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Mario Capurso
27 Gennaio 2019
Atto di citazione
27 Gennaio 2019
dalla tesina di terza media di Serena Colombo – (Bernareggio – MB)
Dopo aver parlato del personaggio Galileo Galilei introduco alcuni argomenti scientifici, partendo dalla spiegazione del metodo sperimentale per comprendere le novità effettuate da Galileo nei suoi esperimenti. Svilupperò poi la meccanica e l’astronomia. Concluderò questo capitolo esponendo le idee e concezioni dell’universo da parte di diversi scienziati.
IL METODO SPERIMENTALE:
Con l’opera di Galileo ha inizio il moderno metodo di ricerca scientifica: ogni teoria non è più un prodotto esclusivo della mente, ma è accettata solo se verificata da esperimenti e osservazioni quantitative. Iniziò in tal modo a farsi luce il Metodo Sperimentale: mediante l’osservazione associata all’indagine sperimentale si cerca di riprodurre, in condizioni accessibili, controllabili e misurabili, i fenomeni che spontaneamente avvengono nel mondo che ci circonda.
Il metodo sperimentale è caratterizzato dalle seguenti attività:
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Osservazione del fenomeno
La prima tappa nell’interpretazione del fenomeno inizia con l’osservazione e la focalizzazione del problema che vogliamo analizzare. Per questo è necessario separare i fatti essenziali da quelli di disturbo.
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Scelta delle grandezze
Per uno studio quantitativo del fenomeno è necessario scegliere le grandezze interessate; in tal modo la misura diventa una componente fondamentale dell’osservazione.
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Formulazione di ipotesi
Le ipotesi sono suggerite dall’esperienza e da un’analisi qualitativa del problema. Ogni ipotesi è sempre una spinta nell’ignoto, in quanto estende il pensiero oltre i fatti conosciuti. Le ipotesi sono importanti nello sviluppo della scienza perché senza ipotesi le ulteriori ricerche mancherebbero di obbiettivi e di orientamenti.
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Esperimento per la verifica delle ipotesi
Lo scienziato ricorre a un esperimento controllato, sottoponendo in tal modo a verifica sperimentale le ipotesi già formulate.
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Formulazione della legge
L’ipotesi, se confermata dall’esperienza, diventa legge. Al contrario se l’ipotesi non è verificata, è necessario formulare nuove ipotesi e sottoporle a verifica sperimentale.
LA MECCANICA
Galileo Galilei, mediante l’uso del metodo sperimentale, diede importanti contributi allo sviluppo di quella parte della fisica chiamata Meccanica.
La Meccanica è suddivisa in:
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Cinematica
Studia il movimento dei corpi senza indagare sulle cause che lo producono.
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Statica
Studia le condizioni di equilibrio dei corpi
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Dinamica
Studia la relazione tra il movimento dei corpi e le cause che lo producono
CADUTA DEI CORPI
Nel XVI secolo la cultura occidentale era ancora dominata dal pensiero di Aristotele (384-322 a.C.). Al filosofo greco era attribuita un’autorità indiscutibile e la verità delle sue affermazioni era ritenuta immutabile. Aristotele si era pronunciato anche sulla caduta dei corpi, con un’affermazione non lontana dal senso comune. Egli aveva detto che un corpo lasciato libero da un’altezza fissata giunge a terra con una velocità tanto più grande quanto maggiore è il suo peso. Galileo contestò le idee di Aristotele.
Il primo strumento con cui Galileo avanzò la sua critica ad Aristotele fu il ragionamento, condotto sotto forma di esperimento ideale. Un esperimento ideale è un mezzo per immaginare come un fenomeno si svolgerebbe in condizioni più semplici rispetto a quelle reali. Se fosse vera l’idea di Aristotele, ogni corpo avrebbe una caratteristica velocità di caduta, dipendente dal proprio peso. Legando insieme due corpi di peso diverso, il più leggero, essendo più lento, ritarderebbe il più veloce. D’altra parte, il sistema composto è un corpo più pesante di entrambi i corpi di partenza. Per questo la sua velocità di caduta dovrebbe essere maggiore delle velocità dei due singoli corpi. L’ipotesi di Aristotele porta dunque a due conclusioni contraddittorie, e quindi è inaccettabile sul piano logico.
Stabilito che la velocità con cui un corpo cade a terra è indipendente dal peso, ma è influenzata dall’azione di disturbo dell’aria, Galileo affrontò il problema di descrivere in forma matematica le proprietà del moto di caduta. A condizione di poter trascurare l’effetto dell’aria, egli ipotizzò che ogni corpo percorresse, cadendo da fermo, una distanza s direttamente proporzionale al quadrato del tempo t impiegato:
s = k t2
Con gli strumenti di cui disponeva, Galileo non poteva misurare con sufficiente precisione i brevi intervalli di tempo in cui si svolge la caduta libera nei limitati spazi di un laboratorio. Ciò nonostante, riuscì a realizzare un esperimento che confermasse la sua ipotesi. Utilizzò un piano inclinato per rallentare il moto di caduta. Servendosi, inoltre, di una guida ben levigata, e facendovi rotolare sferette di bronzo molto lisce, ridusse quanto possibile l’effetto frenante dell’aria e l’attrito sviluppato dal piano. Galileo verificò così la proporzionalità diretta fra la distanza e il quadrato del tempo con diverse inclinazioni della guida, ottenendo costanti di proporzionalità differenti a seconda dellinclinazione. Generalizzò infine i risultati anche al moto di caduta libera, che è il limite a cui tende il moto di rotolamento sul piano inclinato man mano che linclinazione rispetto allorizzontale si avvicina ai 90.
Galileo espose le sue considerazioni riguardo al moto di caduta dei corpi nella sua famosa opera Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze”, pubblicata nel 1638.
PRINCIPIO DINERZIA
Il principio d’inerzia è anche conosciuto come primo principio della dinamica. La dinamica è quella parte della fisica che studia la relazione tra il movimento dei corpi e le cause che lo producono. Essa è basata su tre principi formulati nel 1687 dallo scienziato inglese Isaac Newton.
Newton si occupò dello studio della dinamica basandosi sulle scoperte effettuate da Galileo, il quale invece si occupò di cinematica arrivando cioè a una comprensione completa del come avviene un fenomeno, prima di tentare una spiegazione delle cause.
Scoprire perché un corpo si muove è un problema che ha impegnato scienziati e filosofi fin dall’antichità. Per Aristotele lo stato naturale dei corpi era la quiete, e il principio fondamentale che regolava i moti nel mondo terrestre, o sublunare, era la tendenza dei quattro elementi (terra, acqua, aria e fuoco) a ritornare alla propria sfera di appartenenza. Aristotele sosteneva che per far muovere un oggetto e mantenerlo in movimento, fosse necessaria una forza. Al cessare della forza il moto si sarebbe arrestato. Questo non è vero, ma a prima vista può sembrare plausibile: per far muovere un carro i cavalli non devono mai smettere di tirare. In realtà la forza dei cavalli serve a bilanciare gli attriti.
Se facciamo rimbalzare una pallina di gomma sul pavimento, questa risale quasi fino allo stesso punto da cui l’abbiamo lasciata cadere. Anche Galileo aveva notato che un corpo, messo in condizione di risalire per effetto della velocità acquistata nella caduta, raggiunge la stessa altezza iniziale indipendentemente dalla traiettoria seguita. Una sferetta che rotola giù da un piano inclinato, se fatta risalire lungo un secondo piano inclinato, arriva praticamente alla quota di partenza. Inoltre l’altezza raggiunta è sempre all’incirca la stessa anche se il secondo piano ha inclinazione via via minore. . Galileo era convinto che, in assenza di attrito, la quota di partenza e quella di arrivo sarebbero state esattamente uguali.
Lesperimento dei piani inclinati indicava che la sferetta al diminuire dellinclinazione, viaggiava per una distanza e per un tempo di volta in volta più lunghi prima di ritornare all’altezza iniziale. Che cosa sarebbe successo su un piano orizzontale, se non ci fossero stati gli attriti a disturbare il moto? Galileo giunse alla risposta che esso sarebbe perpetuo e avverrebbe sempre alla stessa velocità. Poiché la sferetta quando si trova sul piano orizzontale è sottoposta a una forza complessivamente nulla, possiamo affermare che per mantenere un oggetto in moto con velocità costante non occorrono forze (come invece sosteneva Aristotele).
Da tutto ciò emerge che i corpi, fermi o in movimento, possiedono una caratteristica comune, denominata inerzia, che è la tendenza a non cambiare il loro stato, di quiete o di moto.
Enunciamo quindi il primo principio della dinamica: ogni corpo tende a conservare il suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, a meno che qualche forza non intervenga a mutarlo.
INVENZIONE DEL CANNOCCHIALE:
L’invenzione del cannocchiale viene attribuita a Galileo nel 1609, ma in realtà egli perfezionò in maniera magistrale uno strumento già esistente. Sembra infatti che le origini dei primi cannocchiali da vista risalgano al 1352, ma i fabbricanti ed i possessori di questo “tubo” tendevano a nasconderne l’esistenza, in quanto molto spesso esso aveva applicazioni di tipo bellico. Anche Leonardo da Vinci, durante il suo periodo a Venezia, iniziò a studiare le lenti, cercando di potenziarle per maggiorarne l’utilizzo, ma il Cannocchiale da cui prese spunto Galileo per creare quello che oggi noi tutti conosciamo come telescopio trova le sue origini nell’Olanda del 1604. Galileo venne a conoscenza dell’esistenza di questo particolare strumento da un amico, un occhialaio, il quale ebbe la fortuna di trovarsi tra le mani uno di questi strumenti, ne fece una copia esatta e lo mostrò a Galileo. Egli intuì subito che dietro quel tubo poteva nascondersi qualcosa di utile e di importante, quindi lo perfezionò adattandolo ai suoi studi sull’osservazione dei corpi celesti. Il cannocchiale di Galileo era costituito da un tubo con 2 lenti di vetro alle estremità, una concava e l’altra convessa. L’occhio osservava dalla parte della lente concava che permetteva di vedere le cose più vicine. Più tardi i cannocchiali di Galileo consentirono di vedere gli oggetti ad una distanza ravvicinata di 30 volte e la Luna sembrava così molto più vicina alla Terra di quanto non fosse e quindi iniziò così ad osservarla e a vedere cose fino ad allora nemmeno sospettate. Il cannocchiale era dunque diventato uno strumento per l’indagine astronomica e nel 1611 venne ribattezzato dallo stesso scienziato “Telescopio”. Due dei cannocchiali costruiti da Galileo sono attualmente conservati presso il Museo di Storia delle Scienze di Firenze. La fiducia mostrata da Galileo nei confronti di questo strumento può oggi sembrare naturale, ma occorre ricordare che per affermarsi esso dovette superare le forti resistenze degli ambienti della scienza ufficiale in cui era invece diffuso il pregiudizio di considerare le lenti fonti di inganni e di illusioni.
SCOPERTE EFFETTUATE CON IL CANNOCCHIALE:
In seguito all’invenzione del cannocchiale Galileo effettuò numerose scoperte puntando lo strumento verso il cielo.
Tra il 1609 e il 1610 studiò la superficie della Luna, fino ad allora ritenuta completamente liscia e composta di materia celeste incorruttibile, scoprendovi cavità e sporgenze, e mise a punto un metodo per calcolare l’altezza delle montagne lunari basandosi sulla lunghezza dell’ombra proiettata.
La Luna disegnata da Galileo Galilei nel Sidereus Nuncius
Osservando poi la Via Lattea ( galassia alla quale appartiene il sistema solare), la identificò come un enorme ammasso di stelle e corpi celesti, raggruppati a mucchi e poté distinguere in essa migliaia di stelle non visibili a occhio nudo e si rese conto che tale fatto era in contraddizione con l’idea che le stelle erano state create per illuminare all’uomo il cielo notturno.
Puntando il cannocchiale su Giove scoprì poi i quattro satelliti Io, Europa, Ganimede e Callisto (denominati poi galileiani” o medicei”) e notò che orbitavano intorno a Giove come se costituissero con esso un piccolo sistema solare, un’osservazione in aperto contrasto con l’antica concezione geocentrica per cui la Terra era l’unico corpo celeste al centro di tutti i moti dell’Universo; la scoperta di questi quattro satelliti di Giove fu all’origine del grande successo riscosso dalla sua opera Sidereus Nuncius.
Proiettando l’immagine del disco solare su uno schermo, Galileo individuò per primo le macchie solari. Le macchie solari sono regioni scure, di forma irregolare e variabile, sulla superficie del Sole. Sono visibili anche ad occhio nudo, sebbene l’osservazione diretta del Sole sia molto pericolosa.
Il fatto che il Sole presentasse delle irregolarità sulla sua superficie e che il suo aspetto variasse nel tempo, era anch’esso una prova a sfavore della teoria tolemaica, secondo la quale ogni cosa appartenente al regno celeste era perfetta e immutabile. Dal moto ciclico delle macchie solari Galileo dedusse che il Sole ruotava su se stesso in 27 giorni.
Galileo verificò con le osservazioni fatte con il cannocchiale, che il pianeta Venere, nella sua rivoluzione intorno al Sole, viene illuminato in modo da formare, come la Luna intorno alla Terra, delle fasi (diversi aspetti che un astro presenta successivamente, a causa della sua posizione rispetto ad un altro.). Ciò può avvenire solo ammettendo che Venere ruoti intorno al Sole.
Galileo rivolse il cannocchiale anche verso Saturno.
Secondo la cosmologia aristotelica, tutti i corpi celesti erano sferici e perfetti, ma le prime osservazioni di Saturno al telescopio costituirono una vera sorpresa.
Nel luglio del 1610, osservò Saturno quando era in opposizione. Il suo strumento non era abbastanza potente per distinguere gli anelli, ed essi gli apparirono come dei rigonfiamenti laterali del pianeta. Egli interpretò così questo aspetto: “….Saturno non e’ un astro singolo, ma e’ composto di tre corpi, che quasi si toccano, e non cambiano ne’ si muovono l’uno rispetto all’altro, e sono disposti in fila lungo lo zodiaco, e quello centrale e’ tre volte più grande degli altri due….”
Lo scienziato dette così al pianeta il nome di “Saturno tricorporeo”. In seguito, egli osservò anche che i corpi laterali erano scomparsi; infatti, durante il moto di Saturno nella sua orbita, il piano degli anelli cambia direzione rispetto alla Terra: quando essi si presentavano di taglio, non potevano essere visti al cannocchiale.
In seguito, altri astronomi confermarono lo strano aspetto di Saturno e le sue variazione, ma fu solo nel 1659 che l’astronomo Christiaan Huygens lo spiego’ con la presenza di un anello attorno al pianeta.
DIBATTITO SULLA STRUTTURA DELLUNIVERSO
L’uomo è sempre stato interessato al movimento dei cosiddetti corpi celesti, alla loro varietà e maestosità. Spesso il Sole, la Luna e le stelle sono stati considerati vere e proprie divinità in grado di influire e condizionare gli eventi sulla Terra e il destino degli uomini. Sono state costruite da ogni civiltà complesse cosmologie, ovvero concezioni sulla struttura dell’Universo. L’interesse nasceva anche da esigenze pratiche: la possibilità infatti di effettuare osservazioni giornaliere abbastanza accurate anche a occhi nudo, permise di verificare la regolarità dei movimenti dei corpi celesti e di sviluppare le prime misure del tempo; il giorno, il mese e l’anno sono tutte misure di tempo legate al ripetersi regolare di eventi astronomici.
I MODELLI GEOCENTRICI
IL MODELLO DI PLATONE
Intorno al IV secolo a.C. la filosofia greca, soprattutto opera di Platone, definì gli elementi che caratterizzavano una cosmologia scientifica, che si ponesse cioè l’obbiettivo di spiegare il moto dei corpi celesti. Questa teoria si basava sui seguenti punti:
– l’Universo è sferico perché la sfera è la forma perfetta per eccellenza;
– i moti di tutti i corpi celesti sono circolari e uniformi come quelli delle stelle;
– il moto dei pianeti, che apparentemente è irregolare, deve derivare da una combinazione di moti circolari uniformi;
– la Terra è una piccola sfera posta nel centro geometrico dell’Universo, che a sua volta è una sfera molto più grande. Sulla sfera esterna ruotano le stelle, mentre il sole e i pianeti si muovono tra le due sfere.
Diversi argomenti confermavano il fatto che la Terra fosse sferica per esempio l’ombra proiettata dalla Terra sulla Luna durante le eclissi di Luna ha un bordo circolare; inoltre da un punto più elevato si può osservare meglio un punto più lontano, per esempio una nave in mare, cosa che non avverrebbe se la Terra fosse piatta.
IL MODELLO DI ARISTOTELE
Aristotele (384-322 a.C.) ha perfezionato il modello platonico dell universo con l’obbiettivo di spiegare come avvengono i moti dei pianeti. Secondo Aristotele l’universo era costituito da 55 sfere cristalline concentriche con la Terra, costituite da etere, la sostanza dei corpi celesti, incorruttibile ed eterna. Il sistema aristotelico costituì per tutto il medioevo e fino al XVII secolo il punto di riferimento fondamentale della concezione dell’universo.
La sfera delle stelle fisse trascinava la sfera concentrica a essa più vicina e così via via fino alla sfera più interna, quella della Luna, che separava la regione celeste da quella sublunare, cioè la regione della terra e dell’uomo. Nella sfera sublunare erano presenti i quattro elementi fondamentali della fisica terrestre: terra, acqua, aria e fuoco. Come in tutti gli altri modelli geocentrici, al centro dell’universo aristotelico si trovava immobile la Terra.
IL MODELLO TOLEMAICO
La teoria più completa di tipo geocentrico fu quella di Tolomeo, astronomo della Scuola alessandrina, vissuto intorno al 150 d.C. Secondo Tolomeo il moto dei pianeti si svolge su una circonferenza, detta epiciclo, il cui centro ruota intorno alla Terra su una seconda circonferenza di raggio più grande, detta deferente. Negli intervalli di tempo in cui il pianeta si muove sullepiciclo nello stesso verso del centro dellepiciclo sul deferente, sembra che il pianeta si muova più velocemente. Quando invece il pianeta sullepiciclo si muove in verso opposto al moto del centro dellepiciclo su deferente, sembra che il pianeta si muova più lentamente e torni indietro.
I MODELLI ELIOCENTRICI
Fin dal V secolo a.C. furono proposti da vari filosofi greci modelli di universo diversi da quello geocentrico. Ad esempio i Pitagorici proposero un universo infinito in cui la Terra era solamente un corpo celeste tra molti altri. Verso la metà del II secolo d.C. Aristarco di Samo, contemporaneo di Tolomeo, propose il primo modello completamente eliocentrico: il Sole si trova al centro di un Universo sferico e la terra ruota intorno ad esso. Queste cosmologie non ebbero successo perché erano in contrasto con il senso comune dell’epoca e inoltre non riuscirono a fornire una descrizione dei dati osservati più precisa di quella fornita dalla visione geocentrica.
IL MODELLO COPERNICANO
Nella sua opera Copernico riprese il modello eliocentrico e lo sviluppò in un sistema completo e alternativo a quello tolemaico. Nel sistema copernicano la Terra, insieme agli altri pianeti, ruota intorno al Sole che si trova al centro dell’Universo. In questo modello tutte le orbite sono circolari e la velocità dei pianeti è costante. Il modello copernicano prevede per la terra i seguenti movimenti:
· Moto di rotazione intorno a un asse passante per i poli
la Terra compie una rotazione in 24 ore in direzione Est. I moti notturni delle stelle, il moto del Sole e quello della Luna da Est verso Ovest sono quindi moti apparenti determinati dal moto di rotazione giornaliero della Terra.
· Moto di rivoluzione intorno al Sole
La Terra compie in un anno una rotazione completa intorno al sole da Ovest verso Est.
La teoria copernicana ebbe successo perché riusciva a spiegare il moto dei pianeti in modo molto più semplice rispetto al modello tolemaico.
IL MODELLO DI KEPLERO
Giovanni Keplero (1571-1630) raccolse l’eredità di Copernico e assunse il compito di portare a compimento la rivoluzione copernicana.
Keplero cominciò con il cercare di determinare con maggiore precisione l’orbita della Terra: poiché tutte le osservazioni venivano fatte proprio dal nostro pianeta, eventuali errori nella determinazione della sua orbita si sarebbero riflessi sia sui dati osservati sia sui modelli elaborati. In base alle osservazioni Keplero trovò che l’orbita della Terra non era circolare, perché il Sole si trovava in posizione leggermente eccentrica. Dopo vari tentativi riuscì a concludere che l’orbita della Terra era un ellisse, in cui il sole era posto in uno dei due fuochi. Estese quindi a tutti i pianeti i risultati ottenuti formulando la sua prima legge.
Prima legge di Keplero: le orbite dei pianeti sono ellissi di cui il Sole occupa uno dei fuochi.
Galileo fece tesoro dei contributi scientifici di Keplero, pur utilizzandoli dal proprio punto di vista. Nel 1609 Galileo con l’uso di un telescopio da lui stesso perfezionato, fece delle osservazioni astronomiche letteralmente incredibili per il suo tempo (vedi scoperte effettuate con il cannocchiale). Nel 1610 Galileo pubblicò i risultati delle sue osservazioni nel Sidereus Nuncius. Il libro ebbe un successo immediato m provocò anche una dura reazione ecclesiastica (vedi il processo Galileo e l’autonomia della scienza).
Le osservazioni di Galileo, grande divulgatore e sostenitore del sistema copernicano, allargarono sensibilmente la cerchia delle persone coinvolte nella rivoluzione astronomica. La relativa semplicità delle osservazioni (rispetto alla difficoltà matematica dell’opera di Keplero) permise di rendere accessibile a tutti il modello copernicano; il telescopio e l’astronomia divennero così popolari per un vasto pubblico (vedi articolo introduttivo).
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