa parlare di fisicità in questo contesto, e proprio sul tema dell’intimo rapporto che s’instaura fra Finito ed Infinito si basa la suggestione del Paradiso.
Penetrando sempre più con lo sguardo nella luce, Dante riesce a vedere tutto l’Universo, tutti i suoi elementi costitutivi uniti insieme in Dio, divenire una sola cosa: tutto ciò che discende da Dio, quindi, trova armonia ed unità solo in Dio, cioè solo in seno al suo Creatore, perciò a Finito può trovare quiete solo congiungendosi con l’Infinito.
Figura simbolo della dicotomia Finito-Infinito è certamente Cristo: la sua duplice Natura, umana e divina unisce il finito e l’infinito, l’Uomo e la Divinità.
Analogamente a Gesù Cristo, si presenta come emblema dell’apparente contrapposizione tra limitato e illimitato, vincolo e Assoluto, anche la Vergine Madre: Maria, infatti, è l’anello di congiunzione tra il sommo Creatore e le sue creature. Mentre Cristo rappresenta la dualità tra umano e divino, la Vergine rappresenta quella tra Fattore e fattura, ma allo stesso modo si inserisce nel discorso sul Finito e sull’infinito: come il Creatore, infinito, tende alla sua creatura perché le infonde il soffio vitale di cui si parla nel canto 1, così questa, finita, tende nuovamente a Dio per colmare la sua imperfezione.
La doppia natura materiale e immateriale sembra costante in questi canti, come dimostra ulteriormente un altro tema, il tema della luce. Niente più di essa esprime anche in campo fisico la dualità tra Finito ed Infinito, tra materia ed energia, tra materiale ed immateriale: essa è entrambe le cose, come Cristo era Uomo e Dio, come Maria era creatura e creatrice e inoltre è diretta emanazione di Dio per gli uomini e per l’Universo, quindi strumento di comunione tra questi due termini in apparente antitesi. Solamente grazie alla luce, che si presenta come unica parte visibile e percepibile dell’Ineffabile per eccedenza, cioè Dio, Dante riesce ad avvicinarcisi sempre di più; solamente volgendo in essa lo sguardo, invece di perdersi nella sua intensità, l’Uomo riesce a trovare la via da seguire.
Diversamente succede in altre produzioni letterarie che trattano lo stesso tema, la tensione tra Finito ed Infinito, come ad esempio nel Romanticismo. La caratteristica di Dante è quella di aver risolto il distacco in una fiducia nell’Uomo, riflesso della fiducia in Dio, dunque un Finito che trova il suo modo d’essere solo una volta congiunto all’Infinito: una contraddizione solo transitoria, che dura il tempo di una vita, ma ben presto sciolta nel regno ultramondano, a cui l’uomo medievale tende come saldo punto di riferimento. li Romantico, invece, non vedrà la possibilità di una risoluzione di questa antitesi che vive come scacco, come condizione esistenziale insanabile, in modo che la tensione tra Finito ed Infinito è vissuta come languore, come Sehnsucht che, nonostante il recupero di una forte religiosità cristiana durante questo periodo, non può essere quietato nemmeno dopo la morte.
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