Le regioni gelide della terra: polo sud e nord
2 Giugno 2023Polo Nord e Polo sud
2 Giugno 2023Le imprese di Umberto Nobile hanno dell’incredibile, perché Nobile è stato il primo a condurre uomini nel punto esatto del Polo Nord.
Il dirigibile semirigido Norge sorvolò il Polo Nord il 12 maggio 1926. Fu la prima esplorazione confermata e avvallata dalla scienza di qualsiasi tipo al polo. L’esploratore norvegese Roald Amundsen era a capo della spedizione. A lui si unirono l’avventuriero americano Lincoln Ellsworth, che aiutò a finanziare la missione, l’aviatore italiano Umberto Nobile, che progettò il Norge, e un equipaggio di altri 13.
La tragedia del dirigibile Italia
Sono passati quasi cento anni da quel lontano 25 maggio 1928, anno in cui uno dei più grandi successi della tecnologia e dell’esplorazione italiana si trasformò in tragedia e incubo nel giro di poche ore. Il dirigibile Italia si schiantò sul ghiaccio: per i sopravvissuti, per i soccorritori e per le loro famiglie iniziò un dramma, considerato ancora oggi una delle più grandi tragedie dell’aria. Novanta anni difficili per la figura di Umberto Nobile e per la storia, che si è cucita lungo tutta questa spedizione, dissapori, polemiche, contrasti. Ma ha un lato epico: la prima grande operazione internazionale di ricerca e salvataggio.
In questo breve racconto vorrei tenermi alla larga dalle diatribe tecniche, storiche e politiche che ancora oggi affliggono la lettura del designer italiano e della sua seconda, sfortunata spedizione polare. Vorrei ricordare l’uomo, irrequieto sognatore ma pragmatico e analitico, da una parte Ulisse dantesco, dall’altra disegnatore e professore. Sono affascinato dalla vita di un uomo nato nel caldo mediterraneo, legato al grande nord, alle terre artiche, alle esplorazioni estreme.
Vorrei raccontare la smania di conquista, di avventura, di sfida che l’uomo e l’aeroplano portarono nei punti estremi del mondo, in quel polo geografico di cui poco si sapeva e molto si immaginava. Cosa c’era lassù? Forse il vulcano attivo che Jules Verne immagina tra i ghiacci nei suoi Voyages et aventures du capitaine Hatteras? O catene montuose, isole, continenti, terre abitabili circondate da correnti calde?
Non è facile oggi, nell’era dei satelliti, del GPS e di Google Maps, rendersi conto che solo novant’anni fa si sapeva poco o nulla della morfologia, del clima e dell’aspetto dell’Artico. La voglia romantica di avventurarsi nell’ignoto ha lasciato il posto a un’assuefazione ordinaria, che si compie tra la navigazione online e migliaia di scie che affollano il cielo.
Ancora oggi non sappiamo esattamente chi abbia calpestato per primo il Polo Nord geografico: Cook nel 1908? Peary nel 1909? Kuznetsov o Gordiyenko nel 1948? Fletcher nel 1952? Per non parlare delle spedizioni di Parry, De Long, Nansen, Andrée e tanti altri, che si cimentarono con navi, mongolfiere e aeroplani.
L’esploratore norvegese Roald Amundsen (che fu il primo ad aprire il mitico Passaggio a Nord Ovest nel 1906 e raggiunse il Polo Sud nel 1911) e il magnate americano Lincoln Ellsworth, ad esempio, acquistarono un paio di velivoli Dornier Wal (prodotti dalla CMASA a Marina di Pisa) in Italia nel 1925. Raggiunsero 87°44′ N prima che un incidente li costringesse a rientrare fortunatamente.
Oggi sembra certo che non sia stato l’americano Fokker F.VIIa di Richard Byrd e Floyd Bennett a sorvolare il Polo Nord il 9 maggio 1926; troppe polemiche sono ancora suscitate da questo volo. È invece provato che la spedizione Amundsen-Nobile-Ellsworth con il dirigibile N1 Norge, partendo da Roma e poi da Kings Bay, raggiunse il Polo alle 1:30 del mattino del 12 maggio 1926, quindi proseguì per l’Alaska per atterrare a Teller .
Dopo il rischioso fallimento con gli aeroplani nel ’25, Amundsen aveva visto nel dirigibile il mezzo di un aereo in grado di compiere in sicurezza il volo polare. Acquistato l’N1 Norge tramite l’Aero Club Norway dallo Stabilimento Costruzioni Aeronautiche di Roma, coinvolgendo il progettista e pilota Umberto Nobile, e radunando un equipaggio internazionale di grande capacità tecnica, Amundsen ha sfidato ancora una volta il Polo Nord.
Il successo del dirigibile italiano, un semirigido di 106 metri di lunghezza, 18,6 metri di larghezza per un volume di 18.000 m3 (piccolo e compatto per gli standard dei dirigibili rigidi contemporanei) ha convinto il mondo della validità della formula. Il Norge non è stato il primo, né sarebbe stato l’ultimo dirigibile progettato per il volo polare. Nel 1906, l’esploratore americano Walter Wellman fece costruire a Godard in Francia un dirigibile, battezzato America, con l’intenzione di raggiungere il tetto del mondo.
Ci provò nel 1906, poi ancora nel 1907 e infine nel 1909, con una serie di fallimenti, fortunatamente senza conseguenze. Ci penseranno anche gli inglesi, mentre gli Stati Uniti si impegneranno ufficialmente; il 20 novembre 1923, il presidente Coolidge approvò il progetto della US Navy di inviare il dirigibile rigido ZR-1 USS Shenandoah al Polo Nord. Lo ZR-1 (derivato dagli Zeppelin tedeschi della Grande Guerra, lungo 226,5 m e primo dirigibile ad utilizzare il gas elio) doveva volare in Alaska, a Nome.
Da qui avrebbe dovuto sorvolare il Polo Nord, per poi rientrare o, in caso di maltempo, dirigersi verso le Svalbard. Ma i dubbi sui costi, il rischio e le ingenti esigenze logistiche, insieme ad un incidente che costrinse il dirigibile a lavori di riparazione, fecero fallire l’ambizioso progetto.
Il Norge è stato il primo dirigibile a sorvolare il Polo Nord nel 1926 con a bordo l’esploratore artico e norvegese Roald Amundsen.
Nel frattempo, dopo il successo del Norge nel ’26, gli studi di Umberto Nobile si concentrarono su un dirigibile semirigido più grande e robusto, l’N5 di 55.000 m3. Purtroppo il progetto non è stato realizzato. Quando decise di intraprendere una nuova missione al Polo Nord, questa volta tutta italiana, dovette ripiegare sulla N4 I-SAAF, gemella della Norge, che fu adattata alle esigenze della spedizione artica sulla base delle esperienza maturata nel volo due anni prima e battezzata Italia.
Per gli standard dell’epoca, il suo volo di trasferimento da Milano alla Baia dei Re, Spitzbergen (oggi Ny-òlesund), fu un viaggio duro e impegnativo. Partito da Baggio la notte del 15 aprile, l’N4 Italia ha sorvolato Lubiana, Vienna, Brno, Poznań per arrivare il giorno successivo a Stolp (l’odierna Słupsk polacca). Qui si fermò diciassette giorni per riparare i danni causati dal maltempo.
Partito il 3 maggio, sorvolando Stoccolma per permettere al meteorologo dell’equipaggio di far cadere una lettera destinata alla madre, tra affetto filiale e superstizione del viaggiatore, Malmgren non sarebbe infatti sopravvissuto alla spedizione. Una breve sosta al pilone di ancoraggio della città norvegese di Vadsø, che due anni prima aveva ospitato la N1 Norge, e poi via, a nord-ovest, per raggiungere la nave appoggio Città di Milano a Kings Bay, il suo albero e l’hangar, costruito dall’ingegner Felice Trojani per la spedizione del ’26.
Sono passati 100 anni circa da quel lontano 25 maggio 1928, anno in cui uno dei più grandi successi della tecnologia e dell’esplorazione italiana si trasformò in tragedia e incubo nel giro di poche ore. Il dirigibile Italia è precipitato sul ghiaccio.
La missione scientifica inizia l’11 maggio, ma il volo, travagliato da problemi, viene interrotto dopo otto ore. Pochi giorni dopo, il 15 maggio, un altro volo. Questa volta è un successo; sorvolano l’arcipelago della Terra di Francesco Giuseppe e della Terra di Nicola II (oggi Severnaja Zemlja), 4.000 km in tre giorni di volo. Alle 4:28 del 23 maggio suona l’ora fatidica e l’Italia lascia Kings Bay per raggiungere, dopo poco meno di 20 ore, il Polo Nord geografico.
Non c’è modo di scendere sul ghiaccio; la bandiera italiana, il gonfalone di Milano e la croce donata da Papa Pio XI vengono sganciati sulle lande ghiacciate dell’Artico. Tornano a casa cantando. Qui la storia si fa dolorosa; la navigazione è sempre più difficile, la tempesta è inclemente, l’euforia diventa sconforto, poi ansia, infine terrore. La collisione. Uomini, attrezzature e relitti che si disperdono sul ghiaccio, il vascello che scompare nella tempesta con a bordo sei uomini. Dieci rimangono a terra, uno per sempre.
Dirigibile Italia
L’Italia era un dirigibile semirigido appartenente all’Aeronautica Militare Italiana. È stato progettato dall’ingegnere italiano e generale Umberto Nobile. Foto: Museo dell’aria e dello spazio di San Diego
Umberto Nobile, nato a Lauro nel 1885, è stato un aviatore, ingegnere aeronautico ed esploratore artico italiano
Ma l’uomo è una creatura straordinaria. L’ostinazione di Biagi, i lamenti di Cecioni, il fatalismo di Malmgren, l’insubordinazione di Mariano e Zappi, la sofferenza di Nobile, la tenacia di Behounek, la tenacia di Trojani e il rifugio fortuito, macchiato di anilina, che diventerà storia come la Tenda Rossa. Le chiamate radio sono passate inascoltate dalla nave appoggio ma intercettate dal radioamatore Schmidt, la corsa della solidarietà che, per prestigio o fratellanza, si scatena per trovare i naufraghi dell’aria. Se, fino ad allora, in quelle terre si erano susseguite solo poche spedizioni, l’Artico si è improvvisamente affollato.
Le navi norvegesi, Tordenskjold, Hobby, Braganza, Veslekari, Heimland, Michael Sars, Svalbard, la danese Gustav Holm, la svedese Quest e Tanja, la francese Strasbourg, Durance, Quentin Roosevelt, Pourquoi Pas?. L’Unione Sovietica, superbamente equipaggiata, invia tre dei suoi rompighiaccio artici: il Malygin, il Sedov e il Krassin, quest’ultimo guidato dal professor Rudolf Samoylovich, esploratore artico e amico personale di Nobile.
La metà dei 16 membri dell’equipaggio del dirigibile Italia è sopravvissuta, più il cane di Nobile
La Norvegia invia quattro aerei: due idrovolanti Hansa-Brandenburg W.33 e due Sopwith Babys. Un Junker F 13 arriva dalla Finlandia. Dall’Italia sono arrivati il Savoia-Marchetti S.55, il Santa Maria che, pilotato da Maddalena, localizzerà i superstiti sul ghiaccio, e due Dornier Wal. La Svezia invia due Svenska S5, un Junkers G 24 con galleggianti, un Klemm-Daimler L.20, un de Havilland 60 Moth e due Fokker CV dotati di sci. Sarà uno dei Fokker, pilotato dall’ufficiale Lundborg, ad atterrare all’accampamento dei superstiti e a portare con sé in fuga Umberto Nobile e il cane Titina, condannandolo con questo gesto all’infamia, comandante che lascia i suoi uomini, che lo avrebbe perseguitato per i successivi cinquant’anni, fino alla sua morte.
L’Unione Sovietica fa trasportare i suoi Junkers su rompighiaccio: il G 23 Red Bear di Krassin, l’F 13 di Malygin, l’F 13 di Sedov. Ed è un hydro Latham 47 che parte dalla Francia con un equipaggio di quattro persone. A Bergen imbarca Amundsen, astro tramontato, che, forse per ambizione, forse per amicizia, parte alla ricerca del suo vecchio compagno. Non arriveranno nemmeno alla Baia dei Re: dopo una sosta a Tromsø per imbarcare Dietrichson, spariscono nel nulla; di loro si troveranno solo un galleggiante e due carri armati, il 31 agosto nel Mare di Barents.
Sarà, come tutti sappiamo, il Krassin, che, nonostante un guasto all’elica, raggiungerà i sopravvissuti il 12 luglio, e sempre il Krassin che interromperà la ricerca dell’involucro del dirigibile il 22 settembre.